STUDI
 

 

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    Ing. Prof. Calogero Benedetti  


Il Santuario di Collevalenza

 

Del Santuario di Collevalenza esporrò anzitutto la “grammatica”, un pochino anche la “sintassi”, ed il “senso” di ciò che con esse si esprime.

Anzitutto l’alfabeto:

- mattoni fatti a mano uno ad uno: una materia che parla un linguaggio di povertà, di umiltà esistenziale
- poi cemento, semplice, grezzo, nudo
- ed ancora pietra locale, sbozzata col martello, o tirata a lucido a forza di braccia
- infine vetri, sia bianchi che colorati, in una Gloria di luce e di trasparenze,
il tutto legato assieme dall’immenso amore della sua Fondatrice Madre Speranza di Gesù Alhama Valera, per tutti semplicemente Madre Speranza.

L’impianto del Santuario è mistilineo, grossolanamente trapeziforme, circoscritto a due assi formanti una croce latina, con al centro il cerchio dell’Ostia Eucaristica.

La Chiesa inferiore, o cripta è semincastrata nel terreno, ma non è un ipogeo, ma forma la stilobate della Chiesa superiore.

Muri di rozza pietra viva, di cava locale, sbozzata a mano irregolarmente, marcano il perimetro della Chiesa inferiore con paramenti a vista sia all’interno che all’esterno.

L’impianto in elevazione è costituito da 15 Torrioni, di cui uno, quello absidale, è diviso in due metà aperte verso l’esterno, singolarmente contraddicendo l’usuale rivolgersi delle Absidi delle Chiese cristiane verso lo spazio interno, limitandolo e concludendolo sul retro del presbiterio. Ma qui, a Collevalenza, l’Abside è aperta in due metà e prospetta verso il fuori, perché il suo Architetto ha inteso con ciò materializzare “il concetto che il sacro va partecipato” (io direi anzi va “gridato”) a tutto il Mondo.

Ed ecco il rivolgersi dell’Abside verso fuori anziché verso dentro è il “segno” di questo annuncio che poi è: l’Amore di Dio per la Creatura è per gli uomini tutti, nessuno escluso.

I Torrioni che perimetrizzano il Santuario ricordano quelli che, in numero di 86, ritmano le mura della città di Avila, la patria nativa di S. Teresa la Grande, erette al tempo dei Mori in Spagna.

E ricordano pure forme rinascimentali ricorrenti in Umbria e nelle Marche, come p. es. si ha nella Cattedrale di Loreto, ove “architetti “militari”, quali il Sangallo, hanno sottolineato con vigore il carattere di baluardo conferito con esse allo spazio interno del luogo sacro.

A Collevalenza i Torrioni si rivelano all’esterno con carattere dunque “protettivo” a favore di chi acceda nel Tempio, ma si rivelano all’interno come un invito alla preghiera, poiché sono tradotti in “cappelle”, in cui ritmano, in singole scansioni e forme, le “storie evangelichedi Cristo, il ricordo e la preghiera per i defunti, l’adorazione del piccolo Infante Gesù, il raccoglimento penitenziale, l’intercessione mariana, il fulgore della spada paolina, e la solidità della roccia di Pietro: infine nella Gloria della pala dell’organo, trombe di lucido rame e peltri argentati danno l’annuncio dell’Evo futuro, l’annuncio della Resurrezione.

Ogni cosa, ogni angolo, ogni dettaglio è così una Parola che demarca quest’attesa e la connota con il carattere della fiducia, con il carattere di una certezza antica ma anche nuova, e che è questa: “che Dio ama ciascun singolo uomo, ed ha anzi tanto amato il Mondo, da aver dato per esso il Suo Unico Figlio, e che Egli, fattosi uguale agli uomini nel nascere, nel vivere, nel soffrire e nel morire, possa anche trascinarli con sé nella propria Resurrezione, e la morte sia così vinta in eterno”.

Attraverso la grammatica della materia e la sintassi delle forme il Santuario di Collevalenza è così l’annuncio di un Amore vissuto nel segno della Misericordia, nel senso letterale di “avere cuore per il misero”.

L’Antica Arte paleocristiana aveva raffigurato con predilezione l’immagine di “Cristo - Buon – Pastore”.

Quella bizantina marca l’incontro del pellegrino con la figura maestosa di “Cristo Pantocrator”, di Cristo Giudice, a stento mitigata a Torcello dal gesto della Vergine che trattiene il braccio del Figlio indicandoGli al contempo la folla delle anime derelitte.

Nelle Chiese romaniche, nude e raccolte, campeggia, nella solitudine e nel dolore, la figura di “Cristo crocifisso” che attira il pellegrino a plasmare se stesso nell’imitazione di Lui, immedesimandosi nel Suo dolore e nella Sua solitudine.

Il Gotico ci rivela “Cristo come Luce” che permea l’intero Cosmo.

Nel Rinascimento e nel Barocco esplodono la “Gloria e la Gioia” intese come certezza di loro futura fruizione per i meriti di Cristo.

Nella spiritualità postridentina si concretano la “macerazione e l’offerta di sé” in espiazione volontaria, per partecipazione d’amore con Cristo.

Collevalenza fa ancora un passo in avanti. Essa è partecipazione di Cristo ma non per imitazione di Lui da parte dell’uomo, ma al rovescio, di Cristo che si fa uomo per condividere la caducità, la sofferenza, e persino il peccato, di ogni uomo, e così poterlo aiutare, soccorrere, salvare.

È Cristo che si identifica con l’uomo, e non l’uomo con Cristo.

Vorrei, qui ricordare, come calzante, un passo di Martin Buber, ebreo non cristiano, ma fortemente credente, Egli, partendo dall’identità grammaticale del presente e del futuro nella coniugazione del verbo “essere” nell’ebraico antico, traduceva l’affermazione del Sinai non al presente, come fecero i Settanta, ma al futuro, col che in italiano l’asserzione diventa non più “Io sono Colui che è” (un’espressione questa di chiara matrice “ontologica”) ma “Io sono Colui che ci sarà (un’espressione cioè “messianica”), che sottintende un “ci sarò per aiutarti, per soccorrerti, per salvarti”.

Il Santuario di Collevalenza è, con tutto ciò, insieme un luogo di preghiera ed una lettura teologica, una lezione di amore e di aiuto, di conforto e di sicurezza; è la promessa della Resurrezione data gratis da Dio a ciascun uomo, di cui è innamorato follemente e di cui non tollera la cancellazione dal libro dell’esistenza.

La Storia di Collevalenza è recente, e mi è grato accennarla.

Fui chiamato da Madre Speranza, che ancora non conoscevo, per aiutarLa a dare forma a tutto quanto ho esposto.

L’Architetto spagnolo Julio Lafuente ne aveva tratteggiato le linee essenziali; ora occorreva tradurle in materia palpabile.

Altri avevano con sapienza, sconsigliato a riguardo il sito, poiché costituito da sabbie e limi frammisti ad argilla e da sempre irresistibilmente franosi.

Fui chiamato per un giudizio, che aveva quasi il sapore di una sentenza: un sì oppure il no forse già scontato.

Per prima cosa discesi nello scavo che era stato aperto in mia precedenza nella zona absidale e ne esaminai il fondo e le pareti; ne strinsi frammenti di terra fra i denti per saggiarne organoletticamente la sabbiosità e l’eventuale presenza di fustoli carboniosi; ne sciolsi una parte in acqua per giudicarne il residuo solido e l’opalescenza; ne saggiai la consistenza per valutare coesione ed attrito; feci la prova di Casagrande del rotolo di argilla e della carta assorbente e quella delle “boule” per una classifica sia pur approssimata con mezzi di campagna.

A distanza sul bordo dello scavo sostava una piccola figura di donna, una piccola Suora vestita di nero che seguiva attenta ogni mio gesto; ed io, pur da lontano, ne percepivo l’ansia e la tensione interiore.

Risalito ed andato a Lei davanti, Le dissi: “Io costruirò il Tuo Santuario qui, in questo posto, così come Tu lo vuoi”, e stupivo io stesso che parlando Le davo del Tu.

Allora avvenne qualcosa di stupendo: gli occhi di Madre Speranza si riempirono di luce e traboccavano gioia ed amore.

Cominciò così la costruzione del Santuario di Collevalenza.

La sua fondazione è una grande platea alveolare, suddivisa in singolari camere vuote intercomunicanti tra loro e dotate di drenaggi affinché non vi ristagnasse l’acqua di falda.

Dalla platea si innalzano i Torrioni, che per tutta l’altezza della cripta sono in calcestruzzo armato, foderati sul dorso con mattoni. Essi sorreggono il calpestio del Santuario superiore che è formato con tessitura incrociata bidirezionale e partecipa, con la sua rigidezza, a costituire un tutt’uno scatolare con la platea, l’un l’altra essendo trapuntati dai cilindri cementizi di imposta dei Torrioni.

Questi si innalzano poi verso il soffitto del Santuario con struttura muraria con anima cementizia non armata gettata in calcestruzzo all’interno delle due fodere di mattoni via, via che i Torrioni crescevano in altezza.

Il soffitto poggia sul loro coronamento, ma con appoggi alterni, un Torrione sì ed uno no, per creare una lama di luce radente che metta in evidenza la tessitura del soffitto che è di nudo cemento formato con l’imprimitura di tavole lignee disposte a raggi e soli ed astri, come tracce fossili in ricordo della Luce all’atto della Creazione del Cosmo e dei cieli.

Una grande spaccatura, a forma di croce, ed al centro l’occhio del Segno Eucaristico, dividono in 4 settori l’intero soffitto, sul quale poi si eleva il tiburio conico di acciaio e vetro, attraverso il quale il pellegrino orante può scorgere il cielo, e le nubi e, di notte, le stelle.

Il pavimento è un susseguirsi di cerchi e di raggi, formati in pietra rossa locale, legata con cemento bianco. Essi si allargano a partire dall’Altare centrale che è di bianco marmo “pario”, e si diramano come le onde che si spandono in acque tranquille quando vi getti un sasso, e stanno a figurare il diffondersi della Parola di Cristo, e gli echi che Essa evoca nel Mondo per chiunque si ponga in ascolto.

La fronte del Santuario è una vetrata, anche essa discretizzata in cerchi ed oblò, fra cui si incentra la figura del Crocifisso ma non come il Giudice Pantocrator sul fondo delle Chiese secondo il paradigma dell’antica Bisanzio, ma come Colui che accoglie il pellegrino già sull’entrata del luogo sacro a che questo sia la sua casa ed il suo rifugio.

Sul dinanzi si innalza, con i suoi 50 metri di altezza, il Campanile, costituito anch’esso da 4 absidi contrapposte rivolte all’esterno e coronate ognuna da una quinta a sbalzo come la mano portata all’altezza della bocca da colui che grida un richiamo e cerca di inviarlo più lontano che può; qui il richiamo è quello delle 5 campane liberamente oscillanti sul pinnacolo alto, che invitano all’ascolto ed alla preghiera.

Sul davanti si stende la grande piazza, orlata al bordo da un portico che è anche un sedile, che insieme la delimita e la fa apparire più grande.

Attorno regna la pace, il gaudio dell’anima, la percezione dell’amore datoti gratis perché tu sei tu e solo per ciò.

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ultimo aggionamento 25 maggio, 2003