PROFILI DI MADRE SPERANZA – 10

M. Antonietta Graziano

Madre Speranza la donna forte

Edizioni Amore Misericordioso – 8 febbraio 1987

La virtù della FORTEZZA nell’esempio di  Madre Speranza

La figura di Madre Speranza agli occhi di chi la conosceva, dei Figli e delle Figlie, degli amici pellegrini più assidui, ma anche agli sconosciuti che la vedevano per la prima volta, appare di tempra straordinariamente robusta.

E' innegabile la sua maternità, della quale tutti coloro che le sono vissuti accanto hanno potuto sperimentare gli aspetti più delicati, ma è altrettanto innegabile che, allo stesso tempo, Ella era una donna virtuosamente forte, di una fortezza che, per meglio rendere l'idea, si dovrebbe definire "virile".

Del resto, la fortezza doveva essere una delle virtù più care alla Madre. Sembra di poterlo intuire dalla sua insistenza nel voler partire da casa, per diventare religiosa, proprio nel giorno di Santa Teresa D'Avila, poiché questa santa era "varonil" cioè virile, e la Madre, aspirante religiosa di 21 anni, avrebbe voluto somigliarle.

E' probabile che, se tanto ammirava la forza, la Madre per natura sua non fosse forte.

Chi le è vissuto accanto racconta che Ella provava, come avviene spesso a molte altre donne, la stessa nausea alla vista o al contatto di certi insetti o di rettili o di topi e che aveva paura del temporale.

Inoltre lei stessa confessa a volte, nel suo Diario, quanto sconvolgimento interiore e quante paure le causasse il solo paventare una difficoltà.

Spesso erano solo difficoltà che lei vedeva nella immaginazione, preoccupandosi in anticipo e senza motivo reale, quando, ad esempio, veniva solo convocata da qualche Cardinale e lei già supponeva che la chiamassero per sciogliere definitivamente la Congregazione.

Sembra di capire, insomma, che la Madre fosse per natura impulsiva come noi. Molte volte la troviamo in pianto di fronte a Gesù spaventata per le Sue richieste troppo ardue.

Questa fragilità naturale della Madre, così simile alla nostra, ci consola e ci incoraggia. Spesso, infatti, ci ripieghiamo nella mediocrità giustificandoci col dire che noi non siamo come i santi. Che i santi come Madre Speranza, si comportavano in modo eroico perché erano naturalmente eroici, mentre noi ce ne sentiamo dispensati.

E invece siamo tutti ugualmente e naturalmente fragili e tutti obbligati alla santità, e una cosa sola può impedire al Signore di farcela raggiungere: il fatto che noi non lo vogliamo.

La virtù della fortezza

Scrive San Tommaso che l'uomo, dopo sforzi ripetuti, si stanca di fare il bene, e noi stessi sappiamo quanto questa affermazione sia realtà.

Le sollecitazioni negative che ci arrivano dall'esterno sono tante e persistenti e il nostro tempo è corrotto a sufficienza.

La stanchezza di continuare a praticare il bene controcorrente produce scoraggiamento e consente in noi il nuovo sopravvento dell'amore al godere.

Scrive la Madre: «Anche nella vita dell'Ancella dell'Amore Misericordioso ci sono e ci saranno ore tremende e di violente lotte. Il fuoco della sensualità che sembrava estinto sotto il santo abito, si accende di nuovo, figlie mie, e la concupiscenza addormentata si sveglia con inaudita possanza e allora viene la più aspra battaglia....

E più oltre: «...Possiamo e dobbiamo resistere anche se per essere vittoriose dovessimo combattere e lottare fino a spargere sangue».

La Madre fa' appello alla virtù della fortezza. La fortezza è fra le virtù quella che forse ci è più necessaria per la santificazione perché è quella che stimola ad andare avanti, a resistere e a superare le difficoltà.

Raccomanda il Sapiente Israelita al giovane aspirante nel libro del Siracide: «Figlio se ti presenti a servire il Signore preparati alla tentazione». E anche la Madre avverte: «E' certo, figlie mie, che una delle difficoltà più dolorose e penose è la tentazione, che mette in pericolo la nostra fragile virtù, e così lottare contro di essa è uno degli atti più meritori. E quando, aiutate dal Buon Gesù, l'abbiamo vinta possiamo dire che abbiamo combattuto bene».

La Madre come già S. Paolo e altri santi parla di combattimento, aspro, doloroso, penoso, che può anche protrarsi fino "allo spargimento di sangue" ma «Tutto io reputo una perdita al fine di guadagnare Cristo».

«Non dimenticate, figlie mie, che per portare a termine una tale impresa bisogna essere forti, non scoraggiarsi, e pensare che, se Gesù lo ordina, non dobbiamo abbandonare la lotta, anzi dobbiamo avere energie per vincere tutte le difficoltà e le sofferenze che Egli ritenga bene mandarci...».

 

Primo grado di fortezza: reprimere il timore

Nel maggio del 1929 il padre Antonio Naval, confessore della Madre, cerca di convincerla a sospendere per il momento il progetto della nuova Congregazione dell'Amore Misericordioso a causa della minaccia di scomunica da parte del Vescovo di Madrid e del divieto da lui ricevuto di continuare a dirigerla.

La Madre, però, da un precedente intervento soprannaturale, aveva saputo dal Signore che era Sua Volontà che lei fondasse comunque, anche da sola e abbandonata da tutti, la nuova Congregazione.

Come tutti i veri mistici, disposti a fidarsi ciecamente della parola di un superiore e della via ordinaria dell'obbedienza più che dei diretti interventi divini sulla loro vita, la Madre domanda al padre Antonio se la visione da lei avuta venisse veramente da Gesù e se quindi egli fosse certo che fondare la Congregazione era la volontà di Dio.

Ricevuta risposta affermativa, scrive nel suo Diario, descrivendoci il suo stato d'animo e permettendoci così di capire come il suo comportamento forte fosse solo frutto di virtù: «Alzandomi dalla sedia senza forze e col cuore spezzato però piena di coraggio gli dissi: «Padre mio poiché è giunto il momento nel quale si compie la volontà del Buon Gesù, (che io resti) sola e senza poter ricevere i suoi preziosi consigli, preghi perché io non mi scoraggi neppure un momento e in ogni cosa compia la Volontà di Dio».

E da sola intraprese la fondazione che il Signore le chiedeva.

Ciascuno di noi ricorda, nella sua storia, momenti in cui il Signore gli ha concesso la Grazia di sapere con certezza quale fosse la Sua Volontà.

Mantenersi fedele a questa Volontà divina, conosciuta con certezza anche solo una volta, è compito della fortezza.

Scrivono gli Autori spirituali che oggetto della fortezza è proprio "reprimere volontariamente il timore", non lasciarsi scuotere da esso.

In questo episodio la Madre ignora volontariamente la paura delle difficoltà che lo stesso suo padre spirituale le presenta: la minaccia di scomunica, il restare senza la sua direzione spirituale, il vedersi abbandonata da tutti.

Per poter compiere la Volontà di Dio anche se fosse dolorosa per la nostra natura, non dobbiamo lasciare spazio ad alcun timore che tenti di paralizzarci e farci indietreggiare.

«Dobbiamo essere persuase che se ci sforziamo, con la Grazia del Buon Gesù, a poco a poco, potremo arrivare a quanto sono arrivati molti santi che, decisi, si determinarono ad esserlo, e iniziarono a poco a poco a metterlo in pratica e così sono arrivati ad uno stato tanto elevato; e devo dirvi che è inspiegabile quanto fa' progredire in questo cammino l'incoraggiarsi a voler compiere grandi cose».

Con la volontà è possibile dunque compiere atti di coraggio, e come si diventa umili esercitandosi negli atti di umiltà, così si diventa coraggiosi facendo atti di coraggio.

«Figlie mie, io credo che Gesù ami con amore di predilezione le anime forti e virili; quelle che si sforzano, che sono risolute, generose e dimentiche di se stesse».

Ma é necessario che lo sforzo sia costante.

«La religiosa che ha iniziato bene non ha ancora fatto tutto se non persevera fino alla fine».

 

La Costanza, virtù alleata

«Essendo (il raggiungimento del) la perfezione (sforzo) di lunga durata che richiede perseveranza e avanzamento continuo, è molto necessario, figlie mie, ravvivare continuamente il desiderio di comportarci meglio e per questo motivo il Buon Gesù ci raccomanda di non guardare dietro di noi per considerare il cammino già percorso... teniamo presente, figlie mie, che metterci a considerare il cammino già percorso è perdere forze e coraggio, mentre il motto della perfezione è "sempre avanti, costi quel che costi"».

La Costanza, virtù alleata della fortezza, consiste nel mantenere nel tempo lo sforzo di bene senza cedere allo scoraggiamento e alla stanchezza. La Madre ci insegna che dobbiamo chiederla al Signore.

«Figlie mie, chiediamo a Gesù la grazia di perseverare fedeli nel suo servizio».

E lei stessa la chiedeva per sé. Ogni sua circolare, ogni esortazione, ogni insegnamento si concludeva sempre con la richiesta: pregate, perché io possa sempre dare al signore quanto mi chiede.

Del resto anche chi è naturalmente forte non può basarsi su questo per avere la certezza di perseverare fino alla fine.

«Chiediamo a Lui che ci aiuti con la Sua Grazia... Chiediamo a Lui senza sosta che ci dia coraggio...».

 

Secondo grado: sostenere le prove

«Le virtù principali, secondo me, sono la fedeltà e la fortezza, e queste non arrivano a risplendere in tutta la loro bellezza fino a che non le provi la tribolazione».

C'é un aspetto del cammino ascetico verso la santità che ci appare sufficientemente antipatico: essere tribolati.

«Care figlie, teniamo presente che è necessario ci siano tribolazioni in questo miserabile mondo... le tribolazioni come i cardi e le spine sono il frutto spontaneo di questa valle di lacrime, secondo la sentenza data da Dio all'uomo peccatore nel paradiso «la terra produrrà per te spine e cardi».

«Care figlie, suppongo che tutte siate convinte che le tribolazioni sono necessarie per aiutarci nella nostra santificazione».

Sostenere prove che durino a lungo e che non si possono evitare né cambiare, richiede molto sforzo e coraggio che affrontare una breve difficoltà lottando contro la paura.

La Madre ci ha lasciato un esempio di grande forza e di fiducia perseverante in Dio nelle tribolazioni che ha dovuto attraversare lungo la vita.

«Io posso dire di me che qualche volta mi sono trovata con il cuore oppresso e tanto disanimata che non credevo di poter resistere.

Mi sono prostrata allora ai piedi del Tabernacolo, ho pregato con tutta l'anima e mi sono venute la pace, la rassegnazione e la prontezza d'animo per soffrire e portare la croce che alcuni momenti prima credevo di non poter sopportare».

«Alla Santissima Madre dobbiamo stringerci anche noi, figlie mie, nelle ore della prova e del dolore; e al suo fianco dobbiamo andare per il cammino della Croce».

Nella meditazione continua della Passione sofferta da Gesù per amore nostro, trovava la forza per portare la sua croce.

E per lunghi anni la sua croce furono malattie estenuanti, persecuzioni esterne, calunnie, tradimenti, difficoltà economiche, preoccupazioni di ogni genere, oscurità dello spirito.

«Tutte conoscete la persecuzione che si è sollevata contro questa vostra Madre, e che la cosa più dolorosa per me, è vedere che i capi di questa sono state e sono figlie da me molto amate.

Chi ha venduto il nostro dolce Maestro? chi amerà più di Lui i suoi figli? chi ha sofferto più di Lui? chi era più innocente di Lui?».

Non venite meno, figlie mie, piuttosto benediciamo Gesù che ci ha visitato con le tribolazioni e riceviamole non solamente con rassegnazione, ma anche con allegria... Pensiamo figlie mie, che così come Gesù ha sofferto per salvarci, anche noi dobbiamo soffrire seguendo il suo esempio».

«Care figlie, pensiamo che l'Ancella dell'Amore Misericordioso deve aspirare a maggiore perfezione, e questa è a mio giudizio, l'assimilazione a Gesù crocifisso e pieno di dolori, e a questa assimilazione non si arriva se non per il cammino della tribolazione...».

«Tenete presente, figlie mie, che questo insegnamento lo riceverà l'Ancella alla scuola della Passione del Suo Salvatore. Benediciamo la Passione di Gesù, perché è questa che ci fa' superare la nostra debole natura».

«Già sapete, figlie mie, che gli amici più cari di Gesù sono coloro che Gli somigliano, che vivono abbracciati alla Sua croce e vi muoiono crocifissi. E noi, anime a Lui consacrate, rifiuteremo la croce?... Non dobbiamo mai dimenticare che è più meritevole soffrire con pazienza le avversità, che ridare la vita ai morti o fare altri miracoli».

 

La Pazienza

La pazienza è un'altra alleata della fortezza; è quella che ci permette di vivere nella sofferenza senza perdere la serenità, senza irritarci e senza avvilirci.

Si esercita non respingendo mai quanto ci molesta.

Ci spinge anzitutto ad accettare il dolore come riparazione per i nostri peccati, poi ci porta alla stima di poter soffrire con il Signore ed infine ci fa' desiderare ardentemente di soffrire per amor di Dio.

Degli insegnamenti della Madre, le frasi che per noi restano ancora molto oscure ed incomprensibili sono le sue richieste di poter soffrire.

«Pregate tutti, perché questa vostra Madre viva nel dolore continuo, dando al Buon Gesù quanto Lui mi chiede...».

«Pregate tutti, perché a questa vostra Madre il Buon Gesù conceda la grazia di poter vivere il tempo che Egli crede darle, inebriata nel suo amore e colma di dolore...».

 

Il dono dello Spirito Santo

A questo punto evidentemente nella sua vita qualcosa era successo.

Coltivare la virtù con i mezzi umani a nostra disposizione, cioè con intelligenza e perseveranza, è opera nostra ma l'aiuto e la perfezione della virtù sono Grazia di Dio.

«La virtù della fortezza in una Ancella dell'Amore Misericordioso deve arrivare alla distruzione dell'io e dell'uomo esteriore. E' necessario, figlie mie, che siamo disposte a soffrire tutto, a dare tutto e a fare quanto Gesù vuole da noi, tenendo presente che Lui sta sempre unito all'anima invitandola e chiedendole...».

Qualcosa era successo in lei, si era come dissolta e disgregata quella fragilità umana che aveva in comune con noi e ormai "volava".

"Figlie mie, non dimentichiamo che la fortuna e la felicità dell'Ancella dell'Amore Misericordioso consiste nell'amore. E' questo figlie mie, che ci dà coraggio di soffrire per l'Amato... l'anima che non ama, figlie mie, non può essere felice, non può fare nulla, non può contare sulla fortezza di Gesù...».

Il dono della fortezza non lascia completamente passivi; richiede sempre l'adesione della volontà, ma dà la forza di dire sempre sì alle ispirazioni e agli inviti di Dio, la disposizione ad immolarsi e ad intraprendere per amore Suo le opere più ardue. A sopportare lunghe e dolorose prove fino al martirio.

Confessava di aver chiesto da giovane il martirio al Signore, ma di non averlo più desiderato in seguito, perché il suo martirio sarebbe stato per il suo carnefice peccato di omicidio.

Negli anni della maturità, chiese un altro genere di martirio: un lento appassire e marcire, come la patata, sottoterra.

E le fu concesso di consumarsi e morire così.

Lei che a 21 anni, certamente ricca di doni e di grazia ma anche di difetti come Santa Teresa, aveva raggiunto il suo ideale. Il grano di senapa era diventato un grande albero. Uno di quelli alti e di spesso fogliame che nell'estate «sopportano tutto il calore del sole, per donare agli altri la freschezza dell'ombra».

 

Dagli scritti di Madre Speranza

La Fortezza Materna

L'amore è forte come la morte.

Dalle prime ore dell'alba del Venerdì santo la Santissima Vergine segue le orme insanguinate del suo divino figlio.

Lo segue dalla colonna della flagellazione fino all'Ecce homo e poi lungo il cammino della croce fino alla cima del Golgota.

Nessuno scherno, nessuna ingiuria può allontanarla dal fianco del suo figlio; né le minacce brutali della soldataglia, né le grossolanità del popolo che la segnava a dito, né tanto meno lo sguardo irato dei Farisei.

La Santissima Vergine sta ritta in piedi mentre tutto trema; la terra si scuote, si spaccano le rocce, si aprono i sepolcri, il sole impallidisce e la moltitudine del popolo fugge spaventata da quel luogo, ma Lei non si muove.

Lei resta dove è suo figlio, tre ore nelle tenebre; lì dove a Lui danno da bere fiele ed aceto, dove Lui pronuncia le Sue ultime parole e nel morire raccomanda il suo spirito a Dio; dove Gli trapassano il costato e dove Egli resta morto e livido sospeso alla Croce.

Lei è in piedi, vedendo e soffrendo tutto. Lei è e resta in piedi anche se tutto Le si presenta come un fallimento completo, definitivo e disperato.

Non importa che gli altri vacillino, che dubitino e si scoraggino; Lei resta stabile, con fede indistruttibile, con speranza invincibile e con amore più forte che la morte.

Lei non si lamenta né lancia grida come una donna debole, non mormora, non chiede maledizioni al cielo, né reclama vendetta contro i responsabili del suo dolore.

Lei perdona tutti come suo figlio ha perdonato; e in questa ora, la più tenebrosa della sua vita, mette tutto nelle mani di Dio, per quanto duro ed incomprensibile le possa sembrare, e ripete con cuore generoso e forte come in passato: Ecco l'Ancella del Signore.

 

Chi persevera fino alla fine riceverà la corona

Il cammino della virtù che Gesù stesso dice che è "sentiero stretto" è, figlie mie, non solo stretto ma anche scosceso, e così scosceso che a volte smette di essere sentiero, e il salire allora non è altro che arrampicarsi verso l'alto come sulla parete di un precipizio e questo non è camminare, ma avanzare faticosamente.

E' necessario stare attente, figlie mie, perché in tali momenti di penosa salita viene la tentazione di lasciarsi cadere, abbandonare tutto e precipitare nell'abisso; oppure ci assale la tentazione di allentare almeno lo sforzo di perdere la speranza, la qual cosa – anche se non é proprio disertare - é comunque rinunciare alla perfezione. Questa incostanza la sperimentano anche le anime sante, perché il vedere sotto di sé l'abisso aperto e sopra un'altezza vertiginosa, é cosa che può togliere l'entusiasmo anche a chi ha un cuore forte e di grandi aspirazioni.

Gesù nell'Orto ci dà un esempio di come si deve ottenere la vittoria in queste ore e in momenti tanto critici.

«A che servirà questa vita dura e faticosa, e questo lavoro che terminerà quando finirà la tua salute e la tua vita? Che utilità caverai fuori da questo esercizio eroico della carità che molti neppure capiscono? Non puoi santificarti senza tutto questo?».

E allora l'anima oppressa dal dolore, dalla stanchezza e dalla tentazione, esclama: «Signore, allontana da me questo calice». Ma no, signore, no avanti: saliamo fino alla cima; é mio compito farlo e allora lo faccio perché Tu lo vuoi; uno sforzo coraggioso e arriviamo alla fine, alla splendida cima: Chi persevera fino alla fine riceverà la corona. La Pasión pag.154-155.