Vivere la speranza
S. Giuseppe Cafasso

"Purtroppo, essendo difficile portare

al tribunale di Dio intatte le altre virtù, la speranza,

la confidenza almeno portiamola tutta„.

(S. Giuseppe Cafasso)

"Vi dirò che non deve far meraviglia che si viva male mentre si spera così poco: quand’è che un lavoratore si mette davvero al lavoro, e stenta, e suda, e fatica, e niente lo ferma e lo trattiene? Quando spera una gran paga; quand’è che un contadino si da come disperato ai lavori dei campi, e teme nè freddo, nè caldo, nè vento, nè pioggia? Quando spera di fare una buona raccolta. Togliete all’artista, al contadino questa speranza, e fate che vi pensi, o la calcoli per niente o per poco: vedrete quegli uomini "cangiati"; non son più quei di prima, ma deboli, fiacchi, e quello che facevano in un’ora, adesso vi vuole una giornata; e da che cosa proviene? La ragione è chiara: l’uomo tanto fa quanto spera; prima speravano molto, e adesso che sperano meno, fanno parimenti di meno. La speranza è quella che in tutte le cose dà la vita e la forza, così nelle cose temporali, e così parimenti nelle cose spirituali".

"Fa meraviglia veramente, e per una parte fa compassione, a considerare che nella maggior parte della gente vi regna così poca speranza d’andar in Paradiso. Si sentono alle volte persone anche buone a dire: Oh!..... è bello il Paradiso, lo sappiamo, ma ci vuole altri che noi ad arrivarvi! Oh, per me, dice un altro, devo essere contento di guardarlo il Paradiso; i pari miei non vi vanno. Tutti poi dicono con voce comune: Chi sa, chi sa se mi salverò! Sento che se ne salvano tanto pochi!

— Ma e perchè, mia cara gente, sì poca fede? perchè tanti chi sa? Forse che Iddio voglia mancar di parola, forse che il Paradiso l’abbia creato solamente per mostrarcelo, per farci sapere che vi è? Oh! cosa dite? Iddio ci vuole tutti in Paradiso, ma tutti senza eccezione, senza riserva; via dunque tutte queste paure, che non sono altro che tentazioni".

"Che bel cuore è mai quello del nostro Signore; un cuore nè più bello, nè migliore non si trova nè in cielo nè in terra".

"Considereremo un Dio padre, ma un padre così raro e singolare, che non solo non ha pari nè in cielo nè in terra, ma nemmeno sarà possibile idearcene un altro migliore, più tenero, più paziente, più affezionato, e, quello che è più, verso chi meno li meriterebbe che è il peccatore; ed eccovi le tre qualità che formano il carattere di questo buon padre:

— un padre cioè che vuole perdonare;

— non solo vuole, si esibisce, ci invita e ci cerca per darci il perdono;

— e non basta ancora: ma un padre che non solo vuole, desidera, e ci invita per perdonarci, ma di più si compiace, giubila, e gode nell’accordarci il perdono".

"Non contento di dar tempo al peccatore, di aspettarlo a penitenza, come se fosse ancor poco, come se non potesse vivere senza rivederlo, senza abbracciarlo, ne va in cerca, lo chiama, lo invita a ritornare alle sue braccia: par possibile che un Dio d’infinita maestà voglia abbassarsi a tanto di mostrarsi così affezionato, così premuroso per la salute di un povero peccatore? E dove è quel sovrano, per buono che possiate immaginarlo, il quale se offeso le ripetute volte da un suddito, tanto più se di povera famiglia, voglia ancora continuare a mostrarglisi così affezionato da farsi vedere inquieto, finché non abbia la sorte di rivederlo; e perché ritarda lo voglia persino mandare a cercare, ad invitare alla reggia, per avere il piacere di averlo in sua compagnia ed abbracciarlo? Oh! non se ne ha esempio: sarà già molto che egli si trattenga dal castigarlo.

Il padre stesso del figliuol prodigo, benché per altro così affezionato al suo figlio, così addolorato per la sua partenza, pure non troviamo che mandasse gente in cerca di lui ad invitarlo a ritornare e tanto meno che andasse egli in persona; solamente troviamo che desiderava, sospirava che ritornasse.

Ma dove non arrivano gli uomini arriva bene Iddio; e mai, non mi avanzerei a dir tanto, se egli stesso non si fosse di propria bocca qualificato per quale sono per dirvi. Si è paragonato a quella donna del Vangelo, che avendo perduto una moneta, mette sossopra la casa per cercarla, nè più mangia, nè più riposa ma tutta afflitta e conturbata la va cercando per ogni angolo, e più non si da pace, nè requie finché abbia avuto la fortuna di trovarla.

Vorreste credere, se io solo ve lo dicessi, che un Dio voglia prendersi tanta pena per un peccatore che lo lascia, per un’anima che perde per mezzo della colpa, che non si dia più, per così dire, nè pace, nè riposo, finchè se la vede tornare ai suoi piedi e che arrivi da usare tante industrie per trovarla?"

Da «Prediche scelte di S. Giuseppe Cafasso»
a cura di G. Barra - Borla Editore, Torino.

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ultimo aggiornamento 09 marzo, 2017