PROFILI DI MADRE SPERANZA – 3 P. Gino Capponi fam Immersa nella fede Edizioni Amore Misericordioso |
Santa Teresa dice che procurava tenere il più possibile Gesù nel suo presente. Infatti ognuno di noi vive un presente, che è esclusivamente suo.
Vedo la Madre protesa allo stesso intento. deve averci lavorato molto, prima che la conoscessi io, quindi prima del 1951. Da quell'anno fino al febbraio 1983, ho verificato quanta familiarità ella avesse, in maniera disinvolta, con la presenza di Gesù nella sua vita. Sono convinto che se per caso dovessimo non tener presente il suo contatto intimo ed esterno con il Signore, non avremmo la chiave di lettura della sua vita e dei suoi gesti.
Non mi prefiggo di scrivere aneddoti, ma qualcuno ci uscirà.
Interessante quando mi riferì di aver incontrato una "fondatrice", fra gli altri che ella riceveva. La Madre le chiese chi le avesse detto di fondare una congregazione: quella rispose che lo aveva pensato e progettato da sé. La Madre queste cose non le capiva, in quanto asseriva che, se non glielo avesse chiesto il Signore di fondare e di fare altre cose, lei non avrebbe agito. C'era in lei una indiscussa e chiara familiarità con Gesù ed una evidente dipendenza. Davanti a decisioni importanti, prendeva tempo perché doveva consultare "la almohada". Il cuscino o almohada da cui prendeva ispirazione ed idee era el buen Jesús.
Vedeva Dio dappertutto
Ci consigliava di portarci sempre appresso il pensiero della presenza del Signore, fino a suggerirci, quando ci mettevamo a letto per riposare, di invitare Gesù a coricarsi con noi, in un gesto di confidenza e intimità.
Durante i viaggi, aveva una chiave di lettura dei paesaggi o dei panorami, che ti rendevi conto subito del suo ininterrotto rapporto con Dio. Davanti a scene della natura, usciva spesso in esclamazioni come questa "Qué pintor". Vedeva Dio come pittore ed artista e non diceva niente del creato, senza il Creatore.
Il verde dei ampi, addirittura le differenti tonalità del verde la affascinavano. Le varie coltivazioni di erbe e la diversa intensità di colore negli alberi la rendevano attenta e la facevano pensare alle mille attenzioni con cui Dio aveva preparato questa bella aiuola della terra, perché l'uomo si rallegrasse e si incantasse davanti all'opera delle sue mani. Quando a sera usciva in macchina, per accettare questa delicatezza di chi la voleva far distendere, si interessava tantissimo ai tramonti e sottolineava davanti a chi l'accompagnava le varietà di rosso fuoco o di rosa o di azzurro. Le nuvole che diventavano dorate, poi rosacee, poi blu, poi oscure erano oggetto di attenzione e di ammirazione, con immediato riferimento all'Autore di così belle scene.
Dall'aereo ammirava i mari, navi, i solchi delle scie delle imbarcazioni, poi le nuvole, i cirri e quanto mostrava originalità di strutture, di accoppiamenti e di posizione. C'era sempre di mezzo "Lui".
Quanto si divertì nello svegliarmi a ripetizione durante un volo aereo da Madrid a Bilbao! L'aereo era quasi un giocattolo o meglio sembrava un carrettino a mano, volava molto basso rispetto a belle montagne piene di neve. Il sonno mi vinceva, mentre lei non voleva che mi sfuggisse quella meravigliosa scena, allo scopo di lodare insieme il buon Dio.
Anche in situazioni preoccupanti vedeva Dio come protagonista. Come quella volta che tornavamo in Italia dalla Spagna in aereo: c'erano venti ascensionali che turvabano il volo e l'aereo si agitava. La Madre era preoccupata e tutta tesa. Aveva lo sguardo fisso in avanti, non guardava né a destra né a sinistra. La Madre Felicità e la Madre Lucia che erano dietro a noi stavano tranquille perché c'era la Madre e per questo non temevamo. Lei invece non faceva altro che pregare fra sé e sé. Soffrivo per la sua apprensione. Anch'io, come le Suore, non ero preoccupato. Le dissi di stare tranquilla. Vedendola in preghiera, le chiesi perché pregava e mi rispose: "Per le due Congregazioni". Deve essere stata efficace quella preghiera, perché, quando scendemmo a Fiumicino e il pilota seppe della presenza della Madre Speranza, volle ossequiarla e le confidò che, in un certo punto della rotta, aveva dubitato di non poter vedere più i suoi figli. Lei aveva contato più su Dio che sul pilota.
Lavoratrice instancabile
La Madre è stata una cuoca impareggiabile. Metteva Gesù anche nella minestra, come si suol dire. Comunque lo faceva lavorare, in quanto lo faceva responsabile del tempo e del quantitativo. Mi spiego. Esigeva da Lui che i servizi che lei svolgeva in cucina fossero realizzati in tempi brevi, mediante la collaborazione che attendeva da Lui. Non era ingenuità: era certezza che lei lavorava per Lui e quindi era chiaro che si aspettasse che Lui lavorasse con lei. Solo per questo il lavoro della Madre sviluppava, come tempo come quantità di materiale. Infatti lei gli chiedeva, durante questo lavoro, di provvedere al forte quantitativo di cibo che doveva preparare, mettendo in movimento le sue qualità di onnipotente. "Vedi, Gesù, io ho poco denaro e perciò posso comperare solo una certa quantità di alimenti. Tu mettici le tue sante mani e fa' in modo che basti per tutti".
E' risaputo che l'anno santo 1950 fu, per la Madre e per le suore, un forte banco di prova, a Roma in Via Casilina. Sfamava le centinaia di pellegrini ospiti in casa con le prestazioni del buon Gesù. Ella lo sollecitava e spesso lo provocava dicendoGli che era stato Lui a chiederle quella grande casa. Era necessario che adesso Lui non rifiutasse la sua collaborazione; la Madre e le Suore avevano fatto tutti i sacrifici necessari: ora che Lui facesse quanto era in suo potere.
Si spiegano così i pasti dati agli operai del Casilino e quelli offerti ai poveri della parrocchia di San Barnaba, memorando qualche pranzo natalizio. Nella sua non timidezza, piuttosto nella sua invadenza, aveva meritato da Lui il titolo di gitana, cioè di zingara. Già, infatti la sua preghiera non era di un momento: non mollava finché non aveva ottenuto.
Immersa nella preghiera
Quando c'era bisogno di soldi, starei per dire che metteva alle corde il povero Signore, dicendogli che era stato lui a chiedere tante opere e tante grosse realizzazioni e che non era giusto ora tirarsi indietro. Più volte l'ho sorpresa mentre diceva al Signore che non doveva mandar perduto il danaro di navi o di aerei o di altro tipo; piuttosto che permettere che si distruggesse denaro in occasione di sciagure, sarebbe stato opportuno che lo facesse recuperare da qualche angelo e lo facesse portare a lei, che ne aveva bisogno. "Tu non sei stato mai economo e quindi non sei pratico, poi non hai toccato mai danaro, lo hai fatto maneggiare a Giuda e, per pagare il tributo, lo hai fatto togliere dalla bocca del pesce da Pietro. L'importante è che trovi il modo e il mezzo per farmi arrivare la provvidenza di cui ho bisogno".
Vorrei far notare che la preghiera della Madre era della vera zingara, cioè insistente e impertinente. Non era impertinenza blasfema ed offensiva, ma affettuosa e confidenziale. L'amore di chi prega sa dare contenuti e coloriture inedite. Che dire della richiesta di aiuto che la Madre stava presentando al Signore davanti al tabernacolo, una sera, nel piccolo Santuario a Collevalenza? Diceva: "Gesù, mi ha fatto tanta pena quella donna che è venuta da me questa sera. Ha un caso veramente difficile e soffre tanto. Signore ascoltala ti prego". Seguitò a pregare tanto insistentemente per molto tempo. Non avrebbe fatto meglio di lei un grosso avvocato nel perorare una causa difficile. Come in casi analoghi, mi sono convinto che la Madre aveva l'opportunità di fare da Marta e da Maria; era occupata a lavorare e contemporaneamente era a rapporto diretto con Gesù.
Un'altra volta la ricordo tutta intenta a tagliare carne di maiale. Andai per dirle qualcosa, ma non mi faceva caso. Mi accorsi che parlava con... un Altro e seguitava a tagliare ed a scegliere certi pezzi che ammucchiava in un recipiente e altri che metteva da parte. Insistetti nell'interromperla, ma non ci riuscii, in quanto era - direi - in estasi di lavoro e per giunta lavoro umile.
E pensare che in alcuni momenti, sia in chiesa sia altrove, durante la preghiera se la guardavi, era la persona più divagata di tutti. Guardava a destra e a sinistra perché, diceva, aveva paura di dare spettacolo, cioè di "distrarsi".
Ho detto precedentemente del suo impegno nella preghiera per trovare il denaro che le serviva, ma non vorrei che si pensasse che l'unico interesse era quello economico. Riferisco la sua sollecitudine per i soldati polacchi sepolti nel cimitero di Montecassino. La sera venendo da Roma a Matrice (Campobasso), aveva avuto molta pena nel vedere tante croci, indicanti tanti poveri morti a motivo della guerra. La mattina seguente eravamo in casa a Villa Di Penta, nella cappellina del primo piano accanto alla sua camera e P. Giovanni Barbagli stava celebrando la santa Messa ed applicava secondo l'intenzione della Madre. Questa, durante la celebrazione al momento dell'offertorio, si "distrasse" e diceva al Signore che lei faceva celebrare la Messa per quei soldati polacchi, affinché ne togliesse dal purgatorio almeno cinquanta. Insisteva con il suo interlocutore che ne liberasse almeno cinquanta con questa Messa e adduceva il motivo che lei non poteva far celebrare molte messe e versare tante offerte per l'applicazione, quindi cinquanta anime ogni Messa voleva che venissero fuori dal purgatorio. All'ultimo momento, fece un discorso come di chi fa a borsa nera e se ne approfitta con evidenza: "dato che sei tanto buono - disse - mettici dentro anche la mamma di quelle due mie Suore, che è morta giorni fa in Spagna" e non contenta, fece altri nomi di defunti. Confidenza e fiducia illimitata.
Che effetto faceva nei presenti questo stato di "distrazione" o estasi della Madre? Chi poteva, si avvicinava per sentire ed imparare. Qualche volta c'era anche un po' di curiosità da parte di qualcuno.
La prima volta che vidi la Madre in quello stato fu a Collevalenza nella chiesa parrocchiale, il 14 settembre 1951, alle sei del mattino. Ero partito da Todi per entrare in Congregazione quel giorno, dopo aver strappato il permesso al mio Vescovo. Alle cinque e tre quarti c'era la corriera di linea che faceva Todi-Foligno; partiva presto ed io partii presto non come fuga, ma con gesto che non voleva essere notato per creare così il fatto compiuto.
Incontrai la Madre e le Suore davanti alla Chiesa di Collevalenza, mentre arrivavano provenienti dalla casa Valentini. Un cordiale saluto sulla porta della chiesa e subito alle preghiere del mattino. Le suore erano sui primi banchi a destra, mentre i Padri sul banco di destra al lato dell'altare, guardando l'altare stesso.
Alle prime battute della preghiera, vidi P. Alfredo che mi si avvicinò e mi disse parole di saluto e qualche altra cosa che non capii. Io ero quasi in fondo alla chiesa, come di chi c'è e ancora non si sente del gruppo. Mi resi conto che il Padre mi diceva una cosa seria: "Don Gino, la Madre è in estasi. Se vuole avvicinarsi, non faccia complimenti". Al primo momento non mi avvicinai; lo feci solo dopo il secondo messaggio, quando mi si disse: "Venga, la Madre sta parlando di lei". Le fui accanto tutto tremante e sentii che parlava di me e del mio ingresso in Congregazione e delle speranze che aveva su di me. Disse addirittura che ormai si poteva cominciare a riunire seminaristi o apostolini (così li chiamava), dato che era arrivato chi stava già lavorando fra ragazzi di questo tipo, come Vicedirettore nel seminario di Todi. Di lì a pochi giorni, cominciammo a raccogliere ragazzi italiani ed anche spagnoli. Erano le speranze della nascente Congregazione. Ne sistemammo alcuni in casa, altri ce li ospitarono altre famiglie. La famiglia Bianchini mise a disposizione più di una camera e non ricordo chi assistesse quei ragazzi la notte; io andai a finire al secondo piano della casa che aveva l'ingresso al lato sinistro della chiesa parrocchiale. Sono comunque ancora commosso, al ricordo del colloquio che la Madre fece con il Signore parlando di me.
Quella camera lì in alto mi ricorda un altro fatto singolare, avvenuto un Venerdì di quaresima del 1952 o al massimo '53. Erano circa le quattro del mattino e sentii dei colpi alla mia finestra. Da notare che stando chiuso il portoncino esterno, non c'era modo di chiamarmi ad una urgenza. Deve essere stato in marzo. Che erano quei colpi? Erano sassolini tirati dalle Suore le quali volevano che andassi in casa Valentini presso la Madre che stava soffrendo. Scesi e trovai la Madre a letto con le braccia in forma di croce. Aveva un respiro grosso e mostrava una sofferenza acuta, chiedeva che non cessasse: "Ancora, Signore ancora". Pregava per i Sacerdoti e per tanta gente, in particolare per i figli e le figlie.
Fra l'altro notai che la testa della Madre non toccava il cuscino. Per verificare, misi la mano sotto la sua testa: ci passava comodamente. Stando a letto sotto le coperte, non ardii verificare se era sospeso anche il resto del corpo, ma constatai che anche le spalle erano certamente sollevate. Velo nero e camicia bianca, mi sembrava ripetesse in sé la passione del Signore, come se stesse alla presenza di Gesù crocifisso e lei vivesse ed esprimesse la stessa crocifissione, in unione di amore con il suo Cristo. Era una delle tante occasioni che le si offrivano o che cercava per pagare di persona, in donazione sofferta ed amorosa. Quando sembrò finisse quella esperienza, le Suore uscirono. Rimasi solo, mentre la Madre ritirava dentro il letto le braccia distese e si girava verso il muro, voltandomi le spalle. Le sue ossa scricchiolavano da far pena. Poi dopo un po', un rumore come di flagellazione. Ad ogni colpo, un gemito ed una invocazione: "Ancora Signore, ancora", offrendosi a maggior sofferenza per la conversione e per la santificazione di tanta gente.
A chi mi chiedesse se la Madre aveva i segni della passione di Gesù, dico con chiarezza e lealtà che ho visto cicatrici fiammanti sul dorso delle sue mani specialmente in tempi di passione, cioè quaresima e soprattutto settimana santa. Sulla palma delle mani erano meno evidenti. Una volta alzò con molto pudore il bordo del velo che le copriva la testa e constatai tanti segni rossi sulla fronte e sulle tempie, come fosse coronazione di spine.
Il giorno stesso della sua morte, mi telefonò Mons. Francesco Grasselli a nome del Vescovo Mons. Decio Lucio Grandoni, dicendomi che non facessimo passare l'occasione di far verificare da una commissione di medici, eventuali segni della Passione. Risposi che da circa sette anni non avevo più notato segni del genere.
Se permettete, torno a concludere il discorso iniziato col riferire la mia constatazione delle sofferenze della Madre, quella mattina presto quando mi avevano chiamato le Suore tirandomi sassolini alla finestra.
Ero rimasto solo e la Madre soffriva come la flagellazione. Dopo cinque minuti abbondanti tutto finì e la Madre restò tutta raccolta nel suo letto, senza rendersi conto che io ero in camera alle sue spalle. Dopo un po', si accorse che la luce elettrica era accesa e si meravigliò; voltasi, come per spegnere la luce notò la mia presenza e mi chiese che stavo a fare a quell'ora in camera sua. Risposi che stavo pregando. Mi obiettò che non era quello il luogo per pregare, né era l'ora più adatta. Sorrisi e dissi che avevo presenziato a tutte le sue preghiere e sofferenze, dopo che le Suore gentilmente mi avevano chiamato. Rimase un po' contrariata, però alla fine fu contenta e mi congedò.
L'amore premuroso di Dio verso di lei
Sarà bene toccare anche l'argomento del profumo o buon odore che spesso emanava dalla Madre. Sì, infatti, soprattutto i primi anni, quando si viveva in paese a Collevalenza, al passaggio della Madre, anche per le strade, si avvertiva un meraviglioso profumo che io non ho mai saputo individuare, come se fosse di una essenza e non di un'altra. Posso comunque dire che il più delle volte, era molto forte e sembrava non corrispondere a odori frequenti dalle nostre parti.
Non ho dato molta importanza a questo fenomeno, ma in coscienza debbo asserire che l'ho verificato io stesso e mi ha messo la Madre in un alone non comune.
Evidentemente, non ho mai pensato che si fosse profumata lei stessa, ma che fosse un piccolo segno della benevolenza del Signore verso di lei ed una minuscola segnalazione provvidenziale a chi la frequentava.
Un fenomeno che ho constatato una sola volta e che mi ha fatto impressione è stato quello che potrei chiamare il cambio e lo scambio del cuore. Nel riferire questo, attingo ad alcune confidenze fattemi dalla Madre, ovviamente non in confessione. Tutto veniva dal grande desiderio e santa ambizione di voler amare Gesù più di chiunque altro. Il solo pensiero che ci fosse un'anima che amasse il Signore più di lei destava nel suo cuore uno slancio per amarlo ancora di più. Se poi per caso, il Signore stava senza farsi vedere per qualche giorno, allora erano sofferenze in lei, perché le veniva il dubbio di averlo offeso o, per lo meno, trascurato in qualche cosa. Non mi meravigliava più se talvolta la sentivo chiederGli: "Signore, chi é che ti ama più di me? Non per egoismo, ma per darti tutto ciò che ti aspetti da me, io voglio amarti più di chiunque". Spesso ho pensato che il Signore stesso stimola le anime generose a questo giuoco, interpellandole come fece con Pietro: "Mi ami tu più di costoro?". Evidentemente, la Madre prendeva fuoco a questa provocazione divina e moltiplicava se stessa, per dargli soddisfazione secondo le su aspettative.
A un certo momento, ha desiderato amare Gesù come lo amava sua Madre, la stessa Maria Santissima. Ma, nel dubbio che lui le chiedesse tanto, tanto amore ancora, gli fece una proposta: "Signore, vorrei amarti con il cuore tuo; non me lo presteresti il cuore tuo, perché io ti possa amare tanto, tanto?". Il Signore la sconsigliò di chiedere tanto non le sarebbe convenuto. Lei insistette per giorni e giorni. Fu accontentata, ma da quel momento in poi, la Madre assunse un modo di respirare così intenso che cominciò a preoccuparmi ed anche lei infine credeva di non resistere. Era felicissima, ma soffriva. Diceva che non avrebbe mai creduto che non solo un cuore di uomo non le conveniva, ma addirittura un cuore divino non lo sosteneva. Felice, tuttavia, di amare Gesù con il suo stesso cuore. Resistette un giorno, poi mi disse che se il Signore avesse voluto, le avrebbe chiesto di poter riavere il suo cuore di sempre. Contenta, comunque, che Lui per un giorno si era tenuto il cuore di lei: avrebbe avuto ora un cuore rinnovato. Tornati ognuno con il proprio cuore, il respiro della Madre riprese normale.
Fenomeno mistico di portata superiore, che ebbe risonanze anche esterne con l'immediata conseguenza di maggior tensione verso il buon Gesù e tanta disponibilità per quanto Lui stava per chiederle. Eravamo ancora ai primi tempi. Poi la Madre si buttò nelle realizzazioni che il Signore le chiese a Collevalenza, soprattutto il Santuario e il complesso annesso.
Non so se alludesse a questa esperienza quando, soffrendo poi incomprensioni e contrasti, si lamentava col Signore e scherzando diceva: "Prima mi hai preso con le caramelle. Forse perché volevi legarmi a Te e avevi paura che le sofferenze mi avrebbero scandalizzato".
Pronta ad amare il suo Gesù più di chiunque.
Madre Speranza e l'Eucarestia
Un'altra cosa che mi fa pensare al cuore della Madre è quella che poi ha raccomandato ai suoi figli e addirittura ha chiesto di proporre agli stessi apostolini o seminaristi. Nel libro delle usanze incoraggia perché si inviti Gesù, durante la comunione Eucaristica, a non lasciare il cuore vuoto di Lui, ma a restarci niente meno con le specie eucaristiche come in un tabernacolo, come in una teca, tabernacolo e teca viventi, s'intende.
Tutto risale, credo alla sua prima comunione, che s'era procurata anzitempo. Riuscita a farsi dare la comunione da un sacerdote forestiero che non la conosceva, la piccola Josefa (Speranza sarà il nuovo nome da Suora) chiese subito a Gesù di restare con lei in quanto non le sarebbe stato facile, ancora per molto tempo, poter rifare la comunione. Ebbe talmente la certezza che il Signore era rimasto con lei, che non giuocò più in maniera vivace come prima e non dormì più dalla parte del cuore per non opprimere Gesù. Da bambina in un modo, da grande in un altro, ma sempre con lo stesso intento: avere Gesù con sé nel cuore... sacramentalmente. Era assurdo di convincerla, dicendo che le sacre Specie andavano nello stomaco. Penso a sorrisi di compassione da parte di teologi e competenti, ma qui siamo in una dimensione che loro non sempre sanno sognare. Per la Madre non era un discorso dottrinale, ma un rapporto di profonda intimità con il "suo" Gesù" esperienza non speculazione.
Veniamo al giorno dell'Epifania 6 gennaio 1952. La Madre era appena uscita da una lunga malattia che si stava facendo tragica, a causa della peritonite perforata e si era risolta, poi, con un grosso intervento che il Dott. Pierozzi definì taumaturgico. Erano le 8,30 del mattino; iniziava la Messa festiva e la Madre si preparava da giorni a quella messa e aveva preparato anche chi le stava accanto. Prima sperava e poi fu certa che il Signore si sarebbe regalato in quella forma sacramentale permanente, secondo quanto abbiamo detto sopra. Fu una cosa allucinante quel giorno e i seguenti. Non la saprò mai raccontare. Credo che l'Amore Misericordioso non sia "mai" stato tanto misericordioso. La tensione eucaristica della Madre la spingeva a coltivare tabernacoli viventi ed a moltiplicare comunità, cappelle e tabernacoli.
Per lei il sacrificio eucaristico era qualcosa di veramente forte e moltissime volte, durante le celebrazioni, si verificarono particolari "distrazioni". Ne ricordo tante nella chiesa parrocchiale di Collevalenza, a Matrice, a Colloto nelle Asturie in Spagna, ma soprattutto al Santuario e proprio, cioè al Santuario Piccolo, come siamo soliti chiamarlo. La Madre veramente lo chiamava la grotta di fuoco, sia per il legno paduk che orna il fondale del presbiterio, sia per le tante lampade rosse accese dai pellegrini davanti all'Amore Misericordioso.
Ma amava il Tabernacolo, forse perché spesso é luogo d'incontro con Gesù Eucarestia poco frequentato; per lei era un posticino interessante, dove gli incontri con il Signore erano a portata di mano e garantiti dal raccoglimento. Era felice e faceva festa ogni volta che si impiantava un tabernacolo. Ricordo quello dell'Istituto, nella piccola cappella provvisoria, dove ora è il saloncino di casa. Forse aveva sentito la mancanza del tabernacolo in casa Valentini. Festa, grande festa per l'inaugurazione della prima casa dei suoi figli, ma in particolare gioì perché ci sarebbe stato un Tabernacolo pieno di Gesù. Davanti a quel tabernacolo pianse tanto alla notizia della morte di sua madre.
Piangeva dicendo: "Gesù mio, dì alla mamma che le ho voluto tanto bene. Dille che non è diminuito il mio amore verso di lei, se non sono andata spesso a farle visita a Santomera. Dille che mi è costato molto il distacco da lei, ma ho ridotto le mie visite per dar esempio di distacco alle mie figlie e ai miei figli. Dille che...".
E il tabernacolo portatile riposto il Venerdì santo nella casa parrocchiale a Collevalenza?
Era venuta in chiesa e poi in casa chiedendomi: "Dove l'avete messo?" Mi sembrava di sentire la Maddalena che cercava il corpo del Signore. In maniera scherzosa, le dissi parole evasive. Ella insistette e la portai nella saletta dove, sopra il tavolo, avevamo posto il tabernacolo in forma privata, in quanto di Venerdì Santo l'Eucarestia era tolta al pubblico. Era nientemeno la stessa saletta dove la Madre la sera del 18 agosto 1951, mi aveva fatto la proposta di entrare in Congregazione.
Davanti a quel tabernacolo ci inginocchiammo ed ella pregò intensamente che si distrasse quasi subito. Parlò con Gesù della sua morte, segno di amore misericordioso ed infinito, parlò di eucarestia, di sacerdoti, dei suoi sacerdoti-figli, delle sue figlie. Chiese la gloria eterna per un degnissimo sacerdote che era morto in quei giorni a Todi, Mons. Enrico Vezzulli. Lo raccomandò al Signore per la benevolenza verso di noi e perché aveva collaborato alla formazione culturale di P. Alfredo. Credo che ottenne l'ammissione immediata in paradiso.
Essendo in quel periodo anche parroco di Collevalenza, fui chiamato al capezzale di una malata che temeva di morire, la Sig.ra Sofia Bianchini. Quando tornai, dopo un buon quarto d'ora, trovai la Madre ancora distratta davanti al tabernacolo; questo era aperto. Mi dette spiegazione il P. Alfonso che era lì in ginocchio con la M. Genoveffa e Suor Milagros. Mi si riferì che, ad una richiesta della Madre rivolta al Signore, affinché si facesse vedere così come si trova in quelle anguste pareti del tabernacolo, la porticina si era aperta da sé, con una certa piccola velocità.
Di lì a poco, la Madre si destò dalla distrazione ero presente anch'io. Si accorse di essere stata seguita. Di fronte al tabernacolo aperto, si volse verso di noi e fece notare che il tabernacolo era aperto; suggerì di chiuderlo. Io, in maniera rispettosa ma sbarazzina e provocatoria, le dissi che sarebbe stato giusto che lo chiudesse chi l'aveva aperto. Ella rispose di non essere stata lei ad aprirlo; comunque, se non lo volevamo chiudere, disse che sarebbe stato conveniente accendere due candele. Vedendo che cominciava a soffrire perché non chiudevamo la porticina, mi decisi e lo feci io.
La sua carità verso i defunti
Da quanto ho già scritto, si nota un grande zelo della Madre a favore delle anime dei defunti. Chi le è stata vicina ha constatato l'affetto con cui le ha suffragate ed ha incoraggiato a farlo, ed anche l'interesse di chiedere loro aiuto e protezione in ogni evenienza. Ha fatto per loro preghiere, opere buone e beneficenze a non finire. Ha fatto celebrare sante Messe ed anche tanti turni di messe gregoriane. Non c'è stato nessuno che ella abbia conosciuto e morendo non abbia ricevuto il più abbondante suffragio. Ricordo con commozione che, quando morì mia madre, nel novembre del 1965, non solo fece celebrare un turno di Gregoriane, cioè trenta Messe ininterrotte per tutto un mese, ma chiese alla comunità delle Suore e nostra di partecipare ogni giorno a quella celebrazione. Commovente.
Altrettanto simpatica la premura per il defunto sacerdote spagnolo di Bilbao, Don Doroteo. Intanto lo definiva il suo più grande benefattore, dicendo che, creandole contrasti, l'aveva aiutata a santificarsi. Ho celebrato più Gregoriane io, in quel periodo, che non si sa. E anche altri hanno avuto l'incarico di celebrarne. Faccio subito notare, una volta per tutte, che ci dava l'offerta per ogni Messa che le applicavamo nonostante fossimo gente di casa e figli per di più. Ci manteneva e poi ci dava l'offerta per le applicazioni, dicendo che quel denaro ci serviva per la comunità.
Non considerava solo suffragio, ma addirittura omaggio, una preghiera, un'opera buona, una santa Messa. Quante volte ci ha fatto applicare, ad esempio, per la Signorina Pilar de Arratia. Non credo che la Madre la pensasse in purgatorio, anzi diceva aspresamente che era in cielo, tanto che si rivolse al Card. Luigi Traglia che l'aveva conosciuta, affinché si interessasse per la sua beatifica zione. Tuttavia faceva celebrare Messe per lei come omaggio, dicendo che poi, tra il Signore e lei, le avrebbero devolute alle anime bisognose.
Su questo sfondo, si inseriscono le disposizioni che ha dato alla casa del pellegrino a Collevalenza: una tanto per cento del ricavato dalle rette degli ospiti sia versato per le Messe a favore delle anime del Purgatorio e dei pellegrini in particolare.
Altra iniziativa: quella di acquistare un appartamento perché venisse affittato e il ricavato andasse per la celebrazione di una Messa quotidiana a favore delle anime dei genitori delle Ancelle e dei Figli dell'Amore Misericordioso. Diceva infatti che non avrebbe sopportato che una suora o uno di noi avesse detto con rammarico di non aver come far celebrare una Messa, per papà o per mamma. "Ci penso io. State tranquilli. Avrete per i vostri cari una Messa ogni giorno".
Fu contenta quando sua sorella, Superiora a Roma in Via Casilina, le assicurò che le spese di manutenzione dell'appartamento se le assumeva la comunità, senza intaccare il ricavato dell'affitto. La Madre Ascensione era dello stesso taglio della sorella.
Che dire delle Messe perpetue per i vivi e defunti che ci ha incoraggiato a istituire in Santuario?
Con il consenso del Consiglio generale, non vi so dire la gioia di aver applicato sempre per lei, per la Madre stessa, dall'8 febbraio fino ad oggi: una Gregoriana dopo l'altra, in omaggio a lei, maestra di amore e di interessamento. Perché? Perché abbia tanta gloria e perché distribuisca ancora Messe.
Alla vista del buon Dio e del suo buon Gesù, ora non gli chiederà più che le faccia vedere cosa fa e in che atteggiamento si trova nel Tabernacolo. Allora le fu detto che nell'Eucarestia si trova in stato di vittima e presenta sempre al Padre le sue Piaghe per la salvezza dei fratelli, ora le sue sofferenze e il suo amore l'hanno portata a vedere il suo Amato nel giorno in tramontabile dell'eternità e gode di Lui e con Lui. Ne guadagnano coloro che la tengono come esemplare e come interceditrice.
Fortemente materna nella sua azione educatrice
Ha sempre avuto un senso spiccato di maternità e lo ha dimostrato con una attenzione veramente dettagliata per tutti e per ognuno. Non sapeva fare complimento, anzi diceva chiaramente che lo considerava come complimento, come qualcosa che ha compiuto mentendo. Amabile, ma decisa ed esigente con se stessa e con gli altri. A noi figli ha voluto un sacco di bene ma non ci ha viziato. Schietta e risoluta, ha educato giovani e meno giovani al lavoro ed al senso di responsabilità.
Quanto ha sofferto vedendoci talvolta mancanti in qualcosa! In casi particolari, non sempre ha avuto modo di avvertirci chiaramente e immediatamente. Ha aspettato il momento adatto, imitando il Signore che - dice lei stessa nella novena - dissimula le mancanze degli uomini e li attende a penitenza. Comunque, qualcuno è incorso nell'equivoco di considerarla dura, perché è stata ferma ed intransigente su cose di importanza. Difendeva lo spirito della Congregazione in maniera decisa: la spiritualità dell'attaccamento a Dio e di apertura ai bisognosi è stata la sua bandiera. Per i sacerdoti è stata una mamma, che ha studiato ed attuato quanto era fattibile per loro. Dalla preghiera al sacrificio, dalla riparazione delle loro mancanze al sostegno attraverso la fondazione di una congregazione tutta per loro, ogni cosa ha messo in movimento perché si santifichino e siano santificatori.
E per noi suoi figli tanta sollecitudine a tutti i livelli ed anche osservazioni e rimproveri. Quante volte ci ha detto di vedere in noi dei buoni preti, ma spesso soffriva di non vederci veri religiosi, come quando ci vedeva intenti a lavorare, ma non troppo disposti a collaborare.
Le Suore le vedeva più inclini a stare insieme ed a lavorare insieme, ma non altrettanto noi. Allora ci parlava di rinnegamento di noi stessi, andando così alla radice del problema. Era un discorso di formazione profonda al distacco dai propri punti di vista perché solo in questo vedeva il presupposto per una fusione di intenti e di comportamenti.
Vorrei sottolineare (e ancora non lo abbiamo approfondito abbastanza) quanto sia interessante il modo con cui ci spinge al clero diocesano. Non dice che ci dobbiamo unire ai sacerdoti, ma che dobbiamo provocare che i sacerdoti si uniscano, si alleino con noi, in modo tale che poi, tutti insieme, ci diamo alle attività caritative e pastorali. Sono, questi, grossi titoli di meravigliosi capitoli in cui il pensiero e l'attività della Madre dovranno essere approfonditi, condivisi ed attuati.
Amore, sofferenza, penitenza. Vorrei fermarmi un istante sulla penitenza e sulla riparazione: cilizi, sferze, digiuni, astinenze, cibi e bevande amare. Non solo praticava certi tipi di mortificazione, ma le consigliava, anche se talvolta si sentiva rispondere che al buon Dio uno voleva portare la pelle intatta senza buchi tanto per scherzare sull'uso del cilizio
Non ci risparmiava ammonizioni ed anche rimproveri, ma mezzo minuto dopo era lei che magari ti chiedeva un favore o una prestazione e ti rivolgeva la parola per toglierti dall'imbarazzo.
Quanto a chiedere scusa per dispiaceri dati, era la prima a farlo o a consigliare di farlo. Non sopportava che ci fossero ombre fra l'uno e l'altro.
Le mancanze di puntualità non le tollerava, perché le considerava mancanze di rispetto al Signore ed al prossimo. Voleva che si riparasse, per esempio, mettendosi in ginocchio in cappella o al refettorio per essere arrivati tardi e cosi pure a ricreazione.
Sul fatto della penitenza vorrei rimarcare che ella nel volumetto "La perfezione della vita religiosa" dice chiaramente che, mentre la mortificazione può essere conveniente, la penitenza è necessaria. Dura? No! Convinta e coerente.
La sua è stata una vita ordinaria vissuta in modo straordinario: piccole cose praticava ed insegnava, ma tutte improntate a delicatezza di amore.
In chiesa stava con semplicità e dignità. C'era rispetto al Signore ed anche senso di mortificazione nello stare eretta senza troppo appoggiarsi. Non voleva che si appoggiassero i piedi sulla parte del banco che serve per mettersi in ginocchio; esigeva che non ci si raschiasse la gola ne si facessero rumori di sorta; se uno era preso da forti colpi di tosse, lo consigliava di uscire per non essere di disturbo. Conferendo con il buon Dio, richiedeva per sé e per noi che si facesse con delicatezza, rispetto e riverenza filiale.
Il suo colloquio con Dio era improntato ad affetto, a tanto affetto. Non parlo ancora della santa Messa, ma della preghiera corrente ed ordinaria, ad esempio, della recita del Trisagio alla Santissimo Trinità o del santo Rosario e di orazioni collettive o personali. Si serviva, per sé e per noi, dell'alimento della Parola di Dio. Omelie, ritiri, esercizi spirituali erano sempre portati avanti con tanto interesse e frutto. Attenta e riflessiva quando era in ascolto, convincente ed esemplare quando esortava o dettava spunti di riflessione.
Abbondante nel ricevere e nel dare. Esperta nella vita spirituale, ha mirato all'assimilazione della parola di Dio per l’elevazione dello spirito. In tal senso si debbono intendere le raccomandazioni ai suoi figli ed alle figlie: "cada il mondo, ma non lasciate di fare mezz'ora di meditazione la mattina e mezz'ora la sera" In questo si è sempre teneramente ispirata all'esempio della Madonna, ricordando quanto disse di lei San Luca quando afferma che Maria metteva nel cuore e rifletteva su tutto ciò che vedeva ed udiva di Gesù.
Tutta protesa verso Gesù e la Sua volontà nella sua chiamata personale
Sì, perché anche lei, appassionata di Gesù, voleva imparare ed approfondire, vivere quanto Gesù voleva, quanto Gesù desiderava, quanto a Gesù piaceva. Come per Paolo: "Per me vivere è Cristo". Annota nel libro delle usanze che, se non adoperiamo la meditazione per conoscere noi stessi e per modellarci quindi a Gesù come faremo a realizzare la nostra vocazione cristiana e religiosa? L'imitazione del Cristo e la perfezione e santità dei consigli evangelici erano oggetto delle sue meditazioni e della sua vita contemplativa. Puntava il suo occhio avido sul buon Gesù, poi, giocava tutta la sua vita. La fondazione delle due Congregazioni e del Santuario è stato il suo modo di coinvolgere gente nella sua passione per Lui.
Ha trovato ostacoli? Ha provato delusioni? Non poche! Ma... avanti, sempre avanti; costi quel che costi: questo il suo motto.
Tutto per amore di nostro Signore Gesù Cristo.
Lasciò nella povertà e nella malattia il papà e la mamma, che adorava ed anche i fratellini.
"Va', figlia mia, le aveva detto la mamma; va' e fatti santa". Non dura con la famiglia, ma convinta che il Signore la chiamava, lasciò ogni cosa; non i possedimenti, che non aveva, ma gli affetti più cari, soprattutto il papà del quale era la prediletta e al quale era tanto attaccata. Lasciò anche lo "zio" prete, il parroco di Santomera, che aveva servito e amato con affetto filiale; lasciò le due maestre, le due sorelle del parroco, dalle quali aveva tanto imparato di nozioni e di virtù cristiane. Andò fra le Figlie del Calvario, lei già appassionata di Gesù Crocifisso.
Preghiera e lavoro: tutto per legarsi al "suo" Gesù del quale voleva essere tutta intera.
Dopo qualche anno, lavorò attivamente per la fusione delle Figlie del Calvario con le Figlie di Maria Immacolata dedite all'insegnamento della gioventù. Avrà posti di responsabilità ed attenderà al lavoro assegnatole dai Superiori, ma lei lo sa il suo lavoro: è quello di farsi possedere tutta da Gesù e di servire Lui solo. Anima e corpo a disposizione, costi quel che costi.
Non posso non dire quello che conferma quanto ora ho asserito e che dimostra con ingenuità e sincerità, quanto la Madre ha sperimentato nella sua vita. Lei è stata tutta protesa verso Gesù e la sua volontà, questo il suo intento, punto di partenza e di arrivo.
Le chiesi un giorno solo a solo con lei: "Madre, come mai il Signore le concede tante cose? Ho l'impressione che la preferisce e l'ascolta con parzialità. Che ne dite, Madre? Come spiega che il Signore è più largo con lei che con tanti altri?" Divenne rossa, rossa.
- "Figlio mio, mi rispose, forse dipende dal fatto che quando il Signore mi chiede qualcosa gliela faccio, perciò quando io gli chiedo qualcosa Lui me la fa" - risposta esatta e rivelatrice di tutto un rapporto non sentimentale, ma operativo. Come non pensare a quanto Gesù disse agli Apostoli che gli offrivano cibo, dopo il suo colloquio con la samaritana: "Il mio cibo è fare la volontà del Padre". Anche la Madre Speranza, alla scuola di Gesù, aveva sempre alimentato la sua anima ardente con la volontà del Padre. Lo dico non tanto per il niente che le ha dato la mia direzione spirituale, ma per il non molto che le hanno dato quanti l'hanno aiutata.
Si dice anche di Santa Teresa di Gesù bambino che solo il Signore fu la sua guida.
Lavoro di fantasia e penso agli incontri estatici di quando Gesù le si è mostrato. Quando, ad esempio, lei fungeva da sagrestana e rimase in preghiera assorta davanti al Tabernacolo della casa delle Clarettiane. Lezioni succulente quelle datele direttamente dal Signore. Senza tacere delle lunghe riflessioni meditative di quando scrutava il mistero del divino Crocifisso. Non solo per San Filippo Benizi, ma per la Madre stessa, il Crocifisso è stato il libro di testo.
Maestro e libro dove la sua anima ha attinto lezioni di annientamento e di donazione, di apertura e di condivisione. La disponibilità alle direttive divine è stata totale.