PROLUSIONE
S. Em.za Rev.ma Cardinale José Saraiva Martins
Prefetto della Congregazione delle cause dei SantiSono molto lieto di introdurre i lavori del Convegno sulla prima Enciclica di Sua Santità Benedetto XVI "Deus Caritas est", per il quale vi siete radunati, e ringrazio dell’invito rivoltomi, anche per la felice occasione che mi da di ritornare qui a Collevalenza, in questo luogo consacrato all’Amore Misericordioso, dove, non solo si viene volentieri, ma soprattutto si riparte rinfrancati e confermati nel nostro affidarci a Cristo e all’essenza del suo Vangelo.
La mia introduzione consiste in una breve comparazione tra l’Enciclica di Benedetto XVI Deus Caritas est e il messaggio dell’Amore Misericordioso.
A questo proposito va rilevata, anzitutto, una continuità ideale tra la prima Enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est e la seconda Enciclica di Giovanni Paolo II Dives in misericordia. Entrambe le Encicliche hanno per oggetto l’essere e l’agire di Dio che è amore e misericordia: amore nel suo essere (Deus caritas est) e amore nel suo operare (Dio, verso di noi, è dives in misericordia) perché come afferma S. Tommaso d’Aquino, "amor est effusivum sui Ipsius".
L’Enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est è una vera esplosione di gioia per la sublimità dell’amore di Dio verso l’umanità, sua creatura prediletta e verso la Chiesa. È un moderno Cantico dei Cantici che, pur erompendo dalla poesia dell’esperienza vissuta dell’Amore di Dio, si fa prosa meditata, insegnamento motivato ed articolato.
Ma andiamo più da vicino sull’argomento che, in seguito, verrà approfondito da questo convegno.
In particolare la DCE di Benedetto XVI tocca i due aspetti su accennati:
a) Tratta nella prima parte l’essere di Dio quale ci risulta dalla sua stessa Rivelazione. L’analisi del Papa parte ab experientia humana, analizzando lo stesso linguaggio sull’amore, in particolare la differenza e unità tra "eros e agape" le molteplici interpretazioni e anche travisamenti della sua vera natura, per arrivare alla verità piena sull’amore offertaci dalla fede biblica. Si propone di dimostrare, come recita il titolo della prima parte "L’UNITÁ DELL’AMORE NELLA CREAZIONE E NELLA STORIA DELLA SALVEZZA", facendo emergere la fondamentale positività del messaggio biblico sull’amore, che non distrugge l’eros ma aiuta a purificarlo dalla sua tendenza egoistica e autodistruttiva, frutto del peccato, per farlo maturare verso la sua "vera grandezza" (cf DCE, nn. 2 – II). È in Cristo che noi contempliamo, in modo sommo, l’amore incarnato di Dio (cf nn. 12 – 15).
Da questa visione chiara della Parola di Dio sull’essere dell’amore e di Dio stesso, scaturisce la dimensione operativa e consequenziale: amore di Dio e amore del prossimo sono indissolubilmente uniti, e questo è "il comandamento" di Dio per noi, in cui si riassume "tutta le legge e i profeti", una volontà d’amore (cf DCE nn. 16 – 18).
b) La seconda parte dell’Enciclica, come recita il titolo, si occupa appunto de "L’ESERCIZIO DELL’AMORE DA PARTE DELLA CHIESA QUALE «COMUNITÁ D’AMORE»". Questa è la CARITAS della Chiesa. Dalla Caritas di Dio, quindi, alla Caritas della Chiesa. L’analisi della carità della Chiesa, parte dal suo fondamento Trinitario (cf n. 19), ne evidenzia la natura di compito ineludibile per la testimonianza ecclesiale come si evince dal mandato evangelico e da tutta la storia della Chiesa stessa (cf nn. 20 – 25), analizza il delicato tema del rapporto tra giustizia e carità (cf nn. 26 – 29) e si sofferma sull’organizzazione concreta, il profilo specifico e i responsabili che la Chiesa mette in gioco per svolgere questo servizio di carità in un mondo complesso come il nostro (cf nn. 30 – 39). Nella conclusione siamo invitati a volgere lo sguardo verso la testimonianza dei santi, ed in particolare della Vergine Maria, modelli luminosissimi di vera carità e della fonte a cui attingerla (cf nn. 40 – 42).
La DCE e il carisma di M. Speranza
A questo punto è quanto mai opportuno constatare che il messaggio dell’Amore Misericordioso che M. Speranza ha lasciato in questo Santuario di Collevalenza e nella sua Famiglia religiosa, si inserisce nella scia della testimonianza luminosa dei santi con cui il Papa Benedetto XVI conclude la sua Enciclica.
Più in dettaglio, riguardo all’essenza della natura di Dio, M. Speranza era solita dire e lo ripete con molta insistenza nei suoi scritti che Dio è «un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; e che li segue e li cerca con amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro»1. È un Padre «che non tiene in conto, perdona e dimentica... un Padre, non un giudice severo!... un Padre che attende il figlio prodigo per abbracciarlo»2. «Egli raddoppia il suo amore nella misura in cui l’uomo diventa più miserabile»3.
Parole sublimi, profonde sia da un punto di vista teologico, sia da un punto di vista spirituale.
Questo amore superiore a ogni logica umana, instancabile e perennemente fedele di fronte alle ripetute infedeltà dei suoi figli, si è manifestato pienamente in Gesù che è la misericordia incarnata, fattasi tempo e storia: «Io paragono l’amore di Gesù al cuore umano. Questo spinge il sangue fin nelle estremità del corpo, distribuendo la vita anche alle membra più umili. Nello stesso modo agiscono le pulsazioni dell’Amore Misericordioso. Il cuore di Gesù batte con immenso amore per tutti gli uomini»4.
Così lo Spirito Santo, che è Amore di Dio, è percepito come «fuoco che accende, illumina, purifica e trasforma in sé tutto ciò che Egli tocca»5.
A sua volta, Maria è vista da M. Speranza, come Mediatrice, nello stesso atteggiamento del Figlio «con le braccia aperte, implorando misericordia e compassione per i poveri bisognosi»6.
Guardando poi la storia umana, il carisma di M. Speranza ce la fa interpretare come un incontro continuo e amorevole tra la miseria dell’uomo e la misericordia di Dio, la quale alla fine trionfa sul male e sul peccato (cf Rom 5,20). È all’interno di questo incontro che si colloca la percezione del compito di carità, come comandamento nuovo e testamento di Gesù per noi: «La carità! – dice M. Speranza – Che precetto sublime, figli miei! Esso è sgorgato dal cuore del nostro buon Gesù: "Amatevi gli uni gli altri, questo è il mio comandamento". Come vorrei vedere scolpito tale comandamento in tutti i miei figli! Che tutti amino i propri fratelli fino al sacrificio, dimenticando se stessi; allora sì che le nostre case saranno un fedele ritratto della casa di Nazareth»7
I poveri e i sacerdoti sono stati i "grandi amori" per i quali M. Speranza ha speso tutta la sua vita e ha chiesto anche alle sue figlie e figli di fare altrettanto. Alle figlie diceva che nelle porte delle loro case avrebbero dovuto scrivere: «Bussate o poveri e vi sarà aperto... Bussate e nelle Ancelle dell’Amore Misericordioso troverete delle vere madri!» E ai figli diceva: «Affinché il loro lavoro con i Sacerdoti del Clero diocesano sia fecondo, i Figli dell’Amore Misericordioso devono essere persuasi che tra le opere di carità da realizzare a beneficio dell’umanità, la principale è per loro l’unione con i sacerdoti diocesani; uniti ad essi come fratelli eserciteranno con entusiasmo e solo per amore al Signore tutte le altre opere»8.
All’interno, poi, di quest’opera di testimonianza della misericordia di Dio a tutti, il Santuario dell’Amore Misericordioso – e sono molto contento di poterlo personalmente sottolineare proprio qui - riveste un ruolo particolare: è «il centro d’amore che Gesù ha scelto per elargire le sue grazie»9, nel quale tutti coloro che si trovano in situazioni di particolare necessità, gravati da infermità fisiche o spirituali, debbono poter trovare delle «persone capaci di offrire loro il conforto della fede e il sollievo dell’amore»10. Per questo Santuario M. Speranza pregava così: «Fa’, Gesù mio, che vengano a questo tuo Santuario le persone del mondo intero, non solo col desiderio di curare i corpi dalle malattie più strane e dolorose, ma anche di curare le anime dalla lebbra del peccato mortale ed abituale. Aiuta, consola e conforta, Gesù, tutti i bisognosi e fa’ che tutti vedano in Te non un Giudice severo, ma un Padre pieno d’amore e di misericordia che non tiene in conto le miserie dei propri figli, ma le dimentica e le perdona»11.
In questo Santuario è venuto in pellegrinaggio Giovanni Paolo II il 22 novembre del 1981, 25 anni fa. Era la prima uscita fuori Roma dopo il sanguinoso attentato del 13 maggio dello stesso anno. In quell’occasione disse queste parole:
«Un anno fa ho pubblicato l’enciclica Dives in misericordia. Questa circostanza mi ha fatto venire oggi al Santuario dell’Amore misericordioso. Con questa presenza desidero riconfermare, in qualche modo, il messaggio di quella enciclica. Desidero leggerlo di nuovo e di nuovo pronunciarlo.
Fin dall’inizio del mio ministero nella sede di San Pietro a Roma, ho ritenuto questo messaggio come mio particolare compito. La Provvidenza me l’ha assegnato nella situazione contemporanea dell’uomo, della Chiesa e del mondo. Si potrebbe anche dire che appunto questa situazione mi ha assegnato come compito quel messaggio dinanzi a Dio, che è Provvidenza, che è mistero imperscrutabile, mistero dell’Amore e della Verità, della Verità e dell’Amore. Frase cancellata: E le mie esperienze personali di quest’anno, collegate con gli avvenimento del 13 maggio, da parte loro mi ordinano di gridare: "misericordiae Domini, quia non sumus consumpti" (Lam 3, 22)
Perciò oggi prego qui insieme con voi, cari fratelli e sorelle.
Prego per professare che l’Amore Misericordioso è più potente di ogni male, che si accavalla sull’uomo e sul mondo. Prego insieme con voi per implorare quell’Amore misericordioso per l’uomo e per il mondo della nostra difficile epoca»12.
Concludendo queste mie semplici riflessioni introduttive, riprendo l’immagine usata da Remí Brague13 che ha paragonato l’enciclica a una fontana romana, in cui l’acqua trabocca da una vasca all’altra, a partire da un primo getto posto in alto, che è la carità di Dio.
Così nell’Enciclica, l’amore di Dio si riversa nel cuore dell’uomo, che, da solo, non può darsi l’amore se non lo riceve dall’alto, dalla sua sorgente divina. Dio non è colui che comanda e opprime, ma colui che ama e dona. È questa la vera buona notizia ed anche il volto più attraente del cristianesimo: «Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi» (1 Gv 4,16).
Come nei primi secoli cristiani era la carità che affascinava i non cristiani, ("vedete come si amano!"), così oggi è ancora la carità congiunta alla sua espressione suadente della misericordia che stupisce il mondo, diffondendo i suoi benefici effetti nella storia e nella società contemporanea.
Sarà l’Amore Misericordioso che potrà salvare il mondo.
______________________
M. SPERANZA, El Pan 18, Hoy 5.11.1927, 2 (Diario) M. SPERANZA, El Pan 21, Exh. 2.1.1965 (Esortazioni) M. SPERANZA, El Pan 2,88 (Consigli pratici) M. SPERANZA, Ibi 2, 68 M. SPERANZA, El Pan 8, 906 (Scritti e conferenze) M. SPERANZA, Supplica a Maria Mediatrice M. SPERANZA, El Pan 20, Circ. Quaresima 1936 (Circolari) M. SPERANZA, El Pan 14,5(Costituzioni e Libro delle Usanze) M. SPERANZA, El Pan 21, Exh. 27.7.1966 (Esortazioni) M. SPERANZA, Ibi 21, Exh. 2.2.1965 M. SPERANZA, El Pan 22, Ora:Preghiera per il Santuario GIOVANNI PAOLO II, Angelus Collevalenza, 22.11.1981 ANGELO AMATO, "Il Primato della carità" Oss. Rom. 26-27 maggio 2006, p. 13