".... In Collevalenza l'architetto ha modellato i volumi, ben cosciente dei risultati che voleva ottenere: conosce il valore che ha il volo di una copertura, la rottura di una simmetria, l'accento raffinato là dove la semplicità costruttiva era quasi banale.

Però il volume è anche spazio e più che mai in questa occasione. E' probabile che attraverso le fotografie e i disegni si riesca a intuire lo spazio in Collevalenza, ma leggere l'architettura è sempre una impresa rischiosa da farsi con cautela e pazienza, poiché si corre il rischio di cadere in affrettate astrazioni che ci allontanerebbero dal fine che si persegue quando si studia un'opera di architettura: supplire, nei limiti del possibile, la realtà fisica dello spazio.

Una prima lettura della pianta di Collevalenza ci farebbe impostare la questione in questi termini: la Chiesa di Collevalenza è una chiesa nella quale l'architetto ha riproposto, come nel primo Riconoscimento, la pianta centrale. Ma un'analisi più approfondita presto ci farebbe scoprire anche componenti più tradizionali, che ci permetterebbero di comprendere Collevalenza come un'altra fra le tante chiese basilicali, ben disposta per le più solenni cerimonie. Che la Chiesa cominci col proporre una pianta centrale, è chiaro, ma non dimenticando che si tratta di un richiamo di pellegrinaggi, Julio Lafuente ha preferito dilatare l'asse longitudinale della Chiesa, che si apre in un'ampia scalinata che premetterà di prolungare lo spazio sacro quando fosse necessario. Senza volerlo siamo entrati in un tema di grande interesse: penso, nello scrivere queste righe, che la liturgia post-conciliare è più prossima alle chiese di pianta centrale che non alle chiese ispirate secondo gli schemi della controriforma. Negli schemi del Vignola ci sarebbe da fare, senz'altro, una distinzione chiara tra i motivi che muovono l'architetto di oggi a centrare la pianta delle chiese; per gli schemi ispirati secondo la controriforma, l'insieme, il valore simbolico della forma, come opportunamente ha detto il Wittkorwer, era fondamentale; oggi la pianta centralizzata non è lontana dal desiderio di strutturare un luogo sacro d'accordo con la funzione che ha da compiere, d'accordo col rito. Senza dubbio tale lettura poco ci aiuterebbe a capire Collevalenza, poco ci aiuterebbe a intuire la forza con la quale si intesse l'eterno dialogo del concavo con il convesso, poiché non poco del valore espressivo di Collevalenza è fondato in questo incontro elementare del diritto e del rovescio, dell'esteriore e dell'interiore. Poi il convesso finisce con l'identificarsi in Collevalenza con l'esterno e il concavo con l'interno: l'incontro del concavo con il convesso è ciò che costituisce lo spazio della chiesa che perde così quel tranquillo riposo col quale ci si presentava dal di fuori nell'alto della collina.

L'esterno, il convesso, penetra alternandosi in un sottile giuoco dialettico con il concavo: la distinzione fra spazio interno ed esterno è così rotta. Qui è fondato, a mio modo di vedere, il maggior valore della chiesa e Julio Lafuente può essere soddisfatto del livello raggiunto; infatti questa continuità tra spazio interno ed esterno è una delle mete che si è proposta la migliore architettura moderna.

L'interno della chiesa è senza dubbio vivo, complesso, e questa complessità è accentuata dalla luce che sovrasta con energia il contrappunto formale stabilito: la luce penetra tra i cilindri che prendono così una luminosa corporeità; la vista si perde in quel gioco di ombre e luci, cerca la copertura che si apre nella chiara fenditura che si converte nella cupola sopra l'altare, riallacciandosi così con la tradizione barocca. Sì, un certo sapore di antico c'è in Collevalenza, nonostante l'attualità delle sue proposte architettoniche. Istintivamente si pensa al gotico, al barocco fino al Ronchamp. Dobbiamo pertanto domandarci: è il caso di parlare di architettura sacra solo attraverso l'esperienza del passato? Senza dubbio nell'accettare un linguaggio con capacità di evocazione formale, l'architetto cerca la intelligibilità, ma può darsi che questa entri senza alludere a riferimenti formali ben definiti .....".

RAFAEL MONEO
(da Arquitectura, ottobre 1967)


L'architettura è il sapiente, corretto e magnifico gioco di volumi raccolti sotto la luce. I nostri occhi sono fatti per vedere le forme nella luce; i chiaroscuri mettono in evidenza le forme; i cubi, i coni, le sfere, i cilindri, e le piramidi costituiscono le grandi forme primarie che la luce chiaramente rivela; l'immagine ci si presenta netta, tangibile, senza ambiguità. E' per questo che son forme belle, le più belle. Tutti son d'accordo in questo: il bambino, il selvaggio, il metafisico. E' l'essenza stessa, questa delle arti plastiche.

L'architettura egizia, greca, romana, è un'architettura di prismi, cubi, cilindri, triedri e sfere: le Piramidi, il Tempio di Luxor, il Partenone, il Colosseo, la Villa Adriana.

L'architettura gotica non è costituita, nel suo fondamento, sulla base di sfere, coni e cilindri. Soltanto la navata riesce ad esprimere una forma semplice ma di una geometria complessa di secondo ordine (crociere di ogive). E' per questo che una cattedrale ci interessa come soluzione ingegnosa di un problema difficile i cui dati sono stati mal posti perché non provengono dalle grandi forme primarie. La cattedrale non è un'opera plastica; è un dramma: la lotta contro il peso, sensazione di ordine sentimentale.

Le piramidi, le Torri di Babilonia, le porte di Samarcanda, il Partenone il Colosseo, il Panteon, il Ponte del Gard, Santa Sofia, le Moschee di Istabul, il Pont-Royal, gli Invalidi, sono architettura.

LE CORBUSIER


L'ISTITUTO NAZIONALE DI ARCHITETTURA ha identificato nella Chiesa Santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza l'opera alla quale conferire il premio regionale.

La Commissione Giudicatrice del Premio Regionale IN/ARCH. 1966 per l'Umbria:

arch. Dino Gennari Sartori
ing. Sergio Lenci
prof. ing. Sergio Musmeci
prof. ing. Giuseppe Nicolosi
ing. Gino Salvestrini

"..... ricerca tesa a creare uno spazio architettonico risultante dall'articolazione plastica della struttura muraria, che, nei cilindri portanti che costituiscono muro e cappelle laterali ad un tempo, creano un rapporto interno - interno ed interno - esterno di grande interesse.

L'articolazione delle pareti e la corrispondente illuminazione ottenuta con i " canon-lumièr " creano un giuoco di luci che, avvenendo sempre attraverso gli intervalli totali tra le pareti di cilindri e mai attraverso finestre tradizionali, sottolinea la coerenza e l'unitarietà della concezione ".