di P. Giulio Monti fam |
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Queste scarne notizie biografiche si avvalgono di un prezioso studio compilato con ricchezza di notizie da Carlo Tommasini, per il n. 28 della collana pubblicata nel 1999 dall’Archivio storico Arcivescovile di Fermo. Ho condensato in alcune pagine le notizie che possono interessare la sua vita sacerdotale e il periodo da lui trascorso nel Seminario nostro di Fermo come Sacerdote diocesano con voti.
Don Luigi, nato il 17 marzo 1899 a Carassai, da Giovanni e Maria De Rossi, era uno dei famosi ragazzi del “99”, che chiamati in guerra a sedici o diciassette anni, vestiti d’uniforme in fretta e furia, furono mandati al fronte dopo la disfatta di Caporetto per tamponare la falla, cadendo quasi tutti nella disperata difesa del Piave.
Don Luigi mi raccontò di paure tremende provate al fronte, non solo per la giovane età, ma anche perché capitò in una zona in cui gli austriaci buttavano i gas, che se non uccidevano, irritavano terribilmente occhi e gola. Fu congedato due anni dopo la fine della guerra, rientrò in Seminario nel ’21, e fu ordinato all’inizio del IV anno di Teologia, dall’Arcivescovo Carlo Castelli.
Rimase in seminario con l’incarico di Vicerettore, e via, via assunse molte mansioni in città, realizzò la Libreria Religiosa del seminario nei locali che davano sul Corso, fu sempre Assistente delle Conferenze di S. Vincenzo, e dopo regolare concorso canonico, fu nominato Parroco di S. Matteo nel 1933. Seguì con entusiasmo l’attività dell’Unitalsi, come Direttore della Sottosezione marchigiana, insieme al Marchese Guido Pelagallo, figura storica del cattolicesimo fermano, si recò a Lourdes circa 30 volte, a Loreto molte di più e qui assistette personalmente al miracolo di una guarigione. I pellegrinaggi con la composizione dei Treni, la preparazione del personale erano seguiti da lui puntigliosamente con una fitta corrispondenza.
Durante e dopo la guerra fu Direttore della Pontificia Commissione Profughi, con una intensa attività di carità per i profughi e gli sfollati dalle zone di guerra. Alloggiò intere famiglie, tra cui un professore d’università sloveno, molto cattolico e un pittore.
Essendo parroco di una Chiesa che aveva un Rubens e un Lanfranco s’interessò sempre di arte. Era un apprezzato Direttore spirituale sia di laici che di suore. Dalla fine della guerra don Luigi svolse una frenetica attività: l’assistenza alle famiglie bisognose e ai profughi, le colonie estive dei bambini, i pellegrinaggi dell’Unitalsi.
A noi interessa evidenziare l’ultima fase della sua vita, quando accolse insieme al Canonico Don Lucio Marinozzi l’invito della Madre Speranza a far parte della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso come sacerdote diocesano con Voti. Nell’opuscolo citato all’inizio, leggiamo degli appunti biografici, scritti dal nostro carissimo e compianto don Lucio Marinozzi, su don Luigi Leonardi, ne stralcio alcune righe:
“Per don luigi un momento importante della sua vita, fu certamente quando venne a contatto con la M. Speranza di Gesù, Fondatrice delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso, proprio nel tempo che veniva realizzato questa fondazione. Essa si sentiva ispirata a dar via ad una Congregazione religiosa, che si dedicasse soprattutto alla assistenza ed aiuto fraterno del Clero secolare, e progettava di aggregare in essa anche dei sacerdoti diocesani che, senza cessare di essere tali, si consacrassero a Dio con i voti, e si impegnassero nella vita comune. Venuta a Fermo poco dopo la morte di don Ernesto Ricci, di santa memoria, col permesso e l’approvazione dell’Arcivescovo Norberto Perini, assunse la direzione del Collegio, che quel santo sacerdote aveva fondato, e invitò alcuni sacerdoti, ai quali propose il suo progetto. Fra questi fu appunto il nostro don Luigi, il quale, dopo matura riflessione aderì all’invito, e fu il primo sacerdote Figlio dell’Amore Misericordioso come prete diocesano con voti in una vita di comunità. Già parroco da oltre vent’anni, abituato a vivere nella sua canonica e del suo beneficio, non esitò a rinunciare alla sua libertà, facendo i voti di obbedienza castità e povertà alla maniera dei religiosi, e ridursi a vivere insieme con i FAM nella piccola comunità, stabilita a Fermo entro l’edificio del Collegio don Ricci, continuando peraltro le sue funzioni di Parroco, nelle quali s’impegnava con zelo rinnovato. Così coronava la sua vita di sacerdote e più intima consacrazione a Cristo.
Ma fu per pochi anni ancora.
Furono notevoli in questo tempo i Pellegrinaggi dell’Unitalsi a Lourdes e Loreto, e la commissione di un grande quadro a olio raffigurante Maria Mediatrice, al pittore Elia Romagnoli di Morrovalle, da porre sull’altare maggiore del Carmine, al posto del celebre quadro della Natività del Baciccia, la cosa non piacque all’Arcivescovo, allora il quadro di Maria Mediatrice veniva fatto scivolare dietro l’altare, e così ricompariva la Natività, secondo i periodi liturgici e le feste.
Don Luigi aveva fatto scolpire precedentemente una statua di Maria Mediatrice di piccola statura, era riuscita molto bella, con una splendida doratura, la tenevano nel refettorio del Seminario. Si diceva che don Luigi avesse offerto la sua vita per la proclamazione del dogma della Mediazione universale di Maria, io sentii che doveva raccogliere le firme da mandare a Pio XII perché procedesse alla proclamazione del dogma. Ma ormai volgeva al tramonto la giornata terrena, che Dio gli aveva concessa, il 26 febbraio 1958, all’età di 59 anni, un gravissimo infarto troncò la sua vita.
Fine inattesa per tutti ma non per Lui, che ne aveva avuto misteriosamente “preavviso” scrive don Lucio.
Ma noi dopo oltre 40 anni, possiamo sollevare il velo di silenzio e di reticenze che circonda questo fatto. Io personalmente ho sentito più volte la Madre raccontare che il Signore l’aveva mandata ad avvertire don Luigi della sua prossima fine, una sera mentre stava scrivendo nell’Ufficio Parrocchiale a pianterreno della Casa del Clero, don Luigi vide entrare la Madre, egli si meravigliò di vederla a Fermo, perché la sapeva a Collevalenza, la Madre gli disse di mettere le sue cose in ordine, perché la sua fine era imminente, don Luigi rispose che aveva tanto da fare e che doveva lavorare per la proclamazione del dogma della Mediazione universale di Maria, ma la Madre gli ripeté di aggiustare tutto, perché nei prossimi giorni il Signore sarebbe venuto a prenderlo, allora don Luigi concluse:«Va bene, farò come Lei dice» e si alzò per baciarle la mano, ma non toccò nulla, perché la Madre stava lì con il solo spirito, mentre il corpo era rimasto inerte a Collevalenza.
Era avvenuto in questo caso quel fenomeno che tante volte la Madre raccontava, cioè la bilocazione, oppure scherzosamente diceva che aveva viaggiato senza benzina.
Don Luigi si impressionò molto a questo fatto e si preparò meticolosamente, come era nel suo carattere, scrisse il testamento preciso in ogni dettaglio, andò a confessarsi dal Padre cappuccino, che era il suo confessore, e si congedò, visitandole, dalle persone con le quali aveva rapporti d’affari o di ministero sacerdotale, dopo la sua morte costoro capirono benissimo che anche quella visita o quel saluto era un addio.
Continua il racconto di don Lucio. La sera precedente si trattenne a cena e a ricreazione con i suoi confratelli serenamente, come sempre, poi scese nelle sale inferiori della portineria per conversare con dei giovani, erano giovani amici che venivano a passare delle serate allegri e formative insieme con il Parroco, indi a tarda sera risaliva nella sua camera per il consueto riposo notturno, ma purtroppo di lì a poco entrò nel riposo eterno. Quando si sentì male, bussò alla parete della camera del confratello vicino, si accorse, lo trovammo che si dimenava tra dolori spasmodici al petto, invocava l’assoluzione e l’olio santo, perché si sentiva morire. Si cercò di confortarlo, ma fu una questione di pochi minuti. Spirò sotto lo sguardo di Maria Mediatrice, ne aveva fatto riprodurre il particolare del volto e lo aveva appeso davanti al letto. Era la notte del 26 febbraio 1958, mese ed anno centenario delle Apparizioni di Lourdes, luogo tanto caro al suo cuore devoto della Madonna.
Scrive ancora don Lucio: “Queste coincidenze saranno state puramente casuali, o piuttosto attenzioni divine, per onorare il ministero fedele di Cristo e servo devoto di Maria? Certo quella morte a prima vista così drammatica e sconcertante, a molti parve poi, quasi un privilegio ed una grazia particolare del cielo”.
P. Giovanni Ferrotti ricorda che la mattina della morte di don Luigi, arrivò da Collevalenza P. Alfredo, il quale volle aprire lo studio personale del Parroco, sulla scrivania c’erano dei fogli con la scrittura ben evidente: “Preparazione alla morte, punto primo, secondo, eccetera” è un particolare che completa il quadro degli avvenimenti…
Lo zelo pastorale di don Luigi, la sua devozione a Maria Mediatrice, la pronta obbedienza all’invito del Signore di far parte dei Figli dell’Amore Misericordioso come Sacerdote diocesano con voti, sono virtù che dovremo sempre ricordare ed imitare.
Bibl. Quaderni dell’Archivio Storico Arcivescovile di Fermo, n. 28
“Don Luigi Leonardi, esemplare sacerdote fermano e il suo tempo.
Fermo 1999, pag. 77-80.