Omelia di Mons. Russotto
Vescovo della Diocesi di Caltanisetta
Innanzitutto un saluto a tutti voi e colgo due aspetti guardandovi in faccia da questa distanza: un cuore pieno di gioia per il grande evento che oggi avete vissuto e celebrato, l’incontro con il successore di Pietro, ma anche un corpo pieno di stanchezza, per cui io cercherò di alleviare la vostra sofferenza non parlando a lungo. Ma qualcosa devo pur dire, perché sono qui in mezzo a voi, e lo sono con tanta gioia, non solo perché cinque sacerdoti della mia Diocesi, con mia grande gioia, mia grande benedizione, aderiscono alla grande Famiglia dell’Amore Misericordioso, ma anche per i rapporti di affetto, di amicizia, di stima e di condivisione che mi legano a voi e in modo particolare a Padre Domenico ed a Madre Mediatrice. Quindi accetto con gioia, già da ora, l’invito per l’anno prossimo. Avete fatto bene a dirlo adesso perché novembre è già pieno di impegni a motivo della visita pastorale.
Voi, oggi, date inizio a questo Convegno per il XXV della "Dives in Misericordia". Guardate che è molto significativo che il Santo Padre, di santa memoria, Giovanni Paolo II, appena due anni dopo la Sua elezione a Sommo Pontefice, abbia voluto regalare alla Chiesa Universale questo prezioso documento su Dio ricco di Misericordia, volendo chiarire anche il significato della parola "misericordia", parola logora, usata e spesso abusata, dice il Papa in quel documento, e lo fa percorrendo un po’ l'icona del Padre nella parabola così detta del "Figliol prodigo". E percorre tutto il capitolo 15 del Vangelo di Luca per presentare la ricchezza di misericordia che prorompe dal Cuore di Dio. Già nell’Antico Testamento tale ricchezza di misericordia identifica Dio quando Mosè, volendo vedere il volto di Dio, che non gli è concesso, sente al passaggio di Dio la proclamazione dell’essenza di Dio, del nome di Dio: "Il Signore, il Signore ricco di grazia e di misericordia". Misericordia è l’amore stesso di Dio nel cuore delle miserie umane. Ed io vorrei soffermarmi su cinque aspetti della misericordia, proprio alla luce del capitolo 15 del Vangelo di Luca che il Papa ripercorre nella «Dives in Misericordia».
Ci sono tre parabole, la parabola della Pecorella smarrita, la parabola della dracma perduta, la parabola del Padre e dei due figli. In queste tre parabole vengono evidenziati cinque aspetti della misericordia che vorrei brevemente condividere con voi.
Che cosa è la Misericordia? I cinque aspetti della misericordia
1. Innanzitutto è amore che cerca; ecco il primo aspetto che viene presentato, anche nella «Dives in Misericordia», amore che cerca.
Nella parabola della Pecorella smarrita e della dracma perduta, a questa perdita, a questo smarrimento fa seguito immediatamente la ricerca. Il pastore lascia le novantanove pecore e va in cerca di quella perduta. La donna spazza la casa alla ricerca della dracma perduta. La misericordia è amore che si fa ricerca, dunque è amore dinamico, è la dinamicità dell’amore. Non è amore che sta seduto, è amore che si sposta, è amore che ci spinge a fare il primo passo, è amore che ci pone nell’inquietudine di voler cercare il fratello, la sorella che si sono allontanati, che si sono persi, perché il nostro cuore è inquieto finché non ci siamo fatti carico di quel fratello, di quella sorella, finché non l’abbiamo accolto nell’abbraccio avvolgente della tenerezza di Dio. Allora la misericordia è amore che ci butta fuori da noi stessi, che ci pone in un esodo da noi, un "exodus", un cammino che non ci allontana da noi stessi ma ci restituisce a noi come cercatori perché donatori di amore, come Dio che ha vissuto l’esodo da sempre. "Sei venuto a cercarci, o Signore, quando noi non Ti cercavamo, e sei venuto a cercarci affinché noi ti cercassimo": così S. Agostino parla di Cristo Gesù come icona della misericordia di Dio, ed allora siamo chiamati a vivere la misericordia come amore che si fa ricerca.
2. Secondo aspetto: la misericordia è amore che si fa gioia, perché quando il pastore raggiunge la pecora smarrita, tutto contento se la mette sulle spalle. Nel Vangelo di Luca è certo che il pastore trova la pecora, mentre nel Vangelo di Matteo si dice "se la trova". Luca dice: "trovatala se la pone tutto contento sulle spalle", perché l’amore che si fa ricerca certamente raggiunge l’obiettivo, perché questo uscir fuori da noi stessi solo per amore di Dio, solo per effondere la misericordia attorno a noi, certamente raggiunge il cuore del fratello che si è allontanato, e allora l’amore si fa misericordia perché si fa esaltazione di gioia.
Nella Visita Pastorale che sto conducendo nella mia Diocesi, in una Parrocchia il parroco mi ha detto, mentre visitavamo gli ammalati: «Eccellenza, c’è un ammalato di cancro, ormai alla fase terminale, è un grande miscredente, non è mai venuto in Chiesa e non vuole mandare neanche i suoi figlioli, io sono afflitto, perché non so come avvicinarmi, mi faccia la grazia di andare a casa sua, e mi prepari la strada». Dico: «Volentieri, andiamoci insieme». Abbiamo pregato e poi siamo andati a casa di quest’uomo. Quando mi ha visto io l’ho abbracciato e lui si è messo a piangere sulla mia spalla. Dopo un poco mi ha guardato e ha detto così: «Tanti anni sono stato lontano da Dio e ho fatto di tutto per allontanarmi da Dio, ma adesso che il Signore è venuto a cercarmi in casa mia, non posso più stare lontano. Eccellenza, mi può confessare ?». E’ stato bellissimo, e il giorno dopo il parroco è andato a portare l’Eucarestia.
La gioia mia, ma soprattutto la gioia del parroco era enorme, lui pieno di lacrime, non sapevamo come ringraziare il Signore.
Io ho detto: potrei finire adesso di fare il Vescovo, potrei morire adesso perché ho raggiunto una gioia infinita. Siamo andati alla ricerca di una pecora smarrita e la misericordia ha invaso i nostri cuori con un fiume di gioia. Ecco allora la misericordia che si fa gioia, si gioisce non perché tu sei appagato di qualche cosa, ma perché la misericordia ha ferito il cuore del fratello e lo ha ricondotto a Dio.
3. Terzo aspetto: la misericordia è amore che si fa condivisione. Il pastore e la donna che ritrovano ciò che avevano perduto non possono fare a meno di condividere con gli amici, con le amiche, la loro gioia. E' incontenibile la gioia della misericordia, si deve condividere, come il padre che al ritorno del figlio sente di dover condividere quella gioia, di fare festa: è la festa della tenerezza, è la festa dell’amore traboccante di Dio che si deve condividere, perché l’amore non si può contenere, si fa condivisione, allarga il cuore. Amore è la Misericordia come tavola imbandita, dove c’è sempre un posto per l’altro.
4. Quarto aspetto: la misericordia è amore che si fa accoglienza. Il Padre aspetta il figlio e quando lo vede da lontano gli va incontro e lo accoglie. Il figlio aveva preparato un lungo discorso, ed il Padre gliene fa dire solo la metà: «Ho peccato contro il Cielo e contro di te ecc., non sono degno di essere chiamato tuo figlio...», ed il padre non lo fa continuare. Non gli fa dire: «trattami come uno dei tuoi servi», perché per il padre quello è sempre suo figlio, ed allora l’amore si fa misericordia nel momento in cui accoglie, allarga le braccia in questo coinvolgimento benedicente che ti restituisce dignità, che ti tratta sempre da figlio.
Vedete cari amici, il nostro mondo soffre l’orfanità del Padre, siamo orfani di padri, mancano padri e per questo si fatica a capire la Misericordia di Dio.
Ma voi pensate che questo figlio prodigo si sia convertito? Io dico di no, non si è convertito. Così come non si converte il figlio maggiore che protesta, che non vuole entrare. Tutti e due i figli hanno un’idea sbagliata del padre, lo considerano un padrone. Il figlio prodigo torna, non perché ha capito l’amore del padre, ma perché ha fame e conosce la generosità del padre e torna pensando al padre come a un padrone: «Trattami come uno dei tuoi servi». Non ha capito nulla del padre. Il figlio maggiore dice: «...come! per tanti anni ti ho servito...». Non ha capito nulla del padre. Allora, vedete, l’amore che si fa accoglienza nella misericordia, è amore che non aspetta di essere compreso, è amore che si espone al fraintendimento, è amore che si espone al rifiuto ed è amore accogliente, perché sa aspettare: può darsi che, piano piano, questo figlio più piccolo comprenda il cuore del padre, cioè la misericordia del padre; può darsi che il figlio maggiore si decida ad entrare e comprenda la tenerezza del padre, che è amore che si dà senza nulla attendere, è amore che si dà pur nel fraintendimento e pur nel rifiuto. Il padre abbraccia l’uno e l’altro figlio, vive questo esodo da sé in un avvento benedicente dei due figli, perché a lui sta più a cuore la salvezza dei figli che il far capire loro il suo amore, per questo ci sarà tempo.
5. Allora la misericordia è amore che si dà, ecco l’ultimo aspetto, amore che si dà gratuitamente, totalmente, senza nulla attendere, neanche che l’altro comprenda la tua tenerezza, neanche che l’altro accolga il tuo sforzo d’amore, il tuo essere uscito di casa, l’esserti esposto e l’aver rischiato per lui.
E’ amore che si dà e nulla attende, solo abbraccia, cerca, gioisce e condivide: chissà col tempo, forse i due figli capiranno. Allora, miei cari amici, che cosa è la misericordia se non la medicina essenziale di cui abbiamo bisogno, perché la misericordia ci fa attingere l’amore dal cuore stesso di Dio, e voi come Figli dell’Amore Misericordioso che cosa dovete testimoniare nella nostra Chiesa se non l’essenza di Dio, se non richiamare la Chiesa alla Sua Sorgente?
Vi confido che alle volte mi trovo a disagio nelle riunioni dei Vescovi, mi sento un poco come un pesce fuor d’acqua: tante discussioni, tante cose e vedo che corriamo il rischio, noi Vescovi, di perderci in un oceano di carte e di burocrazia e di perdere di vista l’essenziale, il cuore di Dio. Allora come Figli dell’Amore Misericordioso, richiamateci all’essenza dell’Amore, richiamateci alle Sorgenti stesse della Chiesa, fatevi abbraccio benedicente, fatevi tenerezza che cerca, fatevi amore che condivide, che gioisce, che accoglie, fatevi misericordia che si da, ed ha raggiunto la sua pienezza solo nel darsi senza nulla attendere: è questo il cristianesimo.
Allora, vorrei concludere con una bella ed amara espressione che Soren Kierkegaard ha scritto nel suo Diario: "Il cristianesimo è la medicina radicale della misericordia di Dio per l’uomo, peccato che noi ne abbiamo fatto semplicemente una medicina per il raffreddore".