LA CONGREGAZIONE DEI FAM
E L’UNIONE CON I
SACERDOTI DIOCESANICollevalenza 14 agosto 2001
Relazione di
Sac. Angelo Spilla
Dei Sacerdoti diocesani Figli dell’Amore MisericordiosoPremessa
“Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la chiesa.
Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio presso di voi…”. (Col 1,24-25).
Sono queste la parole dell’apostolo Paolo che indirizza ai cristiani di Colossi.
Da questa città, che Paolo non ha evangelizzato personalmente (cf Col 1,4 e 2,1), è venuto il suo rappresentante apostolico, Epafra, per riferirgli informazioni allarmanti.
Subito preoccupato, Paolo risponde con la lettera ai Colossesi. Poiché quella comunità, fortemente impregnata di filosofia ellenistica dava un’importanza eccessiva alle potenze celesti, tale da compromettere la supremazia di Cristo, Paolo annunzia il Cristo Kyrios che ha preso in mano il governo del mondo.
Afferma anche che noi, liberati da questi “elementi del mondo” mediante l’unione al capo e la partecipazione alla sua pienezza, uniti dal battesimo al Cristo morto e risorto, siamo le membra del suo corpo e riceviamo la vita nuova unitamente da lui.
In definitiva è sempre la salvezza cristiana che interessa in primo luogo l’apostolo Paolo. Per questo dice: “Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi… sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio…”.
Penso di non fare una forzatura adattando questo brano neotestamentario dell’apostolo Paolo per descrivere la figura, la personalità e la missione di Madre Speranza, particolarmente a favore dei sacerdoti.
Trovo adeguata in lei questa espressione della Sacra Scrittura, poiché la vita della Madre può essere letta sotto questo profilo: una vita unita al sacrificio di Cristo sulla croce che dà la misura della infinita misericordia del Padre per l’uomo.
Una missione affidata da Dio.
Madre Speranza e la sua specifica missione
Madre Speranza ha vissuto profondamente il mistero di Dio Amore Misericordioso.
La sua vita spirituale è caratterizzata da una forte esperienza di fede, accompagnata da molteplici carismi. Con la sua vita e le sue opere, ha saputo dare una magnifica testimonianza.
Obbediente alla volontà di Dio ha dato così inizio, in due momenti diversi, alla fondazione della Famiglia religiosa delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso.
E proprio dall’Amore Misericordioso, in quanto così ispirata, ha tratto il modello e le dimensioni da seguire.
L’imitazione di Cristo l’ha spinta ad abbracciare la sua missione verso gli ultimi con una carità straordinaria.
E straordinaria è pure lei. Lo attestano i suoi scritti ma soprattutto quanti l’hanno conosciuta, e fra questi i suoi figli e le sue figlie che le sono stati a fianco.
Una delle note caratteristiche della Madre era la ricchezza affettiva del suo cuore, espressione di un amore materno, premuroso e intenso.
Fin dalla sua giovane età, lei si è domandata quale fosse la volontà di Dio da realizzare, come raggiungere la santità e in quale campo operare nella vigna del Signore.
È stata Madre Speranza che nella conferenza del 15 ottobre 1965 raccontò quando lasciò la sua casa paterna, e quindi Santomera.
Era la festa di Santa Teresa d’Avila e Madre Speranza all’età di 21 anni, accompagnata da suo padre e dal fratello Juan, si trasferisce nel convento di Villena. Lo fa – come dirà poi lei stessa in quella conferenza – con il gran desiderio e il grande entusiasmo di divenire, come Santa Teresa, una grande santa.
Era il 15 ottobre del 1914.
Raccontava in seguito: “Io volevo essere come lei, con il desiderio di essere santa. Così il giorno di Santa Teresa entrai fra le religiose del Calvario”.
Vediamo poi che la Madre, sempre desiderosa di raggiungere la santità ed impegnata in un cammino ascetico impostato con molto coraggio e decisione, dall’Istituto delle Figlie del Calvario passa tra le religiose di Maria Immacolata, come Claretiana, fino a quando comprende sempre più chiaramente, grazie anche all’aiuto del suo padre spirituale, che Dio la chiama ad un’Opera di maggiore respiro, più dilatata e con più ampi orizzonti.
Madre Speranza, dunque, percepì di essere chiamata non tanto a proporre una riforma nell’ambito delle claretiane ma ad impegnarsi a realizzare la fondazione di due nuove Congregazioni, una femminile e l’altra maschile: le Ancelle e i Figli dell’Amore Misericordioso.
La prima avrà inizio nella notte di natale del 1930, a Madrid, mentre i Figli nasceranno più tardi, il 15 agosto del 1951, a Roma.
Se la specifica missione che le verrà assegnata consiste nel “far conoscere a tutti gli uomini di tutto il mondo l’Amore e la Misericordia del Signore, nei confronti dei poveri che si trovano nel bisogno o nel peccato” ( El pan 21, Exh 9.9.1965), la Madre comprenderà, però, che l’impegno prioritario dovrà essere rivolto nei confronti dei sacerdoti.
“Il fine principale di questa congregazione- scrive la Madre in riferimento alla congregazione FAM – è l’unione del clero diocesano con i religiosi, i quali devono porre tutto l’impegno e la cura nell’unirsi ai sacerdoti, essendo per loro veri fratelli, aiutandoli in tutto, più con i fatti che con le parole” (El pan 14,1).
Questa scelta voluta da Dio, diventa per Madre Speranza programma, impegno costante e soprattutto certezza di corrispondere alla chiamata del Signore. E fa tutto questo con passione e sacrificio.
Nella missione adempiuta da Madre Speranza si intravede sempre questa priorità: l’unione del clero secolare.
Infatti, dopo l’art.17 delle Costituzioni EAM e FAM che portano il titolo “Essere Amore Misericordioso”, l’art.18 delle Costituzioni FAM parla di “impegno prioritario per i sacerdoti”, e anche l’art.18 delle costituzioni EAM, dopo aver detto che la Congregazione “di preferenza si dedica all’educazione dei bambini poveri e abbandonati, agli umili, agli emarginati e handicappati, ai giovani, agli anziani e ai malati più bisognosi” ricorda che “la vita della Madre Fondatrice, con la sua costante dedizione al clero, conferisce alla nostra vocazione – missione, un profondo orientamento sacerdotale. Ella ci invita ad offrirci all’Amore Misericordioso per i sacerdoti del mondo intero”.
Derivando dal medesimo carisma, quindi, Ancelle e Figli dell’Amore Misericordioso condividono e collaborano in modo veramente fraterno la scelta prioritaria per i sacerdoti, secondo il desiderio della Madre.
Tempi di maturazione
Tutti sappiamo come il diario di Madre Speranza è abbastanza ricco di contenuti spirituali.
Lì, lei annota i colloqui con Gesù e quanto sperimenta nella sua vita quotidiana. Riporta quello che Gesù le comunica in ordine alle opere da realizzare. Le vengono rivelati i disegni di Dio che lei dovrà portare a compimento.
Si registra, insomma, un dialogo continuo tra la serva di Dio e il buon Gesù che la chiama alla perfezione.
Da questi colloqui avuti con il Signore, la Madre sa che la sua missione deve essere indirizzata nei confronti dei sacerdoti per la loro santificazione.
Proprio per questo si sente chiamata dal buon Gesù ad offrirsi come vittima per i sacerdoti.
E il suo diario testimonia in più pagine ed in più date questa sua umile e preziosa offerta.
Già il 18 dicembre 1927 Madre Speranza annota di essere stata chiamata da Gesù per questa delicata missione: “ Questa notte mi sono distratta e il buon Gesù mi ha detto che non debbo aspirare ad altro che non sia amarlo, soffrire in riparazione delle offese che Lui riceve dal suo amato clero, e far sì che tutti coloro che trattano con me, sentano questo desiderio di soffrire e offrirsi vittime di espiazione per i peccati che commettono i sacerdoti del mondo intero, e che io mi devo sforzare di cercare solo la sua gloria, anche a costo del disprezzo di me. Che vuole dirmi con questo il Buon Gesù, Padre mio? “. Chiedeva così al suo padre spirituale che cosa volesse dirle Gesù con questa richiesta.
Sarà poi il 24 dello stesso mese, una settimana dopo, 24 dicembre 1927, quando la Madre si offre per la prima volta vittima per i sacerdoti.
Faccio notare che l’invito di Gesù rivolto alla Madre ad offrirsi come vittima per i sacerdoti le viene rivolto più di un anno prima rispetto all’annunzio della fondazione delle due Congregazioni.
Nel 1927 aveva ricevuto l’invito e si era offerta come vittima per i sacerdoti; il 28 marzo del 1929 poi scriverà: “ Il buon Gesù mi dice che è giunto il momento che scriva le costituzioni sulle quali più tardi si dovranno reggere la Congregazione dei Figli del suo Amore Misericordioso e molto presto la Congregazione delle Ancelle dell’ Amore Misericordioso”.
Quindi, c’e prima la chiamata alla missione che consiste nell’offrirsi come vittima e segue poi l’indicazione a procedere per fondare le congregazioni.
È chiaro cioè l’obiettivo. Sono i sacerdoti, o meglio l’amato clero. Viene chiesto, dopo, come realizzare questo.
E sappiamo anche che la Madre, comprendendo il delicato ed oneroso compito, ha risposto coraggiosamente: “ Gesù, sono pronta”.
Attingeva da Gesù la forza per arrivare ad amare come Lui aveva amato e per offrire le sue angustie e sofferenze per coloro che Egli più ama.
Sono tanti i riferimenti del suo diario quando la Madre prega Gesù per chiedergli l’aiuto necessario a compiere questa missione e a potersi offrire come vittima di espiazione per i peccati dei sacerdoti del mondo intero. Era animata dallo spirito di riparazione dei peccati propri ed altrui, specialmente dei sacerdoti.
Il 16 febbraio 1940 scrive: “ Aiutami, Gesù, perché in queste angustie, sofferenze e dolori, io soffra solo per Te, per la Tua gloria e per i sacerdoti del mondo intero che hanno avuto la disgrazia di offenderti…”.
Il Giovedì Santo, poi, dello stesso anno, 21 marzo 1940, la Madre rinnova il voto: “Oggi, giorno del Giovedì Santo, rinnovo, Gesù mio, l’offerta fatta nel 1927 al mio Dio come vittima per i poveri sacerdoti che si allontanano da Lui e lo offendono gravemente. Ti chiedo Gesù mio, di non lasciarmi un istante senza dolori e tribolazioni, e che la mia vita sia un continuo martirio, lento ma doloroso, in riparazione per queste povere anime e per ottenere la grazia del pentimento”.
Faccio notare che Gesù aveva parlato a lei di “amato clero”, e ora lei rivolgendosi a Gesù, parla di “poveri sacerdoti” e di “povere anime”.
C’è un interscambio tra l’amore di Gesù e l’amore della Madre nei confronti dei sacerdoti e questo si manifesta anche in segno di commiserazione, o meglio Amore Misericordioso.
L’amore della madre si unisce all’amore di Gesù per i suoi sacerdoti.
Anche il Giovedì Santo del 2 Aprile 1942, due anni dopo cioè, Madre Speranza scrive nel suo diario: “Oggi, giorno del Giovedì Santo, ti prego Gesù mio, di non dimenticarti dei sacerdoti del mondo intero per i quali desidero vivere come vittima: illuminali, Gesù mio, con la tua luce chiara affinché comprendano e sperimentino il vuoto e la nullità delle cose umane, e attirali a Te, mostrandoti ad essi come Padre amoroso e fonte di ogni bene. Dà, Gesù mio, alla volontà di ognuno di essi la forza e la costanza di cui hanno bisogno per non desiderare né cercare niente fuori di Te”.
La Madre poi soffre quando il suo padre spirituale non le permette di fare penitenza, perché il suo unico desiderio è poter soffrire per riparare le offese arrecate al Buon Gesù dai suoi ministri (cf Diario: 02.06.1952).
E sempre al direttore spirituale chiede di accompagnarla nella preghiera perché il Signore si senta “obbligato” a concederle grandi sofferenze e dolori, così che lei possa offrirli come riparazione ( cfr. Diario: 08.02.1954).
Una volta alcuni hanno sentito pregare la Madre per un sacerdote al quale era stata negata l’assoluzione in confessione. Lei diceva al Signore che avesse compassione della fragilità umana e che si ricordasse che il nostro corpo non è come era il Suo, ma indebolito dal peccato ed aggiungeva che, se proprio era necessaria una riparazione, c’era lei sempre pronta ad espiare i peccati dei sacerdoti.
Per i sacerdoti Madre Speranza ha pregato ed ha sofferto.
Poi intanto aspettando i tempi del Signore, quando cioè giungono a maturazione i suoi tempi, il 15 Agosto del 1951, Madre Speranza nella cappella della Casa Generalizia delle suore, a Roma, fonda la Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso con la missione di annunciare l’Amore Misericordioso e di aiutare e sostenere i sacerdoti del clero diocesano, fomentando l’unione con questi.
Con la fondazione dei Figli dell’Amore Misericordioso si concretizza il disegno che Dio intedeva realizzare a favore del clero.
La Madre volle che tutte le Case della Congregazione fossero accoglienti per tutti i sacerdoti, da sentirsi come a casa propria.
Per questo motivo lo stesso servizio nei confronti di questi doveva essere impostato sempre sulla gratuità.
Capitò intanto che il 5 aprile 1959 vennero a Collevalenza cinque sacerdoti spagnoli come ospiti. Alla loro partenza, però, questi, sapendo che non potevano lasciare un’offerta, passando da Perugia acquistarono un messale e lo consegnarono per la casa a quei sacerdoti che da Collevalenza erano andati ad accompagnarli.
Madre Speranza saputo ciò se ne dispiacque e disse alla comunità che ogni sacerdote che viene deve sentirsi in casa sua, che tutti devono essere trattati ugualmente, che non poteva accettare quel messale neanche come ricordo, che si deve evitare l’occasione di essere tentati di trattare meglio uno perché ha fatto un regalo e un altro ancora meglio perché ha fatto un regalo più grande e ha concluso dicendo che stava lottando tanto con se stessa per non portare tutti loro con lei in cucina e bruciare davanti a loro quel messale. Né seguì che quel messale non fu più visto; la Madre l’avrà regalato a qualche sacerdote di passaggio dal santuario.
Le attenzioni e le premure che la Madre aveva nei confronti dei sacerdoti erano assai evidenti. La nota di maternità, poi, è stata una delle caratteristiche più spiccate.
Arrivava anche a provvedere, a volte, a distribuire lei stessa il cibo nei piatti. Non avendone per tutti, se c’era qualche cosa di speciale, lo nascondeva nel piatto di chi ne aveva più bisogno cosi che questi se ne accorgeva solo mangiando.
Capitava anche che il suo affetto materno la rendeva sensibile anche alle altre necessità di ogni giorno. Non soltanto ospitava gratuitamente i sacerdoti ma se li vedeva vestiti dimessamente, li provvedeva di quanto avevano di bisogno.
Per i sacerdoti, insomma, la Madre aveva la massima venerazione.
Quando baciava la mano ad un sacerdote si vedeva che lo faceva con tanta devozione e convinzione. Una cura particolare desiderava per i sacerdoti che, ormai anziani, non potevano più provvedere a se stessi.
Lo stesso, poi, invitava i suoi figli e le sue figlie a pregare per i sacerdoti, a vivere questa missione in loro favore e ad offrirsi, come lei, vittime di olocausto per i sacerdoti del mondo intero.
Su un verbale di riunione della comunità dei Padri di Collevalenza del 21 Marzo 1955, riunioni alle quali la Madre prendeva parte per dare notizie, chiarimenti ed interpretazione autentica alle Costituzioni e al libro delle Usanze – si legge: “Comunica poi la Madre un incarico avuto dal Signore. I religiosi esercitino un atto di carità eroica consistente nell’offerta totale di ogni azione per la santità del Clero e delle anime a Lui consacrate.
Non dobbiamo pensare a noi; il Signore tutto questo lo metterà in conto per noi.
Questo, prosegue la Madre, è il secolo di più santi, ma è pure il secolo in cui il Clero e le anime consacrate offendono di più il Signore perché è il secolo che dà più occasione di peccato.
Chi rimane in piedi, conclude la Madre, disarmi il Signore”.
Nelle riunioni successive, più di una volta venne chiesto alla Madre il significato e l’impegno di questo voto, libero ma fortemente incoraggiato dalla Madre. Lei sempre ripeteva:
“Voi fatelo, ogni giorno, e non preoccupatevi se vi sentite indegni; fatelo sapendo che Gesù penserà a voi”.
Faceva capire la singolarità della vocazione, della missione e dell’amore che Gesù Amore Misericordioso chiede ai FAM nei confronti dei sacerdoti diocesani del mondo intero.
La Madre, insomma, si adoperò in molti modi per aiutare i sacerdoti, materialmente ma soprattutto per alleviare le loro necessità spirituali. Proprio pensando all’abbandono e alla solitudine in cui spesso è costretto a vivere il clero diocesano e alle insidie che gli vengono dal mondo, la Madre l’anno successivo alla fondazione dei religiosi FAM avviò anche il ramo dei sacerdoti diocesani.
Consapevole delle difficoltà giuridiche ma che rientrava nei misteriosi disegni del Signore, la Madre volle inserire nella Congregazione anche i sacerdoti diocesani, mediante i voti.
La Congregazione dei religiosi, infatti, nel 1995, dopo quindi diversi anni, ha riconosciuto il volere della Madre approvando due articoli nel testo delle Costituzioni (art. 10 e 20 delle Costituzioni FAM) ed uno Statuto proprio.
È un disegno di Dio che si realizza per il bene spirituale tra il clero.
Il fine principale della Congregazione
Studiando attentamente gli scritti della Madre, si conosce la finalità della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso. Più volte Madre Speranza rispose a voce ed ha messo per iscritto quanto riguarda la finalità sottolineando la specificità e l’attualità di questa missione.
Rimane assai chiaro a tutti che il fine primario dei religiosi FAM è l’unione con il Clero diocesano, per aiutarlo fraternamente e per accrescerne l’unità interna e la santità. La Madre diceva che nella Chiesa non c’era bisogno di una ennesima Congregazione religiosa; ve ne sono già molte per le varie necessità apostoliche; ne occorreva però ancora una che operasse particolarmente per il suo “amato clero”; che fomentasse l’unità interna del Presbiterio Diocesano e che diventasse per ogni sacerdote un punto chiaro di riferimento, come nella propria casa, in qualunque situazione ci si possa trovare.
In questo consiste lo specifico della missione: un’attenzione tutta particolare e una dedizione sincera e profonda per i sacerdoti. Per questi la Madre vincolò la missione dei Figli dell’Amore Misericordioso, invitandoli a dedicarsi a qualunque attività e a qualunque servizio apostolico ma sempre “uniti” ai sacerdoti.
La necessità e la preoccupazione veniva data dal fatto che il sacerdote, in quanto ministro di Dio, è inserito in una realtà di vita tanto complessa, difficile e rischiosa, con problemi ed attività che lo inducono, non di rado, a stancarsi, ad isolarsi e a volte, anche, a ritrovarsi in crisi. La Madre chissà quante volte si sarà chiesta: “Chi pensa ai preti? Dove trovano conforto nello scoraggiamento e nella solitudine?”.
La giornata del prete è intensa a motivo dei tanti e svariati impegni, costellata per di più da imprevisti: gente che ti vuole parlare, un documento, una preparazione ai sacramenti, un morto, un malato, una chiamata urgente. Di solito i suoi pasti sono frugali, freddi o frettolosi quando si è soli; caldi quando si ha la fortuna di avere in casa la mamma, una sorella o qualche altra persona. Una vita frenetica, insomma, vissuta nella normalità. Questo però può comportare il rischio di cedere nella stanchezza e nello scoraggiamento. Ho letto recentemente una intervista rilasciata da un sacerdote che ha lasciato il suo ministero. A lui era stato chiesto: “Cosa ti è mancato?” e questi ha così risposto: “Non avevo più come supporto la mia famiglia di origine, non ho trovato un clima di famiglia in canonica. Se confidavo ai miei genitori le difficoltà trovavo solo commiserazione, ma non sostegno e incoraggiamento. Avevo l’impressione che al parroco premesse solo il lavoro e le attività, ma quasi mai un segno di attenzione alla mia persona. Non mi hai mai chiesto se stavo bene o se avevo qualche problema di salute. Mai un segno di riconoscenza. Sentivo il bisogno di affetto. Pregavo poco e non dormivo. Ero spesso agitato, nervoso nei rapporti con il parroco e con le persone. Mi sono chiuso sempre di più con me stesso. Il vescovo era lontano, assente. Guardavo con invidia i fidanzati e gli sposi in atteggiamenti affettuosi. Mi domandavo: perché io sono solo? Il lavoro non mi bastava” (da: Vita Pastorale, n.11, 2000, pag. 14).
Anche altri hanno rilasciato delle dichiarazioni: “Ho finito col sentirmi solo e le donne si accorsero della mia solitudine. Tanto che ho finito per innamorarmi”. “Ai preti è chiesto tutto, tutto devono. Ma della loro solitudine e stanchezza, pochi si fanno carico”. “Ai sacerdoti vengono dati molti consigli e molte direttive su come adattarsi al cambiamento, ma non uno sguardo attento all’identità, all’essere prete del nuovo millennio” (da: Jesus, Agosto 2001, pag.21).
Madre Speranza, donna abbastanza intuitiva, teneva in mente questi casi ed ha provato grande dolore; intuiva il rischio a cui va incontro anche un buon prete; ha messo ogni sforzo personale invitando anche le sue figlie e i suoi figli, a non sfuggire nella vita di comunione con Dio. Ha capito di essere stata chiamata dal Signore per essere di aiuto e di sostegno per i sacerdoti. Arriva, anche, ad esortare dicendo: “State molto attenti, figli miei, a calcolare bene il tempo per non lasciare mai la meditazione e gli atti di comunità, se non volete un giorno arrivare a dire pieni di amarezza: Dio mio la mia abnegazione mi ha rovinato! La mia natura mi ha portato a trovare soddisfazione nel darmi tutto intero a fare il bene agli altri, tralasciando l’orazione, e mi sono compiaciuto dell’apparente buon risultato della mia attività, che mi ha fatto prendere un abbaglio nel mio lavoro interiore, così mi sono gettato nel precipizio e il mio apostolato non è stato secondo i desideri di Dio: la mia fede si è affievolita, le mie energie sono venute meno, si sono moltiplicate le mie cadute a discapito della carità e a danno delle anime che mi circondano” (El pan 14, 17-18).
Ecco la grande sofferenza di Madre Speranza: vedere cadere in disgrazia uno dei ministri di Dio. La missione affidatale ha quindi questo scopo: l’accoglienza di un sacerdote può operare miracoli sulla via della maturazione personale, spirituale e della chiarificazione delle idee. Ciò si rivela come medicina contro la frustrazione e l’intristimento.
Per la Madre a tal fine è determinante anche la struttura materiale. Lo spostarsi continuamente, il non avere un luogo proprio, l’essere costretti ad arrangiarsi, soprattutto non poter condividere quell’esperienza fondamentale di comunione che è il consumare insieme i pasti o il pregare insieme, finiscono col minare seriamente certezze che sembravano acquisite, finiscono con il fare morire l’entusiasmo.
Per evitare tutto questo, la Madre istituì le case di accoglienza dei sacerdoti, o per brevi periodi di recupero o per permanenze stabili.
Si prese cura anche della loro vita spirituale, specie di quelli più giovani, tramite l’animazione fraterna di raduni, ritiri e corsi di esercizi spirituali.
Ha provveduto anche all’accoglienza e all’assistenza di quei sacerdoti anziani e malati che intendono ritirarsi presso le strutture della Congregazione. Ha voluto anche che i sacerdoti diocesani che ne fanno richiesta, senza mutare la propria condizione canonica, vengano uniti all’Istituto religioso dei FAM, per praticarvi i voti e partecipare alla vita comune (cf Statuto SDCV, art.1).
Questi sacerdoti diocesani quindi, pur non mutando la loro condizione canonica, hanno un modo proprio di appartenere alla Congregazione; vengono cioè considerati come membri dell’Istituto ( cfr. Costituzioni, artt. 10-20 ) e, pur tendendo alla propria santificazione, nello stesso tempo “sono tenuti a perseguire con particolare interesse il fine proprio della Congregazione… operando per l’unità del clero diocesano e la sua santificazione, in spirito di concreto servizio fraterno” (Statuto SD FAM, art.5).
Fu l’anno successivo alla fondazione dei religiosi FAM quando Madre Speranza, per richiesta del Signore, avviò anche il ramo dei Sacerdoti Diocesani.
Ma passarono ben oltre quarant’anni dalla professione dei primi due aderenti al gruppo, risalente al 1954, per avere approvato lo Statuto dei sacerdoti diocesani FAM. Ciò è avvenuto proprio dalla S. Sede il 21 luglio 1995.
La Congregazione così si presenta come nel disegno di Dio e secondo quanto la Madre ha indicato. Una Congregazione chiamata ad essere trasparenza dell’Amore Misericordioso di Dio verso tutti ma in modo particolare nei confronti dei sacerdoti.
È giunto il momento del 50° di fondazione FAM
Non si può pensare di celebrare il 50° di fondazione dei FAM senza andare alle origini per scoprire la bontà di Dio realizzata in Madre Speranza.
E mi piace ripartire da quella sua espressione più volte riportata nel suo diario: “È giunto il momento”.
È un’espressione abbastanza conosciuta presso la famiglia dell’Amore Misericordioso perché si riferisce al linguaggio della Madre ed è nello stesso tempo un’espressione profonda che dice il rapporto di comunione della Madre con il Buon Gesù.
“È giunto il momento” scriverà, infatti, la Madre per la prima volta, quando il Signore, il 28 marzo del 1929, la invita a scrivere le Costituzioni che serviranno per le due Congregazioni che dovranno nascere.
Ripeterà la stessa espressione anche in altri momenti, ma sempre legati al compimento della volontà di Dio. La Madre sa, anche, che questo comporta la scelta della croce e della sofferenza. Lei farà ciò che Dio le chiede, ma sa anche che c’è un prezzo da pagare. C’è da abbracciare la croce. E la Madre è pronta: “completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo”.
Il 24 febbraio 1951, sei mesi prima della fondazione della Congregazione FAM, Madre Speranza scrive:
“Il Buon Gesù mi dice che è giunto il momento di darmi totalmente al sacrificio e alla sofferenza e che devo essere disposta a tutto quello che Egli desidera, costi quel che costi.
Mi ha detto che è giunto il momento di realizzare la fondazione della Congregazione dei Figli del suo Amore Misericordioso e che il primo di questi sarà il giovane Alfredo di Penta…”.
Sappiamo, anche, quanto sacrificio è costato alla Madre per realizzare ciò; quanti ostacoli, quante resistenze!
Agli uomini, anche a quelli di Chiesa, veniva difficile pensare che una religiosa poteva essere in grado di fondare una congregazione di uomini, o che Dio poteva servirsi di una donna, o di una suora per venire in aiuto ai sacerdoti. A queste difficoltà si aggiunge, per di più, il diavolo che la madre chiama il “tignoso”. Il progetto di Dio trova opposizione violenta nel “tignoso”, tremendamente infastidito da questo disegno. Maggiori ostacoli e sofferenze affronta la Madre quando si tratta poi di dare vita ai sacerdoti diocesani consacrati come Figli dell’Amore Misericordioso. Il diario della Madre nel mese di marzo del 1952 risulta pieno di queste annotazioni. C’è tanta opposizione violenta del “tignoso”. Scrive il 12 marzo del 1952:
“Questa notte l’ho trascorsa angosciata poiché il “tignoso” non mi ha lasciato in pace; sembra che si sia molto arrabbiato che scriva ciò che riguarda i sacerdoti in comunità…”.
Se la nascita della Congregazione FAM ha comportato molta sofferenza alla Madre, anche la gestazione dei sacerdoti diocesani FAM ha richiesto molte tribolazioni.
Ma ciò che sempre ci sorprende è l’identica espressione della Madre che si ripete: “È giunto il momento”.
È il momento di Dio, la sua decisione. Madre Speranza è chiamata ad essere solo uno strumento di questo disegno di Dio. E lei questo lo sa. Infatti nella riunione del consiglio dei FAM, tenutasi il 21 agosto 1959, la Madre ribadirà che la “Congregazione è stata voluta espressamente dal Signore” ( Libro delle Consulte, foglio n° 35, pag.1).
Giunge a noi, ora, il momento di rallegrarci per i 50 anni di vita dei FAM. Valgono per noi le parole della Madre rivolte alle Ancelle dell’Amore Misericordioso proferite nel Natale del 1955, in occasione del loro 25° di fondazione:
“Amati figli e figlie… il Buon Gesù possa rallegrarsi con noi nel vedere portati a compimento i desideri che ha avuto nel fondare le due congregazioni”.
Adesso anche per i FAM “giunge il momento”. Ma per fare che cosa?
Alcune linee propositive:
1. Sgorga nel cuore di ognuno un sentimento di gratitudine e di ringraziamento innanzitutto a Dio Amore Misericordioso. È un sentimento da riscoprire. Ringraziare è un sentimento a volte trascurato, quasi archiviato, strumentalizzato a cortesia formale di buona educazione, ma svuotato di significato e di contenuti.
Per poter dire grazie, con il cuore e non solo con le labbra, occorre aver recepito di aver ricevuto gratuitamente e molto. Sappiamo che il cristianesimo è la religione dell’Amore e, quindi, del rendimento di grazie. Non c’è amore senza dono, e non c’è dono che richiami la gioia di essere amati, che fa affiorare alle labbra il sommesso grazie di chi dona se stesso a chi gli si dona.
Si sperimenti, dunque, la gioia di trovarsi insieme e di vivere comunitariamente il carisma affidato alla Madre, sottolineando la specificità e l’attualità di questa missione in favore dei sacerdoti.
2. Dal recente passato uno slancio nuovo.
La Congregazione vive i suoi 50 anni di vita. Nella vita dell’uomo questa è la cosiddetta crisi di mezz’età. Un fatto è certo: è un appuntamento ineludibile e un compito evolutivo. Si dice anche che gli anni che seguono non fanno che confermare uno stato di maturità globalmente raggiunto, o finiscono per prolungare disagio e senso di incompiutezza.
La crisi fa parte della vita, e ne fa parte integrante poiché segna un momento di passaggio, di cambiamento cruciale nel quale l’individuo deve affrontare situazioni inedite e fare scelte nuove, e perciò difficili.
Anche per la Congregazione è così. Si tratta di affrontare bene questo momento di passaggio per non rischiare di vivere l’età adulta con la sensazione di essere giunti a una condizione ormai definita, con un ruolo sentito personalmente e riconosciuto socialmente.
La vita, a questo punto, chiede ancora di portare a pienezza quanto ci è stato consegnato.
Anche l’età adulta – se già di età adulta si può parlare per la Congregazione FAM – ha, insomma, i suoi impegni di sviluppo e le sue sfide.
Sulla scia degli insegnamenti di Madre Speranza, questo tempo congregazionale deve aprirci alla missione verso i sacerdoti, primi destinatari e mediatori della misericordia di Dio per gli uomini, “aiutandoli in tutto, più con i fatti che con le parole” (El pan, 14,1).
Nei confronti dei sacerdoti vanno favorite più efficace e nuove forme di presenza, di servizio e di fraternità.
Non si trascuri anche il fatto che i tempi odierni richiedono non solo presenza e servizio, ma anche impegno a conoscere meglio la situazione del clero in genere e la realtà diocesana in particolare. Sono questi d’altronde alcuni temi tracciati nell’ultimo Capitolo Generale FAM in riferimento al clero diocesano.
Non si abbia a dimenticare, anche, quanto ebbe a dire Madre Speranza nel 1954:
“Per questo il Signore ha suscitato questa famiglia religiosa, ma il Signore la disfaccia sul nascere se non dovesse servire per questo”.
3. Qualificare il carisma dell’Amore Misericordioso nei confronti dei sacerdoti come profezia di Dio e della Sua Parola.
Occorre ripensare concretamente il proprio stile di vita e la propria presenza perché il Carisma congregazionale mantenga la sua realtà di segno efficace.
“Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato?” (Mt 5,13). Questo significa essere fedeli al proprio carisma.
Ogni sacerdote che frequenta una comunità FAM deve trovare in questi luoghi l’oasi del ristoro, l’ambiente familiare, il luogo desiderato per incontrare Dio e sperimentare la Sua tenerezza; deve potersi sentire atteso ed amato.
Ma ciò comporta lo sforzo di tutti e di ogni FAM. Non sono ammessi cammini individuali. La sorgente della vita spirituale emerge dal suo radicamento in Cristo Amore Misericordioso e dalla Trinità Santissima, quale mistero di comunione. Per questo è più importante la “communio” che “l’actio”: meglio il meno perfetto in unità con gli altri che il più perfetto nell’isolamento.
4. Rilanciare la proposta dei Sacerdoti diocesani FAM
Nell’oggi della Congregazione FAM è un forte segno l’approvazione da parte della Santa Sede dei sacerdoti diocesani con voti.
Questi sono chiamati ad “offrire una chiara e tipica testimonianza ecclesiale, conforme alla natura della vita consacrata”; “essi svolgono una funzione profetica in mezzo ai confratelli diocesani i quali, per la pienezza del loro sacro ministero, sono già chiamati a conseguire le virtù della castità, della sobrietà di vita e dell’umile obbedienza” (Statuto, artt. 7 e 8).
“Il profondo inserimento di questi Sacerdoti Diocesani all’interno della Congregazione è espressione peculiare di quell’unione fraterna che i Figli dell’Amore Misericordioso sono tenuti a perseguire nei confronti del clero; allo stesso tempo, ne è anche strumento prezioso per una più incisiva azione apostolica nel presbiterio”(Costituzioni FAM, art. 20).
Per tutti questi motivi la Famiglia FAM non solo è chiamata a favorire la presenza e la partecipazione dei sacerdoti diocesani FAM, ma deve adoperarsi per fare conoscere questa forma di appartenenza mediante opportuni incontri spirituali, raduni di preghiera sacerdotali e proposte di itinerari spirituali. Tutto ciò senza timidezza o nascondimenti.
5. Quale futuro per la Famiglia dei Figli dell’Amore Misericordioso.
Gli orientamenti pastorali della Chiesa Italiana per il presente decennio all’inizio di questo terzo millennio, costituiscono un invito ad essere testimoni di Gesù Cristo come la grande speranza.
La Chiesa è abitata dalla speranza. La speranza è Gesù Cristo.
Oggi molti hanno bisogno di speranza. I FAM sono chiamati a testimoniare che c’è speranza, quella trascendente che recupera l’uomo nella sua integralità.
Si è chiamati in questa fase a continuare a rimettere insieme le forze per testimoniare, tramite l’annunzio dell’Amore Misericordioso, la grande speranza che è Gesù Cristo.
Si capisce, allora, che la Congregazione ha una certezza: cammina da Speranza a Speranza. La Madre ci porta a Cristo. Ecco il futuro dei FAM.
6. Ma, in ultimo, ci lasciamo coinvolgere dal nostro Pastore, grande e appassionante personaggio della Chiesa e del mondo odierno, che è il Papa. Ci lasciamo coinvolgere dal suo invito: “Duc in altum!”.
La lettera apostolica “Novo millennio ineunte” costituisce per la Congregazione FAM il richiamo a promuovere la spiritualità della comunione (cf NMI, 43-45).
Con uno sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, con un amore appassionante nei confronti dell’Amore Misericordioso di Cristo, avvinti dallo Spirito, la Congregazione saprà andare avanti sicura, saprà gettare le reti al largo della storia presente, saprà essere per i sacerdoti il luogo in cui vivere l’esperienza della divina misericordia.
Non si tratta di inventare un nuovo programma . Il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dal carisma della Madre.
Ed allora, ci piace pensare che “è giunto il momento” in cui Madre Speranza, come 50 anni fa’ per la fondazione dei FAM, ripete adesso dal cielo: “In questo giorno ho visto come Gesù, piantava la vigna della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso che, crescendo, dava abbondanti frutti”.