In cammino con il Sinodo dei Giovani

10.

La profezia di Giobbe

                    Sac. Angelo Spilla  

 

Non nascondo nel dire che è difficile comprendere nel suo insieme la vicenda di quest’altra figura biblica che stiano prendendo in esame: Giobbe. Si tratta di un libro biblico molto lungo, di ben 42 capitoli estremamente complessi.

Questo libro biblico che presenta la vita di Giobbe è considerato uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi, dove alla base presenta la storia di una famiglia felice sulla quale si abbatte la bufera di una serie di sventure che lasciano il protagonista Giobbe, un uomo ricco orientale e non ebreo, su un cumulo di immondizie.

Anche qui chiediamoci chi è questo personaggio. Giobbe non è una figura storica, ma il typos di un uomo saggio e giusto; il suo problema è problema di ogni uomo. Il suo nome significa: colui che è trattato da nemico. Uno, quindi che viene considerato da tutti come nemico e che sperimenta pure come Dio non è più suo amico e protettore, ma uno dal comportamento incomprensibile. Il suo nome può anche significare: "dov’è il padre?". È infatti colui che sperimenta di non avere un vero padre, sente di essere senza padre.

Non essendo una persona specifica, in Giobbe si deve vedere una qualche tribù ebraica di confine soggetta alle pressioni delle popolazioni limitrofe. Il testo, rimaneggiato a più riprese, è stato scritto tra il quinto e il quarto secolo prima di Cristo, in un ambiente post-esilico, in cui prevalevano non tanto le preoccupazioni per le sorti del paese quanto quelle per i destini dell’individuo. Non si tratta, quindi, di un racconto storico quanto un racconto parabolico.

È la storia in cui la fede viene messa alla prova. Non solo nel comprendere i motivi dell’esilio a Babilonia per il popolo d’Israele ma anche per ogni uomo quando non sa darsi una risposta ai dolori e alle disgrazie sopraggiunte dopo avere condotto una vita dignitosa ed onesta.

Giobbe era questa persona: uomo integerrimo ed onesto, timorato di Dio e colui che evitava il male. Viene per questo premiato con i suoi sette figli, le tre figlie e i grandi possedimenti. Ma ad un certo punto le cose cambiano e viene meno la pace e la serenità poiché viene colpito dalla sventura: perde tutto, i possedimenti, i figli e la sua stessa salute. Non si tiene aggrappato ai suoi possedimenti e dice: "Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritorno. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore" (Gb 1,21).

I veri problemi però si avvertono quando intervengano gli altri nella vita di Giobbe, tormentato dalle piaghe. Inizia la moglie che lo vuole distogliere dal rimanere fedele a Dio, fino al sopraggiungere i suoi amici che tendono di mettere in piedi una teoria sulla sorte di Giobbe, che cioè solo il colpevole soffre sventura.

A Giobbe, secondo questi, non gli resta che ricercare quale colpa di cui si sia potuto macchiare, per essersi ritrovato così. La posizione di questi è quella retributiva, che diceva: se uno fa il bene, sta bene, se uno fa il male, sta male.

Il libro di Giobbe diventa a questo punto un tentativo di difesa contro la teoria di questi suoi amici e contro i tentativi di interpretare la sua sorte. Giobbe non si sente macchiato di colpa davanti a Dio poiché si sente di non avere agito mai contro Dio e contro la sua volontà.

Giobbe rappresenta l’uomo che non si dà vinto e che non accetta i modelli interpretativi troppo sbrigativi. Più che parlare con gli amici si mette a lottare con Dio fino a quando finalmente Dio risponderà. Comunque non maledice Dio, nonostante vuole uscire da una situazione insopportabile.

Preferisce sopportare fino a quando Dio gli si fa presente, dialoga con lui e gli ridà tutto quello che aveva: una famiglia prospera e serena; riceve tutti i suoi possedimenti e diviene ancor più ricco di prima.

Dove sta a nostro avviso il messaggio che ci vuole dare il libro di Giobbe? Ci presenta una problematica molto difficile, apparentemente senza soluzione. E’ il libro che ci fa interrogare sul senso del dolore ed in particolare del dolore dell’innocente. Ci si chiede spesso che cosa sta facendo Dio davanti al dolore degli innocenti, davanti a tanta sofferenza. E’ il libro, dunque, dove ci si pongono tante domande e che forse mette in crisi anche il nostro rapporto con Dio riguardo alla problematica del dolore.

Così pure il rapporto tra i beni materiali e Dio, se cioè si cerca Dio perché è il bene assoluto o perché ci dà dei beni materiali.

Un inseguimento grande Giobbe ce lo dà nella sua lotta di credente con Dio. Giobbe non si rassegna all’idea che Dio possa essere cattivo e ingiusto, e quindi lotta per ritrovare quel Dio buono e giusto in cui ha sempre creduto e in cui continua a credere. E poi quando Giobbe, alla fine, giura la sua innocenza, Dio finalmente risponde mettendosi a fare delle domande. Mette Giobbe davanti ai misteri belli del creato per aiutare Giobbe a capire. E capire soprattutto che tutte queste cose del creato sono opera di Dio che è bello e buono.

Capire soprattutto, ecco la grande lezione per noi, che la più grande potenza di Dio è convertire gli uomini e salvare l’uomo. Perché anche a noi, come Giobbe, possiamo dire: "Prima ti conoscevo per sentito dire, ora finalmente i miei occhi ti vedono".

E vedendo Dio, perdona come perdona Dio.

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ultimo aggiornamento 10 luglio, 2019