Verso una cultura della misericordia

A cura del CeSAM una serie di
riflessioni sulle sette Opere di misericordia spirituale (4)

 

 

Consolare gli afflitti

PROF. ROSSANA RAGONESE

 

Consolazione: è ciò che desideriamo quando siamo tristi e addolorati. È ciò che possiamo offrire a chi è triste, sconsolato, afflitto da qualcosa. A volte è l’unica cosa che possiamo dare: non possiamo togliere il dolore di una perdita, o guarire un male incurabile; possiamo consolare o essere consolati, in certe situazioni è tutto quello che possiamo dare o ricevere, è tanto, è tutto.

Ma afflizione è solo essere tristi e addolorati? Nel Discorso delle Beatitudini Gesù dice "Beati gli afflitti, saranno consolati" (Mt 5). Beati perché consolati, ma anche Beati in quanto afflitti. C’è Beatitudine (che significa felicità vera, pienezza, pace, soddisfazione) nell’essere consolati, e c’è Beatitudine anche nell’afflizione. In che senso? Gesù non invita al masochismo (il piacere di soffrire). Lui stesso nell’Orto degli ulivi desidera allontanare il calice di dolore, non entra con naturalezza nell’angoscia, vorrebbe respingerla. Allora in cosa Afflizione è Beatitudine?

Afflizione letteralmente significa essere colpiti, toccati, feriti. È il contrario dell’indifferenza; è lasciarsi toccare dalle situazioni che incontriamo nella vita, quelle personali e quelle di coloro cui siamo legati, o delle persone lontane che sono comunque nostri fratelli; lasciar entrare queste situazioni e queste persone nel nostro cuore, affliggerci per esse, sentirle; non restare indifferenti. Godere con chi è lieto, piangere con chi soffre, condividere, assumere, lasciarsi ferire dalla gioia e dal dolore, non essere impermeabili.

Ce lo ha ricordato Papa Francesco: … "la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere…"1; "Dio di misericordia, destaci dal sonno dell’indifferenza, apri i nostri occhi alle loro sofferenze, liberaci dall’insensibilità..."2;

Afflitti sono coloro che provano compassione e per questo sono veramente felici, della stessa felicità di Dio, perché come lui si commuovono, amano, consolano. Nell’afflizione esprimono la propria umanità ed il proprio essere immagine di Dio; si realizzano; vivono pienamente.

Ancora il Papa: "La persona che si lascia trafiggere dal dolore e piange nel suo cuore è capace di raggiungere le profondità della vita e di essere veramente felice. Quella persona è consolata, ma con la consolazione di Gesù e non con quella del mondo. Così può avere il coraggio di condividere la sofferenza altrui e smette di fuggire dalle situazioni dolorose. In tal modo scopre che la vita ha senso nel soccorrere un altro nel suo dolore, nel comprendere l’angoscia altrui, nel dare sollievo agli altri. Questa persona sente che l’altro è carne della sua carne, non teme di avvicinarsi fino a toccare la sua ferita, ha compassione fino a sperimentare che le distanze si annullano"3.

Come dare consolazione? Non posso togliere il dolore, posso asciugare le lacrime. Quando Gesù è afflitto nel Getsemani cerca consolazione negli amici, chiede loro non di togliergli il dolore ma di stare con lui, accanto, presenti: "State qui, vegliate con me" (Mt 26,38). Anche Dio non toglie il dolore ma consola: la Gerusalemme celeste (Paradiso) descritta nel libro dell’Apocalisse è luogo dove non vi sarà più pianto non perché Dio eliminerà il dolore ma perché "asciugherà ogni lacrima dai loro occhi" (Ap. 21, 4).

Maria la invochiamo anche come Consolatrice degli afflitti. E lo è perché lei stessa è stata Consolata, ma prima ancora è stata Desolata4. Sul Calvario, Maria stava sotto la croce e una spada le ha trapassato l’anima quando ha perso Gesù. Ernesto Oliviero, fondatore del Sermig, ci aiuta in questa riflessione su dolore e consolazione in Maria; racconta di aver ricevuto, un venerdì santo, la visita di un amico della comunità, una persona con problemi di alcol: "… Ero in preghiera in chiesa, davanti alla statua della Madonna. Sentii il suo spirito… di vino. Mi abbracciò triste dicendo: "Oggi bisogna star vicino alla Madonna". Lo guardai stupito. "Oggi perde suo Figlio". Nessun teologo prima di allora mi aveva aperto gli occhi come lui. Da allora, il venerdì santo provo una pena più profonda per il dolore di Maria che perde il Figlio. E, a Pasqua, la gioia nel sapere che è risorto è più grande"5.

Ha detto Papa Francesco che quando siamo afflitti "sentiamo forte il bisogno che qualcuno ci stia vicino e provi compassione per noi... Ci guardiamo intorno incerti, per vedere se troviamo qualcuno che possa realmente capire il nostro dolore. La mente si riempie di domande, ma le risposte non arrivano. La ragione da sola non è capace di fare luce nell’intimo... In questi momenti, abbiamo più bisogno delle ragioni del cuore, le uniche in grado di farci comprendere il mistero che circonda la nostra solitudine... Il Signore ha promesso ai suoi discepoli che non li avrebbe mai lasciati soli: in ogni situazione della vita Egli sarebbe stato vicino a loro inviando lo Spirito Consolatore che li avrebbe aiutati, sostenuti e confortati"6.

Lo Spirito Consolatore giunge come un soffio anche attraverso le nostre mani e bocche, può esser proprio Lui a suggerirci gesti e parole. La consolazione, che è una delle opere di misericordia spirituali, spesso si dà in gesti di misericordia corporale, nel come offriamo quel gesto, nel modo in cui lo compiamo7.

Per questo – credo – san Pio da Pietrelcina ha nominato l’ospedale da lui fondato Casa sollievo sofferenza, perché luogo dove offrire sollievo nella consolazione insieme alle cure volte alla guarigione di mali fisici.

Così come Santa Madre Teresa di Calcutta ha consolato tanti nella sua vita, stando accanto, accompagnando, anche alla morte, tenendo la mano, offrendo un sorriso. Consolazione.


1 Omelia a Lampedusa, 8 luglio 2013

2 Preghiera a Lesbo, 16 aprile 2016

3 Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate, n.76

4 Maria afflitta per la morte del Figlio è definita La Desolata da Chiara Lubich (cfr. La dottrina spirituale, Città Nuova, Roma, 2009, p. 416).

5 Ernesto Olivero, Buona Pasqua Maria, Priuli & Verlucca, Scarmagno (TO), 2011, pp 148.

6 Veglia di Preghiera “Per asciugare le lacrime” Basilica Vaticana 5 maggio 2016

7 “Per me è tanto” mi ha detto una mattina un giovane nigeriano che incontro spesso quando vado al lavoro e al quale stavo offrendo alcuni spiccioli; lo guardavo negli occhi dicendo “mi dispiace, è poco…”. “Per me è tanto”: ho pensato che dicesse così perché era mattina presto e iniziava già con un’offerta, ma ripensandoci adesso, anche lui mi guardava negli occhi, e forse quello che “era tanto per lui” era il contatto tra noi, il rapporto, la relazione, l’essere riconosciuto, … consolazione nella sua solitudine.

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ultimo aggiornamento 14 giugno, 2018