IN RICORDO DI MADRE SPERANZA
Calogero Benedetti
Diamo spazio ora ad un'altra comunicazione, che sarà presentata dall'ingegner Calogero Benedetti che ha prestato la sua preziosa opera professionale nel calcolo e nella direzione dei lavori del Santuario e delle Opere connesse.
Sebbene io sia abituato a parlare in pubblico, sia in sede universitaria ai miei studenti dei corsi di laurea e sia in occasione di congressi, conferenze, ecc., è con "timore e tremore" che mi accingo a parlare oggi sia pur brevemente, da questa diversa e singolare cattedra, che non ho rifiutato non tanto per il rispetto, sia pur grande, che porto verso chi me ne ha fatto richiesta, quanto per il desiderio di contribuire, sia pur in misura minima ed inadeguata, a che altri conoscano più profondamente qualche aspetto inedito od inespresso di Madre Speranza, e ciò che essa è stata.
Ho avuto il privilegio, unico fra tanti miei colleghi ingegneri, di affiancarLa negli anni in cui essa si impegnò nella costruzione di quasi tutto quel che oggi c'è qui a Collevalenza; e più precisamente: prima il piccolo Santuario del Crocifisso, da me sviluppato su disegno dell'Architetto, in condizioni singolari quando ancora non conoscevo neppure la Madre; poi la grande Opera del Santuario maggiore, con il suo tabernacolo di acciaio marezzato, la corona di rame sospesa nello spazio interno, le sue vetrate policrome, i lucernai trasparenti, le absidi e le murature come fortezza; poi la Casa (A), la Casa (B), il campanile con il carillon delle cinque campane, la grande Piazza antistante, gli edifici tecnologici, la rinnovata ristrutturazione del Pozzo, insomma tutto quel che via via ne è seguito negli anni. Durante essi io venivo qui a Collevalenza, anche due volte la settimana, mi confrontavo con le maestranze, con i problemi tecnici delle costruzioni, e con quelli dell'Architetto di cui ho sempre rispettato e conservato il segno glorioso tanto amato dalla Madre; e sempre c'era lei, con il suo sorriso, il suo interesse, la sua preghiera ed il suo amore. Essa ci invitava a tavola e ci serviva con le sue stesse mani, facendoci le porzioni di persona, e sedeva accanto a noi raccontandoci di cose vicine e di cose lontane; ci noverava fra i suoi «figli».
Da ultimo ho avuto il privilegio di curare il suo sepolcro materialmente con le mie mani, in modo che esso fosse come una tenda compenetrata al gioco infinito dei cerchi di pietra e di luce del «Suo» Santuario, una tenda in cui lei in certo senso potesse abitare ancora tra noi, se è lecita una tale espressione nei confronti di chi in effetti abita nella luce e nella Resurrezione di Dio.
Ho adoperato poc'anzi le parole timore e tremore. Le usò per primo il mistico e filosofo danese S. Kierkegaard quando, oltre centocinquanta anni fa, si accinse a scrivere del suo incontro con Dio nella solitudine delle brughiere dello Jutland.
Timore e tremore stanno per riverenza, per riconoscimento dell'infinita piccolezza della creatura dinnanzi a Dio. Essi rappresentano il sentimento che in antico portò l'anonimo redattore del Libro di Giobbe ad annotare: «Ho parlato con leggerezza (innanzi a Te, Signore); che posso rispondere? Porrò la mia mano sopra la bocca e tacerò.» (Gb 20-XL-18)
Ebbene: l'essenza della vita di Madre Speranza, almeno per quel che ne ho ritratto io, nella consuetudine e nell'esperienza che vi ho descritta, è esattamente l'opposto che non siano Timore e Tremore. Madre Speranza ha insegnato a considerare Dio non con timore e tremore, ma come un amico con cui parlare e non tacere, anzi il nostro miglior amico. E tale è stato Dio per lei, il suo unico vero grande Amico.
Questo insegnamento costante, questa prospettiva interiore, questa maniera di vivere e di esistere, è, a mio avviso, la spina dorsale di tutta la sua esistenza e la chiave per comprendere quel che essa ha fatto e perché l'ha fatto: l'ha fatto per amicizia e nell'amicizia con Dio.
Vorrei approfondire un poco questo concetto dell'amicizia con Dio, per come l'ho appreso da Madre Speranza, non perché lei me lo abbia mai espresso con rappresentazioni verbali, concettuali, o con disquisizioni dottrinali e simili come faccio qui con voi, ma semplicemente con il suo modo di essere, di pensare, di agire, di esistere.
Anzitutto, e per quel che io ne raccoglievo via via, l'amicizia con Dio non è, per Madre Speranza, un privilegio dato a pochi, gli eletti, ma è dato a tutti, ed è dato gratis e con abbondanza. Vi era in Madre Speranza questo senso di universalità che abbraccia tutte le genti, sotto tutte le latitudini e le longitudini, ed in tutti i tempi. Oggi si parla molto di Ecumenismo, di identità spirituale, ecc. Lei, sin da prima, parlando di coloro che non per colpa ma per geografia e calendario non hanno potuto conoscere nulla di Cristo, mi diceva: la Misericordia di Dio è molto più grande dell'estensione della Terra e del calendario; perciò costoro non hanno perduto nulla; a loro ci pensa «Lui». Spesso nel suo parlare «Lui» era Dio, così, semplicemente; come semplicemente Lo indicava perfino nelle cose tecniche; alle mie domande come facesse lei, una suora, a sapere di certe cose troppo specifiche per poter rientrare nella forma mentis di una suora, mi rispondeva: «me lo ha detto Lui, il mio "ingeniero"». E questi era semplicemente Dio.
Ma quel che, a mio modo di vedere, connota profondamente l'amicizia di Madre Speranza con Dio era la gioia, il gaudio interiore ed anche esteriore. In questo Madre Speranza è stata molto vicina alla posizione di San Filippo Neri, che, prima di lei, scriveva: «la santità, per me, consiste nell'essere sempre lieti».
Certo l'amicizia con Dio è stata conosciuta e vissuta dagli uomini in tutte le epoche ed in varie forme. Tutti sanno che Israele ha conosciuto l'amicizia con Dio sotto l'aspetto dell'Alleanza e della Promessa, che infatti costituiscono il grande filo conduttore di tutto l'Antico Testamento.
Gesù insegnò invece a riguardare Dio chiamandoLo «Padre» cui completamente affidarsi. E dopo di Lui tutta la grande scuola mistica cristiana, rifacendosi a tale insegnamento, conosce e sperimenta l'amicizia con Dio nel rovesciamento della concezione vetero testamentaria del dolore quale conseguenza deterministica della colpa, ma ne impronta la comprensione e lo vive quale strumento che permette l'identificazione del «sé» con Cristo Crocifisso; il dolore e la sofferenza quale «via unitiva» con Cristo. Conquiso ed afferrato dall'amore di Lui, il mistico cristiano sperimenta la sofferenza ed addirittura la cerca, come dono e grazia speciale per essere unito a Cristo, e condividerne la sofferenza sulla croce. Per lui il dolore non è più dunque determinato dalla colpa nella maniera come pensavano gli antichi, ancora al tempo di Gesù, quando Gli domandavano: «chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché costui nasce cieco?»; per il mistico cristiano la sofferenza assume i connotati di un sentiero, certo aspro e difficile, ma accettato e desiderato anzi, quale strumento perché la propria anima divenga «sposa di Cristo». Madre Speranza, a quel che io l'intendo, pur facendo suo questo splendido aspetto, questa comprensione, questa tensione interiore, imposta però le cose diversamente: attraverso il senso dell'amicizia con Dio lei pone le basi per sconfiggere il dolore e trasformarlo in gioia.
A mio modo di vedere è questo il fondo dell'anima di Madre Speranza, in perfetta linea con la Grande Promessa ove questa dice: «ogni dolore sarà cancellato, ed ogni lacrima sarà asciugata»; ed ancora: «la vostra gioia sarà perfetta e nessuno potrà togliervela».
Madre Speranza però fa ancora di più, ed impaziente, traduce il futuro al presente. L'amicizia con Dio le permette che tutto ciò sia ora, adesso, e qui.
Nell'Agiografia, che è la Storia dei Santi, si incontra molte volte questo senso di immediatezza, di prontezza, questo «adesso, proprio in questo stesso momento».
Per esempio, è celebre la clausola, o condizione, posta da S. Giovanni della Croce a S. Teresa la Grande quando questa ebbe a richiederne l'aiuto per riformare l'Ordine del Carmelo. S. Giovanni rispose con un sì entusiastico, a patto di iniziare «adesso, subito, questa sera stessa», perché domattina sarebbe stato già troppo tardi.
Madre Speranza faceva lo stesso. Non l'ho mai sentita dire: c'è un tempo per piangere ed uno per gioire, ma poneva le fondamenta della gioia nell'amicizia con Dio, subito, al presente, in questo medesimo luogo ed in questo stesso momento; la gioia immediata dell'amicizia con Dio.
Ed ecco che tutto che la circondava diveniva gioioso: Il Santuario, il più bello; l'architettura, la più gloriosa; la luce, la più splendente; l'aria stessa, la più trasparente; la cucina, la più ricca ed allettante; le lenzuola, le più candide; l'accoglienza, la più calda e confortevole; i giochi, i colloqui, lo stare assieme, i più cordiali.
ovunque ella seminava la gioia come traccia, sentiero e strumento verso dio; uno strumento per amarLo e gioirne sin d'ora; non solamente nella vita futura, nell'aldilà dopo la morte; ma adesso, ora stesso, subito e qui.
Avere Dio per amico, parlarGli come si parla ad un'altra persona comune, costringerLo quasi - e senza quasi - a risolverci i casi personali, sia quelli piccoli e facili, sia quelli difficili, manifestando in essi la Sua Gloria e la Sua Misericordia; gioire di questa amicizia, e per suo mezzo sconfiggere il dolore e la morte, questa è stata - nella mia esperienza - l'essenza di Madre Speranza.
Nell'abside della cattedrale di Torcello v'è un mosaico di tradizione bizantina che a fianco del Cristo Pantocrator, di Cristo cioè assieme benedicente e giudice, raffigura la Vergine, orante accanto al Figlio; e la Vergine è nell'atto di afferrare la mano di Cristo che si leva a benedire e giudicare, e Gli indica con l'altra mano la folla delle anime in attesa del Giudizio, quasi a dire: «abbine compassione e sii misericordioso verso di loro.» Bene! Madre Speranza ha fatto suo questo medesimo messaggio di misericordia non solo nel nome assegnato alla Congregazione, ed al Suo Santuario, ma nella realtà di ogni istante di azione e come messaggio per coloro che l'hanno compresa. E questo messaggio di gioia, di letizia interiore ed esteriore, che sola proviene dall'amicizia con Dio, io lo trasmetto a voi quale mia testimonianza a riguardo di questa donna straordinaria, colei che seppe trovare ed attuare nell'amicizia con Dio la sorgente della gioia, oggi stesso, al presente e qui.
L'ingegner Benedetti ci ha raccontato con discrezione appassionata la storia di una grande amicizia vissuta al presente, di un'amicizia in cui la gioia offriva una traccia importante, un sentiero indelebile per arrivare fino a Dio.