Celebrazione di apertura dell’Anno Santo nel Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza
Domenica 26 gennaio ha avuto inizio il Giubileo presso il Santuario dell’Amore Misericordioso, dal momento che è stato designato per la Diocesi di Orvieto-Todi Chiesa Giubilare per ottenere l’indulgenza plenaria.
La solenne Celebrazione Eucaristica è stata presieduta dal vescovo Gualtiero e concelebrata dai sacerdoti della Diocesi e dai Figli dell’Amore Misericordioso.
Omelia di Mons. Gualtiero Sigismondi Vescovo di Orvieto - Todi
Nell’odierna Domenica della Parola – istituita da Papa Francesco come frutto del Giubileo straordinario della Misericordia –, la liturgia ci conduce a Gerusalemme, davanti alla porta delle Acque (cf. Ne 8,2-4), e nella sinagoga di Nazaret (cf. Lc 4,16). A Gerusalemme, dopo l’esilio a Babilonia, per la prima volta viene riletto, in un contesto liturgico, l’intero libro della Tôrâ, allo scopo di ravvivare la speranza del popolo d’Israele – impegnato nella dura fatica della ricostruzione della Città Santa – intorno a due poli fondanti: il Tempio e la Legge di Mosè. A Nazaret Gesù entra nella sinagoga e si alza a leggere il rotolo di Isaia; il suo sguardo cade sul passo in cui il profeta presenta le credenziali che lo autorizzano a compiere il ministero conferitogli da Dio (cf. Is 61,1-2a e 58,6 riecheggiano Is 35,1-10). Gesù, consapevole della propria identità messianica, attribuisce a sé l’oracolo di Isaia, annunciando il mandato ricevuto: dare compimento ai desideri di liberazione da diversi aspetti di schiavitù.
L’evangelista Luca, dopo aver presentato il metodo e le finalità del suo accurato lavoro redazionale, definito "resoconto ordinato" (cf. 1,1-4), annota che nella sinagoga di Nazaret "gli occhi di tutti erano fissi su Gesù" (Lc 4,20). Tenere fisso lo sguardo su Gesù, "Colui che dà origine alla fede e la porta a compimento" (Eb 12,2), è una postura spirituale da assumere correttamente e da mantenere stabilmente, custodendo e meditando la Scrittura, come raccomanda la Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione, Dei Verbum, al n° 25. "È necessario che tutti i chierici, principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della parola, conservino un contatto continuo con le Scritture mediante una lettura spirituale assidua e uno studio accurato".
L’odierna ricorrenza della Domenica della Parola di Dio, per una non debole analogia, è strettamente collegata alla solennità del Corpus Domini. Gesù Cristo è "il Pane vivo, disceso dal cielo" (cf. Gv 6,51), secondo una doppia modalità: come Pane eucaristico e come Pane della parola di Dio. L’ambone e l’altare formano, infatti, un’unica mensa, sulla quale i due modi di presenza del Pane, che è Cristo, s’intrecciano e si sostengono mutuamente. La preghiera della Chiesa, come insegna l’esperienza vissuta dai discepoli di Emmaus (cf. Lc 24,13-35), si incentra sulla scrutatio delle Scritture e sulla fractio Panis. Senza ruminare la Parola non è possibile assimilare l’Eucaristia, "Pane dei pellegrini", e tuttavia senza partecipare alla Mensa eucaristica non si può raggiungere la piena intelligenza delle Scritture, che hanno in Cristo la loro unità e il loro "baricentro".
La parola di Dio, oltre ad essere paragonabile ad una "spada a doppio taglio" (cf. Eb 4,12), è assimilabile ad una porta, come quella delle Acque, davanti alla quale, sopra una tribuna di legno, Esdra dà lettura del libro della legge di Dio (cf. Ne 8,3-4). Sulla soglia della "porta della Parola", che ha la stessa combinazione della "porta della fede" aperta anche ai pagani (cf. At 14,27), si potrebbe scrivere un pensiero tratto dall’enciclica Lumen fidei al n° 9: "La fede vede nella misura in cui cammina, in cui entra nello spazio aperto dalla Parola di Dio". Sull’architrave si dovrebbe incidere questo insegnamento paolino: "La fede viene dall’ascolto" (Rm 10,17). Su uno stipite si potrebbe mettere la frase di san Girolamo: "Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo", mentre sull’altro si dovrebbe lasciare questo messaggio: "Ignorare la Tradizione significa ignorare la Chiesa".
Fratelli e sorelle carissimi, la parola chiave delle Scritture è "misericordia" la quale, secondo don Primo Mazzolari "è la gemma della speranza e, questa, è il fiore della redenzione". È sull’esperienza della misericordia di Dio che si fonda l’impegno a mantenere "senza vacillare la professione della speranza" (Eb 10,23), a restare "irremovibili nella speranza del Vangelo" (Col 1,23). San Pietro lega questo programma a un preciso dovere: "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza" (1Pt 3,15). Se Pietro afferma che il silenzio dell’adorazione è il respiro della speranza, Paolo precisa che l’ascolto della Parola è l’ossigeno che la sostiene: "In virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza" (Rm 15,4). Ascolto della Parola e Adorazione eucaristica sono, per così dire, la trama e l’ordito del tessuto prezioso della speranza, sostenuta dalla certezza che Neemia formula in termini benedicenti: "La gioia del Signore è la vostra forza" (Ne 8,10).
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ultimo aggiornamento
17 febbraio, 2025