Verso una cultura della misericordia

 

A cura del CeSAM
 

 

Il Sinodo sui giovani

 

Gioele Anni, consigliere nazionale per il settore giovani del­l’Azione Cattolica, ha partecipato ai lavori del Sinodo e ci ha fornito un contributo proprio su questa esperienza.

 

Quattro settimane di grazia. Questo, per me, è stato il tempo del Sinodo. Tempo di grazia a livello personale per la possibilità di incontrare il Santo Padre, di dialogare con vescovi e cardinali, di stringere legami forti con gli altri giovani arrivati a Roma dai quattro angoli del pianeta. Tempo di grazia, speriamo, anche per la Chiesa. È stata un’esperienza molto intensa di fede e di preghiera, di pensiero e di studio, di incontro con l’umanità di tutto il mondo rappresentata dai padri sinodali e dagli altri partecipanti. Tutti riuniti in unità con papa Francesco.

Nei giorni dell’assemblea dedicata a "I giovani, la fede e il discernimento vocazionale" sono stato colpito dalla diversità che si vedeva intorno all’aula del Sinodo. Persone con colore della pelle diverso, lingue diverse… Racconti di esperienze e approcci alla realtà molto diversi. La vita di un giovane non è la stessa in Italia, in Medio Oriente o in Africa. E il modo di affrontare temi ecclesiali come la liturgia o la formazione catechistica, o temi sociali come le migrazioni o il modo di vivere l’affettività, risente del portato sociale e culturale delle diverse parti della Terra. Davanti a queste differenze mi chiedevo: come si potrà arrivare a unità? Alla fine i padri sinodali ce l’hanno fatta. Il documento finale è stato approvato in ogni suo punto con oltre i 2/3 dei voti favorevoli.

Come è stato possibile? Prima di tutto, nell’Aula c’era un vero clima di cordialità. Ogni mattina Papa Francesco ci accoglieva all’ingresso. Nelle pause si chiacchierava, e pure noi giovani potevamo scambiare due battute con vescovi e cardinali anche riguardo a fatti della quotidianità, oppure sullo sport o la musica. Non si tratta solo di un elemento di "colore". È sostanza. Se nei lavori sinodali si è creato un clima di condivisione, è perché c’è stato il tempo e ci sono stati gli spazi per vivere una fraternità autentica, per confrontarsi in serenità, per approfondire le questioni che vedevano più divergenze. Anche grazie a questa dinamica, alla fine ci si è ritrovati su un testo che ha generalmente ottenuto l’approvazione di tutta l’Aula sinodale. Inoltre è emerso chiaramente quello che papa Francesco ha poi sottolineato nel suo intervento di saluto al termine del Sinodo: l’assemblea «non è un Parlamento», e non prevalgono logiche che associamo alla politica. Davvero il Sinodo è luogo in cui lavora lo Spirito santo, e la sinodalità si nutre di tanti elementi, ugualmente indispensabili: l’ascolto della realtà, lo studio, la preghiera e il silenzio, il confronto anche schietto, infine la sintesi.

Al termine dei lavori il Sinodo consegna un documento finale, un testo articolato che tocca diverse tematiche. Del resto molto ampio era l’argomento stesso del Sinodo, che si proponeva di provare a rispondere a due enormi questioni di fondo: come trasmettere la fede alle nuove generazioni; e come aiutare tutti i giovani, nessuno escluso, a discernere la propria vocazione verso la felicità piena. Bisogna però evitare la tentazione di "sezionare" il documento, cioè di "stralciare" singoli temi di particolare interesse. Occorre invece leggerlo e analizzarlo in modo complessivo. Lo sforzo che è chiesto a ciascuno è riconoscere che questo testo è il frutto di un processo: partito con la consultazione di tutte le conferenze episcopali e con un questionario online per tutti i giovani; proseguito con la riunione pre-sinodale a cui hanno partecipato solo i giovani, quindi con incontri di studio, infine sfociato nell’assemblea di ottobre e ora da continuare con l’attuazione. Proprio il processo nel suo insieme è la vera eredità del Sinodo, da recepire ovunque nel mondo ci sia un gruppo di persone che sono Chiesa.

Ciò che emerge da questo processo è la necessità di scegliere decisamente per la Chiesa del terzo millennio proprio una forma sinodale. E per dare concretezza a questo intento, il Sinodo ha invitato ogni realtà ecclesiale a mettersi in discussione a partire da due «opzioni preferenziali»: quella per i giovani e quella per i poveri. Sta poi al discernimento di ogni realtà – un discernimento che ha bisogno di tempi e spazi adeguati e coltivati con cura – il compito di capire come declinare queste opzioni e quali scelte concrete mettere in atto.

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ultimo aggiornamento 12 febbraio, 2019