esperienze

Paolo Risso

 

"Miracolato a Dachau":
CASIMIRO MAJDANSKI

È il titolo di un bel libro, pubblicato da Tequi, Parigi, nel 1997. L’autore è lo stesso protagonista del libro, Kasimierz Majdanski, nato nel 1916, in Polonia, sacerdote e Vescovo della Chiesa Cattolica, dell’illustre Chiesa polacca. Giovane innamorato di Cristo, sull’esempio dei migliori giovani e preti polacchi, nel 1839, 23 anni, è alla vigilia della sua ordinazione sacerdotale.

 

Nel lager dei Preti

Ma il 1° settembre 1939, la Polonia è invasa dalle truppe tedesche di Hitler e è l’inizio della 2ª guerra mondiale… Kazimierz è seminarista a Wloclavek. I suoi professori nel "Seminario maggiore" sono tra i migliori della Polonia cattolica. Tra di loro, emerge un nome: Stéfan Wyszynski, futuro primate di Polonia. L’odio nazista si scatena contro i preti e i seminaristi: il destino di molti di loro sarà la deportazione.

Primo tra loro, il più giovane Vescovo della Polonia, Mons. Michael Kozal, il quale, per colpa dei nazi, eserciterà il suo ministero episcopale appena raggiunto quasi tutto nella prigionia, prima di offrire la sua vita nel sacrificio supremo. Per Kazimierz, il cammino dell’esilio prende fin dal ’39 la direzione del campo di Sachsenhausen, poi di Dachau, dove il Reich sta concentrando preti e Vescovi di Germania e d’Europa, ribelli al nazismo, al potere, che insieme al comunismo è occupato a straziare l’uomo. Dachau doveva essere la depressione e la morte assoluta: per la grazia di Gesù Eucaristico, sarà vivaio di santi: pensiamo tra i santi di Dachau, al nostro Beato P. Guseppe Girotti (1905-1945) e al Beato Karl Leisner, giovane prete ordinato a Dachau, morto nel 1945.

Con molta emozione, nel libro, Kazimierz racconta la sua vita nel campo della morte, dove però lui non morì, ma poté uscire e fare della sua esistenza, anche del dolore più atroce, un inno a Gesù Cristo. Egli si interroga sull’odio diabolico che ha condotto degli uomini a sterminare altri uomini. Questo avviene quando si vive da senza-Dio, perché, come disse Fiodor Dostowieski, "senza Dio, tutto è permesso".

Per molti questo campo avrebbe dovuto essere il luogo della disperazione e dell’annientamento; invece per delle anime, anche umili e fragili, con la grazia di Dio, è stata la rivelazione della santità più eccelsa e più fulgente. Abbiamo già citato alcuni nomi, ma sono decine i nomi dei martiri di Dachau avviati alla gloria degli altari o che già l’hanno raggiunta. Molti seminaristi, per essere fedeli alla loro vocazione, accettarono e preferirono la morte per inedia, per maltrattamento, finiti del forno crematoio per l’odio nazista.

Kazimierz invece non morì, neanche quando fece da cavia per degli sperimenti pseudo-medicali di un medico nazista. Anni dopo, parlando e testimoniando la Verità al processo contro questo medico, Kazimierz gli offrirà pubblicamente il suo perdono, a nome di Gesù. Davvero alla sequela di Gesù, dalla sopraffazione più atroce nel lager, al perdono dato ai suoi persecutori. Da dove tutto questo? Nel suo libro, l’Autore lo dichiara apertamente: "La sorgente unica è l’amore portato a Gesù". Insieme al libro c’è anche un video che evoca il martirio dei peti polacchi a Dachau, e non solo polacchi.

I capitoli e le immagini parlano con un’eloquenza straziante, ma occorreva testimoniare davanti alla storia la volontà dei senza-Dio nazisti (i comunisti non sono da meno, nei loro "gulag") di annientare i preti cattolici perché cattolici, in odio alla fede. All’inizio del video appare veritiera l’affermazione di Kazimierz: "C’è una volontà comune del nazismo e del comunismo di distruggere la Chiesa Cattolica mandando i preti nei campi della morte".

 

In difesa della famiglia

La storia è così avvincente che cediamo la parola al Protagonista: diventato sacerdote e poi Vescovo, mons. Kazimierz Majdanski:

"Dopo la nostra liberazione da Dachau, ci siamo rivolti a Edmond Michelet (un illustre professore francese, internato a Dachau che sarà ministro nei governi del generale Charles De Gaulle) affinché noi potessimo andare a studiare in Francia, perché, con il comunismo al potere, non era possibile farlo in Polonia con libertà. Michelet ha subito accettato di aiutarci superando le difficoltà dell’impresa.

Noi attendevamo la nostra ordinazione sacerdotale dal 1939 e questa era una ragione sufficiente per Michelet, per aiutarci. Liberati il 29 aprile 1945 da Dachau, tre mesi dopo, i miei confratelli di seminario e io siamo stati ordinati sacerdoti a Parigi, il 29 luglio 1945".

Continua a ricordare Mons. Majdanski:

"Con il prof. Michelet, un cattolico esemplare, eravamo compagni di miseria a Dachau. Io ero stato imprigionato a Wloclawek dove c’era il nostro Seminario e io ero allievo dell’ultimo anno. Il 7 novembre 1939 fui arrestato con tutti i membri del Seminario, spediti in prigione, poi al campo di Sachsenhausen, presso Berlino. In seguito i nazisti hanno riunito i preti di tutte le nazioni caduti nelle loro mani, a Dachau, dove siamo rimasti cinque anni, sospesi tra la vita e la morte. Molti sono morti: si tratta di martiri, martiri del sacerdozio, della fedeltà al sacerdozio, il dono più sublime del Cristo. Quelli che si sono salvati, come me, si sono preparati a ricevere il sacerdozio a Parigi. Già, sono polacco, ma… sono anche un prete parigino!".

Alcuni anni dopo, rientrato in Polonia, Mons. Majdanski ha fondato un Istituto per la difesa della Famiglia, il primo di questo genere nel mondo. A chi gli chiede le origini storiche dell’Istituto, egli risponde: "Sono diverse queste origini. La prima è la promessa che noi abbiamo fatto a Dachau a S. Giuseppe, sposo verginale di Maria e padre putativo di Gesù. L’abbiamo supplicato di liberarci da quella fossa dei leoni, di salvarci la vita come lui l’ha fatto per Gesù, di fronte a Erode. In questo atto di consacrazione a S. Giuseppe, gli abbiamo promesso di occuparci in modo speciale, dopo la nostra liberazione, della famiglia, che già allora cominciava a essere insidiata. Gli abbiamo fatto questa promessa, perché S. Giuseppe è il capo della Santa Famiglia.

"Dopo molti sforzi per creare questo Istituto, siamo riusciti a ricevere il permesso al ministro della scuola superiore (cosa non facile trattandosi di un comunista!), nel giorno stesso dell’anniversario della nostra liberazione, il giorno in cui siamo andati in pellegrinaggio al Santuario di S. Giuseppe a Kalisz: quel giorno c’erano con noi, fondatori dell’Istituto, il Card. Wyszynski, nostro primate, arcivescovo di Varsavia, e il Card. Wojtyla, che era mio personale amico, futuro Papa Giovanni Paolo II".

Spiega ancora Majdanski nel suo libro:

"L’altra ragione della fondazione è il mio ambiente familiare. Mio fratello, Valentino, precocemente defunto, aveva consacrato tutta la sua vita, in difesa dei bambini non-nati. Contro l’aborto, che è un delitto. Era solo a farlo, prima della guerra mondiale. Oggi il problema è più sentito: i vìcattolici migliori si impegnano per una civiltà della vita. Ma a quell’epoca era solo in Polonia, come laico almeno. Oggi la battaglia per la difesa della vita contro l’aborto è terribile. Ma il Papa Giovanni Paolo II è apertamente dalla nostra parte e non negozia sulla difesa della vita!

Con orgoglio, Mons. Majdanski afferma: "L’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II è il testo che, se messo in pratica, può salvare la famiglia e l’umanità intera. Con un’altra enciclica: "Veritatis splendor". Lo splendore delle Verità. La cultura della morte – bisogna dirlo apertamente – si appoggia dall’inizio sulla menzogna. La cultura, la civiltà della vita è in piena armonia con la Verità, perché la Verità è il Vangelo. Il Vangelo è Gesù che dice: "Io sono venuto per rendere testimonianza alla Verità. Io sono la Verità, la Via e la Vita".

Alla domanda su come ha fatto a fondare l’Istituto della famiglia, Majdanski risponde:

"Nel frattempo il Papa mi aveva voluto Vescovo. Ho voluto creare, con l’Istituto, qualcosa di più stabile nel tempo. I comunisti che sono contro la famiglia, hanno permesso il mio progetto, cosa inimmaginabile. Posso ingannarmi ma l’hanno fatto, penso, per due ragioni. Essi si sono detti: questo povero Vescovo ha nella sua vita una storia assai nota, come martire del nazismo. Per questo potrebbe lamentarsi all’estero che una vittima del nazismo come lui, ha dovuto vedere rifiutato il suo progetto dai comunisti" Ma essi pensavano pure che questa idea dell’Istituto sarebbe caduta presto. Ma al primo anno, avevamo già 40 allievi in questo Istituto. Ora (1997) sono 1400 allievi, una buona parocchia, sì o no?".

Conclude il suo discorso questo Vescovo, sempre disposto alla lotta per la Verità – per Gesù Cristo che è la Verità – riservando la lotta per sé e la gloria a Gesù Cristo: "Mi viene chiesto che cosa ritengo urgente per la Polonia e per il mondo. Ebbene riprendo la sentenza del mio amico professore Michel Schooyans: "L’avortement l’enjeu politique". È un libro da far conoscere. Il Papa Giovanni Paolo II me lo ha regalato personalmente in lingua francese, dicendomi che si deve leggerlo. In umiltà e fierezza, posso citare Schoouans: "Il vostro Istituto è una grande cosa per la Polonia e non solo per la Polonia".

Nel 1992, Mons. Kazimiers Majdanski ha lasciato la sua Diocesi. Il Papa gli ha conferito il titolo di Arcivescovo ad personam per continuare a operare in favore della famiglia. Ora, compiuta la sua missione che ha onorato il sacerdozio cattolico e ha difeso la famiglia e la vita nascente, egli vede Dio. Quanti sono i bambini che devono a lui la vita, quanti sono gli sposi che devono a lui l’unità familiare? Solo Dio lo sa.

Nella distruzione attuale della famiglia, oggi, egli appare un Eroe.

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ultimo aggiornamento 09 febbraio, 2017