In cammino con il Sinodo dei Giovani

 

 

 

 

 

6.

La vita di Mosè

                    Sac. Angelo Spilla  

 

Un’altra figura assai interessante, in questo tema di riflessione in cammino con il sinodo dei giovani, è quella di Mosè, il servo di Dio e condottiero .

Un po’ tutti conosciamo la figura di Mosè. La sua storia ci viene raccontata a cominciare dal libro dell’Esodo in poi. E’ il condottiero che guida il suo popolo della prigionia in Egitto alla libertà della terra Promessa. Ma non è nato condottiero. La Bibbia ci dice, come Mosè ha cominciato a conoscere prima di tutto se stesso e poi il popolo ebreo.

Nacque quando il faraone aveva ordinato di uccidere tutti i neonati maschi del popolo ebraico. Appena nato fu tenuto nascosto per tre mesi dai suoi genitori, andando contro l’editto reale. E poi quando credevano di aver rinunciato al figlio, la provvidenza non solo ha permesso che venisse adottato da una principessa egiziana, ma rese possibile che la stessa sua madre potesse allevarlo.

Fu così che Mosè crebbe nella casa del faraone e fu istruito in tutte le scienze degli egiziani.

Però un episodio turberà profondamente la sua vita, quando per difendere un altro ebreo ucciderà un egiziano, diventando così un esiliato. Fuggirà dall’Egitto per non cadere nelle mani del faraone; giungerà nella terra di Canaan, nella penisola del Sinai, fino a quando una volta sposato, Dio gli va incontro rivelandogli la missione alla quale lo ha riservato.

Dio gli si rivela nel roveto ardente: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe… Io Sono Colui che Sono". Mosè deve ritornare in Egitto perché Dio deve liberare il suo popolo "verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele".

Mosè prende coscienza dei propri limiti ma capirà che sarà il Signore a liberare il popolo dall’Egitto. Dio dal cespuglio ardente gli parla: "Ho visto la miseria del mio popolo in Egitto … Io ti mando dal Faraone. Fa uscire il popolo, gli Israeliti dall’Egitto".

L’unica cosa che deve fare è essere un buon strumento, poiché Dio gli assicura: "Io sono con te".

Ci dice molto bene Gregorio Nisseno riassumendo la missione di Mosè. Qual è l’oggetto della sua missione? Ha servito. Infatti commentando Deuteronomio 34,5 dove si legge:"Mosè servo del Signore morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l’ordine del Signore", dice che è proprio in questo momento culminante che viene chiamato "servo del Signore".

Nel libro del Deuteronomio lo stesso Mosè dice:"Io oggi ho centoventi anni". Secondo questa rilettura ispirata di Gregorio di Nissa, la vita di Mosè comprende 40 anni alla scuola del Faraone, 40 anni in terra di Madian e 40 anni nel deserto. È una cifra piena di simbolismo per indicare che ognuna di questa tappa ha un suo proprio significato di valore universale, in cui ognuno di noi può riconoscere qualcosa di sé e rileggere la propria vita e come dovrebbe essere davanti a Dio.

Forse nella prima tappa dovremmo scoprire come a volte non riusciamo a riconoscere l’altro come fratello e quindi lo ignoriamo, poiché centrati su se stessi. Nella seconda tappa della vita di Mosè siamo chiamati a fare l’esperienza di interiorità, di riflessione e di maturazione spirituale per uscire da noi stessi ed aprirci all’altro. Infine nella terza tappa siamo invitati a riconoscere il Dio dei nostri padri presente e accanto a noi che ci coinvolge nella missione di salvezza per tutto il popolo di Dio.

Ed è così che Mosè accetta di farsi servo del Dio Altissimo, si offre per liberare il suo popolo facendolo passare dal Mar Rosso, conducendolo attraverso il deserto verso la Terra Promessa. Muore solo in obbedienza a Dio sul monte Nebo, di fronte a Gerico, guardando il paese di Canaan, che Dio dà in possesso agli Israeliti. Ha vissuto totalmente per gli altri in obbedienza a Dio e adesso muore solo, ma un Altro adesso lo accoglierà.

Cosa ci dice la figura di Mosè, oggi? E in maniera particolare ai giovani? Mosè salvato dalle acque e chiamato per nome vive un’esperienza di continuo esodo, uscire da sé per servire gli altri. Per questo è l’amico di Dio con cui l’Eterno parla "faccia a faccia".

È l’uomo che vive alla luce della fede e risponde alla missione di Dio. È un grande uomo politico che libera il suo popolo, il grande legislatore che detta agli ebrei un codice fondamentale di comportamento, i dieci comandamenti, ma è anche l’uomo imperfetto e tormentato nelle sue vicende umane.

Il grande condottiero è allo stesso tempo umile, aveva il senso dei propri limite delle proprie debolezze. Ancora:E’ l’uomo che ha avuto la massima risposta possibile alla ricerca e alla comprensione del sacro. A Dio che gli affidava la difficile missione, Mosè gli dice:"Fammi conoscere la Tua strada, e così ti conoscerò, perché io possa piacerti, e considera che questa gente è il tuo popolo" (Es 33,13).

È anche una figura autorevole d’intercessione; supplicava Dio in favore del suo popolo, chiedendogli di non distruggerlo per le sue infedeltà.

La figura di Mosè è figura della vita di tutti noi salvati nell’acqua del battesimo, noi che abbiamo ricevuto la libertà del peccato e la vita nuova della grazia divina. Attraversando il deserto, senza tornare indietro, affidandoci alla pedagogia di Dio e lasciandoci condurre da lui alla libertà e alla vita.

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ultimo aggiornamento 12 febbraio, 2019