Conclusioni
Lorenzo Chiarinelli
Ora va’
Giunti al termine di queste riflessioni, cerchiamo di trarre alcune conclusioni.
In verità a me pare che la ricchezza delle conoscenze acquisite, la carica delle suggestioni maturate e il fascino delle esperienze condivise reclamino per ciascuno di noi una sola fondamentale conclusione: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10,37).
Fare lo stesso! Perché? Come?
Che cosa? La misericordia
E’ questa la rivelazione di Gesù.
Scrive Giovanni Paolo II: «Gesù, soprattutto con il suo stile di vita e con le sue azioni, ha rivelato come nel mondo in cui viviamo é presente l’amore, l’amore operante, l’amore che si rivolge all’uomo ed abbraccia tutto ciò che forma la sua umanità. Tale amore si fa particolarmente notare nel contatto con la sofferenza, l’ingiustizia, la povertà; a contatto con tutta la ‘condizione umana’ storica, che in vari modi manifesta la limitatezza e la fragilità dell’uomo, sia fisica che morale. Appunto il modo e l’ambito, in cui si manifesta l’amore, viene denominato con linguaggio biblico ‘misericordia’ (Dives in misericordia, 3).
E’ questa l’esperienza dei Santi.
Ricordiamo, in questa terra umbra, Francesco d’Assisi, che , nel Testamento, racconta così l’inizio della sua stupenda avventura: «Il Signore così donò a me frate Francesco d’incominciare a far penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. Dopo l’incontro con essi ciò che mi sembrava amare mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E poco tempo dopo uscii dal mondo» (1226).
Scrive M. Speranza in una sua «Circolare»: «Siete stati chiamati a far conoscere al mondo intero l’Amore e la Misericordia del Buon Gesù, non tanto con parole eloquenti ma con la vostra vita d’amore sacrificio e carità verso tutti, in modo speciale verso i più peccatori e abbandonati. Devo far sì che tutti quelli che trattano con me sappiano che il buon Gesù ama tutte le anime con la stessa intensità: che se c’è una differenza é proprio questa: ama di più quelle anemi che, pur piene di difetti, si sforzano e lottano per essere come Lui le vuole; che anche l’anima più perversa, più abbandonata e più miserabile è amata da Lui con immensa tenerezza».
Ecco il «cosa fare»:la misericordia.
Perché?
«Perché siete figli del Padre vostro celeste» (Mt 5,45).
La ragione di fondo, la motivazione essenziale é nel vangelo: «Siate misericordioso come é misericordioso il Padre vostro » (Lc 6,36).
Questa espressione sembra costituire la sintesi tematica del «discorso delle beatitudini» e ciò che il giudeo Matteo chiama «perfezione» (5,8), il greco Luca chiama «misericordia» (6,36).
I lineamenti del Padre devono ritrovarsi nel volto dei figli.
A questo proposito mi sia consentito, anche come Vescovo di Aquino, di richiamare alcune sorprendenti e fecondissime intuizioni di S. Tommaso. Il grande Aquinate, nella Summa Theologica, due volte si interroga sulla misericordia: se la misericordia possa essere un attributo di Dio (I, q.21) e se la misericordia possa ritenersi una virtù cristiana (II-III, q.30).
>Tommaso si trova dinanzi, su questo tema (come del resto su tanti altri), strade impervie, sentieri non battuti e soprattutto concezioni filosofiche già affermate e riduttive del mistero di Dio e dell’uomo. E lui, Tommaso, con la sua lucida intelligenza e con la carica della sua fede, apre orizzonti filosofici e teologici nuovissimi. A proposito della misericordia fa due affermazioni stupende.
«Misereri ponitur proprium Deo et in hoc maxime dicitur Eius omnipotentia manifestari» (I, q.25), «Summa religionis christianae in misericordia consistit quatum ad exteriora opera» (II,II, q.30).
L’amore misericordioso é il proprium di Dio; l’amore misericordioso é, nel cristiano, summa totius virtutis.
Essere misericordiosi é il solo modo per essere veramente figli del padre che é nei cieli. La misericordia é il segno e la rivelazione visibile dell’amore invisibile che Dio ci mette nel cuore.
Come?
«Come é misericordioso il Padre vostro».
Lo «scriba mansuetudinis» ci svela il volto del Padre (cf Lc: le parabole della misericordia), ma contestualmente, ci chiama ad una coerente risposta: se Lui, il Padre, é misericordia, tocca a noi, fatti a sua immagine, ripeterne lo stile, il modo di agire.
C’é allora un compito ineludibile per ciascuno di noi, c’é una lezione che va appresa e ripetuta. Eccola: far sì che la Chiesa, ogni Chiesa e tutta la Chiesa, diventi luogo della misericordia, casa del perdono, esperienza dell’amore che salva.
L’amore che Dio ci dona é amore solidale, é amore trinitario, é amore che fa comunione: da esso nasce il popolo di Dio, la comunità dei discepoli, la Chiesa «un cuore solo e un’anima sola» (At, 4,32).
Ed é il nostro modo di stare assieme, nella misericordia e nel perdono, che svela al mondo il mistero dell’amore di Dio.
La Chiesa, infatti, nasce dall’amore gratuito e vive di vita autentica quando proclama la misericordia (DM 13). Per questo il canto che le é proprio é quello stesso di Maria: il Magnificat (DM 9).
Non solo:
La Chiesa é chiamata a testimoniare e a ripetere per ogni uomo, di generazione in generazione (cf Lc 1,50), questa «accondiscendenza» di Dio e fare così della misericordia «tutto uno stile di vita, una caratteristica essenziale e continua» della sua missione (DM 14).
Riemerge qui in tutta vivezza l’immagine della «Chiesa povera» di Giovanni XXIII: della «Chiesa che ama e che serve»di Paolo VI. E Giovanni Paolo II ne precisa ulteriormente i tratti.
Una Chiesa del perdono. «Il mondo degli uomini può diventare sempre più umano, solo se introdurremo nel multiforme ambito dei rapporti interumani e sociali, insieme alla giustizia, quell’amore misericordioso che costituisce il messaggio messianico del vangelo» (DM 14).
Una Chiesa della gratuità. «Questo ‘attingere alle fonti del Salvatore’ non può essere realizzato in altro modo, se non nello spirito di quella povertà, a cui ha chiamato il Signore con le parole e l’esempio: ‘Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date’. Così, in tutte le vie della vita e del ministero della Chiesa - attraverso la povertà evangelica dei ministri e dispensatori e dell’intero popolo che rende testimonianza ‘alle grandi opere’ del Signore - si é manifestato ancor meglio il Dio ‘ricco di misericordia’» (DM 14).
Una Chiesa della solidarietà. «La coscienza di essere debitori gli uni degli altri va di pari passo con la chiamata alla solidarietà fraterna, che San Paolo ha espresso nel conciso invito a sopportarsi «a vicenda con amore»...Se disattendessimo questa lezione che cosa rimarrebbe di qualsiasi programma «umanistico» della vita e dell’educazione?» (DM 14):
Messa dinanzi al volto di Dio la Chiesa sente di dover rinnovare la sua immagine: la realtà della conversione la interpella e la investe nelle sue forme, costumi e persone (cf DM 6). Annunciare la misericordia di Dio e fare misericordia in nome di Dio e come Dio.
Forse, nell’oggi della storia, é proprio su questa via che la Chiesa é chiamata a realizzare il suo compito tipico e qualificante di servizio e di promozione dell’uomo.
«La Chiesa ritiene giustamente come proprio dovere, come scopo della propria missione, quello di custodire, quanto nell’educazione e nella pastorale. Essa la protegge non altrimenti che custodendo la sua fonte, cioè il mistero della misericordia di Dio stesso, rivelato in Gesù Cristo» (DM 14).
Sul sentiero Pasquale
Evidentemente il cammino da compiere é tutto in salita: non é né breve né facile.
Ma c’é Uno che lo ha percorso prima di noi e per noi e che ancora oggi lo percorre con noi: Gesù.
I vangeli ci raccontano la celebrazione della cena pasquale fatta da Gesù con i discepoli, alla vigilia della sua passione. L’evangelista Matteo, dopo aver narrata l’istituzione dell’Eucarestia, annota: «E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi» (Mt 26,30).
Gesù inizia il suo viaggio e lo inizia al canto di un inno. Quale?
Nella liturgia ebraica della pasqua si cantava l’Hallel, i salmi 113-118, che accompagnavano e chiudevano il rito.
L’ultimo, il 118, proclama:
«Celebrate il Signore, perché è buono:
Perché eterna é la sua misericordia.
Dica Israele che egli é buono:
Eterna la sua misericordia.
Dica la casa di Aronne:
eterna é la sua misericordia.
Lo dica chi teme Dio:
eterna la sua misericordia».
Con questo inno sulle labbra Gesù si é incamminato verso il monte per offrire, poco dopo, morendo in croce la «rivelazione radicale della misericordia» (DM 8).
E con quest’inno nel cuore, poco prima di lasciarselo squarciare (cf Gv 19,34),dall’alto della croce ha esclamato: «Padre perdonali» (Lc 23,34).
Ancora oggi é questa la strada dei discepoli di Gesù: bisogna continuare a percorrerla, con l’immensa carovana della storia, credendo, cantando e testimoniando che «eterna é la sua misericordia».