PROFILI DI MADRE SPERANZA – 28 Roberto Lanza «UN DIO CHE CERCA L’UOMO» L’originalità del carisma dell’Amore Misericordioso
Edizioni "L'Amore Misericordioso" - 2013 |
Da sempre gli uomini si sono interrogati e si interrogano circa la loro origine e il loro futuro, la vita e la morte, il bene e il male, le felicità e il dolore, il mistero profondo delle realtà.
Così come da sempre materie e discipline come la filosofia, la metafisica e la teologia hanno tentato di “rispondere” alle domande esistenziali dell’uomo, ossia hanno tentato l'esercizio della ragione sul messaggio della rivelazione cristiana.
Dio è conoscibile dall'uomo, solo se egli stesso si rivela a lui, l'uomo può arrivare a provare l'esistenza di Dio attraverso percorsi filosofici e logici, ma non può comunque arrivare alla sua conoscenza con la sola pura ragione: essa può arrivare a conoscere il quia est di Dio, il fatto che Egli è, ma non il quid est, che cosa è. Per sapere "chi" è Dio occorre la Rivelazione. Dio si è rivelato agli uomini: “nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti”1. Egli non può essere conosciuto per via di intuizione o riflessione umana, ma solo per Sua libera iniziativa. Perciò, in un momento della storia, per il Suo immenso amore parla agli uomini come ad “amici” e si intrattiene con essi, per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé.
Per una decisione del tutto libera, Dio si rivela e si dona all’uomo svelando il suo mistero, il suo disegno di benevolenza prestabilito da tutta l’eternità in Cristo a favore di tutti gli uomini. Egli rivela pienamente il suo disegno inviando il suo Figlio prediletto, nostro Signore Gesù Cristo2. “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”3. Il mistero infinito ci ha rivolto la parola e addirittura ci è venuto incontro personalmente con il nome e con il volto di Gesù di Nazaret e ci ha chiamati a vivere insieme a Lui per l’eternità. Gesù è la via maestra per arrivare a Dio: “Io sono la via, la verità, la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”4.
Ma analizzando bene tutto questo percorso teologico e filosofico di conoscenza, risalta in maniera inequivocabile che esiste un impostazione antropologica della ricerca di Dio, ossia sembra che nella ricerca di Dio, l’uomo sia il “protagonista”, l’attore principale.
Ed è in questo contesto che vogliamo approfondire le nostre riflessioni per far invece emergere tutta l’originalità, la ricchezza, la profondità del carisma dell’Amore Misericordioso, che parte invece da un’altra impostazione, da un altro fondamento, ed è quello che faremo emergere in queste righe.
Tutta la filosofia e la teologia hanno più volte sviluppato ed accolto l’idea che il rapporto con Dio doveva essere guidato dall’uomo, il “divo”, l'uomo riuscito che conta sulle sue forze. È nelle proprie forze che occorre sperare, sulle proprie energie che si scommette, non importa in quale campo, ma occorre che la vita “riesca”. In sostanza, molti filosofi e teologi avevano l’idea che l'uomo peccatore crede in Cristo, perché egli permette a Dio di aprirgli il cuore, o meglio che l'agire di Dio nell'uomo, dipende dalla volontà dell’uomo stesso, dalla sua iniziativa, e quindi Dio non può fare nulla in lui se egli prima non glielo permette.
A conferma di ciò basti ricordare, per esempio l’impostazione filosofica del mondo greco che ricercava il metodo dell’intelligenza della realtà (archè), il saper leggere dentro la vicenda del mondo, e questo processo di conoscenza era di competenza dell’uomo, in quanto essere pensante e protagonista della sua esistenza nella ricerca della verità. Al binomio Oggettivo-Soggettivo tipico del mondo moderno (da Cartesio in avanti) per il quale Dio veniva ridotto a oggetto del pensiero umano o alla teologia esistenziale di Heidegger, per la quale l’uomo è esistenza, ossia egli si realizza nelle decisioni che prende e che lo portano ad agire autonomamente rispetto a Dio. Ed ancora all’antropocentrismo di Rahner che si basava sull’autocomunicazione libera e gratuita di Dio all’uomo e della capacità di risposta dell’uomo a Dio, ed infine al pensiero soggettivista di Barth, anche se non proprio cosciente, di confermare che è sulla soggettività del credente che si regge tutta la soggettività di Dio.
A me piace, invece, capovolgere questa idea dell’uomo che cerca Dio, pensando piuttosto, nell’orizzonte delle Scritture e del nostro carisma, a un Dio che cerca l’uomo, che ci ha cercati, che ci ha trovati, che ci ha incontrati perché Lui ha preso l’iniziativa nei nostri confronti e ci ha chiamati alla fede.
Ordinariamente crediamo di essere noi a cercare Dio, di essere noi ad avvicinarci a Lui, di essere noi a decidere di cambiare vita. In realtà è Dio che cerca noi da sempre; da sempre ci ha pensato, ci ha amato, ci ha chiamati all’esistenza, ci ha donato una storia (la nostra storia) che se viene illuminata ci appare quale chiaramente è: la storia che un Padre organizza per un figlio, intreccio di avvenimenti che sono una costante testimonianza della sua cura e del suo amore per noi. E’ questo il messaggio presente praticamente in tutte le pagine della Bibbia: esiste un Dio Padre che è in costante ed appassionata ricerca dei suoi figli; un Dio che viene a cercare proprio noi che ci siamo perduti per strade sbagliate, che ci siamo smarriti nelle difficoltà della vita, che con superbia e testardaggine andiamo a cercare la felicità altrove, lontani da Lui.
Dicevo in base alle Scritture perché sono molti i riferimenti biblici ed evangelici dove possiamo riscontrare questa iniziativa di Dio nei nostri confronti. Prendiamo per esempio l’episodio narrato nel libro degli Atti riguardante la conversione di una negoziante di porpora chiamata Lidia. Dice così il testo: “"E nel giorno di sabato andammo fuor della porta, presso al fiume, dove supponevamo fosse un luogo d’orazione; e postici a sedere, parlavamo alle donne ch’erano quivi radunate. E una certa donna, di nome Lidia, negoziante di porpora, della città di Tiatiri, che temeva Dio, ci stava ad ascoltare; e il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo”5.
Dunque a queste donne presenti in quel posto ad ascoltare sia Paolo che gli altri apostoli, e ad un certo punto Dio aprì il cuore ad una di esse, di nome Lidia, per renderla attenta alle cose dette da Paolo. E’ evidente che se per poter prestare attenzione a queste cose è necessario che Dio apra il cuore di chi le sta ascoltando, è ancora più ovvio che questa azione di Dio si rende necessaria in ogni persona, la quale non può prestare attenzione al Vangelo se Dio non le apre il suo cuore.
Pensiamo ad esempio alle parole che Dio pronuncia a Mosè sulla montagna prima di rinnovare l’alleanza: “Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore, davanti a te. Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia”6. In questa maniera, la volontà dell'uomo di essere “salvato”, coinciderà con la sovrana volontà di Dio di graziarlo, che appunto perché sovrana ha l'iniziativa ed ha il sopravvento su quella dell'uomo.
Ed ancora all’episodio vocazionale narrato dal profeta Geremia: “Mi hai sedotto,Signore,e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso”7. Appare un concetto molto chiaro: Dio fa “forza” sull'uomo per fargli fare, e quindi lo costringe a fare, quello che Egli ha decretato, che è conforme alla volontà di bene progettata per lui. Dio opera nell'uomo, a sua insaputa, per portarlo a compiere quello che Lui ha pensato, e quindi Egli agisce sulla sua volontà affinché essa si metta in accordo con quella di Dio che è di fargli grazia.
La conversione di Paolo è un altro riferimento che chiarisce ancora meglio quanto stiamo affermando: “E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Rispose: “Chi sei, o Signore?”. E la voce: “Io sono Gesù, che tu perseguiti! Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare”8.
Che cosa stava facendo Saulo infatti quando si convertì a Cristo o meglio quando fu convertito da Cristo? Stava andando a Damasco per incatenare quelli che qui avevano creduto in Gesù Cristo per portarli a Gerusalemme e far sì che venissero puniti. Quindi Saulo non aveva nessuna intenzione di convertirsi a Cristo, nessuna volontà di farlo, in quanto la sua volontà era volta solo in una direzione, la persecuzione dei “santi” e la distruzione della loro fede in Gesù Cristo. Dio fece “forza” su Saulo, e creò le condizioni per la sua conversione. Quindi fermo restando che Saulo aveva una volontà, certamente non fu lui a scegliere Cristo, ma Cristo a scegliere Lui; non fu per la sua volontà che avvenne la sua conversione, ma per la volontà di Dio; non fu Saulo a permettere a Dio di salvarlo, ma fu Dio a mettere in grado Paolo di essere salvato.
Anche l’episodio di Zaccheo è su questa linea, infatti, quando Zaccheo salì sul sicomoro per vedere Gesù, il vangelo così riporta: "come Gesù fu giunto in quel luogo, alzati gli occhi, gli disse: Zaccheo, scendi presto, perché oggi devo fermarmi in casa tua”9.
Dunque Gesù si “autoinvitò” a casa di Zaccheo, e non fu invitato da quest'ultimo, da notare anche che Gesù non disse a Zaccheo frasi del tipo: ”Vuoi che io venga a casa tua?” o “Aspetto che tu mi inviti, altrimenti non posso venire in casa tua”. Quando arriva il tempo fissato da Dio, Egli agisce sull'uomo per fargli fare quello che Lui ha “pensato” nei suoi confronti, e nessuno può impedirglielo, così come rivela il profeta Isaia: “Io opererò; chi potrà impedire l’opera mia?”10.
In ultimo vorrei fare riferimento al brano evangelico che a mio avviso meglio rispecchia questa iniziativa di Dio nei confronti dell’uomo: il Buon Samaritano: “Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui”11.
Gesù ha raccontato questa parabola perché la misericordia di Dio verso gli uomini costituisce la parte essenziale del suo messaggio. Con questa parabola Gesù vuole presentare se stesso, vuole spiegare la missione che ha ricevuto dal Padre, quella di cercare l’uomo, di curarlo, di amarlo. Gesù è venuto tra noi per mettersi con tutto se stesso accanto ad ogni uomo, Egli ha annunciato una notizia inaudita e lieta: è venuto per donare a tutti gratuitamente il suo amore, tutti possono ricevere la sua compassione non meritata.
L’identificazione del buon samaritano con Gesù è espressa stupendamente anche in un prefazio del messale: “È veramente giusto lodarti e ringraziarti, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, in ogni momento della nostra vita, nella salute e nella malattia, nella sofferenza e nella gioia, per Cristo tuo servo e nostro redentore. Nella sua vita mortale egli passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male, ancora oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza. Per questo dono della tua grazia, anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale del tuo Figlio crocifisso e risorto”12.
Fino ad arrivare a quelle meravigliose parole racchiuse nel carisma dell’Amore Misericordioso: “Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile come se Lui non potesse essere felice senza di loro; l’uomo il più perverso, il più miserabile ed infine il più perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un Padre ed una tenera Madre”.
Ecco il codice genetico del messaggio dell’Amore Misericordioso, ecco la profezia per questi nostri tempi: quello di far conoscere un Padre; un Dio che cerca, con tutti i modi la maniera di confortare i propri figli, di aiutarli, che li segue, che anticipa le loro richieste, con amore instancabile, come se non riesca, addirittura, ad essere felice senza di loro. Il nostro Dio è un Dio “ricco di misericordia” che ripete all’uomo continuamente e da sempre: “Ti ho amato di amore eterno”13.
Si capisce poi perché continuamente venga evidenziato che l’annuncio dell’Amore Misericordioso è antico quanto lo è il vangelo: Dio ci ama, ci cerca, ci viene incontro, vuol il bene dei suoi figli, e se c’è una preferenza è per quell’uomo che si sente più miserabile, peccatore e perduto.
Madre Speranza è stata lo strumento nelle mani di Dio per risvegliare nell’uomo di oggi questa “impostazione teologica rovesciata” ma come abbiamo visto perfettamente in linea con il vangelo, ossia c’è un Dio che è un Padre, che pensa a noi, come se noi fossimo unici al mondo, ci ama e ci cerca, oserei dire che quasi mendica il nostro interesse. L'uomo non è il centro intorno a cui gira tutto e da cui dipende tutto, la nostra salvezza non dipende dai nostri meriti, ma totalmente dalla grazia di Dio, dalla misericordia di Dio; non dipende da una iniziativa umana, ma dall'iniziativa divina in noi. La ragione di questa originalità carismatica è veramente “sconvolgente” per la nostra vita, il Signore ci ama non perché noi meritiamo qualcosa, ma perché Lui è buono, ci ama perché lui è fedele, perché è l’Amore infinito.
Nel commento alla parabola del figlio prodigo, la Madre Speranza sottolinea proprio questa delicata iniziativa di Dio: "Il Padre accolse il figlio prodigo con gioia; sebbene fosse ancora lontano, il padre lo vide e, mosso dalla misericordia, gli andò incontro, si gettò al suo collo e lo baciò. Dio fa il primo passo per accogliere il peccatore pentito, abbracciandolo con amore, non appena questi va verso di Lui e, senza rinfacciargli i suoi errori, lo ricolma di grazie e di doni”14.
Questo atteggiamento di Dio, ha sempre meravigliato la Madre Speranza, così scriveva nel suo Diario: “Ma che conforto può trovare il Buon Gesù dal nostro amore? Perché viene sempre dietro di noi come un povero mendicante? Non si rende conto che noi non sappiamo rispondere in altro modo che con disgusti, grossolanerie e infedeltà? Mi confonde ogni giorno di più la pazienza, l'amore, la carità di questo buon Padre..."15 (Diario, 19.12.1953).
Il Signore non finisce mai di pensare a noi, il suo amore veglia continuamente sulla nostra vita, Egli non si arrende, non si stanca neanche quando siamo lontani da Lui, è sempre pronto a tendere la mano e rialzarci. Il crocifisso è la prova più eloquente di questo Amore Misericordioso, Dio infatti ci ha amati donandoci il suo Figlio che immolato sulla croce ha redento l’umanità: “La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito”16.
Dio si interessa per primo dell’uomo, Dio ha abitato la storia dell’uomo con l’incarnazione di Gesù, andando alla ricerca della sua creatura e per farsi ritrovare da lui. Questo Dio che prende l’iniziativa allora non è più un oggetto come le varie discipline umanistiche hanno tentato di definire ma un soggetto attivo, determinante, poiché lui per primo ha cercato, chiamato e amato gli esseri umani, suscitando il nostro desiderio di lui, così come ripeteva Sant’Agostino: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto fino a quando non riposa in te!”.
La prima verità che dobbiamo dire a noi stessi è che siamo al mondo, non per un caso fortuito, ma su una chiamata personale di Dio. Ciò vuol dire che ci sembrerà di vivere per forza di cose perché ormai esistiamo, ma non è così, noi siamo importanti per Dio, siamo unici, speciali, irripetibili:“Per Dio noi non siamo numeri, siamo importanti, anzi siamo quanto di più importante Egli abbia; anche se peccatori, siamo ciò che gli sta più a cuore”17.
Dio si è "accorto" della situazione di bisogno, di necessità in cui è sprofondata l’umanità, ha preso il fatto in considerazione, ha partecipato affettivamente a questa situazione, è venuto a compatire, a salvare e all’origine di tutto questo c’è l’azione di Dio, è Lui che per primo condona, dona e trasforma, usa misericordia e rende l’uomo capace di misericordia: l’origine di tutto è la misericordia di Dio, il suo amore paterno. Non sono dunque gli uomini a produrre la novità cristiana, a mettere in atto la liberazione; la salvezza è dono di Dio e solo per sua iniziativa eserciterà la sua misericordia, ossia fa dell'uomo l'oggetto della sua benevolenza e gratuità.
Veramente quanta tenerezza e premurosa attenzione troviamo in Dio per l'uomo, un Dio che è "un Padre e una tenera Madre". Il Dio dei cristiani è dunque un Dio che si fa Uomo e si mette alla ricerca dell'uomo. La misericordia di Dio viene incontro alla miseria umana perchè, l'intento di Dio è quello di indurre l'uomo ad abbandonare le vie del male, nelle quali tende ad inoltrarsi sempre più.
Dio prende l’iniziativa, Dio si è “convertito” all’uomo, ossia si volge, si preoccupa, sposa l’umanità, da qui parte poi la risposta di “conversione” dell’uomo. La grazia della conversione di Dio all’uomo è il primo punto da considerare: se noi partissimo subito dalla nostra volontà, da una nostra coscienza di conversione, lasciando da parte Dio, correremmo il rischio di lasciarci sopraffare dalla nostra fragilità e debolezza, dal peso dei nostri peccati.
L’unica “parte” che compete all’uomo è solo quella di non opporre resistenza, quella che deriva dalla sua incapacità di lasciarsi amare da Dio.
Questa dunque è l’originalità, l’essenza del nostro carisma: un Dio che non si è ancora stancato di amarci e che non si rassegna al nostro peccato, un Dio che non smette di sognare su di noi: questo è l’Amore Misericordioso!
Prendiamo consapevolezza di questo amore, di questa nostra preziosità agli occhi Dio: non lo diamo per scontato ed impariamo anche ad avere un atteggiamento di gratitudine per questo amore di Dio, che ci viene dato anche se noi non lo chiediamo, che è presente ed opera fattivamente in noi anche se noi non ce ne accorgiamo.
Questo sia l’augurio alla fine di queste riflessioni, ossia di vivere fino in fondo l’unico rischio che vale la pena correre in questo mondo e in questo nostro tempo: il rischio della fede, il rischio di lasciarsi “sedurre” da Dio. Solo così sarà che la nostra vita sarà moltiplicata, la nostra debolezza sarà resa forza, la nostra povertà diventerà ricchezza, la nostra gioia sarà piena.
1 Ebrei 1, 1-3
2 CCC n° 50
3 Gv. 1,14
4 Gv. 14,6
5 Atti, 16, 13-15
6 Esodo 33,19
7 Geremia 20,7
8 Atti 9, 3-6
9 Luca 19,5
10 Isaia 43,13
11 Lc. 10, 33
12 Prefazio Comune VIII Gesù Buon Samaritano
13 Ger. 31,3
14 El Pan 8 Meditemos el Evangelio
15 Diario, 19.12.1953
16 Romani 5, 5-6
17 OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO Basilica di San Giovanni in Laterano. II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, 7 aprile 2013