Mons. Giovanni Scanavino
Eucaristia di ringraziamento per il LXXV di fondazione delle EAM

Collevalenza 19 novembre 2005

All’inizio dell’Eucaristia

Oggi, intorno all’altare del Signore, Festa di Cristo Re, celebriamo i 75 anni della Fondazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso. Noi a settantacinque anni andiamo in pensione, voi, invece, sorelle carissime, dovete riprendere decisamente e, questa sera, ci uniamo a tutte voi per pregare e chiedere al Signore nuovo entusiasmo nello spirito, perché non manchino mai sorelle e madri che ci svelino la delicatezza di Dio, la Sua tenerezza, e le sfumature importanti del Suo amore.

Finché siamo pellegrini su questa terra, ogni festa è sempre venata di dolore. Volevo chiedervi questa sera a quanti siete qui, di pregare per una famiglia di Todi che sicuramente piange per la morte tragica del figlio che a quindici anni si è tolto la vita; capite che tragedia per la famiglia, in particolare per i genitori. Vogliamo chiedere al Signore che accolga tutte le nostre istanze e vogliamo pregare anche per questo ragazzo e per questa famiglia.

Chiediamo umilmente perdono al Signore dei nostri peccati che stanno sempre alla base di ogni tristezza.

Omelia

Oggi, come dicevo all’ inizio, è la festa di Cristo Re; il nostro Re che ha regnato dalla Croce mostrandoci che il Suo Regno è soprattutto un regno d’amore. Eppure non riusciamo, ancora, a cogliere questo dato fondamentale della nostra vita cristiana. E’ così difficile credere totalmente nell’amore, è così difficile convincerci che la nostra avventura vincente sta proprio in questo dono d’amore. Ci lasciamo sempre condizionare dalla mentalità di questo mondo che ha alla base il tarlo tremendo della superbia, per cui è più importante emergere, è più importante essere considerati e quindi fare tutto quello che possiamo per essere riconosciuti, ammirati, più ancora della consapevolezza che quello che conta davanti al Signore è proprio saper amare fino in fondo perché, alla fine, il Re ci giudicherà nel Suo Regno proprio su questo amore fondamentale.

Non siamo ancora riusciti a creare questa convinzione forte, almeno nella cultura di questo nostro tempo. Forse in altri periodi della storia è emersa questa necessità, è emerso il valore assoluto dell’amore. Non possiamo certamente dire che questa sia la caratteristica fondamentale della mentalità del nostro tempo e neppure del nostro essere cristiani, oggi. Abbiamo veramente bisogno che qualcuno ci aiuti, ci accompagni, ci faccia vedere con la sua esperienza che cos’è che conta nella vita, che cos’è che ci fa vincere, che cos’è che ci fa "guadagnare" la vita ogni giorno in vista di quel momento decisivo in cui Lui ci chiamerà, ci esaminerà e ci giudicherà proprio su questo valore assoluto.

In un discorso ai suoi fedeli Sant’Agostino forza il ragionamento, naturalmente in maniera retorica, e dice: "Ma non sono dieci i Comandamenti, non dovremmo essere esaminati sui dieci Comandamenti? Eppure ci ha detto che ci giudicherà su un punto solo, su come siamo riusciti ad amare".

Ma qual’è la religione così sapiente come quella cristiana, che ti pone già davanti, fin da bambino, la materia di esame della tua maturità? Sappiamo che alla fine saremo giudicati su una materia sola, su come siamo riusciti ad amare i nostri fratelli, se li abbiamo accolti come avremmo accolto Gesù.

Non è ancora questa la mentalità, non è ancora questa la sicurezza del cristiano oggi, e soprattutto non è ancora questo lo spirito che riusciamo a portare nel mondo.

Faccio un esempio molto semplice: proprio ieri abbiamo terminato la riunione di tutti i Vescovi italiani ad Assisi. In questa Assemblea Generale, importante perché è una verifica del nostro lavoro, delle nostre responsabilità, abbiamo trattato due punti, due temi particolari: uno che riguarda i nostri Seminari e quindi il futuro di questa nostra Chiesa, e l’altro tema il problema della salute, della malattia, della sanità.

E si è riflettuto sul perché mai nella nostra esperienza ecclesiale, non siamo ancora riusciti a considerare il problema della salute, il problema della malattia, della sofferenza come il tema centrale della nostra vita. Eppure questo tema fa parte di questo Vangelo, fa parte di questo giudizio di Dio. Ero malato e siete venuti a trovarmi, a darmi una mano, a sollevarmi, a farmi capire che sono una presenza importante nella Chiesa, perché rappresento Cristo. Ecco, dopo questa riflessione, abbiamo dovuto ammettere la nostra povertà, il nostro limite.

Come Chiesa abbiamo bisogno di riscoprire il tema della malattia e della sofferenza e non solo perché domani saremo giudicati su questo, ma perché questo è il significato: questa umanità nella quale Cristo si è espresso è il tema principale di tutta la nostra vita, di tutta la Chiesa. Allora, capite che dobbiamo, veramente, pregare con forza lo Spirito Santo che aiuti le nostre consorelle ad essere forti, ad essere più numerose perché siano un po’ come la compagnia che ci guida nell’evangelizzazione di questo valore fondamentale della vita cristiana.

Abbiamo bisogno di testimonianze vive, forti, di altrettante mamme, mamme secondo il Cuore di Dio, questo Dio che ci ha amato con tutte le Sue capacità, questo Dio che ha cercato di manifestarci tutto il Suo Amore donandoci tutto sé stesso. Questo è proprio il ritmo della vita cristiana, cioè donare la vita, e tutte le nostre celebrazioni sono, appunto, le espressioni di questo dono di vita, perché questa è la caratteristica, questa è l’identità della nostra fede, proprio perché Lui è Amore. Lui ci ha amato per primo. Lui ci ha dato tutto e continua a darci tutto perché possiamo comprendere che dobbiamo lasciarci conquistare e prendere totalmente da questo Suo Amore, ed impariamo a riversare questo amore, soprattutto nei nostri fratelli che Lo rappresentano in maniera diretta, visibile, concreta.

Non ringrazieremo mai abbastanza il Signore per averci manifestato questa identità della nostra fede, questa possibilità di seguirlo proprio nell’aspetto più caratteristico del suo dono per noi, ed ora in questa celebrazione chiediamoGlielo, proprio come una grazia.

«Signore, siamo nel Santuario dell’Amore Misericordioso ed allora vogliamo che Tu ci aiuti, ci accompagni, ci guidi sempre con la testimonianza di queste sorelle che Madre Speranza ha voluto impiantare qui, ed ha voluto che questo fosse il luogo dove questa esperienza fosse perpetuata nel tempo a nostro vantaggio, perché chiunque viene qui, possa subito capire cosa significa essere cristiani, cosa dobbiamo fare per essere cristiani e come dobbiamo guardare lontano, a questo momento di incontro con Te, nel quale ci dirai: "Vieni, servo buono e fedele, perché mi hai voluto bene ogni volta che hai amato il più piccolo, il più insignificante – insignificante, si capisce, per noi non per Te - ogni volta che hai dato tutto il tuo amore per coloro che avevano bisogno di questo amore"».

Noi dobbiamo essere una forza e una spinta in questo mondo per aiutare il mondo stesso a capire che soltanto questo Amore riesce a costruire il vero regno, la vera civiltà dell’Amore.

Chiediamo l’intercessione di Madre Speranza, chiediamo l’intercessione di tante sorelle che già ci hanno lasciato ed hanno aperto questa strada, chiediamo la loro intercessione, la preghiera per tutta la Comunità delle nostre Consorelle, per tutta la Comunità di questo Santuario, perché ogni volta che veniamo qui, possiamo percepire lo spessore dell’Amore di Dio e possiamo ricordarci l’impegno che il Signore ci affida, e tornare a casa con il coraggio e con la forza di credere che è così che si vive, che è così che si vince, che è così che si dà vero significato a tutta la nostra vita.