Verso una cultura della misericordia

 

A cura del CeSAM

DON ENRICO BRANCOZZI

 

Il Sinodo sui giovani

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Dall’evento al cammino:
il fascino della quotidianità

La seconda parte del documento finale scaturito dall’ultimo sinodo è articolata in quattro capitoli. Il primo, Il dono della giovinezza, fotografa i caratteri essenziali dell’età giovanile, una fase della vita umana riletta in termini di speranza e ottimismo. La giovinezza è un dono, uno spazio esistenziale ricco di possibilità, una stagione nella quale spesso si pongono le basi per il futuro. Di per sé, non sono sottolineature inedite. La tradizione della Chiesa ha conosciuto numerosi esempi di formatori che si sono occupati dei giovani con lo stesso sguardo a cui invita la Relatio finalis, come, ad esempio, Filippo Neri e Giovanni Bosco. Tuttavia, accanto ad esperienze luminose e positive, è innegabile che il mondo degli adulti, che è per lo più quello che ha incarichi di responsabilità nella comunità ecclesiale, abbia spesso avuto nei confronti dei giovani un atteggiamento paternalistico quando non di biasimo. Dei giovani si sono sottolineate volentieri la fragilità, l’emotività, l’instabilità, la scarsa razionalità. In questo senso, la giovinezza è stata letta prevalentemente come una fase transitoria nella quale il giovane è impegnato nella sua spensieratezza deresponsabilizzante. Non sempre si sono messi in luce in modo adeguato la generosità, la coerenza, la forza d’animo, lo slancio, la veracità, la capacità di costruire relazioni, la scarsa attitudine al calcolo e al tornaconto. Il sinodo, più o meno esplicitamente, invita il mondo degli adulti a cambiare prospettiva, a passare dal cinismo alla passione, dalla minaccia di un redde rationem all’augurio sincero, dalla censura alla formazione.

Il secondo capitolo (Il mistero della vocazione) mette a fuoco un tema che per molti anni è stato considerato un ambito legato alla vita consacrata. Il termine «vocazione», infatti, ancora oggi nell’immaginario collettivo è associato a speciali forme di vita religiosa come il sacramento dell’ordine o la vita consacrata maschile e femminile. Il secondo capitolo di Lumen gentium ha affermato con lucidità che ogni cristiano è chiamato attraverso il battesimo ad essere pietra viva della Chiesa, soggetto responsabile nella società e nel mondo. Il documento finale declina le affermazioni conciliari come rivolte ai giovani di oggi. Riprendere il tema della vocazione in ambito giovanile significa escludere che la crescita di un giovane sia determinata dal destino o frutto del caso, come anche che sia un bene privato da gestire in proprio (cfr. n. 80).

La missione di accompagnare è il titolo del terzo capitolo nel quale i padri sinodali invitano gli adulti a fare propri i passaggi cui si alludeva nel capitolo primo. Per molti secoli, la Chiesa ha strutturato il proprio agire pastorale attraverso la cura animarum, quel­l’atteggiamento tipico del ministero tridentino mediante il quale si accompagnavano le comunità e i singoli durante le fasi principali dell’esistenza umana. I momenti salienti di tale cammino erano di tipo sacramentale e legati alla nascita, all’adolescenza, alle nozze, alla nascita dei figli e infine alla morte di ogni individuo. L’ambiente rurale non presentava molte variabili a quello che era considerato il ritmo di vita più consueto e diffuso. Non differiva di molto quello urbano. I padri sinodali sanno bene che tale contesto sociale e culturale è da tempo tramontato in molte aree del mondo. La stessa idea di giovinezza ha assunto negli ultimi decenni connotati molto diversi rispetto alla tradizione precedente, nella quale il passaggio dall’infanzia all’età adulta era molto più rapido e determinato dal brusco ingresso nel mondo del lavoro e da una precoce genitorialità. L’economia contadina non conosceva esuberi e sacrificava sovente l’individuo nel tentativo di bilanciare domanda e offerta lavorative. L’atteggiamento della cura che il sinodo propone a tutta la Chiesa come stile per il mondo giovanile va dunque ripensato secondo tempi, ambienti e ruoli divenuti imprescindibili nella società contemporanea.

Il quarto ed ultimo capitolo è dedicato al discernimento, forse la cifra riassuntiva del magistero di papa Francesco. Nella spiritualità ignaziana, per «discernimento» si intende la capacità di ogni persona di orientarsi di fronte alle scelte della vita in modo da potersi assumere delle responsabilità, di saper progettare il futuro e di farlo come cristiani adulti. Formare al discernimento vuol dire dunque educare alla lettura della propria storia alla luce del Vangelo. Di conseguenza, però, significa anche uscire da una religiosità precettistica ed entrare nella complessità della coscienza. Accompagnare i giovani nel discernimento impone un ripensamento globale della pastorale giovanile affinché dalla straordinarietà degli eventi, per quanto significativi, sappia trasformarsi nella ferialità di un cammino.

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ultimo aggiornamento 15 maggio, 2019