Il tuo Spirito Madre

a cura di P. Mario Gialletti fam

"…ho imparato ad amare! ..."

Ho avuto la grazia di conoscere Madre Speranza nel 1952; di averla conosciuta perché Essa è venuta a cercarmi; di aver fatto parte dei primi FAM dal 1955; di essere vissuto sempre a Collevalenza dal 1957 insieme a Lei fino alla sua morte nel 1983; di aver avuto tra mano i suoi scritti e formare l’archivio; di aver potuto lavorare per la sua beatificazione; di aver conosciuto tanti fatti straordinari e mistici della sua vita (moltissimi direttamente e personalmente (forse più di tanti altri), perché, oltre questi, ho conosciuto anche tanti altri vissuti e visti da altri ma passati poi anche da me per la documentazione in archivio: estasi, bilocazioni, esperienza mistica della passione di Gesù, la Sua agonia in croce, i segni della corona di spine sulla fronte, il moltiplicarsi delle cose, della pasta, del vino, dell’olio, il contributo di denaro in determinate occasioni, il soccorso stradale in pericolose situazioni, la guarigione da tante malattie, l’incontro con tante anime del purgatorio, la conoscenza nella luce di Dio della situazione di tante persone (dei loro problemi e delle loro debolezze umane), la grazia straordinaria di poter conoscere le suppliche di tanti che la pregavano o le scrivevano per ottenere la sua intercessione presso Dio in situazioni di prova, ecc

 

Ancora mi chiedo come ho fatto a vivere tutta questa realtà con tanta naturalezza, come se fosse tutto comune e normale. Ho fatto per 22 anni la corrispondenza della Madre: la Madre riceveva ogni giorno anche 100/120 persone, personalmente, una per una; riceveva anche una media di 20/30 lettere al giorno. Per 22 anni ha voluto che facessi io questa corrispondenza; solo due volte mi ha concesso di leggerle l’appunto che mi ero fatto delle diverse lettere! … perché essa già conosceva quello che la gente aveva scritto e mi dettava quello che dovevo rispondere a due o tre casi che Essa mi diceva … Come ho fatto a vivere questa realtà con tanta naturalezza, come fosse una cosa normale e comune …ma a tutti ci sembrava cosa normale e comune trovarla spesso in estasi, vedere moltiplicare la pasta, l’olio, …

Ancora mi chiedo come ho fatto a vivere tutta questa realtà con tanta naturalezza, come se fosse tutto comune e normale. Ma non è questo che mi fa più impressione, quello che Dio faceva servendosi di lei; non mi fa impressione perché Dio queste cose le sa fare e le fa. Pensate al primo miracolo raccontato da Giovanni, non so quanta gente c’era a quel matrimonio, a Cana di Galilea; ma quando Gesù cambiò l’acqua in vino, erano 6 idrie, ognuna da 80/120 litri, significa che dette a quegli sposi almeno 8/10 damigiane di vino. E sembrò tutto facile. Quando si vide circondato da una folla che lo seguiva da tre giorni e ne ebbe compassione perché dovevano anche mangiare, disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?»; non c’era niente, «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci"; è stato sufficiente per più di 5.000 uomini e sono avanti 12 canestri.

Per la nostra Madre ho letto e riletto quello che hanno scritto:

  • P. Roberto Moretti OCD – Madre Speranza di Gesù – Carismi e spiritualità attraverso i suoi scritti;

  • P. Enrique Arana fam – Los estasis en los misticos y en la Madre

  • P. Romualdo Rodrigo oar – La vita mistica della Madre Speranza di Gesù.

Ma ci manca un testo che parli della sua spiritualità, del cammino ascetico, della sua teologia, del suo modo di amare Dio.

 

Ma lasciatemi dire una cosa. In fondo Gesù ha detto che se uno Gli vuol bene e avrà almeno un pizzico di fede in Lui, poca quanto un grano di senapa, e dirà a questo monte "spostati e va in mare", quel monte si sposterà! Cosa ha fatto la Madre per avere questo pizzico di fede?

Guardando tutta la vita della Madre ci sono tantissime cose straordinarie che Dio ha compiuto in lei e per mezzo di lei. Straordinarie, commoventi; fanno toccare con mano la bontà del Signore. Ma ci sono due momenti della vita della Madre, prima ancora della esplosione nella sua vita dei fatti prodigiosi mistici; due momenti che mi fanno molto pensare e che lasciano intravedere il cammino arduo e coraggioso nel quale la Madre ha rivelato il suo coraggio, il cammino scelto, la generosità, la serietà del suo impegno per vincersi, per tendere verso la santità, il suo coraggio nell’ambito della vita religiosa e nel convento.

 

Il primo si verificò quando aveva circa 25 anni. Nata nel 1893, all’età di 21 anni nel 1914 entra tra le Figlie del Calvario a Villena, tra le Figlie del Calvario; un istituto fondato da Madre Esperanza Pujol de Jesùs Agonizante che aveva scritto anche un libretto «Martirios de Jesucristo. Un Istituto molto rigido, che non ha superato i 100 anni di vita, ridotto a 7/8 suore in gran parte anziane e malate, che reggevano a Villena una scuola per una cinquantina di ragazze povere, che nel 1930 fini la sua esistenza aggregandosi le ultime suore alle Claretiane.

Qui la Madre visse 7 anni, essa stessa li ricorda "come un calvario"; furono anni difficili, tra 8 o 9 che erano, essa l’unica giovane, due allettate, le altre tutte sui 70/80 anni, un convento da gestire, una scuola con una cinquantina di ragazze da educare e far crescere, vivendo solo di carità. La Madre sentì molto il peso di questa situazione che comportava anche frequenti mancanze di accettazione, di pazienza, di carità. Ebbe paura per la sua vocazione. E stava maturando l’idea di uscire dalla Congregazione perché lì non si sarebbe fatta santa.

Era l’anno 1917/18, aveva sui 25/26 anni. Un giorno stava facendo la Via crucis, da sola, nella cappella del convento; meditava la Stazione di Gesù che incontra Sua Madre sulla via del Calvario; nel silenzio ebbe l’impressione di sentire una voce che le diceva: "anche tu vuoi lasciare solo mio Figlio?!". Non c’era nessuno in Cappella; non capiva da dove venisse quella voce; si diresse verso il punto da dove le sembrava fosse venuta quella voce, verso uno degli altari laterali e per terra notò una piccola statuetta della Madonna, alta 20 cm. Tutto finì lì con questa grande impressione.

Qualche mese più tardi, il 2 novembre 1920, ebbe occasione di parlare con il vescovo di Cartagena e le confidò questo suo segreto e l’idea di lasciare il convento perché lì non si faceva santa. Il santo vescovo ascoltò attentamente e volle conoscere tutte le difficoltà che la Madre ogni giorno si ritrovava a vivere e la lasciò con un salutare consiglio: faccia conto di essere la serva di tutte e che tutti si possano servire di lei come credono, faccia conto di essere come una scopa, che non ha nessun diritto, e che chiunque se ne può servire per pulire il salotto o il bagno, e poi la ributta nel ripostiglio, e non ha nessun diritto.

L’idea di essere la serva di tutti convinse la Madre a restare in convento e che così avrebbe potuto realizzare il suo sogno di farsi santa.

 

Otto mesi più tardi, il 30/07/1921 la Santa Sede emana il Rescritto che consente alle Figlie del Calvario di unirsi alle Claretiane; quattro mesi più tardi, il 29/11/1921, la Madre veste d’abito claretiano ed è trasferita a Madrid, nella casa di Vicalvaro. La vita è diversa, in una comunità più grande, insieme anche ad altre suore giovani, impegnate nella formazione di ragazze non estremamente di condizioni sociali povere come quelle di Villena; si adatta senza difficoltà alla nuova Comunità, con la solita vita del Monastero, senza particolari mansioni nei primi anni, con la cura della sacrestia per alcun tempo, fino al 1924 quando le fu assegnata la formazione di un gruppo delle ragazze interne. La Madre anche umanamente aveva molte qualità e non le fu difficile guadagnarsi presto la stima, la fiducia e la simpatia delle ragazze che aprì la strada alla invidia delle altre, a una non celata amarezza per la suora che era stata sostituita nell’incarico, a chiacchiericcio e sospetti che turbarono la serenità della convivenza di tutta la comunità.

Il Signore permise che la superiora, preoccupata da questa situazione, restasse convinta che tutto quel turbamento fosse da attribuire proprio a questa suora nuova che era entrata nella loro comunità e che veniva da Villena e decise di intervenire per riportare pace nella Comunità. Lo fece con decisione, energicamente, a quel tempo si usavano questi criteri.

Si era nei mesi di marzo-luglio 1925: decise di trasferire Madre Speranza alla casa di Vélez Rubio dove rimarrà fino al settembre 1926. Fece una lettera a tutte le 9 case-monasteri della Congregazione nella quale diceva di essere stata costretta a questa decisione, al punto da isolare questa suora da tutte e anche nella nuova comunità avrebbe vissuto in una cella da sola, …

La Madre accetta questo trasferimento di comunità come punizione per una cosa che non riteneva di aver fatto, accetta la punizione di isolamento da tutte le altre, anche nella nuova Comunità di Vélez Rubio. Passa questi sofferti mesi pensando alla sua vita, con il Crocefisso tra le mani, supplicandolo di farle capire cosa Lui desiderasse e conclude la vicenda con gioia, dicendo: Lì ho imparato ad amare!

 

Non vi so dire quante volte ho letto, riletto e meditato quello che la Madre ha scritto su Gesù Crocefisso, unico punto di riferimento anche di quei lunghi sette mesi. Ve ne leggo alcuni.

Sono parole dei suoi scritti:

Imitare Gesù significa scegliere di impostare la propria vita come dono agli altri … scegliere di abbandonarsi alla Volontà di Dio anche nelle prove … Il vero amore si alimenta di donazione; lo stesso soffrire diventa dolce quando si ama. La scienza dei santi è soffrire costantemente per Dio … Imitare Gesù significa scegliere il silenzio, l’abbandono, il non difendersi … Se guardiamo il buon Gesù, come potremo lamentarci delle nostre sofferenze? Come potremo scusarci se consideriamo il modo come Egli si è comportato nell’ingiusta condanna della flagellazione? … Voglio cercare di prepararmi a portare con pazienza e con gioia e solo per amore a Dio le fatiche, le tribolazioni, le persecuzioni.

Ti ringrazio, Signore, perché mi hai dato un cuore per amare e un corpo per soffrire.

Imitare Gesù significa impostare la vita scegliendo di amare anche le croci… significa impostare la vita essendo capaci di tenerezza e di compassione… significa impostare la vita con la volontà di essere capaci di offrire perdono … significa impostare la vita con la volontà di essere capaci di offrire misericordia … significa impostare la vita con la volontà di pagare di persona per il bene degli altri.

Abituiamoci a fare agli altri quanto vorremmo che gli altri facessero a noi. Tutto ciò che procuriamo agli altri lo procuriamo a Gesù in persona.

Anche la persona che è caduta nel più profondo abisso di peccati può salvarsi, perché anche là la seguono l’Amore e la Misericordia del suo Dio. La seguono l’Amore e la Misericordia del suo Dio… Tutti hanno la libertà di fare la propria scelta … ma tutti hanno posto nell’amore e nella misericordia di Dio! … e anche per la persona caduta nel più profondo abisso di peccati Dio sarebbe disposto a morire in croce per lui!

Non è degno del Vangelo chi non è disposto a lasciarsi umiliare come il chicco di grano che, per dar vita a molti altri chicchi, si nasconde sotto terra, marcisce e muore

Parlando di quei sette messi dice: «ho sofferto molto perché mi accusavano di cose che non avevo fatto né pensato. La natura ribelle mi spingeva a difendermi, ma fissando lo sguardo al crocifisso ho avuto la forza per sopportare. Mi sono trovata disprezzata completamente, sola e senza affetto, privata anche delle cose necessarie, ma ero felice, molto felice, però senza staccare lo sguardo dal crocifisso che mi diede la forza perché nei sei mesi di prigionia -fu il castigo che mi avevano dato- non mi lamentassi minimante e così imparai ad amare». (El pan 5, 78-79)

A settembre 1926 fu destinata sempre tra le Claretiane a Madrid Calle Toledo, una casa sostenuta da una Junta de Señoras che accoglievano ragazze. Pochi mesi dopo, a Natale, avvenne il famoso pranzo offerto gratuitamente a tutti poveri della città … senza prendere niente dalla dispensa … offerto miracolosamente dalla Provvidenza di Dio.

 

Ripensando ai due momenti vissuti a Villena e a Vélez Rubio, mi pare di intravedere non solo le prove che la Madre ha superato per difendere la sua vocazione, ma mi pare di vedere

  • una fede più grande di un grano di senapa,

  • una meta fantastica da seguire;

  • una sequela di Dio che si gioca nella vita di tutti i giorni, con le persone di tutti i giorni,

  • un tentativo di amare come ama Dio,

  • qualche cosa che mi fa molta impressione … più di uno ziro vuoto che si riempie prodigiosamente di olio.

Tutti gli scritti della Madre sono in 24 quaderni manoscritti e fogli dattiloscritti da lei firmati; complessivamente farebbero un libro di circa 4.000 pagine. In questi scritti c’è tutta la ricchezza della sua spiritualità, molte norme, tantissimi consigli e racconta anche qualche cosa della sua vita mistica. In genere, quando parla di questo, è solita dire, per esempio: "questa notte mi sono distratta (estasi) e il buon Gesù mi ha detto…" e racconta a parole sue quello che ha visto e sentito. Solo di uno di questi 24 quaderni la Madre dice: "il Signore mi ha dettato…". Ora io non saprei spiegare come sarà avvenuto questo "dettato", sicuramente non come si faceva da bambini con la maestra, ma sicuramente questa espressione ha un grande significato: quello che leggete è veramente la parola usata da Dio.

In questo volume (che poi sono il libro delle Costituzioni delle EAM), El pan 3, al numero 58 si legge questo pensiero, dettato da Dio Amore Misericordioso: "Tutto il bene che la carità costruisce viene distrutto dal vizio infame della mormorazione che riduce a un essere abominevole la persona che lo commette." In altri scritti la stessa Madre lo commenta così e dice che cosa intenda per mormorazione.

Asteniamoci dalla mormorazione. Noi non siamo chiamati a giudicare i nostri fratelli. Detestiamo questo vizio, ricordando che la carità ci obbliga ad evitarlo ad ogni costo. (El pan 5, 282)

Tutti sappiamo che la mormorazione consiste nel manifestare ad un altro le mancanze del nostro prossimo, spesso distruggendo il suo buon nome. Ciò avviene ogni volta che riportiamo i difetti altrui. (El pan 5, 282)

Forse con maggiore danno se lo facciamo senza indicare detti difetti, ma usando espressioni che alludono a cose nascoste; così, per esempio, la frase: «Se io potessi parlare!»; oppure, nell’ascoltare maldicenze, rispondere: «Io anche avrei da dire, ma preferisco tacere». Questo è terribile perché credo che una tale riserva danneggi molto più della manifestazione aperta di ciò che è successo; induce a sospettare, infatti, che si nascondano cose molto gravi. (El pan 5, 283)

Qualcuno potrebbe dire: «Io, quando parlo del mio prossimo, riferisco sempre cose risapute, per cui non credo di togliere la buona riputazione, dato che quello che dico non l’ho visto io ma mi è stato riferito. In tal caso la mia mancanza non è tanto grave perché si tratta di cose pubblicamente conosciute. Si sa che, quando un delitto è pubblico, diminuisce la gravità del parlarne». (El pan 5, 284) Io credo invece che anche in quest’ultimo caso chi si compiace di riferire le mancanze dei propri fratelli dimostra di avere nel petto un cuore completamente freddo, privo di amore e di carità. (El pan 5, 285)

Provo a concludere questa riflessione. Sicuramente nella vita della Madre i due momenti vissuti a Villena e a Vélez Rubio:

hanno segnato nella sua vita una tappa molto importante nel suo cammino di santità da poterla indurre a ripensarli come un tempo e una circostanza nei quali "ho sofferto molto perché mi accusavano di cose che non avevo fatto né pensato ... ma fissando lo sguardo al crocifisso ho avuto la forza per sopportare ... e così imparai ad amare";

sono due momenti della vita ordinaria, vissuta con le persone di tutti i giorni, nell’ambito normale della vita, vivendo insieme agli altri le cose comuni di tutti i giorni, nell’ambiente e con le persone che la vita le ha offerto (una comunità di suore, con le qualità e i difetti più comuni a tutti…);

due momenti da lei vissuti con la convinzione di dovere essere di aiuto a tutti e a servizio di tutti, con quella generosità e dedizione che la hanno portata sul cammino della santità e hanno dato la possibilità a Dio di riempirla di grazie e doni straordinari e di compiere cose che sono possibili solo a Dio: estasi, bilocazioni, guarigioni prodigiose, moltiplicazione delle cose, ecc.

Noi FAM quando siamo ammessi in Congregazione facciamo pubblicamente la professione religiosa dei tre voti di castità, povertà e obbedienza. Siamo invitati (non obbligati) dalla Madre a fare anche un quarto voto: il voto di vittima per la santificazione di tutti sacerdoti del mondo intero. Ricordo come la Madre ce lo spiegava. "Quando pensi al voto di vittima, non pensare subito a una tragedia, a un tumore che non puoi curare, ma pensa solo alla tua vita di tutti giorni; non ti lamentare di nessuno dei tuoi confratelli, tanto meno dei superiori; guarda Gesù Crocefisso e sii sempre contento anche quando qualche cosa ti fa male; guarda i tuoi fratelli non per giudicarli ma per chiederti come li posso aiutare".

P. Mario Gialletti fam

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ultimo aggiornamento 08 marzo, 2024