«il mio anelito sono stati sempre i poveri»
Dopo aver riflettuto sull'atteggiamento della Madre associata alla passione di Gesù, constateremo come concretamente questa esperienza divenne per lei fonte di dinamismo e di operosità. E' interessante scoprire come la Madre, ancora giovane Claretiana, fosse animata dal vivo desiderio di porsi a servizio dei più poveri, vedendo nelle loro necessità un chiaro criterio per discernere la volontà di Dio, cercando vie e forme nuove per accoglierli, superando le difficoltà, interne ed esterne, per venire incontro alle «persone che più stanno a cuore a Gesù».
Nella casa di Calle Toledo, (Madrid)
Anche per il periodo che la Madre ha vissuto a Calle Toledo 143, tra il 1926 e il 1928,come per i precedenti, non è possibile presentare una storia organica e dettagliata, date le poche e frammentarie notizie che a tutt'oggi si hanno. Madre Aurora Samaniego, con i suoi «appunti» (1), resta certamente la fonte più preziosa per conoscere gli avvenimenti di questo periodo. Dagli appunti non si deduce la vita ordinaria di Madre Speranza nel Collegio di Calle Toledo; ma sono certamente utili per cogliere la svolta significativa che si concretizza nella Madre proprio in questi anni.
La casa di Calle Toledo 143 fu la prima fondazione delle Religiose di Maria Immacolata nella Capitale spagnola. Di proprietà della «Asociación Católica de Señoras de Madrid», fu molto bene attrezzata con il fine di accogliere bambine alle quali impartire, insieme all'istruzione, una solida educazione cristiana. Era pertanto una fondazione particolare, sostenuta dalla «Junta de Señoras». Il centro si chiamava "Colegio de Nuestra Señora del Carmen".
Il 15 maggio 1925, festa di San Isidro, patrono di Madrid, le prime sei suore presero possesso della casa. La comunità era formata dalla superiora, Madre Pilar Antín de San José, da poco eletta Segretaria generale; da Madre Rosario Parrilla de San Mateo, Madre Angeles Martínez de Santiago, Madre Guadalupe Girona de Sto. Tomás e Suor Isabella García de San Lucas. Nell'agosto del 1926, Madre Pilar Antín viene eletta quarta consigliera e segretaria generale e passa quindi a Vicálvaro, sede del Governo generale. Prende il posto di superiora Madre Ana Rué de S. Andrés che regge la casa fino al dicembre 1927. Nel settembre del 1926, la Madre viene trasferita da Vélez-Rubio a questa casa di Calle Toledo (2). Questo trasferimento della Madre in questa comunità fu dovuto a contrasti ed accuse.
I pregiudizi la accompagnano
Quando Madre Speranza giunse in questa nuova casa di Calle Toledo, alcune religiose della comunità, prevenute da quelle di Vélez-Rubio, furono per lei causa di molta sofferenza. La Signorina Mª Pilar de Arratia scrive:
«La comunità era molto prevenuta contro la Madre. Se si perdeva qualche cosa era ella che lo aveva rubato; con ciò si turbava molto la pace della casa; la costringevano giornate intere a ricercare quello che mancava. Era allora superiora di quella casa una religiosa esemplare, Madre Ana Rué de S. Andrés, e Dio permise che, dopo alcuni fatti particolari, potesse rendersi conto dell’innocenza della Madre» (3).
La stessa Madre così ricordava:
«In seguito si aprì un’altra casa per l’insegnamento a Madrid (4) e vi fui trasferita: disimpegnai l’incarico di economa e vicaria della casa. Ebbi una Superiora che sembrava fatta apposta perché mi santificassi; sono certa che se avessi sofferto tranquilla e con l’unico desiderio di santificarmi vi sarei riuscita senza alcun dubbio, però, a volte, mi mancava la pazienza» (5).
Cercando otri nuovi per un vino nuovo
La cosa più importante che emerge dagli «Appunti» di Madre Aurora Samaniego e dalle Cronache dell'Istituto è l'attività della Madre in questa casa. Oltre che economa e vicaria, era anche l'anima di un esperimento originale che le Claretiane stavano tentando: una forma nuova di assistenza alle bambine, nuova soprattutto in relazione a quanto le Costituzioni RMI potevano allora consentire e nuova anche perchè più aperta a ogni bisognoso, a chi non ha da mangiare, a chi è infermo ed è solo, ecc.
Questo esperimento era pilotato e proposto da Madre Speranza unitamente alla Madre Pilar Antín, con il consenso del Consiglio generale RMI e con l'incoraggiamento del Vescovo di Madrid, Mons. Leopoldo Eijo y Garay ma sembrava trovare l'opposizione della «Junta de Señoras».
La Madre, ripensando a questo periodo, dirà: «Il mio anelito sono stati sempre i poveri [...] ma questa casa era per bambine ricche ed era inutile che io dicessi che avremmo dovuto accogliere bambine povere perché la mia proposta non era accettata» (6).
Non è difficile, quindi, immaginare quanto deve essere costato alla Madre accettare le decisioni della «Junta de Señoras», che molto spesso non tenevano conto delle esigenze delle religiose e dei poveri.
La poca attenzione alle stesse religiose si deduce da una lettera che Madre Pilar Antín scrisse a Padre Felipe Maroto, cmf, il 13 dicembre 1928:
«Nel chiedere di aprire una porta nel nostro dormitorio, che facilitasse il passaggio della suora incaricata nelle nuove aule delle bambine senza che fosse minimamente danneggiata la sua salute, già precaria per una affezione cardiaca, la Signora Presidente Generale, disse che lei "per una malata non avrebbe aperto una porta" [...]. Veramente Padre, ci sono stati momenti in cui queste Signore si sono dimenticate non solo della dignità religiosa ma persino di quella cristiana» (7).
I poveri: un criterio di discernimento
Nel Natale 1927, avvenne un episodio che fu determinante nella decisione di lasciare il collegio di Calle Toledo. La Madre, spinta dalla sua passione per i poveri, chiese alla Superiora della casa di potere, in quel giorno di festa, dar da mangiare ai poveri che si fossero presentati. Questa per tutta risposta disse: «Ecco la ricca! Con tutto quello che lei ha portato, adesso vuole dar da mangiare. No!». Dopo molta insistenza, la Madre ottenne dalla Superiora di poter comperare qualcosa, con le sole 300 pesetas che aveva e con la proibizione assoluta di accedere alla dispensa. Il giorno di Natale si presentarono 400 poveri ed il Signore non risparmiò la sua generosità. La Madre li fece accomodare in una grande galleria della casa ma, all'arrivare una signora della «Junta», disse indignata:
.«"Si guardi bene dal portare un'altra volta tutta questa gente in casa; questo lo potrà fare quando la casa sarà sua". Molto appenata, andai dal Signore e Lui mi disse: "Esperanza, dove non possono entrare i poveri, non ci devi entrare neanche tu. E' bene che parta da questa casa". "Signore, dove devo andare?"» (8)
Soprattutto in questo avvenimento, impresso a fuoco nella sua memoria, il Signore le fa comprendere che i poveri, e le loro necessità, sono un criterio fondamentale per discernere la sua volontà.
Per i suddetti motivi, seppure con dispiacere e sofferenza, si vide necessario interrompere la collaborazione con la «Junta de Señoras», che pure ebbe il merito di dare un'educazione gratuita a più di dodicimila bambini e bambine in cinquantaquattro scuole e che, in Calle Toledo, organizzò il collegio in modo da poter accogliere fino a duecentosessanta bambine esterne (9).
Verso Calle del Pinar
Fin dall'annuncio, avuto in Calle Toledo, nel Natale del 1927, la Madre rimase aperta e disponibile per discernere quale fosse la volontà del Signore. Il 5 aprile 1928, annota nel suo diario (10):
«Aspetto con ansia che giunga il momento in cui Lui mi chieda il lavoro che, aiutata da Lui, desidera io faccia. Che sarà questo lavoro, Padre mio? Mi creda Padre, non desidero altro che far piacere al Buon Gesù e sottomettermi in tutto e per tutto alla sua Divina volontà. Chieda al Buon Gesù, Padre mio, di concedermi la grazia di non desiderare niente che Lui non desideri [...]» (11).
Anche Madre Pilar Antín, in data 13 dicembre 1928, scrive:
.«E' poco più o poco meno di un anno che Gesù ha chiesto a Madre Speranza una cosa piuttosto difficile: ella ha tardato a manifestarlo fino ad oggi. Ma, al prendere il Padre Antonio Naval (12) la direzione del suo spirito, è giunta l'ora designata da Dio e si è dato inizio all'opera voluta da Dio [...]» (13)
E lo stesso Padre Antonio Naval, in una lettera del 14 dicembre 1928, afferma: «Ci sono segnali molto chiari che la fondazione è opera di Dio» (14).
Con la sola fede nella Divina Provvidenza e nella promessa del Signore che, se Doña Angelina (15) non le apriva una porta, Lui le avrebbe aperto una casa, la Madre si lanciò con tutta se stessa per portare a compimento questa ispirazione (16).
La Congregazione delle RMI, a partire dai suoi Superiori maggiori e lo stesso Vescovo di Madrid, Mons. Eijo y Garay, approvarono sin dall'inizio, il sorgere della nuova opera di Calle del Pinar. Vi scorgevano, con ogni probabilità, una strada aperta e più libera da condizionamenti, a quel nuovo esperimento che la Congregazione delle RMI voleva perseguire. Infatti, è la Superiora generale, Madre Patrocinio Pérez de Sto Tomás, a dirigere una supplica al Santo Padre e ad inviare una richiesta ufficiale al Vescovo per la nuova fondazione (17).
Il Vescovo, raccolte le dovute informazioni (18), si disse certo che la nuova casa sarebbe stata molto utile «per il bene della Diocesi» e che avrebbe causato «buona impressione, per il fatto di dedicarsi all’istruzione di bambine povere» (19).
Di fatto, le suore lasciarono Calle Toledo il 29 dicembre 1928 (20) e presero possesso della casa di Calle del Pinar n. 7, lo stesso giorno (21).
Il mattino del sabato 23 febbraio 1929, alle 8,30, il Vescovo celebrò nella cappella di Calle del Pinar la prima Santa Messa, inaugurando ufficialmente la casa alla presenza di numerose personalità, delle religiose, delle bambine interne e di tantissima gente. Al collegio fu dato il nome di «Nostra Signora della Speranza» (22).
Lavorando per i poveri con cuore di madre
Dai documenti, non si conoscono, purtroppo, molti particolari circa la vita ordinaria che si svolgeva in questo collegio, di cui la Madre fu nominata «Procuradora» (23) e Madre Pilar Antín Superiora. Suor Inés, che faceva parte della comunità, dichiara:
«Eravamo nove suore ed avevamo trentacinque tra bambine e ragazze. Mentre Madre Speranza, aiutata da me, le assisteva, le altre suore facevano la cucina e attendevano al cucito e al ricamo».
Conosciamo un episodio accaduto con due ragazze che rivela come la Madre venisse incontro non solo ai loro bisogni materiali, ma anche alla povertà morale (24). Le due ragazze dovevano essere dimesse dal collegio per limite di età e si erano comportate molto male, al punto di dover far ricorso alla polizia. Una si ammalò e dovette essere ricoverata all'ospedale di San Carlos. Quando fu dimessa, seguitò ancora ad inveire ed accusare le suore. La Madre «[...] con un gesto tutto suo, la abbracciò dicendo: [...] "la mia più grande gioia sarebbe quella di poterla curare fino a che non si sia rimessa del tutto" [...]». Madre Aurora Samaniego, che riporta l'episodio, conclude dicendo:
«L'asilo è già in funzione con l'avvio del laboratorio dove si fanno dei preziosi lavori di ottima qualità. L'insegnamento guidato dalle Madri Letizia di Sant'Andrea ed Aurora è impartito regolarmente ed un gruppo di bambine seguono con Madre Aurora il corso di dattilografia, usando la macchina regalata a questo scopo dalle Signore de Blanco» (25).
La Provvidenza non mancava di elargire i suoi doni, sia attraverso generosi benefattori che aiutavano finanziariamente il collegio, sia attraverso forme straordinarie (26).
«I beni più cari a Gesù»... e a tutti noi
La Madre manterrà vivo questo amore verso i poveri tutta la vita. Per loro fonderà la Congregazione delle Ancelle e raccomanderà loro di non perdere mai la sensibilità misericordiosa, che si traduce in aiuto concreto:
«Non dimentichiamo, figlie mie, che i beni più cari a Gesù sono i poveri e che Lui ha creato le sue Ancelle affinché siano loro custodi, madri e serve; per questo dobbiamo sforzarci di trattali come Gesù desidera» (27).
Il segreto di questo amore preferenziale è una tenerezza materna imparata alla scuola stessa di Dio:
«Con i poveri siate madri, tenendo presente che il cuore di una madre si protende di preferenza verso il figlio più debole ed infelice; sono per lui le dimostrazioni del più autentico affetto e sollecitudine» (28).
Queste persone «che più stanno a cuore a Gesù» dovranno trovare, secondo la Madre, le porte delle nostre case e dei nostri cuori sempre aperte:
«Bussate poveri e sarete soccorsi, bussate afflitti e sarete consolati, bussate infermi e sarete assistiti, bussate orfani e nelle Ancelle dell'Amore Misericordioso troverete delle madri» (29).
Il suo amore appassionato per tutti i bisognosi, la sua tenacia, la sua ricerca di vie nuove per venire incontro alle loro necessità, sono uno specchio, un criterio d'azione e uno stimolo non solo per le Ancelle, per i Figli o per i Laici dell’Amore Misericordioso, ma per ogni cristiano.
Vedremo come questa scelta per i più bisognosi va di pari passo, nella Madre, con un'esperienza profonda della misericordia di Dio, che si esplicita nella collaborazione con il Padre Arintero e nella diffusione della spiritualità dell'Amore Misericordioso.
domande per la riflessione e il dialogo
Siamo davvero convinti che i poveri, di ogni classe e provenienza, sono anche oggi «le persone che più stanno a cuore a Gesù» e che, per questo, dovrebbero essere tali anche per noi?
Come traduciamo concretamente questa convinzione nelle nostre scelte personali, nei nostri progetti familiari, nei programmi delle nostre comunità parrocchiali o dei nostri gruppi?
Quali gesti, sia pure piccoli ma significativi, ci può esigere la celebrazione della Beatificazione della Madre, sempre nella linea dei più poveri?
Siamo convinti, come dice la Madre, che quanti soffrono attendono il nostro conforto, anzi aspettano che prendiamo su di noi le loro sofferenze e che la stessa cosa richiedono la carità e l'amore a Gesù? (cfr. El pan 5, 6).
"Quando incontrate una persona sotto il peso del dolore fisico o morale non tentate di offrirle un aiuto o un incoraggiamento senza prima averla guardata con amore" (El pan 5, 6): come guardo alle persone che mi vivono accanto? So rispondere ai loro bisogni senza umiliarli?
traccia per la riflessione personale e la condivisione
Ci siamo avvicinati ad un aspetto centrale che caratterizza la spiritualità della Madre e cioè la sua predilezione per i poveri, ai quali ella si sentiva chiamata a dedicare le sue attenzioni materne e persino la sua vita.
Questo momento di riflessione personale e di condivisione ci aiuti a verificare la concretezza del nostro amore e la povertà e la capacità di distaccarci da noi stessi per aiutare i fratelli più bisognosi, a partire dalle nostre famiglie.
Lettura dal Vangelo di Matteo 25, 31-46
« Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli piú piccoli, l'avete fatto a me. Poi dirà a quelli della sua sinistra: Via, lontano da me maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli piú piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».
Lettura dalla lettera di San Giacomo apostolo 2, 14-23
«Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa. Al contrario uno potrebbe dire: tu hai la fede ed io le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede. Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! Ma vuoi sapere , o insensato, come la fede senza le opere è senza valore? Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull'altare? Vedi che la fede cooperava con le opere di lui, e che per le opere quella fede divenne perfetta e si compì la scrittura che dice: E Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato a giustizia, e fu chiamato amico di Dio».
Papa Francesco, 22.9.2013. Incontro con i poveri e detenuti durante la Messa a Cagliari
«Grazie a tutti per essere qui, oggi. Nei vostri volti vedo fatica, ma vedo anche speranza. Sentitevi amati dal Signore, e anche da tante persone buone, che con le loro preghiere e con le loro opere aiutano ad alleviare le sofferenze del prossimo. Io mi sento a casa, qui. E anche spero che voi vi sentiate a casa in questa Cattedrale: come si dice in America Latina, "questa casa è la vostra casa", è la vostra casa.
Qui sentiamo in modo forte e concreto che siamo tutti fratelli. Qui l’unico Padre è il Padre nostro celeste, e l’unico Maestro è Gesù Cristo. Allora la prima cosa che volevo condividere con voi è proprio questa gioia di avere Gesù come Maestro, come modello di vita. Guardiamo a Lui! Questo ci dà tanta forza, tanta consolazione nelle nostre fragilità, nelle nostre miserie e nelle nostre difficoltà. Tutti noi abbiamo difficoltà, tutti. Tutti noi che siamo qui abbiamo difficoltà. Tutti noi che siamo qui – tutti – abbiamo miserie e tutti noi che siamo qui abbiamo fragilità. Nessuno qui è migliore dell’altro. Tutti siamo uguali davanti al Padre, tutti!
1. E guardando Gesù noi vediamo che Lui ha scelto la via dell’umiltà e del servizio. Anzi, Lui stesso in persona è questa via. Gesù non è stato indeciso, non è stato "qualunquista": ha fatto una scelta e l’ha portata avanti fino in fondo. Ha scelto di farsi uomo, e come uomo di farsi servo, fino alla morte di croce. Questa è la via dell’amore: non c’è un’altra. Perciò vediamo che la carità non è un semplice assistenzialismo, e meno un assistenzialismo per tranquillizzare le coscienze. No, quello non è amore, quello è negozio, quello è affare. L’amore è gratuito. La carità, l’amore è una scelta di vita, è un modo di essere, di vivere, è la via dell’umiltà e della solidarietà. Non c’è un’altra via per questo amore: essere umili e solidali. Questa parola, solidarietà, in questa cultura dello scarto – quello che non serve si butta fuori – per rimanere soltanto quelli che si sentono giusti, che si sentono puri, che si sentono puliti. Poveretti! Questa parola, solidarietà, rischia di essere cancellata dal dizionario, perché è una parola che dà fastidio, dà fastidio. Perché? Perché ti obbliga a guardare all’altro e darti all’altro con amore. E’ meglio cancellarla dal dizionario, perché da fastidio. E noi no, noi diciamo: questa è la via, l’umiltà e la solidarietà. Perché? L’abbiamo inventata noi preti? No! E’ di Gesù: Lui l’ha detto! E vogliamo andare per questa strada. L’umiltà di Cristo non è un moralismo, un sentimento. L’umiltà di Cristo è reale, è la scelta di essere piccolo, di stare con i piccoli, con gli esclusi, di stare fra noi, peccatori tutti. Attenzione, non è un’ideologia! E’ un modo di essere e di vivere che parte dall’amore, parte dal cuore di Dio.
Questa è la prima cosa, e mi piace tanto parlarne con voi. Guardiamo Gesù: Lui è la nostra gioia, ma anche la nostra forza, la nostra certezza, perché è la via sicura: umiltà, solidarietà, servizio. Non c’è un’altra via. Nella statua di Nostra Signora di Bonaria, Cristo appare tra le braccia di Maria. Lei, come buona madre, ce Lo indica, ci dice di avere fiducia in Lui.
2. Ma non basta guardare, bisogna seguire! E questo è il secondo aspetto. Gesù non è venuto nel mondo a fare una sfilata, per farsi vedere. Non è venuto per questo. Gesù è la via, e una via serve per camminare, per percorrerla. Allora io voglio anzitutto ringraziare il Signore per il vostro impegno nel seguirlo, anche nella fatica, nella sofferenza, tra le mura di un carcere. Continuiamo ad avere fiducia in Lui, donerà al vostro cuore speranza e gioia! Voglio ringraziarlo per tutti voi che vi dedicate generosamente, qui a Cagliari e in tutta la Sardegna, alle opere di misericordia. Desidero incoraggiarvi a continuare su questa strada, ad andare avanti insieme, cercando di conservare anzitutto la carità tra di voi. Questo è molto importante. Non possiamo seguire Gesù sulla via della carità se non ci vogliamo bene prima di tutto tra noi, se non ci sforziamo di collaborare, di comprenderci a vicenda e di perdonarci, riconoscendo ciascuno i propri limiti e i propri sbagli. Dobbiamo fare le opere di misericordia, ma con misericordia! Con il cuore lì. Le opere di carità con carità, con tenerezza, e sempre con umiltà! Sapete? A volte si trova anche l’arroganza nel servizio ai poveri! Sono sicuro che voi l’avete vista. Quell’arroganza nel servizio a quelli che hanno bisogno del nostro servizio. Alcuni si fanno belli, si riempiono la bocca con i poveri; alcuni strumentalizzano i poveri per interessi personali o del proprio gruppo. Lo so, questo è umano, ma non va bene! Non è di Gesù, questo. E dico di più: questo è peccato! E’ peccato grave, perché è usare i bisognosi, quelli che hanno bisogno, che sono la carne di Gesù, per la mia vanità. Uso Gesù per la mia vanità, e questo è peccato grave! Sarebbe meglio che queste persone rimanessero a casa!
Dunque: seguire Gesù sulla via della carità, andare con Lui alle periferie esistenziali. «La carità di Gesù è un’urgenza!», diceva Paolo (cfr 2 Cor 5,14). Per il buon Pastore ciò che è lontano, periferico, ciò che è sperduto e disprezzato è oggetto di una cura maggiore, e la Chiesa non può che far sua questa predilezione e questa attenzione. Nella Chiesa, i primi sono quelli che hanno più necessità, umana, spirituale, materiale, più necessità.
3. E seguendo Cristo sulla via della carità, noi seminiamo speranza. Seminare speranza: questa è la terza convinzione che mi piace condividere con voi. La società italiana oggi ha molto bisogno di speranza, e la Sardegna in modo particolare. Chi ha responsabilità politiche e civili ha il proprio compito, che come cittadini bisogna sostenere in modo attivo. Alcuni membri della comunità cristiana sono chiamati ad impegnarsi in questo campo della politica, che è una forma alta di carità, come diceva Paolo VI. Ma come Chiesa abbiamo tutti una responsabilità forte che è quella di seminare la speranza con opere di solidarietà, sempre cercando di collaborare nel modo migliore con le pubbliche istituzioni, nel rispetto delle rispettive competenze. La Caritas è espressione della comunità, e la forza della comunità cristiana è far crescere la società dall’interno, come il lievito. Penso alle vostre iniziative con i detenuti nelle carceri, penso al volontariato di tante associazioni, alla solidarietà con le famiglie che soffrono di più a causa della mancanza di lavoro. In questo vi dico: coraggio! Non lasciatevi rubare la speranza e andate avanti! Che non ve la rubino! Al contrario: seminare speranza! Grazie, cari amici! Vi benedico tutti, insieme con le vostre famiglie. E grazie a tutti voi!».
Lettura di nostra Madre:
da El pan 5, 70-72
«Figlie mie, mi diceva una di voi che lei non sa come fare per amare il prossimo come se stessa, cosa che lei vede difficile. Io, figlie mie, non lo vedo tanto così, infatti credo che per riuscire in questo occorre solo amare Gesù dal momento che si sa che colui che ama un altro senza sforzo, ama nello stesso tempo coloro che ama il suo Amato; siccome Gesù ama svisceratamente gli uomini, è logico, figlie mie, che l'amante di Gesù ami anche il prossimo intensamente amato da Lui. Chiediamo a Gesù, figlie mie, che nei nostri cuori arda il fuoco divino della reciproca carità, quella che non bada a sacrifici, anche a costo della propria vita e che desidera portare sollievo ai propri fratelli. Abituiamoci a fare al nostro prossimo ciò che vorremmo facessero a noi. Sappiamo già, figlie mie, che il nostro prossimo sono tutti coloro che gioiscono o possono gioire della beatitudine eterna, comprese le povere anime del Purgatorio, i giusti, ossia, tutti coloro che possono salvarsi; tutti dobbiamo amare con carità, facendo loro ciò che desideriamo che gli altri facciano con noi».
Dalla Costituzioni art. 17
«Noi Ancelle dell'Amore Misericordioso dobbiamo essere, davanti agli uomini, segno di bontà e di grazia, riflesso dell'amore crocifisso e risorto. "Figlie mie, Gesù ha scelto le sue Ancelle perché in nome suo vadano a praticare la sua misericordia verso i poveri".
Pienamente convinte che i più bisognosi sono "i beni più cari a Gesù", ci impegniamo ad aver cura di chiunque viene a chiederci aiuto, pace e conforto. "Siate madri dei poveri ricordando che il cuore della mamma con facilità propende per il figlio più incapace e sventurato; sono per lui, di solito, le espressioni del più vero affetto e premura".
In un autentico clima di famiglia dobbiamo identificarci con i poveri, sentendoci corresponsabili del male che essi potrebbero fare qualora non mettessimo in opera ciò che la capacità creativa dell'amore deve suggerirci.
Ogni forma di povertà - materiale, morale e spirituale - deve trovarci sensibili e pronte ad intervenire affinché ogni uomo recuperi la sua dignità di figlio di Dio, libero e responsabile per accogliere il suo Amore.
Questo è il modo con cui esprimiamo nelle nostre opere le predilezioni di Dio Amore Misericordioso».
Preghiera della Madre:
«Fa, Gesù mio, che la carità dei figlie e delle figlie sia sempre misericordiosa verso i più bisognosi e che mai si tirino indietro di fronte al sacrificio e ai difetti dei poveri e che, con la preghiera ed il buon esempio, giungano a fare tanto bene alle anime» (Circ. 30.1.1959 El pan 20, 631).
Recita del Magnificat
(1) Madre Aurora Samaniego, da quando conobbe la Madre nel 1926 e fino all'anno 1938, oltre i diari delle varie case scrisse anche alcuni «Appunti» personali nei quali annotò fatti e sentimenti molto importanti della vita della Madre; questi «Appunti» sono noti con il nome di «Tres libretas» perchè scritti in tre quadernetti.
(2) Cf. Alvarez Gómez J. cmf, Historia de las RR. de María Inmaculada Misioneras Claretianas, 1980, p. 1071; cepeda f.a., La Sierva de Dios M. Mª Antonia París, Madrid 1928, pp. 319.
(3) Cf. Relazione di Mª Pilar de Arratia al Santo Officio, Mons. A. Ottaviani, 18.12.1939.
(4) E' da notare che questa fu una familiare conversazione tenuta dalla Madre mentre era con le figlie e i figli.
(5) Exhortación della Madre, 16.8.1966, doc. 1469.
(6) Ibid.
(7) Lettera di madre Pilar Antín a Padre Felipe Maroto, 13.12.1928.
(8) Ibid.
(9) Cf. Alvarez Gómez J. cmf, Historia de las RR. de María Inmaculada Misioneras Claretianas, 1980, p. 1071.
(10) La Madre iniziò a scrivere tale diario per obbedienza al suo direttore spirituale, Padre Antonio Naval cmf.
(11) Diario, 5.4.1928.
(12) Non si conosce con esattezza la data in cui Padre Naval prese la direzione della Madre. Dai documenti è possibile affermare che questo deve essere avvenuto dopo l'agosto 1926, data in cui fu eletta superiora generale Madre Patrocinio, autrice della richiesta (cf. lettera di Madre Patrocinio Pérez de Sto. Tomás rmi, a Padre felipe Maroto cmf, 13.12.1928), e prima dell'ottobre 1927, data in cui si trova la prima nota di diario della Madre che cita: «Relación escrita por sólo la obediencia prometida a mi padre espiritual P. Antonio Naval...» (Diario, 30.10.1927).
(13) Lettera di Madre Pilar Antín de San José rmi, a Padre Felipe Maroto cmf, 13.12.1928.
(14) Lettera di Padre Antonio Naval cmf, a Padre Felipe Maroto cmf, 14.12.1928.
(15) Era Presidente delle Scuole Cattoliche (cf. Lettera di Madre Pilar Antín de San José rmi, a Padre Felipe Maroto cmf, 13.12.1928.).
(16) Cf. Lettera di Madre Pilar Antín de San José rmi, a Padre Felipe Maroto cmf, 13.12.1928.
(17) Cf. lettera del Nunzio di Spagna, Federico Tedeschini a Mons. Eijo y Garay, Vescovo di Madrid, 28.12.1928; lettera di Madre Patrocinio Pérez de Sto. Tomás rmi a Mons. Eijo y Garay, Vescovo di Madrid, 7.1.1929.
(18) Cf. lettera del Parroco di N. S. del Pilar al Señor Secretario de Cámara y Gobierno del obispado de Madrid-Alcalá, De Arriba Benjamín, 12.1.1929.
(19) Cf. lettera di Mons. Eijo y Garay, Vescovo di Madrid, al Nunzio Federico Tedeschini, 2.2.1929.
(20) Cf. «Diario Historia del Asilo de Ntra Sra de la Esperanza, Pinar n. 7...», 29.12.1928.
(21) Cf. «Diario Historia del Asilo de Ntra Sra de la Esperanza, Pinar n. 7...», 29.12.1928; 30.12.1928; lettera del Governo Generale delle RMI a Mons. Eijo y Garay, Vescovo di Madrid, 7.1.1929.
(22) Cf. «Diario Historia del Asilo de Ntra Sra de la Esperanza, Pinar n. 7...», 23.2.1929; lettera di Madre Pilar Antín de San José rmi, a Padre Felipe Maroto, 26.2.1929.
(23) Cf. Domanda di Esclaustrazione della Madre a Sua Santità Pio XI, 21.7.1930.
(24) Madre Aurora Samaniego attesta questo episodio in data 27 maggio 1929.
(25) «Diario Historia del Asilo de Ntra Sra de la Esperanza, Pinar n. 7...», 27.5.1929.
(26) Cf. lettera di Padre Postíus a Padre Maroto, 3.5.1930, con la quale gli trasmette le informazioni avute dalla Madre Nieves, destinata dal Governo generale RMI a Calle del Pinar con lo scopo di controllare e verificare ciò che avveniva nella Comunità. Cf. anche lettera del Padre Francisco Naval a Padre Maroto, 9.7.1930.
(27) El pan 20, 16
(28) Circolare, 31.8.1941. El pan 20, 202
(29) Circolare, 6.7.1941. El pan 20, 180