Colombo Sr. M. Antonia
maria, la donna
Introduzione
Maria, donna docile allo Spirito e sempre pronta a compiere la volontà del Padre, è Colei che realizza al «femminile» la pienezza attuatasi in Cristo, che tuttavia resta l’unico Signore e Salvatore.
Con il suo «fiat» e con la sua maternità, Maria coopera al realizzarsi delle redenzione e, in quanto madre di Gesù, partecipa in modo singolare, ed unico all’azione di Dio. In lei «la Donna per eccellenza, il femminile ha raggiunto il suo più sublime livello umano, ma soprattutto è divenuto partecipe - associandosi allo Spirito - dello stesso mistero di Dio[1].
Riflettere su questa realizzazione al femminile che è Maria è importante non solo perché Ella dice alla donna come essere donna, ma è particolarmente indicativa per la persona in quanto tale, perché è espressione privilegiata di alcuni valori essenziali per il raggiungimento di una piena umanità.
Nella riflessione partirò dal noto testo dell’Annunciazione, non con la pretesa di farne una lettura esegetica, ma con l’intento di evidenziare nella figura di Maria alcuni aspetti che la caratterizzano come donna, in una prospettiva di tipo antropologico-psicologico e, in un secondo tempo, metterò in luce come essi siano necessari per il realizzarsi di una identità umana matura.
Maria, Vergine che accoglie
Nel brano di Luca Maria è presentata come Colei che si orienta profondamente a Dio e questo termine é il suo essere Vergine[2].
Nei primi due versetti del testo, il termine «vergine» viene ripetuto per due volte: «L’angelo Gabriele fu mandato da Dio... a una vergine promessa sposa di un uomo della casa di Davide..., la vergine si chiamava Maria (Lc 1,26-28). Secondo alcuni esegeti[3], ciò rivela lo stato d’animo di Maria, il suo desiderio di verginità.
Ella rinuncia ad essere madre per appartenere completamente a Dio, ma proprio per volere di Dio sarà madre come nessun altro lo è mai stata, madre di Gesù Dio uomo.
Infatti Dio Padre, nel suo favore divino, l’ha scelta e «l’ha colmata di grazia» (Lc 1,30) operando in lei una trasformazione, per prepararla «alla funzione che avrebbe dovuto svolgere come madre verginale del Messia»[4].
Maria, donna amata gratuitamente, dà una risposta concreta all’amore preferenziale di Dio, e il suo essere Vergine diviene radicale disponibilità al suo progetto.
La verginità rende Maria capace di ricevere in pienezza l’iniziativa amante del Padre: si lascia penetrare dall’Amore che crea e dà vita ad ogni cosa e con tutto il suo essere risponde.
Maria posta dinanzi al mistero che l’interpella che avvolge la sua esistenza e l’invita a mutare radicalmente i suoi progetti, fa luce dentro di sé, s’interroga domandandosi che senso abbia il saluto dell’angelo, riflette con attenzione e medita gli avvenimenti dentro il suo cuore, cerca di comprenderli nella loro oggettività, infatti rimane perplessa e chiede chiarificazioni.
Questo comportamento della Vergine, il suo porsi domande circa il senso del messaggio ricevuto non vuol mettere in discussione la scelta di Dio, non ha una funzione difensiva, né è motivato dalla paura di perdere la stima degli altri per accettare la proposta di Dio, ma é la reazione della donna matura e sapiente che guarda realisticamente alla sua situazione. E’ di fronte ad un’esperienza nuova ed imprevista, tanto che «rimane turbata» (Lc 1,29). Accetta la realtà, non modifica la situazione con false rassicurazioni o ignorando l’ansietà suscitata dell’imprevedibile; apre il suo cuore e si dispone ad un ascolto profondamente recettivo della Parola, la conserva e la custodisce nel silenzio riflessivo. L’ascolto di Maria é una sintesi mirabile di passività e di attività, perché se da una parte tutto si compie in lei senza intervento umano ma per opera di Spirito Santo, d’altro conto, per aver accolto incondizionatamente e con prontezza il piano di Dio, Maria «concepirà un figlio, lo darà alla luce e lo chiamerà Gesù» (Lc 1,31). Gli stessi verbi usati mettono in evidenza la partecipazione attiva della Vergine.
Maria, Donna dell’abbandono
Con il suo “sì” Maria sceglie di consegnarsi totalmente all’amore di Dio, si pone in un atteggiamento di passività voluta e quindi attiva: questa è la caratteristica del suo abbandono.
E’ una scelta tutt’altro che remissiva e non è affatto sinonimo di sottomissione, nel senso negativo del termine. Maria non subisce, ma accoglie liberamente e si abbandona fiduciosa nelle mani del Padre.
Come é già stato commentato da più parti, Maria aderisce senza riserve al disegno di salvezza compiendo una scelta coraggiosa, inconsueta e, per amore del suo Signore accetta di andare incontro a rischi non indifferenti.
* il disappunto dell’ambiente sociale in cui é inserita,
* le incomprensioni e le critiche dei vicini o di coloro che le sono cari.
E’ la donna che si contraddistingue per la capacità di recepire il dono, accogliendo l’iniziativa di Dio che si rivela in modo nuovo nella sua vita.
La vergine sa ricevere e si lascia amare, non si preoccupa di ricambiare il dono secondo il suo personale progetto, rinuncia ad essere del Signore nel modo da lei stabilito e accoglie la richiesta di Dio perché è certa nella fede, che la grandezza del suo dono consiste nella fedeltà alla vocazione ricevuta.
Maria non pone nessuna condizione é pronta a consegnarsi a Dio facendo di sé il dono completo.
La Vergine si apre al dono d’amore e si lascia coinvolgere in tutte le sue energie umane:
― nella sua emotività: «rimase turbata all’udire le parole dell’angelo» (Lc 1,29)
― nella razionalità: «si domandava che senso avesse un tale saluto» (Lc 1,29)
― e con la volontà rende concreta la decisione di affidarsi, fino alle estreme conseguenze, al piano del Signore: «eccomi. si faccia di me secondo la tua parola» (Lc. 1,38).
Il coinvolgimento di tutte le sue forze è un’espressione dei valori di femminilità iscritti nel suo essere; infatti come ogni donna, vive la realtà coinvolgendo i diversi livelli della sua persona. In tal modo, Maria assicura ed accresce la disponibilità iniziale a diventare una sola cosa con il Signore nell’intimità del rapporto e la sua scelta di abbandonarsi all’amore di Dio, che si rivela n maniera ineffabile, è una scelta:
― sentita, cioè appassionata, frutto del desiderio,
― ragionata, ossia completata e intuita con la mente,
― voluta, e quindi mantenuta con fedeltà per nelle vicende e nei giorni di angoscia nei quali l’entusiasmo verrà meno.
Maria ha aderito in modo totale, riconsegnando tutto di sé al suo Creatore: cuore, mente, volontà.
Maria, Madre che si dona
Maria si è lasciata afferrare dal dono d’amore e decide di tendere verso di esso facendosi ella stessa dono.
Maria, vera donna, racchiude in sé, quali caratteristiche del dono che la dimensione femminile comporta in modo privilegiato, oltre all’accoglienza-ascolto, all’abbandono, anche la capacità generativa di un amore fecondo.
E’ la madre del «Dio altissimo» che genera senza appropriarsi proprio perché è la donna matura che non è centrata su di sé, ma è aperta all’amore di Dio.
Avendo accolto incondizionatamente l’amore del Verbo, dopo averlo custodito dentro di sé, lo dona all’umanità e diventa veicolo tra Gesù e il mondo.
Maria é la donna che avendo ricevuto misericordia proclama la misericordia del Signore, ricolma del dono di benevolenza e resa amabile dalla grazia ne esalta la potenza liberatrice.
Dopo essere stata incontrata, sapendosi amata vuole espandere e dilatare l’amore ricevuto gratuitamente e, in questa offerta, va incontro ad Elisabetta «sua parente che nella vecchiaia aveva concepito un figlio» (Lc 1,36).
Maria vive nel modo più elevato i valori della femminilità, che come abbiamo già detto, sono iscritti nel suo essere, perciò intuisce il bisogno inespresso dell’altro, lo coglie in profondità e di conseguenza «si mette in viaggio e raggiunge in fretta la città di Giuda» (Lc 1,39).
E’ la squisita sensibilità della donna che è attenta e sa porsi accanto all’altro, perché ha maturato in sé la capacità di manifestare accoglienza, fiducia, comprensione e desiderio di aiutare in modo efficace. Tuttavia nel gesto solidale, Maria mantiene rivolta la sua attenzione alla realtà più profonda e più vera, che è quella di portare mediante la sua presenza, quale umile e docile strumento, l’annuncio della salvezza: «il Signore ha visitato e redento il suo popolo e la sua misericordia si stende su tutte le generazioni» (Lc 1,68).
Identità di Maria: modello e figura per noi
Abbiamo sottolineato alcuni aspetti che caratterizzano la risposta e insieme costituiscono l’esperienza vitale della Vergine Maria: donna per eccellenza, donna che ha creduto.
L’abbiamo vista portatrice privilegiata di alcune caratteristiche della femminilità e abbiamo evidenziato a questo proposito le sue capacità di accoglienza, di abbandono e di coinvolgimento che sono tipiche, anche se non esclusive della struttura femminile.
Cosa dice a noi questa donna?
Maria si apre con fiducia alla parola che Dio le rivolge perché le rivela il suo amore e sperimenta su di sé il sostegno del suo Dio, ma nello stesso tempo accoglie anche se stessa, la sua corporeità, la sua vita emotiva, la sua apertura al Trascendente e si accetta perché si vede strumento del volere di Dio, il suo cuore gioisce «poiché Egli ha guardato la umiltà della sua serva» (Lc 1,48).
Il volere divino determinerà ogni scelta e conformerà il suo nuovo modo di essere.
In questa esperienza di Maria troviamo gli elementi essenziali non solo dell’identità femminile, ma della persona in quanto tale, che deve essere caratterizzata da un senso di unità e di continuità interiore che rimane costante con il passare del tempo e nelle diverse situazioni o circostanze che segnano la vita e, insieme dalla capacità di mantenere un legame con un sistema realistico di valore.
In altre parole l’identità é costituita da due componenti: da una parte ciò che sono e dall’altra quello che sono chiamato ad essere. Non si può trascurare né un aspetto né l’altro: l’uno si realizza con l’altro.
Il valore è l’ideale assoluto, la condizione della mia realizzazione perché dà alla mia persona un nome e dunque una identità e un’identità: evoca la verità del mio io; perciò scoprire il valore è un po' scoprire se stessi e la propria vocazione che si realizza nella concretezza della realtà personale.
Maria nell’incontro con l’angelo scopre la verità della sua persona; è la donna piena di grazia perché il Signore è con lei e l’ha chiamata a una missione: diventare la madre del Dio altissimo. Ella si definisce in relazione a Dio: «Eccomi sono la serva del Signore», è disponibile a compiere il suo progetto e questo offre un contenuto preciso alla sua esistenza, le dà valore, «da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,38).
In ciascuna c’è l’esigenza fondamentale di avere un senso sostanzialmente e stabilmente positivo della propria identità e a questa richiesta dobbiamo dare una risposta perché altrimenti rischiamo di sentirci sempre avviliti, sfiduciati quindi continuamente bisognosi del sostegno della stima altrui per percepirci accettabili ai nostri stessi occhi[5]. E’ indispensabile che acquistiamo sicurezza e stima in noi stessi, ma per raggiungere una sana stima di sé occorre avere una visione corretta e realistica del proprio io, tenendo presente ciò che è ed è chiamato essere.
Maria è fondata su Dio, questo valore poggia la sua identità e la stima della sua persona perciò non si sente frustrata o sminuita neppure nei momenti in cui sembra essere messa da parte come ad esempio alle nozze di Cana, quando si sente dire dal Figlio parole apparentemente incomprensibili che indicano una certa distanza e suonano quasi come un rimprovero: «donna che c’è tra me e te» (Gv 2,4).
Come abbiamo già accennato Maria si sente amata dal Signore ed esulta. Il sapersi oggetto di un Amore che «l’ha creata all’inizio della sua attività prima di ogni sua opera...costituita dall’eternità» (Pr 8,22-23) è l’autentico fondamento della sua positività; la sua vita resta costruita sulla roccia e la stima di sé non viene mai meno, è stabile per sempre. Proprio per questo Maria sa guardarsi dentro con verità, capace di integrare nell’immagine di sé la propria piccolezza riconoscendosi «umile serva». Ecco perché può innalzare il suo canto di lode e di gratitudine per ciò che il Signore ha operato in lei, per i segni della misericordia compiuti nella sua persona e nel popolo d’Israele.
Maria si lascia afferrare dall’amore del Signore e con tutte le sue energie emotive, intellettuali e volitive risponde alla chiamata di Dio pronunciando il suo fiat e insegnando ad altri a dare la propria vita in nome della carità cristiana.
Ci insegna così come si risponde in pienezza scegliendo e aderendo con tutte le forze di cuore, mente e volontà. Ella è la donna dell’armonia interiore e ci dice di guardare ai doni di emozione e di sentimento che il Signore pone in noi. Essi cono potenzialità di cui disponiamo e che sostengono la nostra capacità di dono. Se mettiamo queste forze a servizio della nostra vocazione possiamo crescere in modo armonico e realizzare l’unità interiore del nostro essere avviandoci sul cammino che ci porta alla maturità sia umana che spirituale. nella misura in cui i pensieri, sentimenti e volontà vengono orientati nella stessa direzione quella segnata dal volere del Padre, si realizza progressivamente l’unità della nostra vita. Unità è opposto di divisione e da un punto di vista psicologico si definisce come consistenza che persona raggiunge all’interno delle strutture del suo io. Si tratta di una situazione di profonda armonia tra i contenuti della propria realtà:
― i bisogni, energie che ci spingono ad agire,
― gli atteggiamenti che assumiamo,
― i valori: ideali assoluti che ci attraggono.
Son proprio questi ultimi a fare sempre più unità in noi tra le nostre energie e gli atteggiamenti, tra il nostro sentire emotivo e il volere razionale. Tuttavia, il valore attrae la struttura del nostro essere in misura direttamente proporzionale al grado di consistenza interna che abbiamo raggiunto; ossia noi siamo attraibili quando bisogni, atteggiamenti e valori iteragiscono armonicamente tra loro. Dall’equilibrio che si raggiunge progressivamente ne viene, innanzi tutto, una considerazione positiva di se stessi e, di conseguenza, la predisposizione a cogliere gli altri in modo benevolo e autentico, riconoscendo la vocazione al valore presente in ciascuno.
Guardando Maria, ci accorgiamo come il Signore Dio sia stato per lei, anche nei momenti difficili della vita, ad esempio quando perde Gesù nel tempio, o al momento della morte in croce, la forza attraente in virtù della quale ha potuto orientare tutte le sue energie umane integrando sentimenti ed emozioni che agitavano il suo cuore; angoscia, smarrimento, tristezza e dolore, continuando a credere nella volontà amante del Padre e ripetendo nuovamente il suo «sì». Maria si dona nella libertà, senza pretendere o attendere il contraccambio: offre se stessa ed è disposta a perdere la sua vita purché si compia il bene dell’altro. Per amore di Dio, la Vergine rinuncia ai suoi progetti, esce da sé e si autotrascende e l’effetto che ne deriva è la piena realizzazione della sua identità. Donna e madre sono i compiti e le funzioni di Maria nel mistero di salvezza. La sua maternità ha un contenuto ben preciso: far crescere la vita del Figlio nel discepolo, in ogni uomo o donna in ciascuno di noi che si pone alla sua sequela. Ad ogni persona che avvicina Maria porta Gesù e comunica la speranza che risponde alle aspirazioni più profonde; genera al significato vero della vita, perché ella per prima ha creduto e assimilato quel valore.
Dalla lettura che abbiamo fatta fin qui, Maria ci si presenta come la persona che realizza positivamente la propria identità in una visione realistica di sé e nella tensione all’ideale che l’attrae, orienta ed unifica tutte le sue energie umane in un movimento di dono che, nell’autotrascendenza, la realizza. Per questo Maria è la donna consistente e matura, e della donna consistente e matura realizza le caratteristiche:
― Sa far fronte alla realtà, accetta di conoscersi qual è veramente e dinanzi alla novità che si propone alla sua vita, è pur nella sua problematicità accetta il confronto anziché tentare la fuga.
E’ disposta a non opporre resistenze al cambiamento pur di realizzare i valori, ossia si abbandona fiduciosa all’iniziative del Padre e per questo rinuncia volentieri ai suoi personali progetti.
― E’ capace di fedeltà nel senso che può usare tutte le sue energie per raggiungere l’ideale scelto, per comprenderlo e volerlo e non lo sacrifica anche quando deve affrontare le fatiche e la tensione che l’adesione ad esso comporta: sa intuire che é essenziale e appaga pienamente.
― Mantiene una viva fiducia verso gli altri e verso Dio come conseguenza della fiducia che ha trovato in sé; proprio perché si accetta può creare rapporti veri e mettersi in relazione profonda.
― Sa amare in modo disinteressato, con l’amore creativo di dare, senza l’ansia di ricevere. Questo però non significa che non sia capace di accogliere il dono dell’altro, anzi «è bello pensare - come ben osserva e commenta il Card.Martini - a Maria che parte in fretta per essere aiutata e non soltanto per aiutare la cugina Elisabetta»[6]. Maria è libera nel dare e nel ricevere, perché la motivazione della sua scelta è quella di essere segno di misericordia e il suo atteggiamento di servizio ha la funzione di esprimere questo valore. Ama gli altri (Elisabetta, Giuseppe, i discepoli di Gesù) per quello che essi sono e non ha bisogno del loro riconoscimento o della loro approvazione per sentirsi sicura.
― La sua capacità di amare oblativa esprime il più alto sviluppo dell’amore. L’amore maturo infatti sa incontrare l’altro in modo libero, lo accoglie per quello che è anche nella diversità delle proprie aspettative e implica il coraggio di separarsi progressivamente proprio perché si è liberi dalle persone e da se stessi. L’amore della Vergine sembra avere queste connotazioni: ci insegna il distacco radicale ai piedi della croce dove si separa dal Figlio ed è pronta ad accogliere una nuova e diversa maternità.
― Nella radicale libertà sa essere una persona che esprime sollecitudine, cioè attenzione agli altri. E’ pronta, nella disponibilità, a rispondere alle esigenze delle persone, dopo aver colto il bisogno dell’altro al di là della evidenza razionale, intuendo l’aspetto più essenziale. Maria è attenta alla realtà alle nozze di Cana «percepisce il gemito inespresso del mondo e lo esprime semplicemente: “non hanno più vino”»[7]
― Maria agisce con tatto, delicatezza e premura. Il suo interessamento non è dominio, ma tenerezza, è amore delicato, concreto, attento e aperto. E’ il desiderio di donarsi secondo lo stile di Dio, del suo amore che ha viscere di misericordia. Proprio perché si riconosce prevenuta dall’amore di Dio canta la sua gratitudine: è riconoscente al Signore per le meraviglie che compie in lei e nel suo popolo.
Conclusione
Maria vivendo nel modo più elevato i valori della femminilità iscritti nel suo essere, ha realizzato con autenticità la sua vocazione della salvezza.
Il suo coinvolgimento nel rispondere a Dio è stato totale: tutto ha riconsegnato nelle mani del suo Creatore, mente, cuore e volontà.
Il «sì» da lei pronunciato al momento dell’Annunciazione l’ha disposta ad essere tutta del Signore, ma questa adesione al volere divino ha una valenza dinamica: non si compie una volta per tutte, è l’assenso ripetuto nell’intero corso della sua esistenza e raggiunge il suo culmine ai piedi della croce dove Maria diventerà la madre di tutti i credenti.
L’esempio della sua figura e della sua vita è la luce che risplende sul nostro cammino ed è invito per ciascuno.
― a far verità dentro di sé, riflettendo sulle proprie esperienze, cercando di conoscersi con obiettività per essere più libero di accogliere il progetto del Padre;
― a rispondere alla chiamata coinvolgendo l’intera personalità ed educandosi a tener conto dei propri sentimenti per metterli a disposizione dei valori;
― a porsi a servizio dei fratelli con cuore umile e generoso per vivere fedelmente la propria identità.
[1] G. PIANA, La questione femminile, (Prospettive teologiche-etiche), pag. 29-38.
[2] Cf. R. GUARDINI, La mère du Seigneur, Parigi 1961, pag. 29-38.
[3] Cf. I. DE LA POTTERIE, La vergine Maria in ‘parola, spirito e vita’, EDB 1985, pag.95-114.
[4] I. DE LA POTTERIE, op. cit. pag.99.
[5] In questa ottica il nostro rapporto con gli altri assume il carattere di un confronto competitivo: le persone che avviciniamo sono sentite come una minaccia al nostro io e in tal caso nutriamo sentimenti di invidia o di gelosia nei loro confronti (sono più fortunati, hanno più doti).
[6] C. M. MARTINI, La donna nel suo popolo, ed. Ancona, 1984, pag.79.
[7] C. M. MARTINI, op.cit., pag 33.