"L'umanità del

Sacramento

dell'ORDINE"

 

ROBERTO LANZA

 

Da sempre l’Incarnazione di Gesù è il mistero della nostra fede che ci lascia più meravigliati e se volete anche un pochino "spaesati". A volte si è più attenti agli aspetti esteriori, ai "colori" della festa del Natale, che al cuore della grande novità cristiana, la sconvolgente buona novella di un Dio diventato pienamente uomo: "Il Verbo si fece carne." (Gv.1,14) Quel grande capolavoro del Concilio che è la Costituzione Pastorale Gaudium et spes, a proposito di Cristo, evidenzia: "nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo" (22), poiché "con l’Incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo" (ibid.)

 

Tutto questo per sollecitare in ognuno di noi ed in questo tempo natalizio, una riflessione molto attuale e che riguarda tutti i ministri di Dio e la loro umanità, il loro essere uomini. Sono tanti i luoghi comuni che riguardano i "ministri di Dio", si vive in un’epoca fatta di slogan, un mondo fatto di sondaggi, di votazioni, di referendum. Ci sono persone che credono che sono una specie di stirpe eletta, di angeli perfetti, uomini con dei super-poteri, dei Superman della fede, di uomini insuperabili nelle loro virtù, e dei contabili insuperabili dello spirito. Tante volte sentiamo dire: "Credo in Cristo, non nella Chiesa e nei suoi ministri." Oppure sentiamo frasi del genere: "…mbe in fondo hanno la grazia…" è vero che Dio dona la sua grazia per portare anche i pesi più grandi, però la grazia non toglie la fatica né il sacrificio; può alleviare, ma non cancellare del tutto le difficoltà. Fortunatamente Dio non è un moralista e continua a scegliere, consacrare ed inviare uomini per salvare il mondo.

Il Sacramento dell’Ordine celebra la scelta definitiva di Dio per l’uomo, scelta totale e definitiva. Scelta di Dio per l’uomo non soltanto perché quest’uomo ha voluto salvarlo, ma perché ha voluto che questa salvezza camminasse nella storia e nel tempo sulle deboli gambe dell’umanità di uomini, scelti, consacrati ed inviati. Diciamocelo sinceramente: Dio si è preso questo lusso ed in fondo solo Lui poteva prenderselo di affidare ciò cui più teneva, ossia la salvezza di ciascuno di noi, a questo fragile vaso di creta che è ogni ministro, dal più bravo al meno capace. Dio si serve di un "povero uomo" al fine di essere, attraverso di Lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore. Dio non ha scelto, e non continua a scegliere, i suoi apostoli tra gli angeli, ma tra gli uomini comuni, ognuno con la sua storia segnata dalla grandezza della divina elezione e dalla povertà delle risorse umane: un tesoro in un vaso di argilla. Perché il fondamento teologico dell’Ordine riguarda il fatto che questa chiamata, è data non per un privilegio personale, ma per un servizio all’utilità comune. Credo che questo "coraggio" di Dio, che si fida fino in fondo degli uomini, che pur conoscendo le loro debolezze, li ritiene uomini capaci di agire e di essere il segno della Sua presenza per le vie del mondo, ecco tutto questo si nasconde nel Sacramento dell’Ordine.

 

Non è facile né definire né descrivere l’umanità. Essa è la qualità morale che rende l’uomo degno di esser chiamato tale. S. Ignazio di Loyola, diceva sempre agli inizi degli esercizi spirituali questa frase: "Dove la trovi la volontà di Gesù?" La volontà di Dio su di me è dentro di me, nel profondo del mio essere, in quello che sono! Siamo stati chiamati, non per nostra scelta, ma per l’iniziativa del Signore e poi abbiamo cercato di corrispondere. Tutto questo non come una nostra scelta, ma come una risposta alla chiamata che il Signore ha fatto su di noi. Questa "vocazione ordinata" per noi è il nostro modo di diventare uomini; quindi, l’Ordine non dovrà mai contraddire la nostra umanità, verrà invece a specificarla, a caratterizzarla per essere strumento di salvezza per le persone. Io dovrò vivere sempre la mia vocazione, qualunque vocazione di stato, come un compimento del mio essere uomo. Io devo vivere questo come pienezza come modo di essere uomo, di diventare uomo, come Gesù è stato uomo. È questo il punto centrale: qual è la nostra vocazione? Partecipare al sacramento dell’Ordine vuol dire partecipare all’offerta di se stessi, della propria vita: "Mi hai dato un corpo e ho detto: allora vengo per fare la tua volontà! (Eb.10) Il corpo è tutta la mia storia, il vivere la mia storia come offerta condizionata dall’offerta di Gesù. Cosa è il sacramento dell’Ordine? È un sacramento, ossia quella realtà creata, toccando la quale, si entra in contatto con la grazia di Dio, ma il discepolo di Gesù è un vero uomo! Un uomo che è nato come tutti gli altri; ha fatto un cammino di maturazione e di crescita umana, come tutti gli altri uomini, e un bel giorno è stato chiamato da Dio ad essere "suo" ministro.

 

Allora anche il ministro ordinato svolge il suo ministero con cuore d’uomo! Ogni persona umana, e quindi anche il ministro, è mente e cuore. Purtroppo, infatti, la storia di molti "ministri imperfetti" è storia di "uomini mancati". Ed è doloroso e inquietante, poiché invece la Chiesa ha bisogno non di funzionari o di grigi esecutori, non di star spirituali, ma di uomini, uomini umanizzati, uomini con profondità di vita interiore e dunque uomini "umani". Nes­sun ministro di Dio può dunque pensare che la sua eventuale immaturità o debolezza o inconsistenza affettiva, sia qualcosa che riguarda solo lui, riguarda, invece, la vita e l’essenza della Chiesa stessa.

 

Il ministro è persona umana e non può essere confuso con un ruolo, è una persona umana ed esercita un ministero, svolge una missione: nobile, grande, sublime, ma da uomo scelto tra gli uomini per occuparsi delle cose che riguardano Dio. E in tutto questo il ministro deve essere se stesso, nella pienezza della sua umanità, presentandosi per come egli è e si sente veramente, compresi i suoi limiti. La costruzione della persona e della personalità esige una unità in cui la distinzione fra corpo e anima, fra materiale e spirituale, fra naturale e soprannaturale non diventa separazione, bensì elemento costitutivo dell’unico soggetto, che è la persona umana. È pur vero che la vita spirituale tiene conto della grazia; ma non può essere mortificata la struttura "umana" della persona: l’una porta a compimento e maturazione l’altra, in una sinergia necessaria. La grazia risplende anche negli aspetti esistenziali della persona. Quando la grazia trova canali aperti i frutti e gli effetti sono visibili, di serenità, di gioia, di sapienza, di fiducia, di speranza, di equilibrio, di affettività matura, di capacità di amare, di far innamorare di Cristo attraverso la compiutezza del sentirsi pienamente uomo.

Insomma: ministri veri uomini per essere autentici testimoni di Gesù Cristo. In questo contesto diventare santi, dovrebbe significare innanzitutto diventare veri uomini, uomini in pienezza di vita, come Gesù che è stato vero uomo, pienamente uomo. Teofilo vescovo di Antiochia, vissuto alla fine del II° secolo, ha tradotto l’espressione siate santi con siate umanamente santi, ossia siate santi nella dimensione umana, non dimenticando che è nell’umanità che si deve testimoniare la santità: straordinari nell’ordinario. Conformi a Cristo Gesù nel quale risplende l’immagine di Dio impressa nel cuore di ogni uomo.

 

Quale quindi una prima risposta?

"Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: "Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza". Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte." (2 Cor 12, 7-10) Accogliere nella nostra vita il mandato e l’amore del Cristo significa diventare veramente umani. Gesù è stato il dono del Padre per noi, vero uomo che ci fa uomini veri. Fino a che non ci è data la vera umanità, quella di Gesù, non sapremo mai cosa sia l’uomo e cosa provano gli uomini. Accogliendo Cristo Buon Pastore si diventa uomini veri, uomini autentici, ministri umani. Quando Gesù parla di sé, come Dio e come uomo, dice che in lui abita il Padre: il Padre è in me e io nel Padre. Gesù, nella sua umanità, fa vedere il Padre ("chi vede me vede il Padre") e proprio quando è totalmente visibile al Padre, perché realizza pienamente la sua obbedienza, è pienamente sé stesso anche come uomo. Sulla croce, quando il Figlio è totalmente rivolto verso il Padre e aderisce in tutto alla sua volontà, può dire: "tutto è compiuto, Ecce homo." Ecco l’uomo compiuto. L’umanità è fondamentale per la missione dei ministri di Dio; non una qualsiasi umanità, bensì un’umanità compiuta nell’appartenenza a Dio. È frequente nella vita di un ministro ordinato il dover fare i conti con le sue imperfezioni. E anche gli altri fanno i conti con le loro carenze. Anche Giovanni Paolo II° aveva "chiarito", questa impostazione, rivolgendosi ai Sacerdoti in occasione del Giovedì santo dell’anno 2001: "Mistero grande, carissimi Sacerdoti: Cristo non ha avuto paura di scegliere i suoi ministri tra i peccatori. Non è questa la nostra esperienza?".

Ma è proprio questa la grandezza di Dio!

Anche la Madre Speranza era su questa linea quando evidenziava: "Molte sono le offese, Gesù mio, e tanti i dispiaceri che ti ho dato, ma poiché il tuo amore e la tua misericordia mi hanno perdonato e hanno atteso che facessi questi esercizi, ascoltami, Padre mio, come figlio prodigo che torna a Te. Fa’, Gesù mio, che in questi giorni mi spogli degli stracci dell’uomo vecchio con tutte le sue azioni; e Tu, Padre mio, rivestimi dell’uomo nuovo creato dal tuo cuore nella giustizia, nella verità e santità." (La Passione (1943) (El Pan 7)

 

Non potremo mai, tuttavia, adagiarci nel fare un elogio della nostra debolezza fine a sé stesso; sarebbe un alibi alla mancanza di impegno nel corrispondere alla chiamata. La nostra debolezza la constatiamo, è dentro di noi, ne facciamo esperienza ogni giorno ma siamo chiamati a restare umili. Ogni giorno noi ministri di Dio dobbiamo crescere nella consapevolezza che proprio questa nostra umanità debole in forza dell’ordinazione è una umanità teofanica, ossia che manifesta Dio, che lo rende visibile. I pellegrini che andavano ad Ars, interrogati sui motivi che li spingevano a voler incontrare il santo curato di quel paesino sperduto, rispondevano: "Andiamo a vedere Dio in un uomo". Paolo dice ai cristiani di Corinto che sono "una lettera di Cristo … scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani" (1 Cor. 3,3). Anche noi tutti ministri di Dio, siamo una pagina di vangelo scritta sulla carne della nostra umanità.

 

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ultimo aggiornamento 10 febbraio, 2018