I COMANDAMENTI (10)
Non desiderare la donna del tuo prossimo

 

Sac. Angelo Spilla

 

 

Il tema comune del nono e del decimo comandamento è la condanna del desiderio disordinato.

Uno stesso imperativo viene usato per gli ultimi due comandamenti, ritmato sul verbo "desiderare", ma diversi sono gli oggetti del desiderio. C’è diversità, invece, nella formulazione tra il libro dell’Esodo e quello del Deuteronomio. Nel primo, il nono e il decimo comandamento sono presentati insieme: "Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue o il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo"(Es 20,17).

Nel Libro del Deuteronomio, invece, i due comandamenti sono distinti e la donna non è considerata più quale possesso dell’uomo, ma rivestita di propria dignità: "Non desiderare la moglie del tuo prossimo"(5,21). Qui la donna è messa al primo posto e solo successivamente la casa, il campo e le altre realtà.

Questo comandamento, poi, si raffronta con il sesto; ma mentre nel sesto si ha in vista l’adulterio durante un matrimonio, qui nel nono viene presa in considerazione soprattutto la donna, non più considerata come proprietà esclusiva di un uomo.

Qui si chiede di non ostacolare il rapporto del prossimo con la sua donna. Questo comandamento chiede, quindi, di non nutrire desiderio verso la donna di un altro.

È bene comunque soffermarci sul verbo "desiderare" (in ebraico: "hamad"). Il suo vero significato dall’originale non indica in verità il semplice desiderare o augurarsi, quanto invece a un ricorrere a delle macchinazioni che portano a impossessarsi di quanto è desiderato; desiderare per appropriarsi.

Il desiderio sappiamo che è un fenomeno umano fondamentale e non è in sé e per sé negativo, anzi! È normale che desideriamo il cibo, le bevande, gli indumenti, la casa. Così c’è pure il desiderio di amore, di una congrua proprietà, di successo. Può compiere cose grandi solo chi desidera appassionatamente. Temere in partenza i desideri può avere effetti deleteri per l’uomo, può spingerlo troppo facilmente ad essere rinunciatario. Anche la Bibbia e la tradizione spirituale ci esortano espressamente a desiderare. Pensiamo all’attesa dei patriarchi, ma non solo, per avere un figlio che continui il proprio nome, oppure alla tensione verso la conquista di una terra in cui vivere in libertà.

Anche il salmista ci fa pregare in questo senso: "Signore davanti a te è ogni mio desiderio… Mio Dio, questo io desidero: la tua Legge è nel profondo del mio cuore… Io desidero la tua salvezza"(Salmi 38,10 e 119,174).

Gesù stesso ce lo ricorda: "tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato"(Mc 11,24). Così pure, in negativo, il Libro dell’Apocalisse non manifesta alcuna simpatia per gli individui insensibili e freddi: "Conosco le tue opere: Tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo. Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca"(Ap 3, 15-16). Con questo non condividiamo ciò che propone il modello buddista che insegna la cancellazione di ogni desiderio come sorgente dell’esperienza del dolore.

Desiderare e aspirare vanno intesi, però, in senso positivo. Non si può accondiscendere a qualsiasi specie di desiderio. Infatti il desiderio disordinato sotto forma di avidità, ambizione, gelosia è sete di piaceri, produce effetti deleteri. Come fece il re Davide con Betsabea, moglie di Uria (cfr 2 Sam 11). Ci sono, quindi, desideri che possono essere benefici e altri distruttivi. Anche Gesù ritorna su questo argomento quando ci ricorda che non sono solo le cattive azioni che contaminano l’uomo, ma anche il desiderio disordinato che sta alla loro base (cfr Mc 7, 18. 20-23). Oppure nel Discorso della montagna quando dice: "Io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore"(Mt 5,28), intendendo il desiderio nel senso di macchinazione, programmazione, decisione intima e profonda.

Questo comandamento, dunque, ci insegna a non reprimere i desideri ma a purificarli, non a rimuoverli quanto a educarli. La cultura del desiderio comincia con il credere seriamente all’importanza del pensiero e del volere. Riguardo a questo nono comandamento, dunque, dovrebbe essere chiaro che non è il desiderio in sè stesso ad essere proibito. Il comandamento mette piuttosto in guardia contro la distruzione egoistica del matrimonio di un altro. E ciò vale sia per l’uomo che per la donna. In discussione non è solo il desiderio dell’uomo, ma anche quello della donna. È un comando al rispetto dell’amore dei coniugi, astenendosi da ogni intromissione in questa loro comunione. È il riconoscere il concreto spazio vitale del loro mutuo appartenersi nel vincolo dell’amore.

Si riconosce pure che a volte non è facile la conversione del desiderio e non si realizza non senza sofferenza. Per questo occorre formarsi ad un sano atteggiamento verso la sessualità, sempre in rapporto al desiderio: come c’è un desiderio che rispetta l’altro, così c’è pure un desiderio che lo porta ad approfittarsi dell’altro e lo sfrutta, lo ferisce e offende. Quando, ad esempio, uno abusa di una donna per soddisfare il proprio istinto sessuale, si pecca contro la sua dignità.

In positivo, questo comandamento ci richiama ad un amore puro. Per una persona sposata, rispettare il proprio partner continuando a fare pieno affidamento al proprio amore. Verso gli altri, senza respingere alcun sano sentimento, rinunciare però a volerne fare una propria conquista. Rispettare l’altra persona nella sua esclusività e indisponibilità.

Gli occhi di una persona ci rivelano ciò che in lei si nasconde. Chi ha cuore puro e sguardo limpido è capace di vedere Dio nel suo prossimo.

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ultimo aggiornamento 14 luglio, 2017