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P. Aurelio Pérez fam

 

Madre Speranza ha esercitato in grado eroico le virtù teologali e cardinali

 

Il giorno 23/4/2002 la Chiesa riconosce che la Madre ha esercitato in grado eroico le virtù teologali e cardinali e il Papa Giovanni Paolo II, che aveva conosciuto la Madre, la dichiara venerabile.

Riproponiamo una riflessione sulle tre virtù teologali della fede, della speranza e della carità, così come ci vengono proposte dalla testimonianza viva di M. Speranza.

Per lei sono state così importanti e determinanti che ce le ha proposte come un’eredità preziosa nel suo testamento spirituale: «Desidero lasciare ai miei figli e figlie la preziosa eredità che io, gratuitamente e senza alcun merito, ho ricevuto dal Buon Gesù.
Questi beni sono una fede viva nell’Eterno Padre, nel suo Divin Figlio, nello Spirito Santo, nel Santo Vangelo, nella Sacra Eucarestia, nel trionfo della Resurrezione e della Gloria del Buon Gesù e in tutto ciò che insegna la nostra Santa Madre Chiesa Cattolica, Apostolica Romana. Una speranza ferma, una carità ardente ed un intenso amore al Buon Gesù»1".

 

"Una fede viva"

 

 

Dal Libro della Genesi 22

1 Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 2Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». 3Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. 4Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. 5Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». 6Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. 7Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». 8Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme. 

9Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. 10Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. 11Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 12L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». 13Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. 14Abramo chiamò quel luogo «Il Signore vede»; perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere». 

15L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta 16e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, 17io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. 18Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Stiamo vivendo momenti in cui abbiamo un grande bisogno di attingere a questa eredità preziosa lasciataci dalla Madre. Vediamo di far tesoro della "sua fede viva".

Una "fede viva" dice il contrario di una "fede morta". E S. Giacomo ci aiuta a capire questa differenza quando afferma che "la fede senza le opere è morta". Ecco perché M. Speranza, nella preghiera iniziale della Novena all’Amore Misericordioso ci insegna a chiedere la grazia di "testimoniare la mia fede con le opere e di ardere nel fuoco della tua carità".

Ci fermiamo dunque a riflettere sulla "fede viva" di M. Speranza. La vita santa di M. Speranza è tale non tanto perché ha fatto cose straordinarie, ma perché si è fidata del Signore, anche nei momenti più duri della sua vita, e ha lasciato che fosse Lui a fare il suo disegno di amore attraverso di lei.

La lettura di Genesi 22 ci mostra l’esempio più alto di colui che chiamiamo nostro padre nella fede, Abramo. È il momento più duro della sua vita. La lettura dice che "Dio mise alla prova Abramo". Dunque c’è una prova della fede. Che cos’è questa prova della fede? E perché Dio prova la nostra fede? In fondo, se ci pensiamo bene, la fede in se stessa è una prova, perché mette misura la nostra capacità di fidarci di Dio, di appoggiare su di Lui tutta la nostra vita, di abbandonarci a Lui nel buio e nella difficoltà più estrema.

Le persone che sono vissute accanto alla Venerabile M. Speranza hanno sottolineato, come emerge dalla "Positio" (pp 357-362) presentata per la sua causa di beatificazione, questa fede vivissima e concreta. I testimoni sono rimasti colpiti dal suo operare, dal suo parlare e soprattutto dal suo modo di reagire negli svariati avvenimenti della vita. Anche i suoi scritti più intimi sono una preziosa fonte per scoprire i desideri più nascosti, le aspirazioni, le vittorie ed anche le sconfitte che Madre Speranza ha superato per poter arrivare ad essere tutta di Dio. Perché la fede è stata anche per lei un cammino molto provato.

I testimoni parlando della fede della Venerabile non trovano parole per descriverla. Aveva, cito alcune testimonianze, una fede «incondizionata nel suo Gesù»2, «incrollabile»3, «profonda e tenace»4. Era per lei talmente «assoluta da diventare certezza»5. Non qualcosa di disincarnato, perché si coglieva che «faceva parte della sua persona»6. «Era una donna veramente di fede»7, che l’ha «vissuta nella concretezza della vita, giorno per giorno»8. «La sua fede era totale… e la faceva venire anche a chi non ce l’aveva»9.

Madre Speranza era animata da questa fede viva e profonda che l’aiutava a vedere tutto in una prospettiva d’amore e di bene. La fede illuminò e guidò tutta la sua esistenza, tutte le sue azioni. Nei momenti difficili, quando perfino i suoi superiori immediati e non pochi sacerdoti e vescovi l’abbandonarono, la sostenne solamente la sua fede in Dio.

«Tutta la vita della Madre era impregnata di questa fede viva che era la colonna che la sosteneva sempre. Questa fede era il motivo e il fonda mento del suo amore generoso e ardente al Buon Gesù che accendeva in lei il desiderio di amarlo sempre più e di adempiere fedelmente quanto le veniva ordinato da Lui»10.

 

La fede come fiducia

Nell’esperienza di Abramo a cui Dio chiede il figlio Isacco c’è tutta la pedagogia della fede attraverso la quale il Signore ci conduce.

M. Speranza, come tutte le persone sante, attraversò prove durissime che la fecero piangere e le provocarono momenti di grande angoscia. Ed è in questi momenti che il Signore la educò all’abbandono totale nelle sue mani.

Subì tantissime malattie, prove, persecuzioni, incomprensioni e calunnie. Venne anche incompresa e abbandonata da molte delle sue figlie, eppure nel silenzio e nella preghiera «serenamente, lasciava alla volontà del Signore tutta l’opera sua: le due Congregazioni e tutte le opere da lei fondate»11.

E`attraverso la prova che Dio verifica la solidità della nostra fede, o meglio ci fa prendere coscienza se la nostra è una fede piena fiducia totale in Lui. Tutta la Sacra Scrittura è piena di questo insegnamento che appare chiarissimo nella vita di Madre Speranza.

Che la fede in Dio abbia bisogno assoluto di accompagnarsi alla fiducia, è una verità palese fin dalle prime battute del rapporto con Dio, così come esse ci vengono riportate dai primi capitoli della Genesi. Ci riferiamo in particolare al capitolo terzo, dove la fede senza la fiducia sta evidentemente alla base del primo peccato dell’umanità. Osserviamo la dinamica del racconto. Ciò che conduce la donna verso la consumazione del peccato originale non è la mancanza di fede. Anzi, il peccato originale suppone la fede, tanto che esso non sarebbe stato possibile se i progenitori non avessero avuto la fede. La donna crede che Dio c’è, che è il creatore di quanto esiste, che è il legislatore, che è l’ideatore dell’ordine del mondo. La donna crede tutte queste cose. E ciò è fede. Nel dialogo col serpente, però, accade qualcosa dentro di lei. A Satana, infatti, non interessa scalfire tanto la fede dei progenitori, quanto piuttosto la fiducia in Dio e nella sua paternità. Il gioco sottile del maligno, nella dinamica del peccato originale, non è stato quello di portare l’uomo a negare Dio, ma quello di cancellare l’abbandono fiducioso a Colui che fino a quel momento era stato visto dai due come il loro Padre. Il significato della proibizione di Dio si stravolge nella dialettica satanica e da una misura protettiva diventa, nella coscienza della donna, una ingiusta limitazione della sua libertà: "Dio sa che quando voi ne mangiaste…, diventereste come Lui" (v. 5). La donna comincia allora a pensare che Dio ha imposto all’uomo dei divieti non per tenerlo lontano da ciò che lo avrebbe danneggiato, ma per impedirgli di realizzarsi in modo pieno. Questa convinzione toglie alla fede il suo carattere fiduciale, perciò, anche se Dio continua a essere creduto come tale, cessa tuttavia di essere un Padre buono che vuole la mia felicità. Se Dio è uno che sbarra all’uomo la strada della felicità, allora trasgredire i suoi comandi diventa una necessità di sopravvivenza. Questo è l’inganno satanico. Nel corso della rivelazione biblica esso si presenta più volte. Anche Caino cade nello stesso sbaglio di sua madre: si irrita contro Dio, quando vede che le offerte del fratello Abele sono gradite ma le sue non lo sono. Egli crede in Dio (altrimenti non gli offrirebbe alcun sacrificio), ma non ha fiducia in Lui, come si vede dal fatto che gli attribuisce la "colpa" di gradire gli olocausti di Abele, senza chiedersi se per caso non fosse proprio lui a rendere inaccettabili le sue offerte. Un altro caso di fede senza fiducia è quello di Saul, allorché, per avere una risposta che Dio non aveva dato, si rivolge a una maga (cfr. 1 Sam 28,3ss).

Il re Saul non è un ateo, né un idolatra, né ha cessato di credere al Dio di Israele; ma il suo vero problema è che non riesce ad accettare con fiducia i decreti e le disposizioni di Dio a suo riguardo. Egli sente il bisogno di acquisire un certo controllo sul suo futuro, proprio perché non riesce ad abbandonarsi alla volontà di Dio e a quello che Dio vorrà fare di lui domani. Saul ha "paura" del suo domani, e questo è un sentimento non di coloro che hanno la fede piena di fiducia. La fede fiduciale porta la persona a giudicare infinitamente buono ogni disposizione di Dio, anche quando le circostanze prendono una piega sgradevole, o quando addirittura il corso della vita viene cambiato da un evento non previsto né programmato.

Un esempio di fede fiduciale, nell’AT, è costituito dalla vicenda di Abramo, in particolare dall’abbandono a Dio fin sul punto di alzare il coltello sul figlio (Gn 22). Ma anche dalla storia di Giuseppe (cfr. Gen 37ss). Egli non è mai descritto nella ricerca di appigli o sostegni umani, né quando viene espulso con l’inganno dalla famiglia, né quando viene messo in carcere in Egitto. In tutto il racconto non è mai riportata alcuna frase di Giuseppe improntata alla sfiducia. Tutto ciò che Dio decreta nella sua vita, viene accettato da lui incondizionatamente, ugualmente nella gloria e nel disonore. Alla fine del racconto, Giuseppe stesso esprime una valutazione straordinariamente positiva della sua vita tormentata: Dio ha tratto dalla sua sofferenza un beneficio per molti popoli (cfr. Gen 50,19-21). Nel NT ci troviamo pienamente espressi entrambi gli aspetti della fede: la fede senza fiducia e la fede fiduciale. Qui ci basti ricordare un episodio emblematico che è quello della tempesta sedata (cfr. Mc 4,35-41). Gli Apostoli sono sul lago insieme a Gesù e improvvisamente scoppia una tempesta. Gesù si era addormentato a poppa. Gli Apostoli lo svegliano e Egli placa la tempesta col suo comando. Subito dopo li rimprovera per la loro mancanza di fede (cfr. v. 40).

Occorre capire bene qui di che fede si tratta. Infatti, se i discepoli hanno svegliato Gesù durante la tempesta, ciò significa che essi credevano che Lui potesse salvarli con un miracolo. Se non avessero avuto fede nel suo potere, non lo avrebbero svegliato. Eppure Gesù li rimprovera per la loro mancanza di fede. Lui avrebbe voluto da loro una fede che li facesse sentire sicuri in virtù della sua stessa presenza e non in virtù dell’attesa di un miracolo. La fede piena di fiducia, nelle circostanze difficili e nelle tempeste della vita, non si esprime chiedendo al Signore un intervento immediato di liberazione. Piuttosto: la fede fiduciale permette alla persona di restare saldamente in piedi, in mezzo alla tempesta, perché a essa basta sapere che il Signore è lì, condividendo le mie lotte e le mie sofferenze. Anche se il suo intervento liberatorio non si verificasse nei tempi previsti da me.

Pensiamo anche alla fede di Maria, che è beata perche "ha creduto alla parola del Signore", dove credere è abbandonarsi con totale fiducia alla sua volontà, dall’annunciazione alla croce.

(segue)


1 Testamento della Serva di Dio, 22.3.1955, Summ, pp. 905-906, n. 302.

2 Summ., teste 9, p. 155, 78.

3 Summ., teste 26, p. 362, 130-132.

4 Summ., teste 48, p. 500, 77-81.

5 Summ., teste 51, p. 537, 77-81.

6 Summ., teste 27, p. 364, 77-97.

7 Summ., teste 71, p. 593, 3.

8 Summ., teste 13, p. 196, 78.

9 Summ., teste 71, p. 593, 3.

10 Summ., teste 9, p. 155, 78.

11 Summ., teste 32, p. 401, 77-81.

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ultimo aggiornamento 16 gennaio, 2013