Stanislaw Grygiel

L'AUTOCOSCIENZA E IL LAVORO NELLA COMUNIONE DELLE PERSONE

 

Sarò molto conciso per rientrare nei 20 minuti a mia disposizione.

In questa breve comunicazione propongo solo alcune idee in modo telegrafico; ritenete inoltre questa comunicazione non come un testo scientifico, ma come una testimonianza, come è scritto nel programma.

La persona umana si compie, è stato già detto tante volte, solo nella prossimità dell'altro, con l'altro. L'uomo isolato, cioè l'uomo che vive nell'estraneità (se fosse possibile per lui vivere così!) sarebbe sol un individuo, vuol dire un essere la cui identità sarebbe l'identità del numero nella serie. Un numero si autodefinisce attraverso la sua posizione tra gli altri numeri, come per esempio il nove si autodefinisce collocandosi tra l'otto e il dieci. Ma ciò che viene nominato nove nel suo contenuto non è diverso per esempio, da cinque.

Una tale identità, tutti i sistemi totalitari cercano di imporla agli uomini, perché l'identità dell'uomo ridotta allo zero permette di manipolarlo con una facilità enorme.

Uno non si sente obbligato a tener conto di questa identità, proprio perché essa è zero. Il sistema totalitario vuole essere colui che impone allo zero di essere cinque, oppure quindici.

E' il sistema totalitario che vuole dare allo zero l'identità del cinque oppure del quindici, collocandolo nel meccanismo che è questo sistema stesso, il meccanismo del calcolare, del fare i conti. In questo modo tutta la realtà dello zero, che è diventato un numero (cinque, dieci, quindici,) dipende dal sistema fino a tal punto che anche la realizzazione tra i numeri stessi dipendono da esso. Parlando concretamente: tutto ciò che l'individuo è e tutto ciò che egli fa, anche con gli altri, è effetto determinato - anzi direi costituito - dal sistema. Di conseguenza l'individuo nelle relazioni con gli altri rimane isolato, estraneo.

Il sistema cerca di costruire perfino - scusate - la relazione sessuale, per distruggere questo intimo spazio dell'unione degli uomini. Perché dall'unione tra gli uomini, sia pure nella pornorelazione, si ha il discioglimento del sistema totalitario. I numeri divengono qualcosa di più che il sistema non può accettare e quindi tale sistema vieta la pornografia o la pornorelazione e la vieta in un modo rigoroso, mettendola al pari con la Religione, non essendo in grado di manipolarla. Può darsi che alcuni di voi hanno incontrato o hanno sentito questa domanda alla frontiera o alla dogana: "lei porta con sé alcuni oggetti di religione o di pornografia?". La domanda mette le due cose alla pari. In un sistema del genere gli uomini anche nelle loro relazioni sessuali devono rimanere estranei, non uniti, devono rimanere non prossimi e per questo capiscono il grido di uno scrittore che viveva e vive ancora in uno di tali sistemi. Questo grido era: "Fate porno! Sono per la pornografia, almeno qui saremo un po' liberi, almeno qui saremo un po' prossimi l'uno all'altro e per l'altro". Ma questo grido è il grido della disperazione; esprime un tentativo di evasione dall'isolamento, cioè dall'estraneità, Nell'estraneità l'uomo è schiavo; l'evasione dello schiavo fatta nel modo proprio dello schiavo sarà l'evasione di uno schiavo; cercherà la libertà nell'assoluta estraneità, nella mancanza di ogni legame. Dal sonno che lo isola passerà alla morte che è un assoluto isolamento.

Eraclito diceva che colui che dorme rimane nel mondo della solitudine: rimane isolato nel mondo isolato. Solo quando si risveglia rientra nel mondo comune. Per poter risvegliarsi e per poter uscire dall'estraneità, alla prossimità non basta solo rifiutare l'identità del numero imposta all'uno, ridotta prima allo zero.

Con la negazione posso solo cambiare il posto nella serie, cioè posso cercare di avere di più per poter salire dal posto cinque al posto, per esempio, del dieci. Oppure posso cambiare la serie stessa, cioè abbandonare l'una ed entrare nell'altra per accorgersi poi che si stava meglio quando si stava peggio.

La questione dell'identità della persona, la questione della sua libertà non è problema, nel senso marceliano della parola, ma mistero.

Quindi essa viene risolta non dal ragionare, dal calcolare, dal fabbricare (l'uomo non è nel suo fondo "homo faber"), ma dall'unione con la realtà che ci dà l'identità; oppure che la risveglia dentro di noi.

Identità è il mistero della nascita della persona. La persona nasce solo dalla realtà di persona. Il pane non nasce dalla pietra è una delle tentazioni dello scientismo che è capace di prestare dei servizi ad ogni padrone; una delle tre grandi tentazioni dell'umanità, respinte da Cristo. La persona nasce dalla persona, il pane non nasce dalle pietre.

Se è così, l'uomo per potersi risvegliare ed uscire dal mondo isolato del suo sonno deve essere risvegliato da uno che è già un risvegliato. Nel Talmud leggiamo: l'uno ha incontrato il suo pari e si è risvegliato.

La persona, cioè questa identità che ci fa trascendere tutto il mondo e che ci fa salire fino a Dio si risveglia dentro di noi nella prossimità con l'altro. E' l'altro che ci risveglia. E' un samaritano che ci ridesta quando rimaniamo abbattuti per la strada.

La persona umana si risveglia dentro l'uomo nell'incontro con la persona, cioè con la persona, come ho detto già, risvegliata; con l'uomo già risvegliato. In altri termini dentro l'uomo si risveglia la persona se l'altro si rivolge a lui con questa parola direi nell'accettazione di Martin Buber: "tu". Nell'estraneità l'uno si rivolge all'altro con "ciò". La persona, l'uomo risvegliato trafigge la solitudine, la schiavitù, l'estraneità dell'altro, come il raggio trafigge e penetra le tenebre, così viene concepita la persona: questa nuova luce nelle tenebre.

Nella nostra religione giudiaco-cristiana, ma anche nelle radici greche della nostra cultura europea, ritroviamo gli archetipi dell'incontro nel quale nasce la Persona. Il giusto di Platone, il Risvegliato, che vede la verità grazie alla bontà, che spunta dentro di lui - l'idea del bene -, scende nella caverna per risvegliare gli schiavi, gli individui che solo contano e che solo sono contati, che costituiscono le costruzioni teoriche - doxa - e nello stesso tempo sono ridotti agli elementi di esse.

Nella Bibbia Mosè dopo aver vissuto l'esperienza del roveto ardente, dove gli è apparsa la dignità della persona che le permette di dire "sono chi sono", una esperienza preparata prima da un'altra esperienza, da quella della degradazione degli Ebrei; allora Mosè, già risvegliato, scende dal monte e risveglia gli altri.

Egli li libera dal Faraone cioè dal Padrone e dal loro essere abituati al Faraone: fu un grande lavoro quello di Mosè.

Se è così, allora ci risveglia la Persona non risvegliabile, la Persona che in se stessa è un mondo comune, che in se stessa è non-isolata, che dalla sua natura non è neanche minimamente immersa nel sonno, la Persona che è libertà che libera e che mai ha bisogno di essere liberata. In questo modo sul piano antropologico arriviamo all'idea antropologica del Primus Motor Immobilis. Questo vuol dire che in ogni "tu" che l'uomo dice all'altro si trova "l'Io eterno" e che di conseguenza non esisto mai da solo. Egli si rivolge sempre a me con "tu" (solo che alcune volte il mio sonno è profondo). E si rivolge a me col "tu" proprio perché è "Io" ed è Io che dentro di lui viene chiamato "tu". E' evidente che parlo della realtà della Trinità.

Di solito, quasi sempre, l'"Io eterno si rivolge a me con il "tu" nello spazio creato dall'incontro con un altro uomo, con un'altra persona. Adamo immerso nel sonno profondo si risveglia quando vede di fronte a sé "Eva". E si autodefinisce attraverso di essa, nella presenza dell'"Io" eterno. L'uomo risvegliato, la persona, in quanto è risvegliata, è un Giusto, perché esiste come è, esiste secondo ciò che è, fa la verità nell'amore. Ma la verità che egli stesso è, lo trascende così da esigere da lui dei sacrifici anche quello della vita. Allora questo fare la verità che è l'uno, è piuttosto tendere ad essa, vuol dire tendere a se stesso. E' piuttosto intravederla nella speranza, cioè assumerla come promessa e rispondere con la speranza. E' piuttosto accettare se stessi così come siamo stati concepiti dall'"Altro" ed accettiamo noi stessi così nella speranza, tendendo a questo Altro, a questo Atto in cui Egli ci concepisce. E' un legame che costituisce la persona, questa prossimità samaritana costituisce la "religio" - legame - della persona.

Di conseguenza possiamo dire che l'uomo, solo in quanto persona è un essere religioso. Uno che è isolato, immerso nel sonno, uno schiavo, un esistente nell'estraneità, non può esistere nel mondo religioso, perché non esiste. La persona nello stato del tendere, la persona che si risveglia, ma non è ancora pienamente risvegliata, la persona che ha ancora bisogno del lavoro degli altri per risvegliarsi, una tale persona può essere compresa attraverso l'immagine dell'Esodo biblico della schiavitù, attraverso il tendere di ciò che è stato intravisto nella speranza verso la terra promessa. Nell'incontro tra il giusto e lo schiavo è coinvolto sempre l'uno o l'altro faraone: i sistemi di cui abbiamo parlato; perché essere persona e risvegliare gli altri comporta il rischi di essere anche ucciso. Nella persona, nell'essenza stessa di essa si trova questa possibilità di essere ucciso; Platone lo vide in Socrate, ciò che in Cristo poi si è rivelato come la verità della persona, la verità non legata a nessun "hit et nunc".

Il risvegliarsi, l'autodefinirsi dell'uomo è una strada della purificazione. Per il definiendum, per ciò che deve essere definito, l'essere sempre più se stesso, sempre più nella prossimità del definiens, vuol dire purificarsi. Solo l'uomo purificato può essere assunto dalla Terra Promessa che è il suo definiens. Moriamo come Abramo e Mosè guardando da lontano la Terra Promessa e salutandola. Allora dopo la morte ancora c'è e dovrebbe esserci un pò di strada della purificazione. L'autodefinirsi - questa ricerca del senso - che proviene dalla terra promessa e che noi intravediamo nella speranza, questo autodefinirsi costituisce il nucleo del lavoro.

Il lavoro non è tanto il produrre degli oggetti quanto il tendere sempre avanti: il definiendum, ciò che deve essere definito, lavora quando accetta sempre di più la prossimità del definiens di ciò che ci definisce. Il lavoro soddisfa il desiderio di essere se stesso, la produzione degli oggetti soddisfa i bisogni di avere questo o quello. Chi ha di più, sale nella serie dei numeri, ma non diviene se stesso di più, sfrutta tutto; il lavoro è là dove è la società delle persone, la produzione dove c'è il sistema dei numeri. Essere allora persona vuol dire lavorare perché senza lavoro non c'è la persona. La persona lavora sempre in questo senso.

E non c'è il lavoro se non c'è l'incontro: Adamo comincia a lavorare dopo il risveglio e lavora insieme a Eva. Il lavoro ha la dimensione comunionale e si compie sempre nella speranza. Il lavoro così inteso costituisce la risposta all'ultima escatologica promessa risvegliante: esso ha delle conseguenze etiche che si concludono poi nell'Alleanza.

Come avviene questo risveglio dell'uomo? Leggiamo con attenzione la storia dell'incontro della Samaritana con Gesù. La storia comincia col fare qualcosa - l'atto di attingere l'acqua - poi, pian piano dai bisogni di bere, di avere, passiamo al desiderio di essere che può essere soddisfatto solo da un'acqua viva e da un pane per la vita eterna. La Samaritana nell'incontro con Gesù poi, lavorando insieme a Lui, scopre questo desiderio addormentato dentro di sé sotto i bisogni. E poi continuando a lavorare con Gesù scopre la sua dimensione etica (il problema dei cinque uomini dei quali nessuno era suo marito), e poi esce... piena di speranza. E scende verso gli altri come scendeva il giusto, come scendeva Mosè e allora anche lei scende agli altri, già risvegliata, giusta. Comincia a vivere nella prossimità per gli altri.

Uscire dall'estraneità e tendere verso la prossimità fino all'identificarsi con l'altro, ecco la storia del divenire "la persona".

Ma è questo "l'altro", abbiamo detto, che ci risveglia, che deve farsi prossimo del primo, di noi. Il buon Samaritano è lui che si è avvicinato all'abbattuto dai ladri, privo di conoscenza; il buon Samaritano si è avvicinato. Chi è il prossimo era la domanda. La risposta data fu: "va e fa anche tu in un modo simile".

E' possibile essere primo? In forza del Primo Io, che si è fatto nostro prossimo incarnandosi e abitando tra di noi. La persona umana può lavorare perché il nostro Padre lavora sempre. Mi pare che abbiamo anche parlato dell'essenza della Misericordia. Grazie!