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P. Antonio Garofalo, fam

 

Parabola del fico sterile (Lc. 13, 6-9)

Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai».

Gesù prende occasione da due avvenimenti di cronaca, una repressione dei romani all’interno del Tempio e la tragedia delle diciotto vittime sotto il crollo della torre di Siloe, per raccontare questa parabola. La parabola del fico sterile vuole evidenziare soprattutto un "nuovo" aspetto di Dio, l’intento di Gesù è quello di annunciare un diverso modo di Dio di interpretare la storia e gli eventi, ossia la presenza di un Dio che è tutto amore e misericordia: "Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (27).

La parabola contiene due messaggi: da un lato il padrone che, non trovando frutti sull’albero, dice al contadino di tagliarlo; dall’altro, lo stesso padrone, dopo avere ascoltato il contadino, rinvia la decisione nella speranza che il lavoro del contadino renda, finalmente, fertile il fico.

Il centro della parabola è caratterizzato dalla consapevolezza che ci deve spingere a ripensare il nostro modo di vivere, occorre un ripensamento globale, un cambiamento della nostra vita che vada alla radice delle nostre azioni e decisioni. Questo è quello che vuole il Signore da noi: desidera la nostra conversione.

Conversione significa cambiare atteggiamento, significa ri-orientare la nostra vita: questo è il frutto che ci è richiesto. È la grande responsabilità che viene a noi dai doni che il Signore ci ha dato. Così l’amore che Egli ci porta, se rifiutato, diventa ragione della nostra condanna: "Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo".

Convertirsi vuol dire scoprire un Dio che ci ama in Gesù Cristo, è scoperta di non poter andare avanti da soli con le proprie forze e di aver bisogno di una relazione con un’altra Persona che ci salva: Gesù Cristo.

Convertirsi consiste nell’avere sempre più vivo il senso di Dio, ossia il senso della sua presenza e della sua misericordia per ognuno di noi, nessuno escluso, e il tentativo di vedere le cose come Lui le vede. Consiste ancora nel gustare come è buono il Signore e rifugiarsi in Lui. Non è uno sforzo della nostra coscienza, ma è una grazia da ricevere con gioia, è un dono di misericordia, è un’apertura a Colui che ci vuole bene. Convertirsi vuol dire scoprire un Dio che ci ama in Gesù Cristo, è scoperta di non poter andare avanti da soli con le proprie forze e di aver bisogno di una relazione con un’altra Persona che ci salva: Gesù Cristo. Chi non si converte, è come il fico della parabola: la sua vita è sterile, lo è perché non si converte e non crede, tanto meno collabora alla venuta del Regno di Dio.

Spesso però, da parte nostra, questa luce di Dio viene rifiutata, per questo motivo il dialogo di salvezza tra Dio e l’uomo spesso non riesce a realizzarsi in pienezza. L’arco della misericordia, saldamente radicato sulla iniziativa divina rimane come sospeso, perché non trova la risposta dell’uomo, perché non riesce a posarsi sulla replica dell’uomo che non accetta il dono di Dio. Ecco la grande novità del nostro carisma, Gesù è venuto a portare "il fuoco sulla terra" (Mt. 3,7-12), però questo fuoco non è quello della collera o della vendetta di Dio, ma quello dell’amore misericordioso.

Così scriveva la Madre Speranza: "Care figlie, mi chiedete come potete verificare un tale cambiamento in voi, ossia la trasformazione di cui abbiamo parlato. Io credo che sia necessaria una forza di attrazione verso l’alto, verso Dio. L’uomo si sente meravigliosamente attratto da Gesù, sia con la forza della verità, sia con il potere della giustizia, sia con il fascino della bontà e della bellezza che risplendono in Gesù sacrificato." (28)

Per la Madre essere chiamati a convertirsi è un atteggiamento importante per vivere fino in fondo la paternità di Dio nella nostra vita, così evidenziava nelle Letture per Esercizi Spirituali: "Quanta differenza tra una conversione e l’altra! Alcune sono profonde, serie e durature come quella di Pietro che non tornò a rinnegare Gesù; altre sembrano una tempesta, un temporale passeggero. Queste ultime sono frutto solo dell’emotività, e non della volontà." (29)

C’è chi pensa: "ormai è troppo tardi, la pazienza di Dio si è esaurita", oppure di chi pensa: "Dio è paziente, c’è sempre tempo". La giusta posizione è un’altra: Dio è paziente, Dio è misericordioso, ma la sua pazienza non si può programmare, le possibilità di salvezza sono sempre aperte.

La parabola del fico sterile ha quindi lo scopo di precisare la minaccia del giudizio imminente e il conseguente appello alla conversione: Venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò". È come se Gesù volesse mettere in guardia da due possibili equivoci. C’è chi pensa: "ormai è troppo tardi, la pazienza di Dio si è esaurita", oppure di chi pensa: "Dio è paziente, c’è sempre tempo". La giusta posizione è un’altra: Dio è paziente, Dio è misericordioso, ma la sua pazienza non si può programmare, le possibilità di salvezza sono sempre aperte: "Signore, lascialo ancora quest’anno, che io abbia tempo di dissodare e concimare il terreno". Il tempo che si prolunga è segno di misericordia, non assenza di giudizio. Il tempo si prolunga per permetterci di approfittare, non per giustificare il rimando o l’indifferenza. Il tempo è decisivo, non perché è breve, ma perché è carico di opportunità decisive, qualunque sia la sua durata.

Ma sicuramente l’aspetto più importante della parabola è sicuramente il dialogo tra il padrone della vigna e il contadino, impersonificato nelle parole: "lascialo ancora tre anni". Tra il padrone e il contadino si insatura un rapporto di intercessione per l’umanità arida e indifferente. Il Cristo tenta, quindi, di provocare una possibilità che l’albero si metta a fare frutti anche attraverso il suo benefico aiuto. Cristo non vuole che il suo lavoro di "tre anni" del suo intenso ministero di morte e risurrezione sia inutile e supplica il Padre di attendere ancora un anno, finché finalmente questo albero, riesca a sbocciare, a fiorire, a fruttificare in una risposta di amore e di fecondità.

Qui è in gioco uno degli aspetti più importanti del nostro carisma: la Pazienza di Dio! Le Scritture più volte attestano che la "pazienza" è una delle prerogative più importanti di Dio. Secondo il libro dell’Esodo Dio è il "paziente" (30), "Dio è paziente e misericordioso" (31), evidenzia il libro del Siracide.

Si canta così nel salmo 103: "Benedici, anima mia, il Signore: non dimenticare i suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie, salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia... Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Egli non continua a contestare e non conserva per sempre il suo sdegno. Non ci tratta secondo i, nostri peccati, non ci ripaga secondo i nostri errori... Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono."

L’Amore Misericordioso non si arrende di fronte all’aridità del cuore umano e continua a riversare su di esso tutte quelle cure amorevoli che sono necessarie perché esso si svegli dallo stato di torpore improduttivo, per fargli conoscere nuove stagioni primaverili.

Questa parabola vuole ancora una volta sottolineare che esiste un Dio completamente innamorato dell’uomo, un Dio fortemente interessato e pienamente impegnato  verso tutti gli "alberi" che non producono frutto. L’Amore Misericordioso non si arrende di fronte all’aridità del cuore umano e continua a riversare su di esso tutte quelle cure amorevoli che sono necessarie perché esso si svegli dallo stato di torpore improduttivo, per fargli conoscere nuove stagioni primaverili. È tipico e proprio dell’Amore avere pazienza, continuare a sperare, prorogare le scadenze, prolungare le attese, concedere nuove opportunità, essere misericordiosi, fare continui e ripetuti sacrifici per non perdere nessuno, lottare con tutte le sue forze e fino allo stremo pur di dare la vita stessa, pur di salvare la persona amata.

La parabola del fico ci fa vedere questo aspetto di Dio, del suo amore per noi, ci mette di fronte alla grandezza del suo amore per dare luce ai nostri occhi, per svegliarci dalla nostra pigrizia, per alimentare in noi il desiderio di corrisponderlo con la piena partecipazione alla sua vita di amore.

Il Signore è il contadino paziente e innamorato, non si ferma di fronte alle nostre sterilità, ci circonda con il suo Amore, con la sua cura, con la zappa e il concime, sa attendere le nostre stagioni migliori come solo la misericordia sa attendere e sperare. Quante volte il "fico" della nostra vita sarebbe stato da tagliare se il Signore non ci avesse dato un altro tempo per smuovere il nostro cuore e rivitalizzare le radici. Quante volte, abbiamo detto: "Aspetta", "adesso non posso, abbi pazienza", e il Signore come buon Padre si è seduto e ci ha aspettato lungo il nostro cammino.

Dio ha pazienza con noi, non ci taglia subito. Si prende cura di noi con tutti i mezzi d’amore che lui conosce. Strumenti a volte misteriosi che solo Lui sa rendere santificanti per noi. Lui crede in ognuno di noi nella nostra possibilità di ritornare a dare frutti dolci e buoni. Sì, Dio aspetta con pazienza ciascuno di noi. La misericordia, la pazienza, la tenerezza di Dio devono essere motivo della nostra fiducia, della nostra speranza, donandoci il coraggio di ritornare a Lui qualunque errore o peccato ci sia nella nostra vita. È un Dio che vuole liberare, un Dio che soffre con il suo popolo e per questo vuole liberarlo. Un Dio che tollera, che educa: "La misericordia trionfa sul giudizio" (32).

Dio insegue mendicando il nostro amore, pur dopo averci visto camminare per tutta una vita mossi solo dal turbinio delle passioni più vergognose! Anche nel momento che lo stiamo offendendo, volge, si, il suo sguardo da un’altra parte, ma non si allontana da noi e non ci abbandona.

La pazienza di Dio ci stupisce e ci coglie impreparati, perché è infinitamente più grande della nostra. Se Dio ha pazienza con noi, anche noi dovremmo averla con noi stessi. Allora la misericordia vissuta in modo "paziente", può davvero diventare un modo nuovo di intendere la vita da parte dell’uomo, può davvero illuminare non solo il nostro rapporto con Dio ma addirittura anche quelli tra di noi ponendo le basi di nuove relazioni. Vivere la misericordia in senso evangelico presuppone che l’uomo di oggi entri in una nuova dimensione dei rapporti umani: quella della conoscenza della gratuità di Dio e dell’amore disinteressato di Cristo per ognuno di noi, così come siamo.

Scriveva ancora la Madre Speranza: "Dio insegue mendicando il nostro amore, pur dopo averci visto camminare per tutta una vita mossi solo dal turbinio delle passioni più vergognose! Anche nel momento che lo stiamo offendendo, volge, si, il suo sguardo da un’altra parte, ma non si allontana da noi e non ci abbandona. Ci tende ancora la mano per aiutarci ad uscire da quella febbre che ci consuma, ci perdona e ci invita a seguirlo di nuovo con amore più forte." (33)

Ma perché Dio è tanto paziente con noi?

La risposta che possiamo dare è che Dio ha nei nostri confronti un amore completamente gratuito, l’amore di Dio non è un attributo fra i tanti, ma è il principale, quello che lo definisce.

Dio ama totalmente, incondizionatamente, Egli ama chiunque, la fedeltà di Dio è santa proprio perché persiste, come dono per noi, nonostante tutte le nostre infedeltà. Come la luce non cessa di battere e di brillare dinanzi ad una porta chiusa, così la misericordia ci farà sempre la "corte" per salvarci. Quindi anche se noi non avremo più fiducia in Dio, sarà egli che continuerà ad avere fiducia e speranza in noi. Dio non cesserà di essere infinitamente buono e fedele e vi sarà per noi sempre la possibilità della salvezza e della rinascita. Un Dio tenero, buono, che si china sulle creature umane con un rapporto d’amore e di compassione.

La madre Speranza nel suo diario il giorno 19 Dicembre del 1953 scriveva: "Ogni giorno di più mi confonde la pazienza, l’amore e la carità del nostro buon Padre […]". E scriveva ancora nelle Meditazioni del Sabato Santo (Roma 24 Aprile 1943): "Dio insegue mendicando il nostro amore, pur dopo averci visto camminare per tutta una vita mossi solo dal turbinio delle passioni più vergognose! Anche nel momento che lo stiamo offendendo, volge, si, il suo sguardo da un’altra parte, ma non si allontana da noi e non ci abbandona. Ci tende ancora la mano per aiutarci ad uscire da quella febbre che ci consuma, ci perdona e ci invita a seguirlo di nuovo con amore più forte."

L’amore non è invidioso, e questa pagina di vangelo ci racconta proprio come l’amore divino trasgredisca la logica da “supermercato” in nome di una generosità che si dona e fa credito anche a chi non ha diritti.

Dio tratta con pazienza gli uomini, per far sperimentare in piena luce la sua potenza e la sua volontà di misericordia. La Sua pazienza è l’amore di un Dio che offre sempre la possibilità di continuare a vivere nonostante il peccato: "Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda di aver tra di voi un medesimo sentimento secondo Cristo Gesù" (34). Anche nella 1a lettera a Timoteo troviamo queste caratteristiche: "Ma per questo mi è stata fatta misericordia, affinché Gesù Cristo dimostrasse in me, per primo, tutta la sua pazienza, e io servissi di esempio a quanti in seguito avrebbero creduto in lui per avere vita eterna". (35)

Quanto è veramente importante e bello rivivere la novità, l’elemento carismatico principale che caratterizza il dono dell’Amore Misericordioso: Dio è un Padre che pensa a noi, come se noi fossimo unici al mondo, ci ama e ci cerca, Dio è un Padre misericordioso. Il Signore ci accetta e ci ama come siamo, con gli aspetti meno amabili della nostra persona. Egli sa pazientare, crede nel nostro recupero, sa attendere con un amore forte, senza stancarsi, prende continuamente l’iniziativa di stimolarci e correggerci.

Dio ha pazienza con noi: ci zappetta intorno, ci cura, e ci concima perché portiamo frutti. Ciò che il nome di pazienza evoca non è la sola misericordia, ma una misericordia prolungata nel tempo. Quello di Dio non è un amore prodotto secondo i propri tempi, ma secondo i ritmi delle sue creature, fragili e deboli. La pazienza di un Dio che offre la possibilità di continuare a vivere nonostante la colpa. Allora se guardiamo alla nostra storia personale, riconosceremo che Dio è stato infinitamente paziente con noi. Nonostante tanti errori, cadute, peccati, egoismi, Lui ha saputo aspettare in silenzio. Aspetta con pazienza l’ora della nostra conversione, l’ora nella quale il suo Amore Misericordioso ci perdoni, ci guarisca le ferite più profonde e ci faccia rinascere a vita nuova.


(27) Gv. 3, 3-16

(28) Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8):

(29) La Passione (1943) (El Pan 7)

(30) Es. 34,6

(31) Sir. 2.11

(32) Gc. 2,13

(33) Meditazioni Sabato Santo – Roma 24 Aprile 1943

(34) Rm. 15,5

(35) 1 Timoteo 1,16

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ultimo aggiornamento 18 luglio, 2016