ROBERTO LANZA

 

"La vocazione è una chiamata di Gesù, è la voce di Gesù che dice: Vieni a esercitare la carità, a lavorare per i poveri solo per mio amore. Vieni e donati a me per sempre. Con questa offerta totale arriverai a possedermi, di quel dolcissimo possesso che è suprema felicità."1

È inutile nascondere la profonda preoccupazione che oggi avvertiamo di fronte ad un tema delicato come quello della "chiamata di Dio", ossia l’evento principale della sequela cristiana: Dio chiama per concedere un "dono", l’uomo liberamente risponde. Una cosa bisogna dirla subito, ossia che la crisi di fede che stiamo attraversando oggi a causa di questa società relativista del nulla, è anche crisi di vocazioni. Ma attenzione, questo non è un fenomeno indolore, l’uomo "senza vocazione" è un soggetto che si muove, ma senza un senso, una direzione, non ha uno scopo per cui vivere; è come uno che vaga nel deserto e non vede una pista dove dirigersi.

 

Gli ultimi dati statistici ci presentano un quadro fortemente drammatico, siamo di fronte ad un vero e proprio crollo vocazionale. Negli ultimi 20 anni, in Europa, la dinamica vocazionale ha evidenziato una netta inversione permanente di tendenza, che sembra proprio penalizzare le "realtà" che nei decenni precedenti avevano conosciuto un maggiore consolidamento vocazionale. Assistiamo ad un calo indiscutibile se pensiamo che le vocazioni religiose sono calate del 22,6%, quelle sacerdotali del 18,7% e la diminuzione dei matrimoni pare ormai inarrestabile, siamo ad una percentuale del 5,5% di matrimoni in meno ogni anno. C’è un diffuso timore per il futuro che si presenterà nei prossimi anni: aumento delle parrocchie senza un parroco residente, accorpamenti e soppressione di parrocchie, unità pastorali, conventi da chiudere, congregazioni religiose che si fondono con altre, diminuzione della frequenza alla messa domenicale, assenza dei giovani e degli adulti dalla pastorale.

 

Cosa sta succedendo? Dio non chiama più?

Forse un calo facile a spiegarsi se pensiamo che oggi le famiglie hanno meno figli, se pensiamo alla visione secolarizzata dell’esistenza che imperversa oggi, se pensiamo al fatto che si entra nella vita adulta molto più tardi e si rimandano le scelte definitive molto al di là negli anni. In una società che elabora le proprie istituzioni "come se Dio non ci fosse", Dio stesso diviene un’opzione certamente legittima, ma personale, senza bisogno di particolari mediazioni. Inoltre, spesso la Chiesa è percepita anzitutto come istituzione debole, e la sua dimensione sacramentale e spirituale non è più compresa nella sua vera essenza. Questa difficoltà a riconoscere e comprendere l’identità della Chiesa emerge soprattutto con peculiare intensità a livello giovanile. Tuttavia, parlare di vocazione non è sempre facile e a volte sembra un concetto molto altisonante, molto lontano dalla vita quotidiana, dalla vita reale. La stessa parola "vocazione" troppo spesso viene ripetuta, ma raramente ci si ferma a precisarne il contenuto, eppure conoscere e mettere in atto la propria vocazione può fare la differenza tra un essere umano che vive al caso da un essere umano felice, così come pensava la Madre Speranza con le parole che abbiamo evidenziato all’inizio di questo scritto.

Ci sono tanti luoghi comuni e preconcetti che girano tra di noi in tema di vocazione!

 

La vocazione non esiste, la vocazione non è importante, non è possibile seguire la propria vocazione, so qual è la mia vocazione, ma non posso perseguirla, perché sono troppo debole, ho paura di fallire, ho paura che il Signore mi chieda troppo, devo rinunciare ai miei programmi o progetti, mi sento indegno di ricevere questo dono.

 

Cosa intendiamo dire quando parliamo di vocazione cristiana?

Il termine vocazione riproduce il latino vocatio, da vocare, chiamare, e corrisponde al greco klēsis, da kaleō, chiamo, ossia "richiamare" l’attenzione di una persona con il suono della voce, per entrare in contatto con lei, ancora meglio significa chiamare qualcuno a sé. Non è tanto, quindi, un compiere qualcosa, ma è soprattutto entrare in relazione con Dio, intraprendere una storia d’amore con Dio. Questa chiamata di Dio non ci viene durante la notte in visioni misteriose; Dio opera per mezzo di "cause seconde." La sua chiamata è suscitata in noi da tanti avvenimenti-segni che dobbiamo avere la capacità di discernere profondamente. A volte quando il Signore ci vuole dire qualche cosa di grande ci comincia, per così dire, a preparare a poco a poco. Gesù lo ha detto nel vangelo quando vedete le nuvole venire dall’oriente subito dite che pioverà, ma "allora perché questo tempo non sapete giudicarlo." Perché a volte facciamo così fatica a saper leggere i segni del Signore, a scorgere il passaggio di Dio nella nostra vita? Dobbiamo recuperare lo stile cristiano della nostra vita, uno stile vocazionale fatto di donazione, di dialogo, di comprensione, di obbedienza, di servizio: "[…] perché fosse evidente che la vocazione ha origine solo dalla bontà di Dio e dai meriti di Gesù e non dal comportamento buono o cattivo del chiamato."2

 

È vivendo in essa (vocazione) che possiamo raggiungere il massimo delle nostre potenzialità e della nostra capacità di dono. Nella realizzazione del progetto che Dio ha pensato per noi sta il segreto della felicità. Il cristiano non è una persona che vive a casaccio, non è un battitore libero, è un figlio di Dio messo su questa terra per realizzare quel progetto che Dio ha scritto nel suo cuore fin dall’eternità. Fin dal principio esiste un Dio che ci ha pensato, ci ha scolpito nel suo cuore, ci ha chiamato alla vita, ci ha eletto. Ma non ti vengono i brividi! È questa la vera gioia che tutti cerchiamo, la vera pace del cuore, quella di sapere che sono al posto giusto dove Dio ha voluto che fossi. Una gioia che spesso cerchiamo nelle esperienze sbagliate e in un modo sbagliato.

 

Quindi come si fa a riconoscere che si tratta proprio di vocazione in senso stretto?

Non esiste, credo, una sintomatologia infallibile, di certo, la vita normale che si conduce non piace, si sente che in fondo manca qualcosa. Così come è vero che, la vocazione, non ha a che fare con il fervore religioso e con la devozione, o con altri "bisogni affettivi" che sono esperienze superficiali e temporanee. Essa, invece, ha a che fare con lo strato più profondo della persona, si origina e cresce nell’intimo del proprio essere. Spesso la difficoltà di riconoscere una vocazione coincide proprio con la difficoltà di conoscersi in profondità e di sapersi liberare da una serie di condizionamenti, il più costante dei quali in genere è quello che deriva dalla nostra presunta ricchezza umana e spirituale.

Per questo ogni vocazione è un PROCESSO, e come tutte le storie d’amore, non si deve mai pretendere risposte fulminee. Dio si nasconde quando ci chiama, perché vuole lasciarci il margine sufficiente per agire (altrimenti non sarebbe una vera storia d’amore). Si deve scegliere solo ciò che dona la vera pace del cuore, la scelta più autentica, anche se molto difficile, è quella che, è capace di farti sentire bene; è quella che dona pace al cuore inquieto, facendoti sentire al giusto posto.

 

Quando però scatta l’innamoramento bisogna inciderlo a fuoco nel cuore!

È una cosa normale di fronte alla percezione di una chiamata temere questo nuovo orizzonte che si apre davanti a noi con la sua parte di ignoto, ma se abbiamo fiducia in Dio, sarà sicuro che Egli ci concederà sempre di amare quello per cui ci chiama, anche se ci serve un po’ di tempo per abituarci. L’importante è sapere che Dio non fa mai un attacco insistente alla nostra coscienza e non viola mai la nostra libertà. Non subiremo mai la sua "chiamata" come un corpo estraneo nella nostra vita, anche se all’inizio può sorprenderci, perché la percezione di una chiamata di Dio è sempre destinata a renderci felici e a contribuire alla nostra santità. Alcuni ameranno da subito la loro vocazione per altri il colpo di fulmine non sarà altrettanto, ma ci sarà prima o poi. Una cosa però dobbiamo sapere e convincerne una volta per tutte: la consapevolezza di essere sufficientemente pronti per rispondere alla nostra chiamata è rara.

 

Non avremo mai le capacità sufficienti per lanciarci nell’avventura e se il fatto di acquisirle condiziona la nostra risposta stiamo sbagliando strada. Se Dio per chiamare un uomo a Sé, aspettasse che questi sia perfettamente pronto, non ci sarebbero operai per la messe, anche quando si è convinti della propria chiamata la risposta presuppone sempre la prova del salto nella fede. Si avrà sempre l’impressione di posare il piede su un terreno sconosciuto senza sapere con certezza ciò che si dovrà vivere e come lo si vivrà. Bisogna affrontare questo salto "nell’ignoto" che si rivela sempre una scuola di fiducia in Dio molto efficace: "Essendo stati scelti dal suo Amore, dobbiamo servirlo con massima generosità ed essere disposti a tutto per la sua gloria."3

 

Mio caro fratello e sorella, per concludere ora permettetemi un po’ di confidenza.

 

Solitamente siamo portati a pensare alla vita come ad una serie di scelte dove alla fine dipende sempre tutto da noi; noi siamo semplicemente il frutto delle nostre decisioni e ogni giorno viviamo solo delle nostre scelte: dove andare, cosa fare, a chi voler bene. Se ci pensate bene, non è così, la vita, sin dalla sua origine, non è una scelta ma è una chiamata. 

 

Volete un esempio?

Qualcuno ti ha forse chiesto il permesso prima di darti l’esistenza e di metterti al mondo?  No! Sei stato chiamato alla vita, e il perché è uno solo: l’amore. Sì, sei stato creato per amore, e la prima grande risposta che puoi dare, è il tuo Sì alla vita, unica e meravigliosa! E questo Qualcuno, sappilo per inciso, non ti ha solo creato, ma vuole per te il meglio: ti vuole con sé per sempre, per darti quella pienezza di felicità e di senso che vai cercando.

Chi non vorrebbe esistere per essere eternamente felice?  

 

Ma non solo, Dio ha persino progettato un qualcosa di meraviglioso che tu potresti compiere nella tua vita, un progetto unico che solo tu puoi realizzare; e scommette che proprio tu, con tutti i tuoi limiti e debolezze, se ti fiderai di Lui, lo potrai realizzare!  Sì, Dio "crede" in te, ed è pronto a donarti tutto ciò di cui hai bisogno per farlo! A te richiede solo di fidarti di Lui, di saperti "mettere in gioco", facendo coincidere la tua libertà con la Sua, proprio come ha fatto Gesù, collaborando con il Padre per la salvezza del mondo!

 

Cari fratello e sorella, capita una volta sola il colpo di fulmine vocazionale, quello in cui senti che la tua strada è per quella via o con quella persona o quella comunità, o in quel carisma o spiritualità, ne sei attratto e non sai perché, sei nella gioia piena e non c’è un motivo, faresti pazzie, lasceresti subito tutto! Allora Dio ha parlato al tuo cuore.

 

Vaglia il tutto perché il diavolo è astuto, confrontati, ma poi buttati!

Non avrai mai la certezza al 100%, altrimenti che scelta sarebbe? Che vero atto di amore sarebbe senza prove? Arriveranno dubbi, penserai d’aver sognato, forse sarai anche perseguitato, non voltarti indietro. Dio non ci prende in giro, se in buona fede abbiamo fatto un discernimento e in obbedienza ci siamo buttati a seguirlo, condurrà i nostri passi sempre.

 

Non cadere nel tranello: "Scappiamo…aiuto la Vocazione"!

Allora, non si tratta più di pensare che Dio vuole imporre qualcosa a te che ti impedirebbe di realizzarti, ma si tratta di scoprire che cosa Dio ha pensato per te, dove si trova la tua verità e la tua eterna beatitudine! "Tu puoi essere unico" …non avere paura a mettere in gioco la tua unica esistenza per servire l’Amore Misericordioso, lasciati avvolgere da questo Padre e sentirai dal profondo del tuo cuore la tenue voce che ogni giorno ti ripeterà "Tu puoi essere felice."

…te lo auguro con tutto il cuore…


1 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

2 Letture per Esercizi Spirituali: La Passione (1943) (El Pan 7)

3 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

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ultimo aggiornamento 09 dicembre, 2023