Ennio Antonelli*

SIA IN CIASCUNO DI NOI L’ANIMA DI MARIA

Apriamo il Convegno con questa liturgia, in cui facciamo memoria di Maria Mediatrice di grazia, cooperatrice della divina misericordia per la salvezza di tutti.

Abbiamo ascoltato il racconto della visitazione e il cantico della Vergine Maria. Colei, che nell’annunciazione ha accolto, nella sua fede e nel suo seno materno, la Parola viva ed eterna di Dio, va a portare questa Parola a Giovanni Battista e ad Elisabetta. L’umile serva del Signore, che nella sua povertà ha sperimentato la misericordia onnipotente, va a proclamare le grandi opere di Colui che solo è Santo. Per prima ha ricevuto il vangelo, per prima va ad annunciarlo.

La misericordia, cantata da Maria, non è sterile compassione; è solidarietà che prende su di sé il peso delle miserie umane; è forza creatrice, che fa nuove tutte le cose, rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda a mani vuote i ricchi (cf. Lc. 1, 53-53). Paolo direbbe: Dà la vita perfino ai morti; chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono (cf. Rom. 4, 17); sceglie ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, ciò che nel mondo è disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono (cf. 1 Cor. 1, 27-28).

La misericordia, cantata da Maria, si identifica concretamente con il Regno di Dio, che sarà annunciato da Gesù durante la vita pubblica e sarà da Lui manifestato nella sua prassi e soprattutto nella sua morte e risurrezione: regno che viene a liberare quanti sono miseri e riconoscono di esserlo, i poveri, gli ammalati, i prigionieri, gli oppressi, i perseguitati, i disprezzati, i peccatori, i deboli, gli sfiduciati, i morti. Si tratta dunque di un amore potente, efficace, come sottolinea la bella preghiera liturgica: "O Dio che manifesti la Tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono…".

E’ probabile che nei discorsi del convegno, sentiremo più volte citare questo testo evangelico, che meglio ne riassume la tematica: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv. 3, 16).

Queste parole hanno qualcosa di tremendo, non finiremo mai di meditarle e di prenderle sul serio.

Dio, davanti al quale l’universo intero vale quanto un granello di polvere sulla bilancia, Dio che è infinitamente al di sopra di tutto ciò che esiste, può esistere, o può essere pensato, ci ha amati e ci ama a tal punto da dare a noi il suo unico Figlio, cioè quanto ha di più caro, l’altro se stesso; e lo ha donato senza riserve, fino alla morte, senza tirarsi indietro davanti alla chiusura e all’ostilità degli uomini; lo ha donato oltre la morte, risuscitandolo a una nuova vita e costituendolo Signore che comunica lo Spirito vivificante, in modo che la sua morte torni a vantaggio dei peccatori stessi. Amore potente è dunque la misericordia del Padre che dà tutto, vince il peccato e la morte, rigenera l’umanità. E amore potente è la misericordia del Figlio, che accoglie e condivide l’atteggiamento e l’iniziativa del Padre, e la incarna nella sua esperienza di uomo: Gesù non appartiene a se stesso, ma alla causa di Dio che è anche la causa dell’umanità; "non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita" (Mc. 10, 45).

Alla misericordia onnipotente di Dio, secondo il racconto della Visitazione, Maria ha elevato il suo canto. Alla rivelazione di questa misericordia, secondo l’insegnamento di Giovanni Paolo (Dives in misericordia, 4), ha dato la sua cooperazione.

La Madre del Signore è una donna forte, come l’antica eroina di Israele, Giuditta, alla quale viene avvicinata dal saluto stesso di Elisabetta: "Benedetta tu fra tutte le donne" (Lc. 1, 42; cf. Gdt. 13, 18). "Maria, dice Paolo VI (Marialis cultus, 37), non è stata passivamente sottomessa in una religiosità alienante; non ha esitato ad affermare che Dio fa giustizia per gli umili e per gli oppressi, e sbalza dai trono i potenti del mondo".

In nessun altra creatura la misericordia del Padre e del Figlio verso gli uomini ha trovato un’eco così forte come in lei.

Dando il suo consenso alla nascita del Messia salvatore, Maria ha dato il consenso all’intera opera della salvezza, ancora forse a lei sconosciuta nelle modalità concrete. Tale consenso ha poi fedelmente mantenuto e progressivamente precisato e confermato fino al calvario.

Presentando Gesù al Tempio, riconosce che il suo bambino è riservato a Dio e lo consegna al servizio del suo progetto di salvezza, pronta a sacrificare il proprio affetto materno: "Una spada ti trapasserà l’anima" (Lc. 2, 35).

Accanto alla croce, dove Cristo porta all’ultimo compimento la donazione di se stesso. Maria sta in piedi; con generosità e coraggio offre suo Figlio e l’immenso strazio del suo cuore di madre. La solidarietà con gli uomini, vissuta già nei gesti quotidiani, come la visita e il servizio di tre mesi alla cugina Elisabetta, come la premura verso gli sposi alle nozze di Cana, lì, accanto alla croce, arriva all’eroismo più puro.

Se il Padre ha amato tanto il mondo da dare il suo Figlio unigenito, se nessuno ha amore più grande di Colui che ha dato la vita per i propri amici (cf. Gv. 3, 16; 15,13), è anche vero che nessun altro amore a questo si avvicina quanto quello di Maria, che ha donato suo Figlio. E’ questa la sua cooperazione alla rivelazione della misericordia da lei cantata nel Magnificat.

"Sia in ciascuno di noi, dice S. Ambrogio, l’anima di Maria a magnificare il Signore; sia in ciascuno di noi lo spirito di Maria ad esultare in Dio", a lodare la sua misericordia, che si estende di generazione in generazione su quelli che lo temono. Sia in ciascuno di noi il suo coraggio, quando viene l’ora dei sacrifici più duri. Abbandoniamo la miope prospettiva del "questo mi piace e questo non mi piace", "questo mi serve, questo non mi serve". Entriamo nella logica dell’amore senza calcolo, dove c’è più gioia a dare che a ricevere, dove servire è regnare, dove morire è risuscitare a nuova vita.

Il grande poeta indiano R. Tagore, scrive: "Dormivo e sognavo che la vita non era che gioia. Mi svegliai e vidi che la vita non era che servizio. Servii e compresi che nel servire era la gioia".


*        Omelia di Antonelli S. E. Mons. Ennio che ha presieduto la Concelebrazione di apertura del Convegno, commentando: Prov. 8,22,31; Sal. 44; Lc. 1, 39-47