Franco Costa

attese, domande e opportunità della pastorale familiare

 

          La pastorale della famiglia ad altro non aspira che a servire il cammino di ogni famiglia perché, specialmente attraverso la testimonianza apostolica e missionaria della famiglia cristiana, ogni famiglia diventi la prima e originale scuola della santità cristiana e, per questa via, primo e fondamentale luogo di umanizzazione delle persone e della società. Perciò la famiglia ha bisogno di scoprire l’Amore misericordioso che costituisce «il messaggio messianico del Vangelo» (Giovanni Paolo II); la pasqua di Cristo come le nozze indefettibili dell’Amore misericordioso con l’umanità; la Pentecoste e la vita della Chiesa con i sui sacramenti (specialmente il matrimonio) come la sorgente di quell’Amore misericordioso che - quando permea e ispira i rapporti reciproci tra gli uomini - è la sola forza capace di rendere il mondo degli uomini più umano e più giusto (cfr. Giovanni Paolo II, Dives in misericordia, 14).

 

La famiglia, mistero sacramentale e ministero di servizio

          Dal sacramento del matrimonio «procede la famiglia in cui nascono i nuovi cittadini della società umana, i quali per la grazia dello Spirito Santo sono elevati col battesimo allo stato dei figli di Dio, per perpetuare attraverso i secoli il suo popolo. In questa che si potrebbe chiamare chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli, con la parola e con l’esempio, i primi annunciatori della fede e secondare la vocazione propria di ognuno e quella sacra in modo speciale» (LG 11)

          La Costituzione del Concilio sulla Chiesa salda in una sola realtà la struttura ministerico-sacramentale della famiglia (velut ecclesia domestica) e il ministero dei genitori in ordine alla educazione dei figli.

          Il testo è essenziale. Viene esplicato in altri documenti del Concilio, per es. nella Dichiarazione Gravissimum educationis (n. 3), nel Decreto Apostolicam actuositatem (n. 11) e nella Costituzione Gaudium et spes (n. 48). Due annotazioni:

1)      Il compito educativo è mirato alla «formazione umana, alla salvezza e alla santità» (cfr. GS, 48), senza disarmonia e disgiungimento di ambiti.

2)      Il processo educativo non è ad una sola direzione: «i figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono a loro modo alla santificazione dei genitori» (ivi). Si potrebbe approfondire il nesso indicato: la famiglia è realtà misterico-sacramentale nella casa (chiesa domestica) in quanto educa; in essa si danno dei processi educativi articolati, originalissimi e profondi, essa educa e, in essa, ci si educa in quanto è - a suo modo - «chiesa».

 

Le attese nei confronti della famiglia

          Le attese nei confronti della famiglia sono molteplici e contraddittorie. Le sperimentiamo e avvertiamo. Sono state oggetto, e lo sono tuttora, di analisi e di dibattito: in merito soprattutto alla generazione e alla socializzazione ed educazione primaria dei minori; in vista della stabilizzazione emotiva degli adulti e della più compiuta integrazione dell’uomo e della donna; in merito a funzioni sociali, forse contingenti ma di fatto determinanti, svolte dalla famiglia in Italia in circostanze complesse di crisi (in rapporto al tempo prolungato dell’adolescenza, come ammortizzatore sociale della disoccupazione giovanile, come cuscinetto e recupero ai valori tradizionali di democrazia al tempo del terrorismo, come supporto alla economia complessiva e alla produttività della nazione...).

          Per altro verso, alcune funzioni unanimamente un tempo riconosciute alla famiglia costituita nel matrimonio sono invece assai meno condivise: quanto alla legittimazione dell’esercizio della sessualità, p. es., quanto alla stabilità della coppia, alla generazione, e (in prospettiva anche di positivo sviluppo) quanto alla identità riconosciuta della donna. Alcune funzioni infine erano considerate un tempo ovvie o perfino sacre; oggi sono piuttosto tradite nella famiglia, perché vi si dà legittimazione in direzione opposta: si pensi alla custodia della vita concepita e, oggi alla piaga dell’aborto, che per la maggior parte interessa donne coniugate con uno o due figli. Anche questa evoluzione di funzioni di fatto della società coniugale e familiare corrispondono attese e domande mutevoli.

          C’interessa forse più precisamente, in questa sede, considerare attese e domande della Chiesa nei confronti della famiglia e particolarmente in ordine all’educazione nella famiglia e della famiglia.

          La famiglia è posta «al servizio della edificazione del regno di Dio nella storia mediante la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa» (FC 49). Tale servizio si attua nell’essere e nell’agire della famiglia, in quanto «intima comunità di vita e di amore», chiamata alla missione di «custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa» (cfr FC 17,50). È un servizio peraltro da attuarsi in un cotesto di storia e di cultura segnato da mutamenti evolutivi rapidi e contraddittori: Mediante la famiglia e nelle famiglie occorre tracciare dunque chiari percorsi educativi: come educazione permanente dell’uomo e della donna verso i figli, che tuttavia comporta (sebbene in termini asimmetrici) anche educazione dei genitori da parte dei figli; e come impegno educativo da famiglia a famiglia.

          Si tratta di percorsi e progetti educativi con traguardi non minimali, mirati ad educare la santità della vita, non una vita semplicemente onesta o, in senso umanistico, buona. La santità non è un optional, è la condizione esclusiva in cui ciascuno è dato o di ritrovarsi o di perdersi. Percorsi e progetti educativi devono comunque porre al centro la persona, non nel suo isolamento individualistico o nella sua astratta espressione sociale. La persona deve essere al centro di ogni percorso educativo così come essa esiste: con quell’universo di relazioni, di affetti, di memorie e di progetti, di cultura e di speranze che le appartengono, per esaltarla non per tradirla nella sua dimensione familiare.

 

Attese e domande della famiglia

          Quali, per altro verso, le attese e le domande della famiglia cristiana? Non si tratterà probabilmente di domande sempre formalmente espresse, o almeno consapevoli o riflesse. Ad esempio: Qual è il valore del matrimonio? perché celebrarne il sacramento? qual è il significato del figlio? quali sono le motivazioni a concepire e generare un figlio? per la donna, come comporre e armonizzare in una identità unitaria le proprie istanze di autonomia e di sposa-madre?

          C’interessano soprattutto alcune attese e domande più vicine al profilo della socializzazione e dell’educazione dei minori. Quali aspetti e momenti della vita familiare sono dotati di maggiore potenzialità? Quali i contenuti? Si tratta di aspetti e momenti «strutturati» esplicitamente per la educazione, l’insegnamento, l’istruzione, la catechesi, ecc.; si tratta degli aspetti e dei momenti assai più diffusi (sia in senso diacronico, a partire dalla età prenatale, sia in senso sincronico), che sono quelli dello scambio simbolico primario: attraverso il contatto fisico, la vita comune, i servizi prestati in proporzione all’età e ai bisogni, i dialoghi, le risposte, i silenzi, ecc. Quali ragioni del fatto che un processo di socializzazione e di educazione dei minori, sorretto da buone intuizioni sovente dei genitori, non approda ad esiti soddisfacenti per la iniziazione cristiana e la vita di fede?

          È quasi un luogo comune denunciare, vedendone solo gli aspetti negativi, il peso del «terzo educatore» che è la TV o, più in generale, l’insieme dei mass-media. Occorre insieme far conto della globale secolarizzazione della cultura e dei conseguenti effetti indotti dalla scuola. In ogni caso, «demonizzare» l’uno o l’altro aspetto della vita sociale, e culturale non serve, anzi non è cristiano. Cristiano invece è il discernimento sapienzale che si misura con il sapere critico e si esercita in un tirocinio che non sfugge alle vicende della storia e della vita sociale ma vi si cala dentro.

          Andando ancora più in radice, vi è chi osserva la distanza crescente tra la coscienza personale e le forme dell’agire sociale, o anche tra identità personale e immagine di sé, tra convinzioni etico-religiose (personali e privatissime) e scelte etico-sociali omologate all’ethos dominante (costume).

          La famiglia - come espressione domestica della Chiesa e comunità educante - chiede illuminazione sempre nuova sui valori fondamentali, per alimentare nei suoi membri e irradiare coscienza critica di cultura della famiglia e della vita, per essere soggetto attivo della costruzione di un autentico «umanesimo familiare».

 

Indicazioni e prospettive della pastorale familiare

          A queste attese vuole rispondere la pastorale della famiglia ma non al di sopra o dall’esterno delle famiglie, bensì dentro e insieme alle famiglie, non solo con le risorse di qualche sacerdote o di qualche operatore pastorale, ma coinvolgendo attivamente tutte le famiglie il cui amore è santificato dal sacramento del matrimonio. S’intende di solito, come «pastorale della famiglia» il complesso di specifiche iniziative orientate soprattutto: alla preparazione dei fidanzati al matrimonio, alla fomentazione di spiritualità familiare attraverso centri d’ascolto e/o gruppi-famiglia (o della coppia), alla preparazione immediata o prossima dei genitori alla iniziazione cristiana dei figli, ecc. Si tratta di attività e iniziative di cui la comunità cristiana ha irrinunziabilmente necessità. Ma sono tanto più preziose quanto più mirano a fare, di ogni coppia, sposi «apostoli e guide di altri sposi» (Paolo VI), a suscitare famiglie protagoniste e capaci di missionarietà da famiglia a famiglia nella Chiesa, e a creare comunità ecclesiali consapevoli che la pastorale familiare ha come principio operativo e protagonista la Chiesa stessa.

          Per rispondere dunque a queste attese e domande, la pastorale familiare deve fare della famiglia anzitutto una scuola cristiana che educa alla inviolabilità della vita, quale «riflesso della assoluta inviolabilità di Dio stesso» (cfr. CfL 38) e che per questo allena a relazioni di prossimità ispirate alla pietà verso Dio e verso gli uomini, alla condivisione specialmente con i soggetti più fragili e più poveri, all’onore e al servizio dovuto alle persone anziane, a sollecitudine premurosa non solo nell’ambito della famiglia e dei familiari ma anche verso le altre famiglie, verso i figlioli altrui, verso coloro che perché privi di una famiglia serena hanno ancora più bisogno di famiglia e di calore umano. È la via della «sequela» del Signore per le famiglie cristiane, che si misura anzitutto nell’esercizio cristiano della ospitalità.

 

Gli appuntamenti di un lavoro comune

          Ci sono alcune circostanze in cui la comunità locale (parrocchia) e chiesa domestica devono operare congiuntamente per sviluppare le risorse sacramentali e di grazia dell’unica Chiesa in vista della edificazione del regno, nella coscienza e nelle storie personali come nel tessuto sociale, nella scuola e nelle altre istituzioni.

          ―    Lo richiedono i giovani, dalla fanciullezza e dalla preadolescenza all’età dell’amore - per la donna in particolare adolescente e giovane, per una più compiuta conoscenza di sé - in vista di una vita sponsale e, più in generale, di una consapevole vocazione all’amore nei due modi specifici di realizzare la vocazione della persona umana nella sua interezza all’amore: il sacramento del matrimonio e la verginità.

          ―    Lo richiedono ancora le coppie giovani, per una più corretta e completa percezione della dignità della procreazione e del dovere di generare alla vita con «umana, cristiana e generosa responsabilità» (cfr. GS, 50), e le coppie di giovani sposi in una stagione della loro vita piena di fascino ma non priva insieme di prove.

          ―    Lo richiedono le non poche coppie e famiglie che in una molteplicità di esperienze di gruppi di spiritualità, di solidarietà cristiana, di lettura familiare della Bibbia, ecc. cercano di alimentare la propria vita cristiana.

          ―    Lo richiedono infine tutte le coppie di sposi, che la «crisi» coniugale trova a volte impreparate, perché spesso inconsapevolmente maturano atteggiamenti e scelte «di deriva» dal matrimonio, per gioco e leggerezza, o per ambizione e successo nel lavoro o per una impostazione individualistica ed egoistica della vita personale...

          Ma alla radice di tutto questo, l’attesa e l’opportunità più radicale è quella di una pastorale familiare che - grazie all’apostolato delle famiglie cristiane - coltivi vita spirituale nella famiglia, preghiera in casa, l’amore cristiano che si compiace nella verità. Soprattutto si tratta di sviluppare una spiritualità mariana ed ecclesiale. Alla scuola della preghiera in famiglia s’imparano gli atteggiamenti spirituali di Maria alla sequela del Signore: il suo sì sponsale all’angelo di Dio, la sua sollecitudine premurosa verso le case degli uomini come quella di Elisabetta e di Zaccaria, nella obbedienza al disegno di Dio come al tempio di Gerusalemme e sotto la croce, nel suscitare obbedienza al suo Figlio come a Cana («Fate quello che egli vi dirà») e nell’accettare, in obbedienza al Figlio, come suo figlio Giovanni e con lui la Chiesa tutta.

          La casa non si fa educante e non si edifica come «chiesa domestica» se non si lascia costruire ogni giorno di più, dalla parola di Dio, dalla preghiera e dalla grazia dei sacramenti, dalle opere della misericordia. Non si fa pastorale della famiglia se non si evangelizza il matrimonio e non si coltiva la preghiera e la carità missionaria.