pastorale familiare

Marina Berardi

(L’intervento del vescovo di Tortona P. Vittorio Francesco Viola al Giubileo del Cursillo
Collevalenza 14 luglio 2016)

 

Il significato
della misericordia

 

S.E. Mons. FRANCESCO VIOLA

(Seguito)

La misericordia rivela la Trinità

Ci ha detto il Papa che la misericordia rivela la Trinità. Questo vuol dire che il Verbo fatto carne è venuto ad amarci così come si amano loro tre. Il Verbo fatto carne è un emigrante che porta con sé la misericordia.

Come si amano loro tre? Per dire come si amano possiamo usare un’espressione che forse è semplice e banale, oltre che eccessiva… se la diciamo tra noi.

Detta però dentro Dio, esprime la realtà di come si amano. Dice la verità di come si amano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: si amano da morire.

Da morire. Letteralmente. Perché la morte in croce di Gesù rivela a noi che, nel loro amore c’è morte, svuotamento.

Noi siamo stati amati da Lui come si amano loro tre per cui noi sappiamo, dalla morte in croce di Gesù in poi, come si amano il Padre il Figlio e lo Spirito Santo. Si amano in questa donazione totale di uno verso l’altro. In questo altruismo una persona dona se stessa come dono di sé alle altre, sapendo che questo dono passa attraverso un punto di non essere, quasi in un punto di morte. Allora il Figlio ha pensato di recuperare il mondo, lavarlo e consegnarlo al Padre.

Per questo disegno eterno, il Verbo si è fatto carne perché il nostro peccato potesse essere assorbito come una spugna ed essere portato dentro l’unica potenza che poteva consumarlo: l’altoforno dell’amore di Dio.

Non avremmo mai potuto pensare che questo peccato sarebbe diventato combustibile dell’amore di Dio, perché questo viene consumato sulla croce, in un amore che il Figlio ha verso il Padre.

È un amore che si esprime in questo suo abbandono totale, in questa sua obbidienza assoluta.

Nella lettera agli Ebrei ci sono alcune parole importantissime.

Noi abbiamo bisogno di un sommo sacerdote, ma non come quello che tutti gli anni va a presentare l’offerta per espiare la colpa del popolo.

Ma questo fatto che tutti gli anni deve tornare – è scritto nella lettera agli Ebrei – è come se dicesse che il sacrificio dell’anno precedente non avesse funzionato per nulla, che è stato vano.

Invece, quello di Gesù, è stato un sacrificio perenne, il sacrificio di un sacerdote "eterno".

Nel momento in cui Cristo è entrato nel mondo attraverso il grembo della Vergine Maria, a me viene sempre da pensare, che se avessi poggiato l’orecchio sul suo pancione, avrei sentito quei versetti della Lettera agli Ebrei:

Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà.

 

Il corpo di Gesù misericordia incarnata pensato per poter assorbire il nostro peccato è punto estremo della Sua misericordia, punto estremo dell’Incarnazione. Lì si consuma il nostro peccato.

Assorbito dalla carne del Verbo diventa davvero il combustibile dell’amore di Dio e noi veniamo liberati.

Col suo farsi carne ci viene restituito quello che noi pensavamo perso per sempre, quel punto irraggiungibile di cui nel cuore avevamo una nostalgia infinita ma che pensavamo di non poter più rivedere. Sì, pensavamo di non poter più rivedere il volto paterno e misericordioso di Dio. L’avevamo creduto perso per sempre. La misericordia rivaluta, promuove e sa trarre il bene dal male.

 

Dio parla o non parla?

Ricordo per un attimo il silenzio della prima sera dei Corsi di Cristianità. Il silenzio è la frequenza con cui Dio parla. Occorre sintonizzarsi con questa frequenza. Qualcuno può anche dire "Ma perché Dio non parla mai …". Se sei in sintonia lo ascolti e cogli la vera rivelazione dell’amore di Dio, la misura dell’amore di Dio. Ecco guarda il crocifisso, esponiti all’amore del Crocifisso, basterebbero soltanto cinque minuti per riflettere davanti a Lui. Quella è l’adorazione che lui vuole. Dovremmo provare. Questa sarebbe una medicina per noi: stare di fronte all’amore di Dio senza pensieri, senza preoccuparci nemmeno di nascondere cose imbarazzanti che lui conosce.

Anche questo sentirci conosciuti da Lui per quello che siamo veramente, ci risparmia un sacco di tempo e di energie. Non c’è bisogno di mettersi su maschere, abbiamo armadi pieni di maschere e le usiamo a seconda delle occasioni. Lui ci conosce da dietro la maschera e possiamo metterle quante ne vogliamo. Dovremmo "arrenderci" a questa conoscenza d’amore. Dovremmo lasciarci toccare dalla Misericordia le cui conseguenze sono estreme. Fino a che punto, fino a quale misura è arrivato l’amore di Dio nell’offerta del corpo di Cristo sulla croce! Ma questa offerta è resa presente ogni volta che noi celebriamo l’Eucarestia e quando tu fai la comunione mangi un boccone dell’Amore Misericordioso.

 

Il Risorto è presente in tanti modi

L’Eucaristia è per la remissione dei peccati. Certo, ci accostiamo al banchetto eucaristico avendo chiesto perdono dei nostri peccati e questa è la medicina che guarisce in profondità.

Il corpo Eucaristico di Gesù è un boccone dell’amore di Dio. La misericordia non è un concetto ma è il come Dio ci guarda, cioè con benevolenza, come dire "questi poveri disgraziati aiutiamoli".

Ecco, quindi, il nostro Battesimo, la nostra Confermazione, il Pane Eucaristico che mangiamo, la Grazia di tutti i sacramenti, la grazia della Parola: sono tutte modalità della presenza che è un aspetto della Pasqua. Perché la Pasqua è, sì, svuotamento, morte, sepoltura ma è anche un passaggio dell’amore, che è esattamente ciò che loro, Padre, Figlio e Spirito Santo vivono.

L’altro aspetto è quello della presenza del Risorto, presente, vivo, come è presente ora in mezzo a noi riuniti nel suo nome. Proprio qui è la presenza e quindi ci viene data la possibilità dell’incontro. Lui è presente in tanti modi: nella grazia dei sacramenti, nella Parola, nel Cursillo.

L’abbiamo incontrato nella forza della Parola, nella testimonianza dei fratelli, nella comunione, nell’essere due o tre riuniti nel suo nome e nella Grazia dei sacramenti.

Lui è presente e vivo in noi. La Chiesa nasce da questa consapevolezza. Quando abbiamo capito questo! La consapevolezza di Lui vivo! Significa che la Chiesa comprende non solo che Gesù è uscito dal regno dei morti, che mangia un avanzo di pesce arrosto, respira, e lo si può toccare.

Abbiamo la consapevolezza che Lui adesso è in noi, che contiamo su di Lui?

Adesso Lui è vivo in noi che abbiamo colto l’annuncio della fede. Quell’annuncio che ci è stato dato non è confinato nello spazio piccolo, limitato della nostra testa che custodisce un ricordo.

 

Qualche interrogativo

Se gli apostoli avessero avuto solo un gran bel ricordo di Gesù, Lui sarebbe morto con loro. Pietro e gli altri se lo sarebbero portato nella loro tomba, ma Lui non è un ricordo. Lui è vivo e quando loro comprendono che lui è vivo sono nella vita della Chiesa che non può contenere questo annuncio. Sono tanti i fatti: quando Pietro e Giovanni salgono al tempio, quando andando per la preghiera del pomeriggio incontrano quello storpio che chiede l’elemosina. Pietro lo vede e ... come gli è venuto in mente di dire quelle parole "Non abbiamo nulla però nel nome di Gesù alzati…"

Come gli sarà saltato in mente, a che cosa si espone Pietro per dire una cosa del genere? Come ha potuto non parlare di Gesù? Non è che gli ha detto "Guarda che se tu fossi venuto qui solo alcuni mesi fa, Lui ti avrebbe detto ‘Alzati e cammina’.

Ma che me ne faccio di un Vangelo che non funziona? Pietro non parla a questo di Gesù ma gli parla da Gesù.

Gli parla come Gesù parlava, per imitazione! In realtà lui parlava per inabitazione perché abita in Lui lo Spirito del Risorto che gli permette di dire le stesse parole di Gesù con la stessa efficacia.

Chi si sarà stupito di più, lo storpio o Pietro?

Lo stupore richiama certezza. La certezza sa che lui è vivo per cui l’amore misericordioso che rivaluta, promuove, trae il bene dal male questo amore diventa la legge dei nostri rapporti. Noi siamo vivi per misericordia, perché siamo stati amati dalla Misericordia incarnata e non può accadere che ci sia tra noi una legge diversa da questa.

Noi vivi per la misericordia non possiamo che vivere di misericordia che diventa essa stessa, nei nostri rapporti, una potenza di annuncio che poi porta a dire "Ma com’è che questi si amano così!". Dicono questo i componenti della tua comunità parrocchiale? Dicono questo al vedere il nostro incontrarci nelle nostre Ultreyas? Anche questa è una grazia, perché il Movimento dà la possibilità di vivere Cristo, la possibilità di vivere delle relazioni.

La misericordia che ci fa vivi non può che essere la legge dei nostri rapporti e noi possiamo vivere tra di noi la misericordia perché Lui è presente in mezzo a noi, abita dentro di noi per il dono dello Spirito Santo.

Noi possiamo pensare di amarci tra di noi così, come Lui ci ha amato, rivelando come si amano loro tre, per cui tra di noi circola lo stesso amore che ci prepara, ci "lavora" per farci capaci di stare dentro l’amore trinitario, che è la nostra casa. È da qui derivano tutte le conseguenze di che cosa vuol dire per noi vivere la misericordia tra di noi.

Questa abbondanza dell’amore di Dio ci ha raggiunto fino a toglierci il fiato.

Come la facciamo circolare tra di noi? Con quale atteggiamento? Certo gli atteggiamenti non possono essere diversi da quelli suoi.

 

Dall’egocentrismo al dono di sé

Dico proprio a mo’ di sintesi e concludo.

Lui è uscito da sé, è venuto incontro a noi: c’è un percorso che va dall’egocentrismo al dono di sé. Tutto il mio io concentrato su di me… cosa sono io, cosa penso io? Questo ci fa credere che sia il modo per affermare noi stessi.

In realtà è il modo in cui noi ci costruiamo una prigione dentro la quale moriamo di solitudine. Se rimaniamo nell’egocentrismo e poi pensiamo di attraversare la porta santa, mantenendo questa disposizione d’animo, è chiaro che poi possiamo far scadere tutto. Non è un fatto magico passare da questo atteggiamento, cioè dall’egocentrismo, al dono di sé.

 

Costruire la comunione

Misericordia vuol dire anche costruire la comunione perché l’amore è comunione tra di noi. Tutto ciò che non costruisce la comunione è diabolico, cioè, separa, si mette in mezzo.

Dobbiamo essere attenti a questo perché, poi, stare insieme è sempre una conquista, è sempre una crescita. Tante volte, anche nei nostri gruppi diamo spazio a sentimenti che non sono di comunione e quindi a sentimenti diabolici che si pagano a caro prezzo. Occorre costruire l’unità, costruire la pace, costruire quell’atteggiamento fondamentale che è la conversione.

 

Conversione e "strumenti" di servizio

C’è una bellissima descrizione che il beato Paolo VI fa della metanoia, di questo cambiamento radicale: "Questo costituisce tutto il compendio della vita cristiana. Al Regno annunciato da Cristo si può accedere soltanto mediante la «metánoia», cioè attraverso quell’intimo e totale cambiamento e rinnovamento di tutto l’uomo, di tutto il suo sentire, del giudicare e del disporre, che si attua in lui alla luce della santità e della carità di Dio, che, nel Figlio, a noi si sono manifestate e comunicate in pienezza".

Col linguaggio di oggi potremmo definire la metanoia una formattazione del nostro disco originale con quello di Gesù Cristo, ma non si tratta qui di un semplice atteggiamento come nel fare un piccolo proposito. Qui è radicale, è puntare alla radice. Occorre vedere come viviamo la misericordia, se con lo sguardo di Dio tra di noi, se con uno sguardo di fede tra di noi; con quale occhio guardiamo il fratello?. Non c’è conversione e non c’è metanoia se poi non c’è diaconia, servizio. In questo caso ci sarebbe da dubitare della nostra conversione.

Potremmo parlare di atteggiamenti come "strumenti" di servizio.

Uno è l’accoglienza, accettare l’altro, immedesimarsi nell’altro. È l’amore che diventa se stesso per protendersi verso l’altro come ci ha insegnato Lui. Ma tu ami tuo fratello così come Lui, Gesù Cristo, ti ama?

Un altro la gratuità. Lui ci ha amati per primo, ha preso l’iniziativa. Se aspetti le scuse, se aspetti di chiarire … ama. Però devi amare per primo: è questa la gratuità dell’amore. Ma perché tu ami per primo? Ma perché lui ti ha amato per primo. Non ci basta questo come motivo?

La sua è una misericordia universale. È per tutti, non fa distinzioni. Invece noi siamo molto selettivi nell’amore e se facciamo questo vuol dire che la misericordia non è la legge dei nostri rapporti. E questo arriva a far male, è un’arma a doppio taglio.

Un altro atteggiamento, ancora, è la benevolenza. Dio è stato benevolo con noi. E noi come siamo benevoli tra di noi?

Occorre considerare questi atteggiamenti come fondamentali per poter vivere tra di noi la misericordia.

Importante strumento è anche la condivisione delle nostre esperienze. In fondo, nei nostri incontri, si vivono situazioni di condivisione.

Altri strumenti basilari sono il perdono reciproco, il confronto personale e comunitario con la Parola di Dio perché questa illumina.

Se prendiamo la scrittura e ne facciamo una "spremuta" esce Misericordia. La Parola di Dio illumina, getta luce sull’amore di Dio per noi e sull’amore nostro per gli altri.

E ci sono anche tanti altri doni.

Quanta grazia! Signore, quanta grazia!


(Intervento –non rivisto dall’Autore– al Giubileo del Cursillo - Collevalenza 14 luglio 2016)

 

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ultimo aggiornamento 10 febbraio, 2018