ROBERTO LANZA

"Ricordiamo che la gratitudine per Gesù è quasi sconosciuta. Ho spesso sentito che molti chiedono e pochi ringraziano, nonostante egli ci dia più di quando gli chiediamo. È anche vero che chiedere è di chi sta nel bisogno, ringraziare è di cuori nobili. Per questo vorrei che risplendesse in noi questa qualità dopo l’amore".1

(Madre Speranza)

Perché non sono riuscito a dire "grazie" davvero? Si può ringraziare nonostante la vita frenetica di ogni giorno e ciò che di negativo accade? È possibile ringraziare anche quando il mondo ci crolla addosso e niente sembra andare per il verso giusto?

Le ragioni della sostanziale difficoltà ad esprimere la gratitudine e l’affetto sono molteplici. Nel mondo in cui viviamo, immerso sempre più in una logica individualista e annientato da un dominio di un e vero e proprio "nichilismo esistenziale", la vita non ha più nessun valore o senso pieno. A volte è difficile essere grati, siamo troppo egoisti e superbi, o semplicemente distratti dalla vita convulsa, dal fatto che consideriamo tutto quello che abbiamo come scontato, la fede, la speranza, la salute, una famiglia, i figli, l’amore dei nostri cari, essere figli di Dio, e guardiamo sempre agli altri per mettere in evidenza e concentrarci su ciò che ci manca. È difficile ringraziare, perché qualcosa non è andato come speravamo, perché qualcuno ci ha deluso o peggio abbandonati, o soltanto perché quel vicino, quel fratello o quel collega ci sembrano particolarmente insopportabili. È difficile ringraziare quando la vita è pesante, quando i problemi sembrano sommergerci, quando la malattia non ci da tregua, quando le ferite che ci portiamo dentro sono sempre aperte e bruciano.

Dire grazie quando ci danno un regalo, quando ci fanno un favore o quanto altri compiono un gesto gentile. Per tutto il resto, sembra non sia importante ringraziare, la gratitudine, ormai, è stata ridotta a specifiche circostanze, fondamentalmente di tipo sociale.

Ringraziare sembra facile, ma ringraziare dal profondo dell’essere non è affatto scontato, per molti, ringraziare è un atto di cortesia quasi automatico. Dire grazie quando ci danno un regalo, quando ci fanno un favore o quando altri compiono un gesto gentile. Per tutto il resto, sembra non sia importante ringraziare, la gratitudine, ormai, è stata ridotta a specifiche circostanze, fondamentalmente di tipo sociale. Persino in queste situazioni precise nelle quali bisogna ringraziare, a volte la gratitudine non proviene dal profondo del cuore, ma può essere solo di circostanza e formalità. La verità però è che noi, di frequente, dimentichiamo di ringraziare, succede spesso che quello che riceviamo dalle persone a noi care ci sembra un diritto, una cosa normale, ed è per questo che siamo più portati a essere ingrati.

 

Ma soprattutto siamo irriconoscenti verso Dio!

Tuttavia dimentichiamo che di fatto, la parola "gratitudine" proviene da "grazia" e una cosa "grata" viene definita proprio come qualcosa che ci causa benessere o compiacimento. La gratitudine implica, dunque, non solo una formula di cortesia, ma anche un’esperienza di felicità. Chi è grato è felice, ed è più felice chi è consapevole della grande quantità di motivi che ha per mostrarsi riconoscente.

E guarda caso è proprio l’impostazione esistenziale e carismatica che troviamo nelle parole scritte dalla madre Speranza e che abbiamo riportato all’inizio di questa riflessione. Molte volte, le nostre tradizioni religiose, spariscono come neve al sole quando non sono realmente radicate nel nostro cuore e, queste parole della Madre, continuano a risuonare per interpellarci direttamente. L’ingratitudine ferisce e amareggia molto l’uomo; pertanto è anche l’atteggiamento che ha addolorato molto Gesù.

Noi abbiamo ricevuto e riceviamo moltissimo da Dio e a volte siamo meno riconoscenti di quelli che, vissuti lontano da Lui, quando lo conoscono sono pieni di meraviglia per la sua bontà

È il rivivere fino in fondo l’esperienza dei dieci lebbrosi narrata nel vangelo di Luca2, la lebbra è una malattia che corrode, che mangia tutto, che toglie a poco a poco la pelle e, infine, la vita. Dieci uomini di diversa provenienza religiosa, sono stati emarginati dalla comunità, la lebbra li ha condannati ad un’esistenza triste e lamentosa; non possono fare altro che gridare, supplicare, chiedere l’elemosina, sentirsi scacciati e umiliati. Oggi da noi la lebbra, come malattia fisica, praticamente non esiste, ma il vangelo parla anche a noi: la lebbra è immagine della mormorazione, del malumore, della tristezza, del senso di ribellione, di critica amara, esattamente il contrario della gratitudine, della gioia. È figura dello stato di scontentezza per noi stessi, per la Chiesa, per la comunità, per gli ordini ricevuti, per l’incarico assegnatoci, per eventuali offese ricevute, per la poca considerazione in cui siamo tenuti. Si tratta di uno "stato" che divora l’esistenza e che contagia, chi è scontento, amareggiato, diffonde nell’aria questi sentimenti e appesantisce l’ambiente. La fede diventa obbedienza, diventa azione, ma la fede è anche lodare e ringraziare, riconoscere il dono ricevuto, riconoscere l’infinita bontà di Dio. Noi abbiamo ricevuto e riceviamo moltissimo da Dio e a volte siamo meno riconoscenti di quelli che, vissuti lontano da Lui, quando lo conoscono sono pieni di meraviglia per la sua bontà.

 

Perché, allora, non viviamo abbastanza la dimensione della lode, della riconoscenza?

Il Salmo 150 conclude il libro del Salterio con queste parole: "Ogni vivente dia lode al Signore"; il salmista desidera che il respiro di ogni essere vivente si faccia preghiera di lode. Abbiamo bisogno di essere continuamente esortati alla gratitudine, ringraziare richiede fede, ossia la certezza che Dio è all’opera direttamente o tramite le persone e le realtà che ci circondano. Ringraziare comporta la scioltezza d’animo, preoccupati continuamente di noi e dei nostri punti di vista, ci dimentichiamo di rendere grazie; chi è chiuso in se stesso, riceve con avidità ciò che gli viene dato, senza mai esprimere gratitudine. Se lasciamo che nel nostro cuore si introduca l’abitudine di non rendere grazie, ci allontaniamo dal Signore, perché il ringraziamento è necessario per completare il beneficio di Dio: "Da qui nasce spontaneamente un sentimento di riverenza e ammirazione che porta con sé gratitudine, lode e compiacenza; quanto più grande è l’amore verso Dio, tanto più si espanderanno questi affetti, come succede con l’amore verso di Lui: quanto più l’anima considera quello che Lui ha fatto e sofferto e l’amore che dimostra nell’Eucaristia, tanto più si riempie di amore, di adorazione, di gratitudine"3. Il rendimento di grazie in un certo senso chiude il circuito con Dio, stringe il legame con Lui, ed è questa la cosa importante. Ricevere un beneficio in fondo è secondario; importante è essere in relazione con il benefattore, con colui che dona.

La riconoscenza ci mette nel giusto atteggiamento ed è un grande aiuto nella vita spirituale, chi non è riconoscente cade nell’egoismo e nell’orgoglio, mentre chi è grato è liberato da queste tentazioni

Dio vuole che noi sentiamo il suo amore, vuole che lo riconosciamo; Egli vuole che lo ringraziamo non perché è geloso dei suoi diritti, ma proprio perché oltre ai benefici vuol darci se stesso. Riconoscendo i suoi doni, noi ci mettiamo in relazione con Lui, completiamo il rapporto che Egli ha iniziato e che non può essere completato senza la nostra collaborazione. Per questo è importante l’azione di grazie: perché è riconoscere che Dio ci ama, invece di limitarci ad assaporare egoisticamente i suoi benefici chiudendoci in noi stessi. È un nutrimento per l’anima "approfittare" di ogni dono di Dio per avvicinarsi di più a Lui, rallegrarsi del suo amore, della sua bontà.

La riconoscenza ci mette nel giusto atteggiamento ed è un grande aiuto nella vita spirituale, chi non è riconoscente cade nell’egoismo e nell’orgoglio, mentre chi è grato è liberato da queste tentazioni. La gratitudine ha numerosi effetti benefici, racchiude il poter riconoscere e accettare i propri limiti, i propri difetti, le proprie aree di difficoltà, senza perdere la stima di sé stessi, e solo da questa posizione di equilibrio è possibile valorizzare il proprio essere. Una persona chiusa e ingrata è difficile da aiutare e lo Spirito Santo non può operare nella sua vita, l’ingratitudine è come un muro che impedisce qualsiasi reazione autentica sia con gli altri che con Dio. Non c’è un giorno in cui il Signore non operi, dunque, dire semplicemente "grazie" e porsi in un atteggiamento di gratitudine, guarisce e dona la pace, perché ci aiuta a lasciare le nostre pretese e lamentele. Dire grazie è lodare Dio, perché Lui è presente nella nostra vita anche quando non ce ne accorgiamo, ringraziarlo per quello che ha fatto e continua a fare per noi ogni giorno.

Dovremmo essere riconoscenti non solo quando riceviamo un beneficio, ma in tutte le nostre azioni e situazioni, come lo era Gesù che ringraziava sempre il Padre. Anche durante la passione ha ringraziato il Padre, anzi la passione stessa è un sacrificio di ringraziamento, come dimostra l’istituzione dell’eucaristia. Quando le cose non vanno bene, se invece di indispettirci e di scoraggiarci potessimo aprire gli occhi e vedere che Dio sta lavorando in noi per renderci più conformi a Lui, il nostro cuore sarà consolato. Non dover ringraziare nessuno, sentirsi autonomo, debitore solo a se stesso è il peccato fondamentale che possiamo commettere: "Pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio"4.

 

Dobbiamo ringraziare sempre Dio di tutto e per tutto, e mai dimenticarci delle sue grazie anche se noi non le percepiamo, il segreto della fede risiede proprio nell’essere convinti che anche nelle difficoltà della vita Lui ci ama, si sostiene e ci aiuta

Non stiamo forse parlando di Amore Misericordioso?

Potrebbe sembrare paradossale, ma il Signore conosce infinitamente meglio di noi il perché permette tutte le nostre fragilità. A Dio interessa che noi prendiamo coscienza e che lo riconosciamo per chiedergli aiuto nelle nostre necessità. Il Padre misericordioso è così: rispettoso della nostra libertà che desidera anche tutta la nostra buona volontà  nell’impegnarci  a vincere con il suo aiuto ogni nostra prova. Dobbiamo ringraziare sempre Dio di tutto e per tutto, e mai dimenticarci delle sue grazie anche se noi non le percepiamo, il segreto della fede risiede proprio nell’essere convinti che anche nelle difficoltà della vita Lui ci ama, si sostiene e ci aiuta. Il cristiano non è colui che chiede delle grazie, o riceve delle grazie, è colui che rende grazie. Non per nulla l’Eucarestia, che rappresenta l’atto più sublime del culto cristiano, significa, letteralmente, "azione di grazie".

Questo è venuto a dirci l’Amore Misericordioso, che la gratitudine non è soltanto ricordare, ma è celebrare un memoriale: "la memoria del cuore", il ricordare i tanti benefici e doni ricevuti dal Signore.

Se riconosco che "tutto è grazia", allora tutto diventa occasione per rendere grazie: "In ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi"5.

La parola "Padre", che il nostro carisma è venuto a rivelarci in maniera determinante, richiama proprio una presenza vicina, apre il cuore alla fiducia, libera dalla solitudine, fa entrare in una comunione con Dio, unica e irrepetibile. Gesù ci invita a rimanere obbedienti a Lui, seguendo il suo Vangelo per non sbagliare scelte e strade da percorrere. Egli non si stanca di cercarci e di seguirci, non è un Dio che si fa servire dall’uomo, ma un Dio che si mette al servizio dell’uomo, per innalzarci al suo stesso livello di dignità: "Non dobbiamo dimenticare che una delle cose che più facilmente ci conducono al puro amore di Dio, è la gratitudine. Per ravvivarlo dobbiamo pensare spesso ai grandi benefici che Dio ci ha fatto e parlarne con tutti quelli che ci vivono accanto, per stimolare noi e loro all’amore di carità"6.

Grazie Amore Misericordioso, perché da te ho imparato che Dio è Padre … ho sperimentato che Dio è misericordia…ho gustato che Dio è dono … ho assaporato che Dio è bellezza … è ringraziare Dio ogni mattina perché mi ha regalato la vita

Come assumere un atteggiamento grato? Per esempio, possiamo tenere un diario di gratitudine, ovvero tutti i giorni scrivere perché siamo grati, annotare tutte le "cose" che sono successe, metterle in preghiera ai piedi di Gesù: "Grazie Signore perché la mia vita è un dono". Chiediamo perdono a Dio se finora non abbiamo mostrato riconoscenza per ciò che abbiamo ricevuto, se non abbiamo avuto l’attitudine al ringraziamento, perché abbiamo considerato un dovere degli altri adoperarsi per noi, e non siamo stati riconoscenti verso Lui per tutto quello che ha fatto, e continuerà a compiere nella nostra vita. Beati davvero noi se nelle strade della nostra vita potessimo tornare indietro come il lebbroso e riconoscere nell’Amore Misericordioso il volto di Dio, il volto di una presenza che guarisce e che salva, l’esperienza di un Dio che ci guida alla fiducia, alla gratitudine e alla riconoscenza.

Grazie Amore Misericordioso, perché da te ho imparato che Dio è Padre…ho sperimentato che Dio è misericordia… ho gustato che Dio è dono… ho assaporato che Dio è bellezza… è ringraziare Dio ogni mattina perché mi ha regalato la vita. Amore Misericordioso, ti chiedo perdono per tutti i grazie che hai atteso e che non hai ricevuto … inizio da ora, è per TE… Grazie, perché riesci sempre a sorprendermi … GRAZIE, perché semplicemente fai parte della mia vita!


1 Consigli pratici (1941) (El Pan 5)

2 Luca 17, 11-19

3 Diario 16 marzo 1952

4 Rm. 1,21

5 1 Ts. 5, 23-28

6 Le Mortificazioni (1955) El Pan 16

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ultimo aggiornamento 14 febbraio, 2020