Leggiamo il libro di Giobbe - 1

 

 

 

 

 

 

 

  Il Libro di Giobbe:

  il libro della crisi

      Sac. Angelo Spilla

Il libro di Giobbe è considerato come un capolavoro della letteratura. È un libro tanto letto, tanto apprezzato, amato e conosciuto. Preciso subito. Lo scopo di questo libro biblico non è, come si crede comunemente, quello di spiegare l’enigma della sofferenza ingiusta e neppure quello di risolvere il problema del male. Rappresenta, invece, il tentativo dell’uomo, turbato e sconvolto dal dolore, di meglio comprendere la propria posizione di fronte a Dio santo e onnipotente.

Victor Hugo a tal proposito ha detto: "Domani, se tutta la letteratura dovesse essere distrutta e fosse dato a me il compito di salvare solo un libro, sceglierei il libro di Giobbe". E il filosofo e teologo danese, Soren Kierkegaard (1813-1855) dice anche: "Se non avessi Giobbe! Io non lo leggo con gli occhi come si legge un libro, me lo metto per così dire sul cuore … Come il bambino che mette il libro sotto il cuscino per essere certo di non aver dimenticato la sua lezione quando al mattino risveglia, così la notte mi porto a letto il libro di Giobbe. Ogni sua parola è cibo, vestimento e balsamo per la mia povera anima".

Il libro di Giobbe è il primo dei cinque libri dell’Antico Testamento conosciuti comunemente come "Libri Poetici". Questi includono: Giobbe, Salmi, Proverbi, Ecclesiaste e Cantico dei Cantici. Tale appellativo deriva dal fatto che sono stati scritti in stile poetico, a differenza con lo stile narrativo della maggior parte degli altri libri della Bibbia. Questi cinque libri vengono anche chiamati "Libri Sapienziali". La letteratura sapienziale è stata ricca di espressioni in tutto l’Oriente antico. C’è tutta una tradizione e una letteratura. Che cosa si intende con il termine "sapienza" nella Bibbia e quale significato assume, quindi, questo termine nella rivelazione biblica? È presuntuoso pretendere di dare una definizione di un termine il cui significato si sviluppa nel tempo; bisognerebbe ordinare varie definizioni. Mi limito ad una indicazione ora. Sapienza è, per l’antico popolo di Israele, una qualità della vita umana per cui gli uomini sono in grado di destreggiarsi in mezzo alle cose del mondo, di prendere contatto con le vicende in cui sono coinvolti, in maniera da realizzare positivamente la propria vita, che si realizza in modo benefico, consolante, gratificante. Sapienza è qualità molto pratica, artigianale: capacità di stare nel mondo, in mezzo alle persone, di gestire il vissuto con le situazioni imprevedibili e spesso drammatiche. Capacità di vivere bene in mezzo ai problemi personali, sociali, in un mondo sfuggente. Anche gli aspetti tecnologici fanno parte della sapienza, in un contesto in cui gli strumenti sono ancora artigianali e non evoluti come per noi. Ma le situazioni considerate dall’interno si ripropongono. La sapienza è la capacità di vivere bene.

Il capolavoro letterario della corrente sapienziale è propriamente il libro di Giobbe. Ricordiamo quindi che si tratta di un testo contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana. È scritto in ebraico e, secondo l’ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione del nucleo poetico centrale risale all’XI-X secolo a.C., mentre la redazione definitiva con le aggiunte in prosa (prologo ed epilogo) è stata composta in Giudea verso il 575 a.C.

È composto da 42 capitoli descriventi la storia del saggio Giobbe, la cui vita è provata da un dolore inspiegabile, con ampie meditazioni contenute nei dialoghi con i suoi tre amici sul perché Dio permette il male all’uomo giusto. Il nucleo in poesia antico sostiene che Dio è troppo distante dall’uomo perché questi possa capirlo e giudicare il suo operato, lasciando aperta la speranza di un "redentore" che riscatterà il male. L’epilogo aggiunto tardivamente sostiene, in apparente contraddizione col corpo centrale, che Dio retribuisce in terra il male subito dal giusto.

Il libro inizia con un racconto in prosa. Giobbe, servo di Dio, viveva ricco e felice. Dio permise a Satana di tentarlo per vedere se fosse rimasto fedele anche nella cattiva sorte. Colpito prima nei beni e poi nei figli, Giobbe accetta che Dio si riprenda quel che gli aveva dato. Ammalatosi di una malattia ripugnante e dolorosa, Giobbe rimane sottomesso e respinge la moglie che gli consiglia di maledire Dio. Allora tre suoi amici, Elifaz, Bildad e Zofar vengono a compiangerlo (capitoli 1 e 2). Giobbe e gli amici confrontano le loro concezioni riguardo alla giustizia divina. Elifaz parla con la moderazione che l’età gli ispira; Zofar segue gli impulsi della sua giovane età, mentre Bildad è un sentenzioso che si tiene su una linea media. Tutti e tre, però, difendono la tesi tradizionale secondo la quale se Giobbe soffre significa che ha peccato. Ma alle loro considerazioni teoriche Giobbe contrappone la propria esperienza dolorosa e le ingiustizie di cui il mondo è pieno; nella sua condizione di turbamento morale, il grido di rivolta si alterna a espressioni di sottomissione. A questo punto interviene un nuovo personaggio, Elhu, che dà torto sia a Giobbe che agli amici, tentando di giustificare la condotta di Dio. Viene interrotto da Jahve in persona che di mezzo al turbine, cioè nello scenario delle antiche teofanie, risponde a Giobbe. Il libro si conclude con un epilogo in prosa: Jahve rimprovera i tre interlocutori di Giobbe e rende a quest’ultimo, moltiplicandoglieli enormemente, i beni che prima dell’accaduto possedeva. Gli dona nuovi figli e figlie, queste in particolare di bellissimo aspetto (42,7-17).

Il libro di Giobbe è la testimonianza della crisi. È un libro monumentale, uno dei grandi libri sapienziali di tutta la Bibbia. La crisi viene affrontata con grande lucidità, con intraprendenza, provocatoriamente. Preferiremmo talvolta non toccare queste pagine che scottano e infastidiscono. Come mai nella Bibbia un libro che ha più domande che risposte ci mette in crisi? E’ appunto il libro della crisi. Ci dice quale è il problema per cui occorre ridiscutere tutto da capo. E’ un’indicazione quanto mai impegnativa in una prospettiva di conversione.

Nudo uscii dal grembo di mia madre

Tutto il libro di Giobbe potrebbe essere letto alla luce dell’antica sapienza biblica che è esperienza vissuta, interiorizzazione e riflessione: "Ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto" (42,5). Il Libro si compone di due parti: una parte poetica (capp. 3-42) e una parte in prosa (prologo ed epilogo); la parte centrale è un testo pre-esistente a cui è stato aggiunto un prologo e un epilogo. Tutto il Libro sacro racconta la storia di quest’uomo giusto, chiamato Giobbe.

Più che storia è un racconto conosciuto in tutta la letteratura orientale. Non è quindi una storia vera, ma si parla dell’uomo giusto e dentro a questo racconto l’autore ispirato ci vuole insegnare delle verità. Giobbe è l’uomo giusto, la sua vita non fa una piega, proprio per questo ci sono dei dubbi circa la storicità del personaggio Giobbe, perché nessun uomo è perfetto. Caratteristica del racconto è quella di far emergere gli estremi: il buono e il cattivo, ma dà anche degli insegnamenti: per Giobbe tutto rimane mistero, lui non lo sa, ma noi che abbiamo letto il libro, sappiamo come va a finire la sua storia. Noi tutti abbiamo delle prove, anche la storia biblica è piena di personaggi provati da Dio. La prova è un segno delle nostre forze, perché Dio mette alla prova coloro che ama, e nella prova c’è sempre un intervento di Dio a favore dell’uomo. Giobbe prima viene arricchito di ogni bene e poi è provato da Dio. L’azione di Dio precede qualunque azione dell’uomo. Questo non vuol dire che a livello umano, quando siamo provati siamo sereni, tutt’altro, proviamo la tensione, il contrasto. Ma la prova vista in questo progetto salvifico di Dio, acquista una connotazione di fede. La prova è il segno della nostra risposta al progetto di Dio, è la risposta a Dio che ci chiede se abbiamo preso a cuore il suo progetto. Questo itinerario lo ha provato il popolo di Israele: dopo essere stato scelto da Dio, egli lo prova per 40 anni nel deserto, ma la mèta finale è la terra promessa. La prova, quindi, si colloca dentro un cammino dove Dio interviene per primo.

Ci troviamo dinanzi a delle pagine della Bibbia che ci accompagnano alla conoscenza dell’uomo, alla esplorazione dell’assurdo mondo della sofferenza, ma soprattutto ci introducono al cospetto di Dio. Il nucleo del Libro è proprio questo: l’appassionata ricerca di Dio.

Vediamo più in particolare chi è questo Giobbe e l’inizio della sua storia. Ci soffermiamo adesso particolarmente sul primo capitolo di questo libro della Bibbia, riguardante il prologo. Inizia con la presentazione del personaggio Giobbe (1,1-3) e della sua famiglia (1,4-5). Segue poi il racconto quando vengono convocati i figli di Dio per decidere la sorte di Giobbe (1,6-12) e il momento delle prove (1, 13-22).

Giobbe abitava a Us, nella località di Edom, a sud-est del Mar Morto. Non era, quindi, un figlio d’Israele ma un figlio della cultura orientale. Questo ha qualcosa da dire alla cultura ebraica e anche a noi che spesso ci capita di incontrare personaggi pieni di fede ma al di fuori della nostra cerchia. Un uomo con un carattere eccezionale, benedetto da una grande famiglia e con molti possedimenti: ha una moglie, sette figli e tre figlie (i numeri sette e tre indicano pienezza); possiede settemila pecore, tremila cammelli, cinquecento coppie di buoi, cinquecento asine e un grandissimo numero di servi.

Viene presentato come un capo patriarcale, onesto giusto e timorato di Dio. Di lui si legge nel Libro sacro: "Uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male". La sua relazione con gli altri aveva una dimensione di benevolenza, viveva i valori morali e sociali, amava Dio e non voleva per niente offenderlo. Per dire come temeva Dio basta ricordare che ogni qualvolta i suoi figli amavano "festeggiare" Giobbe cercava di purificarli offrendo olocausti a Dio. Queste stesse caratteristiche Dio le presenta a Satana (v. 8); la benevolenza degli uomini verso di lui è, quindi, riconosciuta anche da Dio.

Il racconto poi si sposta in cielo dove Dio convoca i suoi figli; si tratta di esseri superiori agli uomini identificati come Angeli e tra essi c’è Satana e questi presenta il caso di Giobbe dicendo che il timore di Dio per Giobbe è dettato da tutte le benedizioni ricevute da Dio; afferma inoltre che Giobbe lo avrebbe maledetto se avesse perduto tutto. Dio, quindi, mise nelle mani di Satana tutto ciò che Giobbe aveva eccetto Giobbe stesso; decide di metterlo alla prova perché sicuro della sua fede. Riprende il racconto in terra e avvengono quattro disgrazie provocate da fattori diversi. In uno stesso giorno Giobbe perde i suoi buoi e le sue asine e chi le accudiva, per un assalto dei Sabei (predoni); le sue pecore e chi le accudiva per mezzo del fuoco; i suoi cammelli e chi li accudiva per una razzia dei Caldei (predoni) e infine i figli e le figlie a causa di un vento impetuoso. La prima e la terza disgrazia (Sabei, Caldei) vengono provocate dagli uomini. La seconda e la quarta (fuoco e vento) da fenomeni naturali. L’uomo e la storia da una parte, la natura e la creazione dall’altra, sono le due fonti della sofferenza, e l’uomo di fronte ad esse è impotente.

Dinanzi a ciò Giobbe si alza, si stracciò il mantello, si rase il capo ed entra nel profondo silenzio. Dopo essersi prostrato a terra, dice:" Nudo uscii dal grembo di mia madre e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!".

Il primo capitolo si conclude con questa affermazione solenne:"In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto". Giobbe ci vuole ricordare che i momenti decisivi della nostra vita sono inizio e fine: lì risulta la verità dell’uomo che è un essere fragile, non padrone di sé e della propria vita. Se l’uomo nasce nudo e muore nudo, vuol dire che tutto ciò che è aggiunto durante la sua vita non gli appartiene in modo stabile, ma gli viene donato per poi venire a mancare.

Ma soprattutto il brano biblico ci ricorda che Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto; la sua religiosità non era interessata come affermava Satana. Vedremo in seguito lo svolgersi di questa vicenda e soprattutto come Giobbe nonostante le prove resti fedele a Dio fino alla fine.

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ultimo aggiornamento 15 novembre, 2018