PROFILI DI MADRE SPERANZA – 26 Gaetano Storace Maria Giovanna Giuntoli Madre Speranza e la gioia del Natale Edizioni Amore Misericordioso - 8 dicembre 2008 |
Gesù mio, aprimi le porte della tua pietà; imprimi in me il sigillo della tua sapienza, affinché mi veda libero da ogni affetto illecito. Fa’ che io ti serva con amore, allegrezza e sincerità e che, confortato col soave aroma della tua divina parola e dei tuoi comandamenti, vada sempre avanzando nelle virtù.
(Preghiera del 3° giorno della Novena)
La parola di Dio esorta e incoraggia alla gioia e assicura che si può essere felici e beati anche quando si fosse poveri, afflitti, affamati, perseguitati, insultati
«Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. … Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro»
(Lc 12, 22-27).«E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa»
(Mt 10, 42).«Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli»
(Mt 5, 3-16).Abbiate fra di voi gli stessi
sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo di condizione divina,
non considerò suo bene esclusivo
l‘essere uguale a Dio,
ma annientò se stesso
prendendo la condizione di schiavo,
diventando simile agli uomini.
Riconosciuto nell‘aspetto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte,
morte di croce (Fil. 2, 5-8).
Madre Speranza doveva aver interiorizzato e amato questo inno cristologico di Paolo perché tutta la sua vita è stata un ringraziamento al Padre per averci dato suo Figlio.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (Compendio) si legge: "Dio, nella sua bontà e sapienza, si rivela all’uomo. Con eventi e parole rivela Se stesso e il suo disegno di benevolenza, che ha prestabilito dall’eternità in Cristo a favore dell’umanità. Tale disegno consiste nel far partecipare, per la grazia dello Spirito Santo, tutti gli uomini alla vita divina, quali suoi figli adottivi nel suo unico Figlio".
Gesù che guarisce gli ammalati, Gesù che percorrendo le strade della Galilea, della Samaria e della Giudea ci rivela il Regno di Dio, Gesù che dal trono della croce perdona, Gesù che con la risurrezione ci fa risorgere con Lui, questo Dio fatto uomo "nato da donna, nato sotto la legge" volle farsi uomo nella maniera più umile e nascosta.
(Mi. 5,1).E tu, Betlemme dì Efrata
Così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda,
da te uscirà colui
che deve essere il dominatore di Israele;
le sue origini sono dall‘antichità,
dai giorni più remoti
Betlemme era, ed è anche ai giorni nostri, una piccola città abitata all’epoca da pastori, da gente semplice e povera. Ed è proprio a queste persone che il Dio Bambino fa il primo annuncio. "... oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore... Andarono dunque senza indugio..." (Lc. 2,11;16).
La gioia in Madre Speranza |
La madre percepisce, come Gesù, che tutta la sua vita è una buona novella, è un motivo di allegria che si contagia e che lascia da parte tutte le sofferenze.
Ci ha insegnato che "siamo figli di Dio" ... e con questo è detto tutto.
Essa visse tutta la sua vita con la convinzione e la gioia di essere amata da questo Padre, di potersi sentire figlia di tutto un Dio (come era solita esprimersi); ha vissuto così tutta la sua vita e così è morta.
Una allegria che si è trasformata in realtà concrete, in incontri concreti con il più povero, con il più piccolo, con chi soffre, con il peccatore.
La sua allegria balza fuori come il risultato della speranza che la morte non è l’ultima parola della storia. Anche nelle situazioni limite di umiliazioni, di lacrime, di angustie, di calunnie, di dubbi, di tristezza da morte... in tutte le situazioni nelle quali ha dovuto vivere i suoi giorni si è venuta a incontrare sí con la croce del Suo Gesù, che per amore aveva scelto di condividere con Lui, ma con la stessa croce entra nella esperienza della risurrezione che è la vita sul dolore prodotto dall’egoismo e dall’invidia dell’uomo.
"Fa, Gesù mio, che la mia anima provi sempre tanta gioia nelle prove che Tu vorrai permettere per me; fa che la Tua bellezza, la Tua bontà e il Tuo amore infiammino il mio cuore di un amore grande per Te; aiutami perché non mi succeda mai di tirarmi indietro di fronte agli sforzi che devo fare per arrivare a quel grado di santità che Tu mi chiedi; fa che, con il Tuo aiuto, io mi ritrovi sempre disponibile a collaborare con Te per la santificazione delle anime, tanto come Tu lo desideri"
(El pan 18, 596).Per questo la vita della Madre, pur vissuta in mezzo a tante prove e difficoltà, non fu una vita triste, ma un’ora bella di Vangelo, un’ora bella segnata dall’allegria della resurrezione, vissuta in profondità, fino alla morte.
Era solita dire che una autentica Ancella dell’Amore Misericordioso deve arrivare a mettere tutto il suo impegno per arrivare a conseguire una gran voglia di lavorare e sacrificarsi per il prossimo con allegria...
Lavorare sul serio per il bene degli altri, sentirsi impegnata per il bene degli altri fu la fonte della sua allegria; lo visse come un dono ricevuto dal Signore, lo visse nei momenti dolorosi e sofferti della sua vita, lo visse nelle innumerevoli prove e tensioni di tutti i giorni. Ed essa scriverà: "L’amore se non soffre, se non si sacrifica, non è amore. Chi possiede l’amore di Gesù non può trovare gioia in una vita calma e placida ma si sente sempre disponibile a qualunque sacrificio"
(El pan 18, 703).In Madre Speranza la allegria è come il frutto e il risultato della virtù della speranza, la quale le dà la certezza di "poter chiamare Padre a tutto un Dio..." e la certezza di essere figli di Dio. Il sentirsi chiamata e impegnata a lavorare per il bene degli altri
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la riempie di gioia, come Gesù si sentì riempire di gioia quando i settantadue tornavano dall’essere stati ad annunciare la Buona Novella e a fare del bene a tanta gente (Lc 10, 21);♦ la spinge ogni giorno di più a uscire dal proprio egoismo, a non pensare più a se stessa e a vivere per gli altri;
♦ e in questo sente tutta la nobiltà di essere chiamata a collaborare in un progetto di Dio.
Una virtù della speranza vissuta nei momenti di tutti i giorni, produce buon umore e allegria; porta a scoprire e a vivere il lato positivo di ogni cosa, di ogni persona, di ogni circostanza e quasi non nota o, perlomeno, non dà peso al lato negativo che pure è presente. Scrive: «Figlie mie, la gioia e la felicità di una Ancella dell’Amore Misericordioso ha le sue radici nell’amore.
♦ L’amore trasmette anche la forza per saper soffrire qualunque cosa, se si ama;
♦ L’amore infinito di Dio dà gioia e quiete all’anima;
♦ Se noi ci ricordassimo che tutte le circostanze della nostra vita sono permesse e volute dall’amore infinito di Dio, io sono certa che noi non avremmo nessun motivo per cadere tanto facilmente nel turbamento e nella perdita della pace interiore;
♦ Nessuno ci può togliere la pace e la tranquillità nelle nostre Case;
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Figlie mie, siate sempre molto allegre e contente, perché di fatto
non abbiamo motivo per
un’altra cosa».
Anche il buon umore può esprimere la allegria cristiana perché significa che le sofferenze e le difficoltà non riescono a produrre tristezza e amarezza. Perché dovrebbero dare turbamento le cose della terra? In effetti nella Madre si ha l’impressione che non resti turbata né dalle preoccupazioni, né dalle umiliazioni, né dalla povertà, né dalla violenza; si ha l’impressione che ella riesca a passare sopra tutte le situazioni concrete che dovette vivere perché di fatto non si lasciò condizionare da nessuna di esse. Di fatto ha saputo scoprire il lato positivo in tutte le cose, anche nelle ingiustizie subite, anche nella persecuzione: in tutte le prove. Effettivamente non c’è motivo per non essere allegri e contenti, se veramente crediamo all’amore di Dio per noi; se veramente crediamo che «Dio ci ama come un Padre buono e che cerca con ogni mezzo la nostra felicità come se Lui non potesse essere felice senza di noi». Racconta l’Ing. Benedetti: «Madre Speranza ha insegnato a considerare Dio non con timore e tremore, ma come un amico con cui parlare e non tacere, anzi il nostro migliore amico. E come tale è stato Dio per Lei, il suo unico vero grande Amico. … Questo insegnamento costante, questa prospettiva interiore, questa maniera di vivere e di esistere, è, a mio avviso, la spina dorsale di tutta la sua esperienza e la chiave per comprendere quel che Essa ha fatto e perché l’ha fatto: l’ha fatto per amicizia e nell’amicizia con Dio. … Ma quel che a mio modo di vedere connota profondamente l’amicizia di Madre Speranza con Dio era la gioia, il gaudio interiore ed anche esteriore. In questo Madre Speranza è stata molto vicina alla posizione di San Filippo Neri, che, prima di Lei, scriveva: "la santità, per me, consiste nell’essere sempre lieti". … …. Madre Speranza, a quel che io l’intendo, pur facendo suo questo splendido aspetto, questa comprensione, questa tensione interiore, imposta però le cose diversamente: attraverso il senso dell’amicizia con Dio Lei pone le basi per sconfiggere il dolore e trasformarlo in gioia. A mio modo di vedere è questo il fondo dell’anima di Madre Speranza, in perfetta linea con la Grande Provvidenza ove questa dice: "ogni dolore sarà cancellato, e ogni lacrima sarà asciugata"; ed ancora: "la vostra gioia sarà perfetta e nessuno potrà togliervela". Madre Speranza però fa ancora di più, ed impaziente, traduce il futuro al presente. L’amicizia con Dio le permette che tutto ciò sia ora, adesso e qui. … Ovunque Ella seminava la gioia come traccia, sentiero, e strumento verso Dio; uno strumento per amarlo e gioirne sin d’ora; non solamente nella vita futura, nell’al di là dopo la morte; ma adesso, ora stesso, subito e qui. Avere Dio per amico, parlargli come si parla ad un’altra persona comune, costringerlo quasi (e senza quasi) a risolverci i casi personali, sia quelli piccoli e facili, sia quelli difficili, manifestando in essi la Sua Gloria e la Sua Misericordia; gioire di questa amicizia, e per suo mezzo sconfiggere il dolore e la morte, questa è stata (nella mia esperienza) l’essenza di Madre Speranza».
Madre Speranza amava il Bambinello del presepe, lo amava a tal punto da prenderlo in braccio e coccolarlo, come si fa con un bambino; e il Bambino ricambiava il suo amore movendo il suo piccolo piede. Quale gioia deve aver provato la Madre! Ella raccontava spesso la storia del Bambinello che attualmente si venera nel santuario di Collevalenza: l’aveva ricevuto in dono da una bambina, quando era ancora nell’altra Congregazione e questa piccola glielo aveva regalato per un semplice motivo di gelosia: desiderava con questo gesto guadagnarsi la simpatia della maestra (la Madre ). Un giorno, mentre la Madre stava terminando una vestina per il Bambino Gesù, suonò la campana che annunciava l’ora del coro. Interruppe subito il lavoro e si mosse verso la chiesa. Il Bambinello cominciò a camminarle dietro da solo e ripeteva: "Visteme, visteme, visteme!" La Madre tirò dritto: non voleva disubbidire al suono della campana. Quando rientrò nella sua cella ci trovò il Bambinello che le disse: "Mi hai trovato, perché mi hai lasciato". Questo fu il premio che il Signore le aveva dato per il suo atto di obbedienza e puntualità. La Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso è nata la notte di Natale del 1930. Non è un caso, ma un preciso disegno divino. Dio nato povero tra i poveri, avendo grandi progetti su Madre Speranza e le sue Congregazioni, volle che desse origine alle sue opere nella povertà più assoluta. Scrive Madre Speranza nel suo diario: «Il giorno 24 dicembre del 1930 ci riunimmo in una stanza dell‘appartamento che la Contessa de Fuensalida ci aveva preso in affitto nella Calle Velázquez, 97, Madre Pilar, Suor Ascensione, Soledad ed io. Il Padre Postìus venne nel pomeriggio, ci riunì e facemmo i voti privati...». Si può pensare ad una povertà più estrema di questa per la fondazione di una congregazione religiosa? Non avevano neppure un letto dove potersi coricare, ma solo un vecchio materasso su cui posare il capo, da dividere in sei persone. Quanta correlazione fra la nascita del Figlio di Dio e la fondazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso! Dio, Creatore e Padrone del mondo, ha scelto un riparo per gli animali per farsi uomo. Egli non ha avuto una soffice culla, ma una ruvida mangiatoia... Madre Speranza, prescelta da Dio per compiere grandi cose, un duro pavimento dove sdraiarsi per riposare un po’. La nostra Madre ha sempre vissuto, e fatto vivere a tutti coloro che stavano con lei, il giorno di Natale in maniera veramente speciale. Desiderava che le Ancelle si preparassero intensamente e con grande amore alla festa della venuta sulla terra di Gesù. In preparazione al Natale scrive così alla sue Figlie: «Nell‘avvicinarsi dell‘anniversario della nascita del nostro dolcissimo Gesù io spero che tutte vi troviate impegnate a prepararvi per riceverlo nella santa notte con un cuore infiammato dal fuoco dell‘amore e per fargli omaggio dell’oro della carità, dell‘incenso della preghiera e della mirra della mortificazione. Non possiamo dimenticare che Gesù volle che in questa santa Notte nascessero povere, sole, disprezzate e perseguitate anche le Ancelle del suo Amore Misericordioso» (El pan 20, cir 6).Scrive ancora la Madre: «Vi penso tutte molto fervorose e impegnate nel preparare i vostri cuori a ricevere Gesù appena nato. Facciamo in modo che il buon Gesù trovi i nostri cuori caldi per il fuoco dell’amore e della carità» (El pan 20, cir 8).Racconta e ricorda Madre Gemma (profili di Madre Speranza n. 11 "Come è buono il Signore!"): «Nonostante il lavoro che teneva impegnate le Suore, comunque si trovava il modo di preparare i "Bambinelli" ed i presepi sparsi qua e là per la casa: tutti diversi e significativi, che poi la Madre il giorno di Natale andava a vedere accompagnata dalle figlie. Infatti dopo l’Ora di Adorazione e la partecipazione alla S. Messa di mezzanotte, resa suggestiva dai bellissimi canti natalizi spagnoli con il suono delle nacchere e dei tamburelli, ci si raccoglieva in sala con i Padri per fare gli auguri alla Madre. Con quale allegra energia invitava le Suore a ballare le tradizionali "jotas" delle diverse regioni della Spagna. Ad un tratto, un grande silenzio ed incominciavano gli "alleluia" ad un cenno della Suora più anziana. Ne trascriviamo alcuni: Una suora intona, improvvisando sulla melodia di un canto popolare spagnolo, questi versi. "Yo te pido, Jesùs mio, con muchisimo fervor Io ti chiedo, Gesù mio, con grandissimo fervore "que por siempre en mí reine la humildad y el amor". che regnino per sempre in me l’umiltà e l’amore. E la Madre, pronta, risponde a tono: "Muy llena de timidez esta hija, Jesùs mío, Molto timida questa figlia, Gesù mio "te ha suplicado dos cosas que espero se las concedas". Ti ha chiesto due cose che spero le concederai. Poi subito un’altra suora canta: "Jesús mío, junto a ti yo me agarraré a la Madre Gesù mio, vicino a te io mi aggrapperò alla Madre "y caminaré siempre segura, mientras dure en este valle." e camminerò sempre sicura in questa valle. E la Madre pronta: "Has oído, Niño amado, lo que esta hija ha cantado." Hai sentito, Bambino amato, ciò che questa figlia ti ha cantato. "cógela Tú de la mano y ponla sempre a mi lado" prendila tu per mano e mettila sempre vicino a me. E così per venti-trenta volte. La Madre risponde a tutte le Suore che, scherzando, provocano la sua battuta sempre appropriata e stimolante al bene. Ricorda Suor Maria Annunziata: Negli anni 1959-1960 mi trovavo nella nostra Comunità di Roma e, nei giorni prossimi al S. Natale, venne la Madre. Tutte noi siamo accorse per accoglierla al suo arrivo in Via Casilina; guidava la macchina Padre Alfredo e si fermò proprio vicino all’ingresso interno (dov’è la campana); scendendo dalla macchina la Madre ci salutò cantando: "Yo, pobre gitanilla, ¿al Niño qué diré? Io, povera zingarella, al Bambino che dirò? No la buenaventura, que esto no puede ser. Non la buona ventura, questo non è possibile. Diré que me perdone lo mucho que pequé Gli dirò che mi perdoni il molto che ho peccato, Y en la mansión eterna un ladito me dé". e nella dimora eterna mi doni un posticino". Nel pomeriggio, a ricreazione in sala, la Madre ci rallegrò cantando a Gesù Bambino gli alleluia (brevi strofette in rima, con la solita musica natalizia). La Madre teneva la statua di Gesù Bambino sulle ginocchia. Lei cominciava a cantare e qualcuna di noi rispondeva, o viceversa. La Madre aveva una risposta pronta per tutte, con allegria e ispirazione. Ricordo che alla mia domanda: "Io ti chiedo, Gesù mio, che per carità Tu faccia che questa tua piccola serva un dì veda la tua faccia." La Madre così mi rispose: " Yo creo, Jesús mío, que mucho te habrá agradado lo que esta hija te pide y le harás este regalo". A Collevalenza , al mattino, nei primi anni della casa del pellegrino partecipava addirittura al canto natalizio che alcune suore facevano per svegliare i pellegrini nei vari piani! Si può immaginare la loro sorpresa e gioia. Racconta Suor Imelda: Tutto il tempo dell’Avvento era una intensa preparazione a due grandi ricorrenze: la nascita di Gesù e la fondazione della nostra Congregazione. La Madre non poteva fare a meno di abbinare queste due realtà e ce ne parlava, raccontandoci i minimi particolari di quella benedetta notte del 24 dicembre 1930. Tutto si trova scritto nella storia della Congregazione, ma sentirlo raccontare dalla viva voce della Madre, aveva tutto un altro sapore! E ci dava una pallida idea di quanta gioia ed emozione riempivano il cuore delle prime Ancelle e della Madre. In quei giorni avevano inizio i famosi "vi-llancicos"; ogni suora che lo volesse poteva cantare un villancico e la Madre rispondeva. Una volta, accorgendosi della nostra curiosità, la Madre rispose cantando: "Yo te pido, Jesús mío, Io ti prego, Gesù mio, por esta hija tan curiosa: per questa figlia così curiosa: hazle comprender falle comprendere que es tu esposa". che è tua sposa. Il nostro impegno cresceva man mano che si avvicinavano le feste di Natale. Molto spesso ci ripeteva: "Figlie, prepariamoci bene, se vogliamo godere di quella gioia e pace che gli Angeli annunciarono ai pastori; gente semplice, ma ben disposta". Alle ore 11,30 del giorno 24 ci trovavamo tutte puntuali in cappella per le celebrazioni sacre. L’indomani, al mattino presto, ci aspettava un altro appuntamento: svegliare la Madre con qualche canto, composto dalle suore e che conteneva il racconto degli ultimi incontri tra lei e Gesù. Una volta ci disse che Gesù era contento di come le figlie si erano preparate alla festa del Natale e che questo le aveva fatto grande piacere. Le suore allora aggiunsero ad un tradizionale canto natalizio spagnolo, la frase seguente: "Esta mañana el Niño ya no lloraba, Questa mattina il Bambino Gesù non piangeva più porque Madre Esperanza lo acariciaba". perché Madre Speranza lo accarezzava Anche il Capodanno e l’Epifania erano occasione di maggiore espansione comunitaria. Si attendeva l’arrivo della Befana come i bambini! La Madre, nella sua grande povertà, alcuni giorni prima della festa, ci faceva scrivere in un bigliettino cosa desideravamo ricevere. Partecipavano della nostra gioia pure i pellegrini, dopo che è entrata in funzione la Casa del Pellegrino. Infatti, terminata la S. Messa di mezzanotte, c’era lo scambio generale degli auguri. Al mattino la Madre ci mandava in tutti i piani a cantare e augurare ai pellegrini un buon Natale. Tutti gli ambienti degli ospiti venivano addobbati con semplicità e decoro. Particolarmente la sala da pranzo, tutta ispirata al Natale. La gioia più grande di cui hanno goduto gli ospiti dei primi tempi è stata quella di vedere la Madre che, insieme a noi, portava loro l’augurio di buone Feste, di salute e tanta pace. Tutti uscivano dalle loro stanze, curiosi di vedere da dove venivano quei canti, accompagnati dal suono dei tamburelli e delle nacchere e quale stupore si dipingeva sul loro viso al vedere la Madre. "Siate contente e molto allegre, figlie mie, perché realmente ne abbiamo motivo"… La gratitudine profonda che la Madre esprimeva spesso al Signore e per ogni circostanza della vita era espressione del suo cuore contento e generoso. Il suo grazie era fatto di preghiere, di sacrifici, di maggiore impegno nelle virtù, nel lavoro, ma tutto sempre con tanta gioia. Anche il dolore è per lei motivo di gioia se abbracciato per amore di Gesù: "Chiedo al buon Gesù che vi faccia comprendere, più con i fatti che con le parole, che, quando si ama fortemente Dio, si sperimentano tali gioie nel dolore, che si arriva a desiderarlo, a sognarlo e non si può vivere se non sulla croce" (Circ. 24 Ottobre 1952).E ancora: "Figlie mie, grande è la gioia quando si rimane come vittime sull’altare del sacrificio per essere consumate dall’amore" (El pan 5, 33-35).I tramonti di Collevalenza sono particolarmente caratteristici e la Madre, seduta sulla terrazza della Casa del Pellegrino, non si stancava di ammirare i colori e la suggestiva lenta trasformazione. Non aveva parole, solo diceva: Mira, mira (guarda, guarda); poi ripeteva con santa Teresa: "Se è così bello il rovescio del cielo, come sarà dove abita il mio dolce Sposo ?". Con i bambini. "Credo che non ci sia opera più grande e più gradita a Gesù di quella di insegnare il catechismo a loro. È cosa grande imprimere l’immagine di Gesù nel cuore del bambino" (El pan 5, 323-325). La presenza di Gesù in quelle candide creature spiega il suo modo affettuoso e delicato di trattarle, quasi con venerazione, come faceva con la statuetta del Bambino Gesù che copriva di baci e di carezze, mentre gli esprimeva il suo ardente desiderio di rivederlo ancora.E ancora, con gli ultimi, con i poveri, con i peccatori e con tutte le persone che si sono rivolte a lei: per tutti è stata la Madre.
Anche oggi a Collevalenza le Ancelle dell’Amore Misericordioso danno un particolare risalto alla meravigliosa festa della venuta sulla terra del nostro Salvatore. Nella grande sala da pranzo della Casa del Pellegrino, e non solo, vengono allestiti ogni anno meravigliosi presepi. Ogni Natale il Presepe cambia. Non è il classico ricordo della nascita di Gesù con la grotta, Maria, Giuseppe e i pastori, ma in esso troviamo uno spunto di riflessione per la nostra vita di cristiani. Gesù è sempre il Centro! |