Verso una cultura della misericordia

 

A cura del CeSAM
 

NOEMI SANCHES

 

Il Sinodo sui giovani

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Dal 19 al 25 marzo dell’anno scorso si è svolto in Vaticano il Pre-Sinodo dei Giovani, una tappa cruciale per la preparazione del Sinodo di ottobre. Ci siamo radunati in 300 giovani da tutto il mondo, non solo cattolici, ma anche provenienti da altre chiese, religioni e convinzioni, per parlare di noi e della situazione generale del giovane di oggi. Lo scopo di questo incontro era di elaborare un documento finale che riflettesse la realtà del giovane di oggi in tutti gli ambiti e contesti culturali. Tale documento sarebbe servito successivamente come uno degli Instrumentum Laboris dei Padri Sinodali.

È stata una settimana intensa. Il metodo di lavoro del Pre-Sinodo si è articolato attorno a due momenti cardini: i lavori in gruppi linguistici con una presenza significativa di giovani da diverse parti e realtà; e i momenti di assemblea in cui si condividevano i contributi di tutti i gruppi in modo da fare delle correzioni, precisazioni e aggiunte necessarie, e procedere posteriormente alla votazione di ogni punto. Questi istanti di dibattiti e messa in comune dei diversi punti di vista sono stati molto ricchi e fruttuosi. È vero, momenti di tensioni non sono mancati, ma pian piano siamo riusciti a trovare un linguaggio giusto ed equilibrato che potesse includere tutte le voci, nel quale non mancasse la verità.

Tra i punti più salienti del Documento finale possiamo accennare: una forte richiesta da noi giovani di avere dei punti di riferimento coerenti, sia nei leader religiosi che laici, che ci possano guidare da vicino nelle nostre decisioni; un grande desiderio di avere un ruolo più protagonistico nella Chiesa, in un rapporto di piena fiducia e franchezza che si è vissuto durante quei giorni. Tra noi giovani cattolici c’era anche una forte sete di una formazione più integrale della Dottrina, per capire ma anche e soprattutto per vivere meglio l’essenza e la verità dei Sacramenti con tutti i dogmi; di coltivare sempre di più il dialogo con tutte le altre chiese, religioni e realtà umane. La aspirazione alla santità non è stata assente nemmeno tra le nostre affermazioni, così come la preoccupazione e la voglia di impegnarci insieme nelle problematiche sociali più urgenti del mondo di oggi. Forse abbiamo rotto alcuni tabù, non solo tra gli adulti ma anche tra noi stessi con questo esercizio di dialogo pieno e aperto tra tutti. Ma ci siamo imbattuti anche nei nostri limiti e abbiamo riconosciuto e ribadito più volte quanto abbiamo bisogno della vicinanza dei più grandi per andare avanti insieme.

Come si può notare, la differenza chiave tra questo incontro e quello di ottobre è stato il fatto che qui la parola è stata data pienamente a noi. Già il Papa dal primo giorno ci ha raccomandato di parlare con "faccia tosta", senza usare filtri né di truccare i sentimenti. Ma allo stesso tempo ci ha chiesto di ascoltare con umiltà, di considerare i nostri "bravi anziani" e di profetizzare i loro sogni, perché per fare un passo avanti è necessario guardare sempre alle radici, una cultura nuova non può essere sradicata. E particolarmente sento che abbiamo fatto questo esercizio tutti insieme.

È stato bello per me vedere come il Cardinale Lorenzo Baldisseri, il Monsignor Fabio Fabene e tutti i suoi collaboratori erano sempre lì per ascoltarci. In loro ho visto la figura di Maria che fa silenzio e fa spazio perché nasca la Parola, come un dipinto sullo sfondo, una presenza silenziosa che fa emergere la Parola. Erano lì ad ascoltare sia durante i lavori che nei momenti di svago al di fuori del programma. Solo quando chiedevamo qualcosa ci rispondevano, ma soprattutto ci ascoltavano, sostenevano e accompagnavano. Ci siamo sentiti veramente amati dalla Chiesa. Questa comunione intergenerazionale, a modo della Trinità, è stata davvero preziosa e sento che ci ha fornito una chiave importante per essere una Chiesa sempre giovane e allo stesso matura ai passi dei tempi.

In questo senso, ciò che più mi è rimasto in cuore dalla mia partecipazione a questo Evento è stata senz’altro una nuova consapevolezza del mio essere Chiesa. Non solo per la diversità culturale e religiosa - che già di per sé ci apre e ci dona sempre uno sguardo più completo e ricco non solo della realtà ma anche di noi stessi -, ma soprattutto per aver esperimentato concretamente questo sentirmi in unità profonda con la Chiesa e, in Essa, con l’umanità. Anzi, questo "camminare insieme" essendo Chiesa ed essendo umanità, come un tutt’uno, senza distinzione. Potrei dire che ho toccato con mano quella "Chiesa universale" che fino a quel momento era solo un concetto per me, un sogno.

Vale la pena dire anche che la partecipazione dei giovani al Sinodo di ottobre insieme ai Padri Sinodali non era prevista all’inizio. Siamo stati noi a fare la richiesta che ci fossero almeno dei rappresentanti giovani presenti anche al Sinodo. Richiesta che è stata accolta dalle autorità ecclesiali e dal Papa, a cui siamo più che grati e riconoscenti.

In definitiva, questo Sinodo non è stato sui giovani, ma dei giovani e con i giovani sin dall’inizio. Per la prima volta, in 2000 anni di storia della Chiesa, l’oggetto di trattazione di un Sinodo è diventato anche il suo soggetto attivo. Forse non ci siamo ancora resi conto della novità epocale che questo metodo porta con sé. Sento che d’ora in poi non si potrà più tornare indietro, la Chiesa non potrà più procedere senza tener conto di questo incontro e di quello che vi è emerso. È vero, è appena un inizio e c’è ancora tanto da fare, ma l’importante è poter continuare questo processo, questo camminare tutti insieme, come Chiesa e come umanità.

Noemi Sanches

Rappresentante del Movimento del Focolari
al Pre-Sinodo dei Giovani

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ultimo aggiornamento 12 marzo, 2019