PROFILI DI MADRE SPERANZA – 34 Roberto Lanza Il Giubileo del Carisma dell’Amore Misericordioso: La Porta della Misericordia di Dio
Edizioni "L'Amore Misericordioso" Settembre 2015 |
INDICE
Introduzione
Gli Elementi Giubilari del Carisma dell’Amore Misericordioso
– Tempo di Riscoprire il Progetto d’Amore di Dio
– Tempo di Riscoprire il Sacramento del "Cammino"
– Tempo di Riscoprire il Valore del Pellegrinaggio della Vita
– Tempo di Riscoprire la Carità Evangelica
– Tempo di Riscoprire il Dovere della Testimonianza
Conclusione
Introduzione
Chissà quante volte ci siamo posti queste domande: Cosa è un Giubileo? A cosa serve? Quali sono i discorsi che solitamente si sentono fare dalla gente o che si leggono sui giornali?
Forse i più informati ed aggiornati sono a conoscenza del fatto che, durante l’anno giubilare, viene "aperta" una porta chiamata santa e che sarà concessa ai pellegrini l’indulgenza plenaria, ma forse senza cogliere il significato profondo di questi eventi. Dispiace dirlo, eppure, per la maggioranza delle persone, il Giubileo può apparire più come un’occasione di business, un turismo moderno da compiere a prezzi speciali, una specie di rassegna consumistica-religiosa. L’anno santo, invece, racchiude una grande possibilità per maturare nella fede. A tal proposito Jean Guitton, filosofo e scrittore francese, nominato, da papa Paolo VI°, primo uditore laico al Concilio Vaticano II°, diceva così: "L’anno santo è una "manna", un anno che potrebbe essere paragonato a quelle felicità tanto attese che per il bambino sono le vacanze, per i fidanzati le nozze, per gli esuli e i prigionieri il ritorno e la liberazione. Il Giubileo è l’unica "grande vacanza", l’unica ri-creazione, la sola aurora, la nuova partenza". Parole meravigliose che ci introducono pienamente nel vero senso del Giubileo e del suo fine primario da raggiungere: ossia la riconciliazione degli uomini con Dio.
Ma partiamo da lontano.
L’anno giubilare era una caratteristica del popolo ebraico. Le sue origini si ricollegano all’Antico Testamento, la legge di Mosé, infatti, aveva fissato per il popolo ebraico un anno particolare: "Conterai anche sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell’acclamazione; nel giorno dell’espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un Giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un Giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è il Giubileo; esso vi sarà sacro"1. Chi non santificava il sabato era considerato "eretico" e traditore, con questo giorno si riconosceva pubblicamente Javhè come il Creatore e come l’unico Signore. Un tempo, durante il quale si doveva restituire l’uguaglianza a tutti i figli d’Israele, offrendo nuove possibilità alle famiglie che avevano perso le loro proprietà e perfino la libertà personale.
Ai ricchi, invece, l’anno giubilare ricordava che sarebbe venuto il tempo in cui gli schiavi israeliti, divenuti nuovamente uguali a loro, avrebbero potuto rivendicare i loro diritti. Per mezzo di questa festa settimanale, Dio educava l’uomo ad avere una scala di valori e di priorità, ad esempio a non vivere soltanto per lavorare, a non restare schiavo dei propri idoli. Il rapporto con Dio, ed il tempo a Lui dedicato, aiutava a recuperare la pace interiore e la tranquillità nelle relazioni: pace, riposo e gioia erano le tre caratteristiche principali del Sabato.
Tutto questo modo di comportarsi era poi esteso ad un intero anno chiamato appunto "Sabatico", che ricorreva ogni sette anni. Dopo sette anni sabatici, il cinquantesimo anno, era giubilare e prevedeva alcune norme innovative, ma molto esigenti. Oltre al riposo della terra che non doveva essere coltivata, era contemplato: la riconsegna della terra agli antichi proprietari, qualora fossero stati costretti a cederla, il condono dei debiti non saldati, la liberazione degli schiavi, la lotta alla povertà, e tutto quello che potesse aiutare qualsiasi persona a vivere una vita dignitosa. Proprio il termine Giubileo ci può aiutare a capire meglio il fine di questo anno speciale.
Il nome Giubileo, infatti, deriva dall’ebraico jobel, termine che indicava il corno con il quale si annunciava a tutti l’anno giubilare, radice del termine jobàl che significa perdono/condono e il verbo habil, che significa ricondurre o restituire, ed intende a quella libertà derivante dal ritorno a Dio.
Da qui nasce il Giubileo cristiano, un "passaggio" che si è materializzato quando, Gesù nella sinagoga di Nazareth, ha applicato su di sé le parole con le quali il profeta Isaia aveva preannunciato il messia: "Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui"2. Iniziava così il "giorno della salvezza" la redenzione dell’umanità; con l’apertura di quest’anno di grazia, Gesù è venuto a portare sulla terra la buona notizia dell’amore di Dio. Egli può rigenerare ogni persona, in qualunque condizione si trovi, la liberazione dei poveri e degli oppressi, di tutti coloro che sono schiavi dal giogo del "peccato": con Gesù il tempo della benevolenza di Dio è giunto per ogni uomo.
Rivelare, all’uomo di oggi, l’immagine di un Dio che è Padre misericordioso, questo deve essere l’annuncio attuale da gridare al mondo, un Padre che ci comprende, che ci capisce, che si è fatto come noi per dirci quanto è bello essere figli suoi: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi"3.
Si tratta di un tempo speciale di grazia, è l’anno della remissione dei peccati e delle loro pene, è l’anno della riconciliazione, della conversione e della penitenza sacramentale e, di conseguenza, della solidarietà, della speranza, della giustizia, dell’impegno al servizio di Dio nella gioia e nella pace. L’anno giubilare è soprattutto l’anno di Cristo, portatore di vita e di grazia all’umanità. Viene detto proprio "Anno santo", non solo perché si inizia, si svolge e si conclude con solenni riti liturgici sacri, ma anche perché è destinato a promuovere la santità di vita. E’ stato istituito, infatti, per consolidare la fede, richiamare e stimolare i credenti ad una più sincera e coerente professione di fede in Cristo nostro unico Salvatore. In questo modo, il Cristianesimo, ha trasmesso al Giubileo ebraico un significato più pieno e più profondo: un perdono universale, un’indulgenza aperta a tutti. L’Anno santo è una nuova possibilità che Dio ci concede per farci rinascere, mettersi in piedi per ripartire, ecco il vero volto dell’ANNO SANTO: scoprirsi di nuovo amati da Dio.
Ed è questo "messaggio di speranza" che, il Papa Francesco, ha voluto proprio mettere in evidenza nella bolla di indizione del Giubileo dal titolo Misericordiae Vultus, la considerazione di un Dio che è Misericordia, amore infinito: "Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth. Il Padre, «ricco di misericordia» (Ef.2,4), dopo aver rivelato il suo nome a Mosè come « Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà » (Es.34,6), non ha cessato di far conoscere in vari modi e in tanti momenti della storia la sua natura divina"4.
Un invito di misericordia, che si trova alla base dell’azione pastorale della Chiesa, evidenzia così, infatti, la bolla di indizione, riprendendo quanto era stato scritto nella lettera enciclica Dives in Misericordia:"La Chiesa vive una vita autentica, quando professa e proclama la misericordia, il più stupendo attributo del Creatore e Redentore e quando accosta gli uomini alla fonte della misericordia del Salvatore di cui essa è depositaria e dispensatrice"5. Esiste nella Chiesa un’autenticità propria, un’essenza profonda che la caratterizza, che contraddistingue in maniera indelebile la sua missione, ovvero, quando proclama e annuncia che Dio è un Padre Misericordioso. "Proclamare agli uomini la ricchezza della misericordia del Padre"; non è forse questa la più "nobile" e alta missione che la Chiesa ha ricevuto come mandato dal Signore?
Una conferma "ecclesiale", che ha sottolineato anche Papa Francesco presiedendo nella basilica Vaticana, i primi vespri della II°domenica di Pasqua o della Divina misericordia, in occasione della consegna della bolla di indizione del Giubileo straordinario: "La Chiesa, in questo momento di grandi cambiamenti epocali, è chiamata ad offrire più fortemente i segni della presenza e della vicinanza di Dio"6. E ancora: "È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio
gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza"7, ossia è giunto il tempo favorevole di curare le ferite.Proprio nel rivelare agli uomini il suo ruolo messianico, Cristo si presenta come misericordia del Padre verso tutti i bisognosi, specialmente verso i peccatori che hanno necessità di perdono e di pace interiore. Dio che "è amore"8, non può rivelarsi se non come misericordia. Il Padre si è voluto coinvolgere per amore, attraverso il sacrificio del suo Figlio, nel dramma della salvezza degli uomini. Così evidenziava, ancora, la Dives in Misericordia: "[...] Cristo rivela e incarna in sé la misericordia di Dio": [...] In tal modo, in Cristo e mediante Cristo, diventa anche particolarmente visibile Dio nella sua misericordia"9.
Dio ama gli uomini ed ha voluto salvarli, non li ha lasciati nel loro peccato e nella loro condizione di morte: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui"10.
Rivelando che Dio è amore, il cristianesimo ha fatto dell’amore il valore più alto, ed è questo amore che ci dà la forza di non disperare mai, anche di fronte alle difficoltà più grandi della vita e di credere che Dio è un Padre che si prende cura degli uomini: "Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato"11.
Il Magistero del Santo Padre Francesco è interamente su questa linea, e la convocazione di questo Giubileo straordinario lo conferma, sembra quasi che ne sia l’elemento fondamentale: "E il messaggio di Gesù è quello: la misericordia. Per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore: la misericordia. Non è facile affidarsi alla misericordia di Dio, perché quello è un abisso incomprensibile. Il Signore mai si stanca di perdonare: mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono. E chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché Lui mai si stanca di perdonare"12. E ancora:"Siamo spesso stanchi, delusi, tristi, sentiamo il peso dei nostri peccati, pensiamo di non farcela. Non chiudiamoci in noi stessi, non perdiamo la fiducia, non rassegniamoci mai: non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare, non c’è peccato che non possa perdonare se ci apriamo a Lui"13.
Parole, quelle del Santo Padre, che si fanno ancora più toccanti ed emozionanti nella celebrazione della seconda Domenica di Pasqua del 2013: "Com’è bella questa realtà della fede per la nostra vita: la misericordia di Dio! Un amore così grande, così profondo quello di Dio verso di noi, un amore che non viene meno, sempre afferra la nostra mano e ci sorregge, ci rialza, ci guida"14. Gesù ci ha, dunque, rivelato un Dio Padre che salva, che non condanna, ma anzi salva chi si rivolge a Lui: un amore senza limiti. È un Padre amoroso, misericordioso e provvidente, è per questo che possiamo rivolgerci a Lui con assoluta fiducia; è un Dio onnipotente e santo, trascendente ed infinito, ma anche vicinissimo agli uomini, che ha cura di loro.
Il Cristo è l’incarnazione del perdono di Dio e ne svela la profondità infinita sulla croce, questa è la misericordia che libera il cuore dell’uomo e gli dona il potere di perdonare l’imperdonabile: "Questo è il mio sangue dell’alleanza versato per molti, in remissione dei peccati".15 Solo l’amore di Dio poteva elevarsi a tanto; Cristo ci ha rivelato la profondità ed il mistero di questo amore: "Di generazione in generazione la sua misericordia (hesed) si stende su quelli che lo temono... ha soccorso Israele suo servo ricordandosi della sua misericordia"16. L’obiettivo della sua missione fu proprio quello di rivelarci Dio, testimoniando al mondo quanto sapeva di Lui, soprattutto la misericordia che sempre chiama, accoglie, perdona e salva.
Così dice, ancora, il Papa Francesco nella bolla di indizione: "La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza. "Dio è amore" (1 Gv. 4,8-16), afferma per la prima e unica volta in tutta la Sacra Scrittura l’evangelista Giovanni. Questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesù. La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione"17.
Ma in tutto questo contesto appena evidenziato il nostro carisma cosa dice? Può esserne partecipe? La risposta è chiara: centra eccome!
Il nostro carisma è profondamente immerso in tutto questo progetto di salvezza giubilare, così la Madre Speranza scrive nell’anno 1933: "Credo che Gesù, chiamandoci ad essere membri della famiglia dell’ Amore Misericordioso, ci abbia detto: «desidero vederti correre nel cammino della santità con l’esercizio della carità e il sacrificio. Voglio che il povero trovi in te il conforto, il bisognoso l’aiuto e che mi conduca il povero peccatore che attendo per colmarlo delle mie carezze paterne. Digli di non temere per le offese che mi ha arrecato, perché il mio Cuore Misericordioso lo ha già perdonato e lo ama con infinito amore"18.
Quando la Madre Speranza ha ricevuto la rivelazione dell’Amore Misericordioso, una decisione le è apparsa da subito chiara e determinante: "Gesù ci ha scelte per esercitare a nome suo la misericordia con i poveri e portare ai loro cuori afflitti il balsamo della consolazione"19. Attraverso una relazione profonda e continua con il Buon Gesù (così come lo chiamava in maniera confidenziale), ella ha compreso che l’uomo non può vivere senza questo Dio misericordioso, senza questa certezza la vita diviene priva di senso, di significato.
Il centro della missione del nostro carisma, è proprio quella di portare gli uomini all’incontro con questo Padre: "...per il compito che vengo svolgendo in questi mesi nella casa di nostro Signore, facendo la portinaia di coloro che soffrono e vengono a bussare a questo nido d’amore perché Lui, come buon Padre, li perdoni, dimentichi la loro follia e li aiuti in questi momenti di dolore... e affinché gli dica in nome di tutti loro, non una ma mille volte: "Padre perdonali, dimentica tutto, sono anime deboli"... ed Egli che è tutto Amore e Misericordia specialmente verso i Figli che soffrono, non mi lascia delusa e così vedo con gioia confortate tutte quelle anime che si affidano all’Amore Misericordioso"20.
La presenza di Dio nella vita degli uomini e nella storia, è una presenza di amore, un susseguirsi di interventi, di storie e di vissuti di misericordia. Un Dio che rimane fedele al suo patto di amore anche di fronte alle infedeltà dell’uomo: è la storia della salvezza, un Dio che sceglie, perdona, rimane fedele al suo popolo nonostante i tradimenti. La misericordia è il modo e l’ambito in cui si manifesta l’amore di Dio, ne costituisce la dimensione essenziale. Pertanto, per misericordia, non intendiamo un modo secondario o derivato dell’amore, ma al contrario costituisce il primo modo possibile di intervento dell’amore nella nostra esperienza reale di tutti i giorni. Quindi, l’amore ci viene incontro come misericordia, è riaffermare ciò che diceva Giovanni Paolo II°:"Dio che è amore non può rivelarsi se non come misericordia"21.
Così scriveva, ancora, la Madre: "Se qualcuno ha avuto la disgrazia di offendere Gesù, non esiti un istante, corra da Lui per chiedergli perdono perché egli l’accolga come Padre buono poiché Egli l’attende con grande trepidazione e tenerezza.
Allora vedrete come l’Amore Misericordioso vi stringerà a sé con l’infinita dolcezza del suo cuore e vi meraviglierete di costatare che Egli stesso vi ha attirato a sé proprio quando lo credevate adirato e pronto, con la spada in mano, a vendicarsi delle offese ricevute"22.
Il "progetto" di tale riflessione, allora, sarà proprio questo: cercare di dimostrare, in maniera molto semplice, come il nostro carisma sia davvero una porta, attraverso la quale sperimentare, quanto Dio ci ha amati, addirittura quando eravamo ancora "indegni" di questa benevolenza, ci ha amati proprio perché fossimo degni di tanta grazia: "Sarà in questa occasione una Porta della Misericordia, dove chiunque entrerà potrà sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza"23.
Gli Elementi Giubilari del Carisma dell’Amore Misericordioso
"Molte sono le offese, Gesù mio, e tanti i dispiaceri che ti ho dato, ma poiché il tuo amore e la tua misericordia mi hanno perdonato e hanno atteso che facessi questi esercizi, ascoltami, Padre mio, come figlio prodigo che torna a Te. Fà, Gesù mio, che in questi giorni mi spogli degli stracci dell’uomo vecchio con tutte le sue azioni; e Tu, Padre mio, rivestimi dell’uomo nuovo creato dal tuo cuore nella giustizia, nella verità e santità"24.
Non è forse questa l’esperienza giubilare? Non significa forse abbandonare il nostro uomo vecchio e diventare persone nuove nel cuore?
Se eravamo alla ricerca di una definizione più dettagliata, una "sfumatura" più profonda che potesse meglio delineare il significato di questo Giubileo Straordinario, credo che, queste parole della Madre Speranza, raffigurano al meglio e rappresentano perfettamente il senso più "autentico", che è custodito all’interno dell’Anno Santo. Parole davvero belle e che ci richiamano concretamente alla libertà, alla liberazione dai nostri "pesi" che gravano sulla nostra vita, a renderci persone nuove, nel cuore e nello Spirito, a fare esperienza della misericordia di Dio sull’esempio del Padre che chiede di non giudicare e di non condannare, ma di perdonare e di donare amore e perdono senza misura. Sembra di rileggere in queste poche righe, scritte dalla Madre Speranza, l’immagine e il "motto" pensato per questo Giubileo: lasembianzadiunDiochesicaricasulle spalle l’uomo smarrito, che lo cerca, che lo insegue con amore instancabile, un amore tale da cambiargli la vita. È l’aspetto dell’Amore Misericordioso, ossia di un Padre che non si dà mai per vinto fino a quando non ha dissolto il peccato e vinto il nostro rifiuto, con la compassione e la misericordia.
Dio è come un pastore, gli stanno a cuore tutte le pecore, una a una, se ne manca una sta male, va in angoscia, come se perdesse qualcosa di sé. Dio ha un amore totale per ogni singolo e la perdita di uno lo ferisce perché ognuno è parte di sé. Ognuno, ha un valore incommensurabile agli occhi di Dio e non smette di cercare "finché non la ritrova". Nell’ordine delle nostre relazioni con Dio, la Madre scriveva così: "Care figlie, consideriamo Gesù porta di salvezza e buon Pastore. Il nome di porta attribuito a Gesù indica la norma della nostra condotta per salvarci, dato che, essendo Egli la porta e non potendo passare se non chi nella misura è proporzionato ad essa, noi non possiamo entrare se alziamo la testa per la superbia, ma solo se siamo umili. In essa sta la salvezza perché non c’è porta più sicura per salvarci che l’umiltà di Gesù Cristo, dal momento in cui si umiliò, e Dio quindi lo innalzò. Si entra per essa imitando la vita di Gesù e avendo la mente fissa in Lui. Ciò è detto nelle seguenti parole: "Io sono la porta; se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo". In Lui, figlie mie, è la vita e vita in abbondanza. Egli si annichilò per darci la vita dell’anima e per farci crescere sempre più in questa vita mediante la nostra collaborazione. Gesù Cristo è il buon Pastore che pascola il suo gregge, le sue pecore. Egli possiede del buon Pastore le due condizioni indispensabili: conoscere le proprie pecore e dare la vita per esse".
La pecora che lascia il gruppo e si perde nel deserto è l’immagine di chi si è "staccato" dall’amore del suo Pastore, e si è inoltrato nell’isolamento; una separazione che facilita il dubbio e l’angoscia e predispone il sopravvento del "demonio", perché l’uomo che si stacca dal Padre cerca disperatamente altre sicurezze che possono portare alla completa perdita di se stesso. Nonostante questo, l’uomo rimarrà per sempre l’oggetto dell’amore di Dio, come una pecora sarà sempre di un valore enorme per il pastore che, per questo, lascia le altre novantanove da sole al sicuro per cercarla nel deserto.
Anche il Papa Francesco, nella sua Bolla di Indizione, scrive delle parole pienamente in linea con il nostro carisma: "Questo è il momento favorevole per cambiare vita! Questo è il tempo di lasciarsi toccare il cuore". E da chi se non dall’Amore Misericordioso?
Non un Giubileo, quindi, per celebrare anniversari particolari, ma per esaltare l’unico vero motivo di gioia: la misericordia infinita di Dio e la sua benevolenza. Un anno giubilare per dire che, l’Amore Misericordioso, non si è stancato di noi, Dio non respinge l’umanità che si trova confusa e sbandata e condizionata dalla paura, anzi ci cerca. È un anno, per celebrare un Dio che ci prende sulle spalle, che prende le nostre difese anche se abbiamo sbagliato, anche se abbiamo lasciato la sua casa, anche se abbiamo deviato dai suoi comandamenti.
Ma che cos’è questa misericordia?
Se apriamo il nostro vocabolario troviamo che la parola "misericordia" è sinonimo di pietà, compassione, clemenza, perdono, benevolenza. La parola italiana "misericordia" deriva direttamente dal latino ed è composta dalla radice del verbo "miserere", avere pietà e da "cor-cordis", cuore, quindi, significa avere un "cuore che sente pietà". Nella traduzione dei testi ebraici vengono usati tre diversi vocaboli per indicare il Dio misericordioso: rehamim, che significa "viscere materne", ossia un sentimento intimo che lega profondamente ed amorosamente due esseri in relazione, hesed, che indica piuttosto un atteggiamento di amore e compassione, che deriva però da un rapporto di alleanza che comporta diritti e doveri, emet che evidenzia, invece, la fedeltà assoluta anche nel caso dell’infedeltà del partner.
La misericordia è un atteggiamento di fondo, è uno stile di vita, non è una serie di azioni, è l’atteggiamento di Dio che non vuole che alcuno vada perduto e fa di tutto per portarci alla santità. Dio è Padre e Madre, è amore gratuito, amore che ci precede sempre, che perdona, che crede negli uomini.
Dio vuole una umanità capace di accogliersi, di comprendersi, di perdonare, di pazientare. Allora la misericordia può davvero diventare un modo nuovo di intendere la vita da parte dell’uomo, può realmente illuminare, non solo il nostro rapporto con Dio, ma addirittura anche quelli tra di noi ponendo le basi di nuove relazioni. Vivere la misericordia in questo senso, presuppone che l’uomo di oggi entri in una nuova dimensione esistenziale: quella della conoscenza della gratuità di Dio e dell’amore disinteressato di Cristo per ognuno di noi, così come siamo.
Il solo limite alla misericordia di Dio viene dall’uomo, il cui cuore si è indurito, il solo peccato di fronte al quale il perdono di Dio si rivela "impotente" è quello della chiusura dell’uomo in se stesso, il suo rifiuto di essere perdonato. Dio non conserva rancore per l’uomo, il suo essere misericordioso lo porta al desiderio perenne che l’uomo viva: "Quale Dio è come te, che togli l’iniquità e perdoni il peccato al resto della tua eredità; che non serbi per sempre l’ira, ma ti compiaci di usare misericordia? Egli tornerà ad aver pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati, conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo la tua benevolenza, come hai giurato ai nostri padri fino dai tempi antichi"25. Questa misericordia è universale, aperta a tutti: "La misericordia dell’uomo riguarda il prossimo, la misericordia del Signore per ogni essere vivente"26.
L’uomo può essere aggredito, rifiutato, allontanato, evitato, abbandonato oppure può essere avvicinato, raggiunto, curato, adottato, contattato. Tuttavia oggi si può mancare in diversi modi contro la misericordia di Dio. Un primo modo, purtroppo assai diffuso, è quello di non riconoscere più la realtà del peccato.
E quando non ci si riconosce peccatore, non si sente più il bisogno di Cristo, così come chi non riconosce di essere malato non sente più il bisogno del medico. Oggi c’è chi ritiene di poter stabilire ciò che è bene o ciò che è male secondo il proprio arbitrio, indipendentemente da Dio: è la legge del relativismo moderno. Un tale atteggiamento chiude automaticamente la strada alla misericordia di Gesù, il quale non è venuto per coloro che si ritengono giusti ed autosufficienti, ma per coloro che si riconoscono peccatori ed incapaci di praticare il bene senza il suo aiuto. È quanto conferma il Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo, riprendendo un "passaggio" della Dives in Misericordia di Giovanni Paolo II°: "La mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uomo, il quale, grazie all’enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non mai prima conosciuto nella storia, è diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra (Gen 1,28). Tale dominio sulla terra, inteso talvolta unilateralmente e superficialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia ..." 27
Molti cristiani credono nella misericordia di Dio, perché forse lo hanno imparato dal catechismo, ma si tratta di una fede rimasta a livello nozionale, intellettuale, che non riesce, di fatto, a impregnare la vita di ogni giorno. Ci si rinchiude magari in tanti ragionamenti, si pensa continuamente ai propri peccati con un senso di rimpianto, che scaturisce più dall’orgoglio che dal dolore di aver offeso Dio, ci si lascia prendere dallo scoraggiamento. E tutto ciò dimostra che ci si appoggia più su se stessi che sulla misericordia infinita di Gesù e sulla potenza della sua grazia. Dobbiamo credere concretamente nella misericordia che Gesù ci offre senza alcun limite; dobbiamo fargli dono del nostro nulla tutte le volte che le nostre mancanze e le nostre debolezze ce ne facessero fare l’esperienza, convinti che questo dono, se accompagnato dal proposito di ricominciare subito, non è un atto di superficialità, ma un atto di fiducia, che attira il suo perdono e la sua grazia, ed è la risposta più bella che possiamo dare al suo Amore.
Non potrebbe essere questo un modo per attirare su questa terra, dilaniata da mille mali e pericoli, ancora in preda a guerre e minacciata dall’egoismo degli uomini, la benedizione di Dio?
Il saper ricominciare, fidandosi dell’amore e del perdono di Dio, mettendo la propria disponibilità alla volontà di Dio, è l’atto più intelligente, più costruttivo che possiamo compiere. Insomma, la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio.
Madre Speranza di tutta questa "scienza di misericordia", ne ha fatto l’unico motivo essenziale della sua vita. Così, raccontava questa esperienza: "Sforziamoci di far capire ai fratelli che Gesù è per tutti un Padre buono, che ci ama di amore infinito, senza distinzioni. L’uomo più perverso, il più miserabile e perfino il più abbandonato è amato con immensa tenerezza da Gesù, che è per lui un Padre e una tenera Madre"28. L’esperienza esistenziale che attende l’uomo con l’Amore Misericordioso di Dio è sicuramente quella di un incontro, di un guardarsi negli occhi liberamente con quel Padre che "attende i propri figli, che non tiene in conto, perdona e dimentica", significa trovare comprensione, compassione, e con il balsamo della misericordia curare le grandi ferite che l’uomo di oggi si porta dentro il proprio intimo. Ogni uomo deve essere aiutato ad aprirsi al Padre, "ricco di misericordia", nella verità e nella libertà, con piena consapevolezza e responsabilità, in modo che dall’incontro di grazia scaturisca una vita veramente nuova.
È l’esperienza dell’Amore Misericordioso che si mette sulle nostre tracce, che ci cerca, che ci vuole venire a "stanare" dai nostri nascondigli, è lo stile di un Dio appassionato che non si cura delle monete lasciate al sicuro, che non delega la ricerca di quella perduta, ma che si mette in marcia per colmare il vuoto insopportabile delle distanze, che impazzisce di gioia quando ci riporta a casa. Così, ancora, scriveva la Madre: "Se qualcuno ha avuto la disgrazia di offendere Gesù, non esiti un istante, corra da Lui per chiedergli perdono perché egli l’accolga come Padre buono poiché Egli l’attende con grande trepidazione e tenerezza. Allora vedrete come l’Amore Misericordioso vi stringerà a sé con l’infinita dolcezza del suo cuore e vi meraviglierete di costatare che Egli stesso vi ha attirato a sé proprio quando lo credevate adirato e pronto, con la spada in mano, a vendicarsi delle offese ricevute"29.
È un Dio, talmente innamorato dell’uomo, da rendere veramente attuali quelle parole che caratterizzano il nostro carisma di fondazione: "Che Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro"30. Questa è la novità, ecco l’elemento carismatico basilare che caratterizza il dono dell’Amore Misericordioso: Dio è un Padre che pensa a noi, come se noi fossimo unici al mondo, ci ama e ci cerca, oserei dire che quasi mendica il nostro interesse verso di Lui. Esiste, quindi, la scoperta di un carisma, di un dono che viene dall’alto, che ci rende simili al nostro creatore: Dio è un Padre misericordioso. Il Signore ci ama non perché noi meritiamo qualcosa, ma perché Lui è buono, ci ama perché lui è fedele, perché è l’Amore infinito. Tutto questo aspetto carismatico è talmente consolante che la Madre Speranza diceva: "Se qualche volta si cade, si sbaglia, non abbiate paura, andate subito dal Signore. Perché se ci dovesse giudicare nostro padre potremmo avere paura, ma del Signore non c’è da temere"31.
Ecco, dunque, il "progetto giubilare" che la Madre è stata chiamata a riconfermare attraverso la sua vita e le sue opere:
- Un Dio che vuole la felicità degli uomini e che li cerca instancabilmente.
- Un Uomo che può essere davvero felice e realizzato soltanto se riconosce Dio come un Padre.Quali sono, dunque, le conseguenze più immediate, più pratiche, più essenziali, per la nostra vita, se viviamo profondamente il percorso giubilare? Una domanda importante e decisiva, perché il nostro carisma ci sollecita un’esistenza rinnovata e una conversione radicale del cuore.
Non abbiamo la pretesa di elencare tutti gli atteggiamenti che sono da riscoprire, tuttavia, nella bolla di indizione del Giubileo, Misericordiae Vultus, ci sono alcuni "richiami" che mi sembrano molto importanti da evidenziare. Vediamo, allora, quali sono queste "azioni" del nostro carisma da ricercare e mettere in pratica e che sono i presupposti più immediati dell’Anno Santo.
1 - Riscoprire il progetto d’amore di Dio
Il primo "richiamo" carismatico che risalta subito ai nostri occhi, è quello di riscoprire il progetto gratuito d’amore di Dio pensato per ognuno di noi. Dice così il Papa Francesco: "Insomma, la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio"32. E ancora: "Questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesù. La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente"33. Una conferma che troviamo anche in queste altre parole del Magistero: "[...] affermare che Dio è Creatore non significa esprimere solo una convinzione teoretica, ma anche cogliere l’orizzonte originario dell’agire gratuito e misericordioso del Signore a favore dell’uomo"34. Sembra davvero di riascoltare le parole della Madre Speranza: "Sforziamoci di far capire ai fratelli che Gesù è per tutti un Padre buono, che ci ama di amore infinito, senza distinzioni. L’uomo più perverso, il più miserabile e perfino il più abbandonato è amato con immensa tenerezza da Gesù, che è per lui un Padre e una tenera Madre"35.
Perché Dio ci ha creati? Per amore!
La liturgia, nella preghiera eucaristica IV°, evidenzia: "Hai dato origine all’universo per effondere il tuo amore su tutte le tue creature e allietarle con gli splendori della tua gloria"36. Dio, in se stesso, è amore, è comunione trinitaria, non soffre di solitudine, nulla manca alla sua perfezione, nulla può diminuire e nulla può accrescere la sua felicità. Ma noi, siamo assenti da tanto amore? No! Dio: "ci ha scelti prima della creazione del mondo"37. Prima di essere creati, eravamo già amati, pensati: "predestinati ad essere conformi alla sua immagine"38. La Madre Speranza era cosciente di tanto dono, scriveva ancora nel suo diario:"Gesù mio, fà che il mio amore per te sia sempre un amore riconoscente, mai provocato dalla paura del castigo che ho meritato, neanche per il premio che posso sperare dal tuo amore e dalla tua misericordia, ma fa’ che ti ami con tutte le forze, perché meriti di essere amato più di ogni cosa"39.
C’è un Dio, che dall’eternità, è in continua ricerca della sua creatura, c’è un progetto d’amore tra Dio e l’uomo. Nei Salmi l’uomo dice di se stesso: "Tu mi hai dato forma con l’argilla, Tu mi hai infuso il respiro, Tu mi hai plasmato"; nell’uomo fin dal principio c’è qualcosa di essenziale, qualcosa di divino, qualcosa di completamente nuovo: è l’alito stesso di Dio. Tutto il Creato è pura manifestazione dell’Amore di Dio, non possiamo essere ciò che non siamo e dobbiamo rendercene conto. La Scrittura ci dice chiaramente che Dio ci ha creati a Sua immagine e somiglianza. Ma cosa significa questo? Nel progetto di Dio esisteva una grande vocazione: quella di chiamare l’uomo all’amore. Dio creò l’uomo per avere una comunione con Lui. Essendo creati ad immagine e somiglianza di Dio, gli esseri umani hanno la capacità di conoscere Dio e quindi di amarlo, adorarlo, servirlo ed avere comunione con Lui. Chi accetta la rivelazione cristiana e perciò ammette l’origine divina dell’uomo, sa che l’amore ha la sua sorgente prima in Dio, e che l’uomo "è fatto ad immagine e somiglianza di Dio", proprio perché è capace di amare: "L’uomo è creato a immagine di Dio nel senso che è capace di conoscere e di amare, nella libertà, il proprio Creatore. È la sola creatura, su questa terra, che Dio ha voluto per se stessa e che ha chiamato a condividere, nella conoscenza e nell’amore, la sua vita divina. Egli, in quanto creato a immagine di Dio, ha la dignità di persona: non è qualcosa, ma qualcuno, capace di conoscersi, di donarsi liberamente e di entrare in comunione con Dio e con le altre persone"40. Dio ci ha partecipato gratuitamente la sua pienezza:"ed ecco, era cosa molto buona"41.
Ma non ti vengono i brividi? Ma non senti gioia nel tuo cuore? Non ti rendi conto che c’è un Dio che ti cerca e che ti pensa dall’eternità: "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato"42. Rivivere il messaggio del Giubileo, allora, ci consente di trovare un atteggiamento fondamentale di fiducia nei confronti della nostra esistenza, che non è un atteggiamento facile, ma ci può aiutare il fatto di vederla dentro il disegno di Dio. Il Dio della nostra fede non è un essere lontano che contempla impassibile la vita degli uomini. È un Padre che ama ardentemente i suoi figli: un Dio creatore che si prodiga per amore delle creature. E concede all’uomo il gran privilegio di potere amare, oltrepassando così ciò che è passeggero e transitorio.
Perfino il peccato non distrusse questo piano di Dio, se mai, lo intensificò: "Felice colpa, che ci ha meritato un così grande Redentore!43. Dio ci ha dimostrato fino a che punto vuole spingersi per le sue creature: fino alla croce, perché non può fare a meno di amare il figlio che ha generato.
L’uomo, è l’essere più prezioso, agli occhi di Dio, dell’intera creazione, è per lui che esistono il cielo e la terra e il mare e la totalità della creazione, ed è alla sua salvezza che Dio ha dato tanta importanza da non risparmiare, per lui, neppure il suo Figlio unigenito. Dio, infatti, non ha mai cessato di mettere in "campo" tutto quello che aveva per far salire l’uomo fino a sé e farlo sedere alla sua destra. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci ricorda che: "Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio; [...] "La ragione più alta della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l’uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato [...]"44.
Ecco cosa ci consente di vivere pienamente il Giubileo: il fatto di ricordare, ad ognuno di noi, chi siamo e da dove veniamo, ossia dal cuore stesso di Dio, dal suo Amore Misericordioso. Per la Madre Speranza, questo dono di ricordare la nostra dignità di figli amati e pensati da sempre, era veramente molto chiaro: "Dio, figlie mie, è il nostro primo principio e il nostro ultimo fine. Il primo principio nostro e di tutte le creature perché Egli ci ha creati per sé, per conoscerlo, amarlo e servirlo, facendoci immortali come Lui. Dio ci ha creati, cioè per la sua bontà e a sua somiglianza; infatti, per il principio che ogni simile ama il suo simile, Dio non poteva crearci perché vivessimo a capriccio, ma per conoscerlo, amarlo e servirlo lodandolo e adorandolo, e per poter così salvare la nostra anima. Essendo per origine schiavi ci innalzò allo stato di sovrani quando ci fece simili a sé"45.
E ancora, continuando la sua meditazione sull’Amore Misericordioso, annotava: "L’amore di Dio si rivela nelle creature, però molto di più nell’uomo. Egli l’ha fatto simile a sé più che gli esseri inferiori, gli ha donato i massimi beni e per lui ha compiuto i maggiori sacrifici. Questo amore è antico ed eterno; è immenso perché si estende a tutti; sublime per i benefici concessi, e tanto profondo quanto Dio si è umiliato per l’uomo"46. All’origine del mondo c’è solo l’amore sovranamente libero e gratuito del Padre; Dio non ci guadagna niente a crearci, il suo amore è del tutto disinteressato. Questo Padre misericordioso ama i suoi figli, "a fondo perduto", senza alcun vuoto da colmare, senza alcun utile da ricevere. Non ci ama per realizzarsi, ma per realizzarci. L’amore di Dio verso gli uomini è così gratuito che non possiamo pretendere di averne diritto: è talmente assoluto che non possiamo mai dire che ci venga a mancare: "Secondo me, tra tutti gli affetti quello che ci può restare più impresso nel cuore e nella mente, al punto di diventarne oggetto e quasi idea fissa, è quello di poter chiamare Padre l’infinito Iddio; come pure la passione del buon Gesù, per l’amore e il sacrificio con cui Egli ci riscattò"47.
Dio ci ama così, disinteressatamente, gratuitamente, senza ritorno e senza aspettarsi nulla in cambio, il suo Amore non ha confini, la "vita nuova" che ci è stata donata è una vita che si gioca tutta sulla logica della gratuità, del dono, del servizio. Significa, in sintesi, fare esperienza della Grazia di Dio, della sua benevolenza, della sua misericordia gratuita, un qualcosa che ci viene regalato senza chiedere nulla in cambio. Questa eredità preziosa ci è stata data come dono, come un qualcosa per cui non eravamo qualificati e per cui non abbiamo lavorato: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date"48.
Chi di noi sa ancora che la "grazia", che egli chiede a Dio, significa "tenerezza" di Dio e "pietà" per il peccatore? L’uomo d’oggi si sente ancora amato? Ha ancora bisogno della misericordia?
2 - Riscoprire il sacramento del "cammino"
Un "altro" aspetto carismatico, che dobbiamo riprendere in mano durante il tempo del Giubileo, è quello di riscoprire il valore e l’efficacia del sacramento della riconciliazione.
A livello etimologico la parola Sacramento, dal latino sacramentum, significa "giuramento", derivato di sacrare "consacrare". Nella teologia cattolica intende soprattutto segno sensibile, sacro, istituito permanentemente da Gesù Cristo, quale mezzo di santificazione e di salvezza, per comunicare la grazia e per conferirla. Stiamo parlando, dunque, di una grazia sacramentale, ovvero di quella efficacia che si chiama grazia santificante, grazia che rende santi, una grazia potente, perché il sacramento dona la grazia necessaria a produrre, in noi, "frutti" concreti. È in questo scenario che assume particolare importanza l’invito a riscoprire il sacramento della riconciliazione, perché se i sacramenti sono i segni efficaci della grazia, allora il tempo giubilare è il "luogo" privilegiato dell’iniziativa dell’amore di Dio nella storia di ogni uomo. Un incontro che rinnova l’evento di salvezza e favorisce un rapporto personale con Dio. Da ogni sacramento celebrato si dovrebbe "uscire" soprattutto più impegnati per la trasformazione del proprio cuore e della propria esistenza.
I sacramenti sono gesti che incarnano l’agire di Dio, sono le meraviglie più grandi che Dio compie in mezzo a noi nel tempo presente, in continuità con i gesti di redenzione che ha operato in tutta la storia di salvezza. È sempre Dio che comincia, che prende l’iniziativa, non si accontenta di lasciarsi cercare dall’uomo: prende Lui la decisione dell’incontro. Non è solo Qualcuno che ascolta, è prima ancora Qualcuno che parla. Ma se Dio mi cerca, devo lasciarmi trovare. Dice così il Papa Francesco nella sua Bolla di indizione: "Poniamo di nuovo al centro con convinzione il sacramento della Riconciliazione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia. Sarà per ogni penitente fonte di vera pace interiore"49. Il Signore ci perdona realmente nel sacramento della Riconciliazione, Lui è il primo ad essere commosso e partecipe delle nostre ferite; celebrare questo grande sacramento significa trovare comprensione, compassione. Il sacramento della Confessione, ci aiuta a ricevere i benefici di un cuore nuovo ed un’anima nuova.
Questo sacramento è quello dell’amore creatore di Dio che fa rinascere l’uomo peccatore, suscita nuovamente in lui la gioia di vivere.
È un Dio che ha cuore per le nostre miserie, qualsiasi miseria, così scriveva la Madre Speranza nel suo Diario: "Gesù mi dice di ricordarmi che Lui ama molto più le anime che piene di difetti si sforzano e lottano per essere come le vuole, e che l’uomo più malvagio, il più abbandonato e abietto è da Lui amato con immensa tenerezza ed Egli è per lui un padre e una tenera madre e vuole che il mio cuore assomigli al suo"50. Mettersi in piedi per ripartire, ecco il vero volto della confessione cristiana, scoprirsi di nuovo amati da Dio, questa è l’esperienza gratificante del sacramento della Riconciliazione. Confessarsi, non significa guardarsi con amarezza, non significa essere ripiegati su se stessi, significa alzarsi, convertirsi, per andare verso un altro che ci aspetta, verso Gesù, il "sacramento" del perdono del Padre.
Anche la Madre Speranza era fermamente convinta di questo: "Allontaniamo dalla nostra vita la tristezza. Questo non vuol dire che non debbano rattristarci i nostri peccati. Il peccato deve farci soffrire molto perché offende Gesù. Dobbiamo odiarlo e detestarlo, ma senza abbandonarci alla tristezza e allo scoraggiamento, dato che l’offeso è nostro Padre e il suo Cuore Misericordioso ci perdona e ci ama"51. La sua misericordia, che vuole perdonare e dimenticare le colpe, è più potente di ogni peccato, come leggiamo nei Salmi:"Se considererai le colpe, Signore, chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono perciò avremo il tuo timore"52.
Questo "cammino di conversione" esige coerenti atti penitenziali, gesti e atteggiamenti che orientano alla richiesta di perdono, fino alla celebrazione del sacramento della Riconciliazione. Queste in sostanza possono essere i tre modi per vivere in pienezza tale sacramento:
1) Per prima cosa non dando spazio soltanto alla "semplice" confessione, ma tenendo conto anche del cammino di costante crescita al quale siamo chiamati, ossia quello di recuperare la realtà di figli di Dio del nostro battesimo, e la presa di coscienza delle sue conseguenze.
2) Non c’è confessione, se non c’è anche partecipazione costante all’eucaristia.
3) La celebrazione del sacramento del perdono, deve essere rimotivata con il superamento dell’accusa e della colpevolezza per vivere, invece, la dimensione della riconciliazione con Dio come inizio di vita nuova nella fede.
La Madre Speranza era davvero molto "attenta" a questa dimensione sacramentale, rivolgendosi ai propri "figli" (sacerdoti) in merito all’atteggiamento da usare nel confessionale, diceva queste parole: "Se veramente da peccatori si ha paura di presentarsi al Signore, ci si presenti al Figlio dell’Amore Misericordioso. E che questo Figlio sappia dire a chi entra nel confessionale: "Non spaventarti, devi sapere che il Padre tuo ti aspetta e che per mezzo di questa assoluzione che io ti vado a dare, Lui ti perdona, non conta più e dimentica." Parole che sono uguali a quelle scritte da Papa Francesco nella bolla di indizione: "Non mi stancherò mai di insistere perché i confessori siano un vero segno della misericordia del Padre. Non ci si improvvisa confessori"53.
E rivolgendosi alle proprie Ancelle, la Madre Speranza diceva: "Care figlie, credo che tutte sappiate che soltanto la confessione sacramentale reca sollievo al cuore oppresso dal peccato e straziato dal rimorso per l’iniquità commessa; soltanto la confessione istituita da Gesù e praticata dalla Chiesa è capace di aprire gli occhi al cieco volontario e rivelargli con meravigliosa chiarezza tutto l’orrore della sua situazione morale"54. Il tempo giubilare, appunto, una grande occasione da non sciupare, per consentire, ancora una volta ed in modo particolare, di fare esperienza del Cristo che ci rivela la gioia di un Dio che vuol fare felice la propria creatura. Un tempo di grazia per riscoprire, che il sacramento della riconciliazione è il "sacramento del cammino", della "crescita spirituale" dell’uomo, che non finisce mai di diventare un figlio e di accogliere la verità di essere creatura di Dio.
Così scriveva ancora: "Care figlie, mi chiedete come potete verificare un tale cambiamento in voi, ossia la trasformazione di cui abbiamo parlato. Io credo che sia necessaria una forza di attrazione verso l’alto, verso Dio. L’uomo si sente meravigliosamente attratto da Gesù, sia con la forza della verità, sia con il potere della giustizia, sia con il fascino della bontà e della bellezza che risplendono in Gesù sacrificato»55. E nelle Meditazioni del Sabato Santo evidenziava:"Dio insegue mendicando il nostro amore, pur dopo averci visto camminare per tutta una vita mossi solo dal turbinio delle passioni più vergognose! Anche nel momento che lo stiamo offendendo, volge, si, il suo sguardo da un’altra parte, ma non si allontana da noi e non ci abbandona. Ci tende ancora la mano per aiutarci ad uscire da quella febbre che ci consuma, ci perdona e ci invita a seguirlo di nuovo con amore più forte"56. Dio tratta con pazienza gli uomini, per far sperimentare in piena luce la sua potenza e la sua volontà di misericordia. La Sua pazienza è l’amore di un Dio che offre sempre la possibilità di continuare a vivere nonostante il peccato. L’Amore Misericordioso per la sua incrollabile pazienza, si rifiuta di spegnere quella piccola luce che ancora brilla, sia pure con una fiamma debole, dentro di noi, non accetta di piegare in due la canna già incrinata, non teme un faccia a faccia con la nostra miseria, non inorridisce di fronte al nostro peccato. Se le nostre mani sono vuote, se i nostri vestiti sono logori, se il nostro aspetto assomiglia più a quello di uno schiavo che di un figlio, non dobbiamo temere. L’Amore Misericordioso sa vestire, sa coprire, sa dimenticare, non tiene in conto, sa fasciare le ferite, la misericordia sa rendere bello ciò che è disprezzato, o non amabile. Il Signore è già sulla nostra strada, e aspetta scrutando con gli occhi ogni via, ogni strada da dove potremmo tornare.
Questo è l’Amore Misericordioso! È la pazienza di un Dio che offre la possibilità di continuare a vivere nonostante la colpa.
Da qui nasce la gioia per l’amore di questo Padre che cerca instancabilmente ogni uomo, che vuole confortare, aiutare, far felici i propri figli. Il Signore non finisce mai di pensare a noi, il suo amore vigila continuamente sulla nostra vita, Egli non si arrende non si stanca neanche quando siamo lontani da Lui, è sempre pronto a tendere la mano e rialzarci.
3 - Riscoprire che la vita è un pellegrinaggio
Esiste un altro "invito" giubilare che non possiamo lasciare cadere nel vuoto e che questo Giubileo Straordinario pone davanti ai nostri occhi, ossia quello di prendere coscienza che siamo tutti dei pellegrini e in pellegrinaggio. Dice così il Papa Francesco nella bolla di indizione: "Il pellegrinaggio è un segno peculiare nell’Anno Santo, perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza. La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è viator, un pellegrino che percorre una strada fino alla meta agognata. Il pellegrinaggio, quindi, sia stimolo alla conversione: attraversando la Porta Santa ci lasceremo abbracciare dalla misericordia di Dio e ci impegneremo ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi"57.
Il pellegrinaggio è sempre stato un momento significativo nella vita dei credenti, anche presso il popolo di Israele era tradizione andare in pellegrinaggio verso luoghi sacri. Il pellegrino è colui che ha una meta, che segue un percorso, a volte tortuoso, verso un desiderio che porta nel cuore.
Un giorno Dio chiamò Abramo e gli disse: "Esci dalla tua terra e và nel paese che io ti indicherò"58, e Abramo iniziò il pellegrinaggio della sua vita. Tutta la Bibbia è la storia di questo graduale "esporsi" di Dio dentro la vicenda di un popolo, per rivelargli sempre più il suo volto, per comunicarsi a lui con una solidarietà che diviene salvezza, e invitarlo ad accogliere un’alleanza che mira a portare l’uomo a una partecipazione più piena al mistero di Dio. Forse le caratteristiche più vere del pellegrinaggio, sono quelle di un ritorno all’essenzialità della vita con la conseguente denuncia del nostro superfluo. Il pellegrino antico che percorreva strade di montagna, attraversava paludi, vie di campagna e foreste infestate dai briganti, nel gelido dell’inverno o sotto un sole implacabile, sapeva che per affrontare la fatica e i pericoli di un lungo viaggio a piedi occorrevano poche cose, ma essenziali. Una borsa per il pane e l’acqua, un mantello per coprirsi dal freddo e un cappello per ripararsi dal sole, un bastone per appoggiarsi o difendersi e un rifugio per la notte. Uno degli aspetti più profondi del pellegrinaggio, è la grazia di accorgersi di ciò che veramente vale nella vita, e quindi di saper riconoscere ciò che è inutile e non serve per camminare verso Dio.
Il pellegrino sperimenta che ciò che è superfluo diventa un ostacolo al cammino, perché lo appesantisce e lo distrae dalla sua "meta", che è quello di raggiungere il luogo santo dove finalmente si incontrerà con la presenza misteriosa di Dio. Il tempo del pellegrinaggio è un tempo tutto per Dio, tutto immerso nella sua grazia, è il tempo dell’ascolto, dell’accoglienza, è il tempo in cui il silenzio esteriore aiuta l’anima a purificarsi, che permette una distanza dalle "passioni" o dai nostri inutili progetti, perché il nostro essere più facilmente sappia riconoscere che tutto è nelle mani di Dio. In questo contesto giubilare, forse la verità che ci dobbiamo dire è che la nostra identità più vera è quella di essere pellegrini, mendicanti dell’amore di Dio, della Sua presenza, della Sua misericordia. Solo Dio è difensore dell’uomo e che Lui solo è indispensabile alla vita e che senza la Sua presenza l’esistenza umana è votata all’inutilità e alla sterilità.
Il quesito sulla sua identità, sul senso della vita e sul proprio destino rendono l’uomo un viator, come diceva Papa Francesco, ricercatore oltre gli stessi confini umani, aperto all’Assoluto, con la voglia di possederlo e conoscerlo.
Il pellegrino è un uomo in cammino, ha lasciato un luogo per andare in un altro; il turista si ferma da qualche parte, guarda, fotografa, compra e riparte, il pellegrino, percorre un altra dimensione: quella della ricerca di Dio, dell’incontro con Dio, il ritrovarsi con un Padre che lo aspetta e lo accoglie come un Figlio per fargli fare esperienza di consolazione e di pace. Ecco perché il tempo del pellegrino non è quello del turista, il tempo del pellegrino è in realtà il tempo del memoriale, il tempo della liturgia, il tempo della fede. Questa è l’esperienza che dovrebbe caratterizzare ogni pellegrinaggio: la ricerca di Dio, lo stare con Lui, contemplare la Sua presenza, ricordarsi l’ora dell’incontro. Esiste una chiamata ad andare via dalla propria città, a lasciare la vita di tutti i giorni ed a cercare un luogo di pace e di grazia, per dirla in modo biblico, ad andare nel deserto. È l’invito a salire sul monte, dove i profeti pregavano ed incontravano il Signore per poi tornare di nuovo nel proprio luogo, nella propria città per continuare la propria attività. Il pellegrino deve rimanere, deve avere tempo, deve andare sul monte, deve incontrare nel tempio il Signore che perdona e restituisce la pace: questo è il vero significato del pellegrinaggio cristiano.
La Madre Speranza, di tutto questo impianto esistenziale, ne era veramente convinta, diceva così: "Questo pellegrinaggio lontano da Dio è il nostro passaggio nel mondo fra le creature delle quali dobbiamo servirci per arrivare a Lui; lasciarle indietro e andare oltre per trovare e unirci solamente a Lui. Se sappiamo vivere servendoci così delle creature, il nostro pellegrinaggio sulla terra si realizzerà secondo la volontà di Dio"59. E ancora: "Perché, pur essendo Dio in ogni luogo come Signore del cielo e della terra, il pensiero del cielo ci muova ad amarlo con maggiore venerazione e, vivendo in questa vita come pellegrini, ad aspirare alle cose celesti"60.
Per il nostro carisma, essere pellegrini, significa concretizzare sempre un bisogno di ricerca di Dio e di conversione a Lui. Convertirsi propriamente significa accogliere totalmente un Dio che è grazia e misericordia, sperimentare quella "povertà" evangelica che riconosce a Dio tutta l’iniziativa della salvezza e che ci rende creature nuove. Dio offre all’uomo, principalmente, la sua presenza misericordiosa con l’intenzione che questi, lo trovi e realizzi il senso della propria esistenza. Il programma di vita che la Madre Speranza ci ha lasciato è proprio questo: vivere fedeli alla nostra vocazione, coerenti con la nostra fede, camminando sempre sotto la protezione e alla presenza del buon Gesù, cercare di restare in sua "compagnia". Il nostro carisma ci indica la strada: camminare secondo la volontà di Dio, perché ci aiuterà a vivere, non mediante le nostre povere forze, ma attraverso la forza di Dio, così come dice il salmo: "Il Signore è la mia forza e il mio scudo, ho posto in Lui la mia fiducia" 61. Una verità carismatica molto bene descritta in un’orazione finale della nostra Novena: "Entra, Signore nella mia povera stanza e riposa con me: accompagnami nel pericoloso cammino che percorro affinché non mi perda" convinta che "per la tua misericordia, non lascerai di amarmi un solo momento e che sarai sempre con me"62.
Solo se restiamo attaccati a Lui continuiamo a produrre frutto, altrimenti sappiamo bene che se stacchiamo un ramo dall’albero, quel ramo è destinato a seccare. Con la stessa evidenza con la quale un ramo staccato da una pianta non può più dare frutto, noi, separati da Lui, non possiamo più portare frutto. È "grazie" a questa presenza paterna di Dio nella nostra vita, che possiamo sperimentare la liberazione dal peso del peccato che sempre ci pervade. Siamo pellegrini perché l’uomo è fatto per camminare, perché il cammino è scuola di vita, perché camminare, come pellegrini, ci consente di dialogare con se stessi, con gli altri, con Dio: "Diciamo, che sei nei cieli, perché, pur essendo Dio in ogni luogo come Signore del cielo e della terra, il pensiero del cielo ci muova ad amarlo con più venerazione e, vivendo in questa vita come pellegrini, ad aspirare alle cose celesti"63. Cosa può davvero saziare il desiderio dell’uomo? Credo che la Madre avrebbe risposto così: "[...] vivere in questo esilio come pellegrini aspirando all’unica cosa che ci interessa, senza lasciarci distrarre dalle cose di questo mondo"64. Non é una domanda banale, molto spesso, infatti, pensiamo che il Signore, sia al centro della nostra vita, ma non ci accorgiamo che al centro magari ci abbiamo collocato "altre cose che ci distraggono".
Spesso questa situazione avviene quando, ci sentiamo noi gli attori principali della storia e non ci accorgiamo che, invece, il vero protagonista deve essere il Signore Gesù. L’unica cosa che ci deve interessare, nel nostro cammino, è quella di ricercare il Cristo, il suo Amore Misericordioso, siamo tutti pellegrini in viaggio verso l’unica meta che ci può realizzare come figli di Dio: "Di nuovo, Gesù mio, consegno la mia anima al tuo spirito perché tu possa crescere in me, certa che, se non ti disturbo, tu mi invaderai, crescerai e ti diffonderai nel mio cuore, lo ungerai e profumerai con il balsamo d’amore che solo tu sai preparare, per lasciare l’anima assorta in te, incapace di rendersi conto di quanto accade attorno a lei"65.
4 - Riscoprire la carità evangelica
Nella bolla di Indizione del Giubileo, il Papa Francesco appunta in questo modo: "È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina"66.
Ecco, dunque un altro richiamo giubilare che dobbiamo prendere in considerazione: riaccendere la carità delle opere di misericordia.
La carità e la misericordia, nella vita della Chiesa, stanno ad indicare, non solo l’identità, ma anche l’agire stesso della Chiesa, anzi prima di definirne l’agire, definiscono proprio la sua essenza più profonda. Un "errore" che commettiamo spesso è quello di pensare che la carità sia soltanto cura del bisogno dell’altro e che la misericordia sia soltanto una giustificazione a buon mercato da dare ai nostri comportamenti, quando, invece, sia l’una che l’altra non sono altro, che effettiva partecipazione al mistero di Cristo: "la carità è anzitutto il mistero stesso di Dio e il dono della sua vita agli uomini. La carità è di conseguenza, la natura profonda della Chiesa, la vocazione e l’autentica realizzazione dell’uomo"67. Se non si ama il fratello che si vede è impossibile amare Dio che non si vede, se non si serve l’uomo è chiaro che non si è conosciuto il Dio di Gesù Cristo, se non si aderisce all’amore di Dio, anche l’amore per il fratello risulta essere vuoto e non sincero.
La relazione dell’uomo con Dio non si esaurisce soltanto negli atti di culto, si materializza anche con la pratica della giustizia (misericordia) e della carità nelle relazioni umane: "Non sarà inutile in questo contesto richiamare al rapporto tra giustizia e misericordia. Non sono due aspetti in contrasto tra di loro, ma due dimensioni di un’unica realtà che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore"68. Dio stesso ha cercato e redento concretamente ogni uomo, soprattutto i deboli e gli ultimi. Se pensiamo agli orfani, alle vedove, ai poveri, "categorie" di persone a cui il Signore ha rivolto il suo particolare sguardo misericordioso e provvidente. La carità, quindi, non è un’idea, una filosofia o ancora peggio un generico sentimento, ma è l’incontro esperienziale, esistenziale con Dio:"Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri"69.
È importante, allora, ripartire da questa domanda: Nell’anno del Giubileo, come riscoprire davvero le opere di misericordia? Cosa fare?
Il solo carisma superiore, al quale tutti noi dobbiamo aspirare, è la carità
70, il vero amore, viene da Dio, la carità è il dono di Dio all’uomo: "Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio; chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore"71. La presenza di Dio nella vita degli uomini e nella storia è una presenza di amore, un Dio che rimane fedele al suo patto di amore anche di fronte alle infedeltà dell’uomo: è la storia della salvezza, un Dio che sceglie, perdona, rimane fedele al suo popolo nonostante i tradimenti.Così si esprimeva la Madre Speranza: "Il mondo sfugge quelli che piangono e allora gli afflitti pur avendo bisogno di sfogarsi si isolano. La nostra accoglienza sia per loro un’ancora di salvezza. È importante allora capirli e immedesimarci con empatia nelle loro situazioni; dal momento che si vedranno capiti si sentiranno confortati e le nostre parole scenderanno come balsamo salutare sulle loro ferite"72. E ancora: "Qualcuna mi ha detto che non sa come fare per amare il prossimo come se stessa, essa vede questo molto difficile. A me non sembra: perché per questo è necessario amare Gesù, infatti è noto che colui che ama gli altri senza sforzo, ama ciò che ama l’Amato. Siccome Gesù ama svisceratamente gli uomini è logico che chi ama Gesù ami anche il prossimo da questi tanto amato". Dio nell’annuncio della buona novella ha scelto proprio i più piccoli: "Ti benedico, o Padre Signore del cielo e della terra perché hai tenuto nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli"73.
In questo Anno Santo, ci viene data la possibilità di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate sofferenze "spirituali e corporali", di aprire con coraggio i nostri occhi per guardare le tante miserie di molte persone che sono private di ogni dignità e di ogni diritto, di diventare, per loro, l’immagine di quel Dio che ha voluto dare la pienezza della vita ad ogni uomo che cammina su questa terra. Riscopriamo, allora, le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo anche le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.
Nella luce del nostro carisma la misericordia è inseparabile dalla carità, oserei dire quasi intrinseca ad essa, infatti, non può esserci misericordia senza il vivere un atteggiamento di apertura "verso l’altro".
Non sono forse la misericordia e la carità i pilastri principali sui quali si regge tutta la rivelazione dell’Amore Misericordioso? Non sono forse queste due parole a racchiudere tutta l’essenza dell’annuncio evangelico? Tra carità e misericordia esiste una profonda e irrinunciabile correlazione, esse si rapportano in termini non di contrapposizione, ma di compenetrazione, una carità autentica contiene in sé sempre l’esigenza di misericordia. Una sintesi questa ben evidenziata dalla Madre Speranza che così annotava: "Teniamo a mente che quelli che soffrono attendono il nostro conforto, attendono anzi che ci facciamo partecipi delle loro sofferenze. Lo stesso ci chiede l’amore verso il Signore Gesù. Quando incontrerete un uomo sotto il dolore fisico o morale, non dategli un aiuto o un consiglio senza avergli prima dato uno sguardo di compassione"74. La sostanza della vita cristiana è proprio cercare di unire, mettere in contatto, vivere contemporaneamente queste due "virtù", prima di tutto e per il semplice fatto, perché noi siamo i primi beneficiari di queste caratteristiche divine, è Dio che per primo ama noi: "Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi"75.
È la missione che l’annuncio dell’Amore Misericordioso ancora oggi ripropone nella sua piena attualità ad ognuno di noi. Vi pare poco? Chi vive il carisma dell’Amore Misericordioso, non è più colui che obbedisce a Dio osservando le sue leggi, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo. Prendiamo consapevolezza di questo amore, di questa nostra preziosità agli occhi Dio: un Dio che ci cerca, che ci vuole donare tutto se stesso, anche se noi non lo chiediamo, una misericordia che è presente sempre e che opera sempre anche se noi non ce ne accorgiamo. Solo una carità capace di farsi dono e servizio è una carità che evangelizza l’uomo e lo riconduce pienamente nel posto che gli appartiene: "Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come "a casa loro". Non sarebbe, questo stile, la più grande ed efficace presentazione della buona novella del Regno? La carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole"76. La buona notizia dell’Amore Misericordioso è che l’amore si è reso possibile: "amerai il prossimo tuo come te stesso".
Non di un amore "qualsiasi", e neppure di un sentimentalismo fatto di benevolenza o di fraternità. L’amore che siamo chiamati a testimoniare è l’amore con il quale Dio, fin dall’eternità ci ha amati.
Non si tratta solo di soccorrere, ma, prima di tutto, di voler bene con affetto sincero e preferenziale a questi fratelli, amandoli per primi, impariamo ad amare tutti, con amore universale. Alla scuola di Gesù, la Madre Speranza, aveva imparato ad amare e mettere in pratica il comandamento dell’Amore, quel comandamento che è scritto ai piedi del crocifisso dell’Amore Misericordioso nel vangelo aperto, la Madre tradusse questo insegnamento di Gesù in gesti concreti, di perdono, di carità attiva specialmente verso i più bisognosi: "Fare del bene senza distinzione, anzi la nostra preferenza sia per quelli che ci offendono e mortificano e per i più ripugnanti e disgraziati"77.
5 - Riscoprire il dovere della testimonianza
Come ultimo "appello", ma soltanto in ordine cronologico e non sicuramente di importanza, il Giubileo ci impone di verificare profondamente la nostra vita cristiana e soprattutto di riscontrare quanto incide nell’essere specchio dell’amore di Dio per il mondo. Dice così il Papa Francesco: "Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti"78. E ancora: "La predicazione di Gesù si rende di nuovo visibile nelle risposte di fede che la testimonianza dei cristiani è chiamata ad offrire"79.
Nessuno che viva veramente di Cristo Gesù può trattenersi dal testimoniarlo. La realtà della sequela è realtà che investe il valore, il senso e la riuscita di tutta la nostra esistenza, è realtà di amore e l’amore per sua natura è comunicativo. Forse che un innamoramento vero e sincero può essere tenuto nascosto? Nella misura in cui è autentico chiede di comunicarsi. Se è così nella nostra esperienza umana lo è in modo più profondo nell’esperienza del cristiano. La testimonianza raccoglie in sé l’elemento proprio dell’identità del discepolo di Gesù che, da un lato, è chiamato per grazia a "vedere e udire", dall’altro, a comunicare ad annunciare e testimoniare quanto ha visto e udito e che dona pienezza all’esistenza80. L’incontro esperienziale con il Cristo deve scuotere, mettere in discussione, motivare profondamente le azioni e gli atteggiamenti e chi vuol comprendere sempre di più il messaggio di Cristo è chiamato alla testimonianza concreta nella propria vita. Ci muoviamo in una società che vive un profondo relativismo, che ha provocato l’allontanamento di Dio dalla vita di tutti i giorni.
Le conseguenze, spesso spaventose e devastanti, sono ormai sotto i nostri occhi, una società immersa nella solitudine e talvolta nella disperazione, dove l’incertezza del domani ed il degrado morale, ha relegato l’uomo in una "prigione" esistenziale senza più speranza, senza più senso e gioia di vivere. Si vive in un vero e proprio clima di profondo relativismo, che nega l’esistenza di verità assolute, si vive come se Dio non ci fosse, e assumendo il proprio io come unico metro di tutte le "cose". È il dominio di un vero e proprio "nichilismo esistenziale", per cui la vita non ha alcun valore o senso pieno, l’uomo senza Dio è l’attore principale sulla scena del mondo ed è responsabile di ogni sua azione.
Non esistendo la figura di Dio, è l’uomo a crearsi in ogni sua azione: "Se Dio non esiste tutto è permesso". L’uomo ha "rinnegato" la propria identità di figlio di Dio che è nel suo cuore: ha dimenticato Dio, lo ritiene senza significato per la propria esistenza. In questo tempo, in cui la manifestazione pubblica della fede è così tanto ostacolata, e comunque rischiosa, l’evangelizzazione deve muoversi attraverso la testimonianza di vita dei cristiani e la nostra capacità di stare e vivere insieme. Nei primi tempi della Chiesa i pagani erano portati a Cristo grazie alla testimonianza di vita fraterna, di servizio vicendevole, di gioia condivisa, dei primi seguaci di Cristo.
Gli uomini del nostro tempo, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti di oggi non solo di parlare di Cristo, ma in un certo senso di farlo loro "vedere". La grande sfida che ci sta davanti è davvero grande e se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo, dobbiamo essere testimoni autentici del vangelo: "E anche voi mi renderete testimonianza"81. È il dovere della testimonianza il segno che sta attraversando i nostri tempi, una testimonianza evangelica che, non significa soltanto difendere una posizione o una concezione particolare della vita, ma annunciare l’amore e la misericordia del Cristo per ogni uomo, testimoniare un Padre che ci ama in anticipo, che ci ha scolpito nel suo cuore, che continuamente ci ripete: "Tu sei il mio figlio prediletto in te mi sono compiaciuto"82.
Testimoniare questo Padre a quanti sentono il bisogno di credere in un mondo nuovo, annunciarlo ad ogni uomo che non vuol morire sotto il peso di questa società inquinata dal consumismo e dal benessere egoistico. La Chiesa ha la missione di testimoniare, dovrà sempre estendersi verso "l’esterno", per invitare gli uomini all’ascolto della buona novella che Gesù è il Signore, che Dio ama l’uomo e che desidera la salvezza di tutti.
Ritenere che la Chiesa sia "passiva" e che non faccia niente per raggiungere gli uomini per attirarli nella comunità dei credenti e renderli partecipi della vita divina, sarebbe negare la sua stessa natura di essere strumento di salvezza. Se agisse in quel modo cesserebbe di essere la Chiesa di Gesù Cristo, e questo per il fatto che le Sue ultime parole furono un comando a rendere testimonianza, ad offrire a tutti gli uomini la possibilità di diventare membri della famiglia di Dio: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato"83.
Ci crediamo ancora?
Quante lucerne mettiamo sotto il moggio, ossia su quante occasioni di annuncio del vangelo mettiamo il silenziatore, come fosse più discreto, più elegante tenere per sé la vita vera. Noi cristiani facciamo sempre più fatica a testimoniare e a narrare come il Cristo ci abbia redento, come ci abbia aiutato a superare le nostre tempeste, come ci abbia perdonati, e così facendo non ci rendiamo conto che "derubiamo" il mondo, che vive oltre le nostre porte, del sale, del sapore, del gusto, che saremmo tenuti a trasmettere.
La vita cristiana, è sale della terra e luce sopra il lucerniere: "Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini"84. Il tempo del Giubileo, quindi, un tempo di grazia, un tempo di misericordia, un tempo opportuno, per riprendere in "mano" la nostra vita! A cosa servirebbe aver fatto un’esperienza meravigliosa di Dio, entusiasmante, irrepetibile, e poi tenerla nascosta, riservata soltanto a se stessi? A cosa servirebbe trovare un "tesoro" prezioso e non poterlo comunicare a nessuno? La testimonianza che si può vivere completamente immersi in Dio, è uno dei pochi linguaggi che l’uomo contemporaneo può riuscire a comprendere, e la capacità di convincimento, la capacità di incidere è molto più forte se è un gruppo di persone che condivide lo stesso ideale. Un conto è una sola persona che può apparire come un "esaltato" che sceglie di vivere il vangelo, altro conto è un gruppo di persone che si ritrova insieme per vivere conformati a Cristo.
Non è più un fenomeno isolato, ma è un fenomeno collettivo, è una testimonianza comunitaria, che ha un linguaggio molto più eloquente. È qui che si "gioca" il carisma dell’Amore Misericordioso, è qui che riscopriamo la dinamicità e l’universalità di un dono che Dio ha elargito a noi e alla sua Chiesa, non per tenerlo chiuso, ma per essere diffuso in tutto il mondo. Una situazione ed un contesto esistenziale che, la Madre Speranza, in modo profetico, aveva già intuito: "[...] è necessario che ci impegniamo assai perché l’uomo conosca l’Amore Misericordioso di Gesù e riconosca in Lui un Padre pieno di bontà che arde d’amore per tutti e si è offerto a morire in croce per amore dell’uomo e perché egli viva"85. La Madre era davvero molto immersa in questa dimensione di testimonianza "carismatica", così annotava nel suo diario: "Questa notte il buon Gesù mi ha detto che lavoro ben poco per far conoscere a coloro che mi sono vicini il suo Amore Misericordioso per gli uomini. Che pena per tale paterno rimprovero, padre mio!"86.
La società contemporanea, avendo smarrito il senso di Dio, ha urgente bisogno di "vedere" la testimonianza dei cristiani, di vedere una vita nuova, di gustare un sapore nuovo e testimoniare l’Amore Misericordioso significa proprio portare il lieto annuncio della salvezza a tutti gli uomini, per trasformarli dal di dentro e renderli persone nuove, perché non c’è umanità nuova se prima non ci sono uomini nuovi. Esiste, dunque, un profondo legame tra il Giubileo che siamo chiamati a vivere e il nostro carisma, perché accogliere l’Amore Misericordioso di Gesù vuol dire aderire ad un "mondo nuovo", ad un diverso stile di vita, ad un nuovo modo di vivere la vita e di interpretare gli avvenimenti che in essa accadono.
Se hai fatto esperienza dall’abbraccio benedicente dell’Amore Misericordioso come non rispondere? Se sai, se hai scoperto che il tesoro è vita, amore e gioia senza fine, puoi stare zitto e tenere per te il segreto?
Chi è stato "toccato" da questa esperienza, chi ha conosciuto veramente questo Dio di misericordia, a sua volta deve testimoniarlo. Nello spazio della misericordia si determinano così anche i passi realisticamente possibili da percorrere per un cammino di conversione personale e nella luce della Parola di Dio, si può riprendere il filo di una storia interrotta o almeno accettare di non tranciare, su di essa, un giudizio così definitivo e assoluto da escludere ogni possibilità di riconciliazione. L’amore di Dio ci ha preceduto come un perdono misericordioso e chi ha accolto la "vocazione" all’Amore Misericordioso, ha ricevuto la capacità unica e singolare di portare agli uomini, come "ministri", la testimonianza dell’amore inesauribile di Dio. Significa testimoniare che, nel suo Figlio, Dio ha tanto amato il mondo, ha dato l’esistenza a tutte le cose e ci ha chiamato alla vita: "Siamo chiamati figli di Dio e lo siamo realmente"87. Solo così saremo testimoni della missione della Chiesa che ha nella misericordia la sua "risorsa" migliore da giocare, l’unico messaggio, l’unica novità che può interessare gli uomini del nostro tempo: "Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia"88.
Conclusione
Come terminare queste riflessioni?
Vorrei concludere così semplicemente, lasciando risuonare nel cuore di ognuno di voi, le parole di Papa Francesco con le quali concludeva la sua Bolla di indizione: "Un Anno Santo straordinario, dunque, per vivere nella vita di ogni giorno la misericordia che da sempre il Padre estende verso di noi. In questo Giubileo lasciamoci sorprendere da Dio. Lui non si stanca mai di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e vuole condividere con noi la sua vita"89.
Tu ti senti destinatario del Giubileo? Cosa stai facendo della tua vita? Come la stai vivendo? La tua fede in Dio è viva, è coerente?
Lascio ancora a te, al termine di questa meditazione, la "responsabilità" di trovare, per la tua vita, la conclusione più giusta da vivere. Lascio ancora a te la possibilità di comprendere che, il tempo giubilare, è un tempo di misericordia, un tempo per contemplare la nostra povertà, è il "giorno" nel quale dobbiamo "azzerarci" e metterci nelle mani di Dio. È il tempo propizio, per entrare nel nostro nulla e per comprendere la grandezza di Dio. Abbiamo bisogno della sua misericordia, per sperimentare nuovamente l’abisso della sua grandezza e il baratro del nostro nulla.
Tu che hai letto queste poche righe, non permettere che anche questa opportunità passi invano nella tua vita, tu farai Giubileo soltanto se permetterai che Gesù faccia irruzione nella tua esistenza, se ti lascerai sorprendere dalla sua grazia, se lascerai aperta la porta del tuo castello dove ti sei arroccato; fatti conquistare dal Signore, arrenditi a questo Amore Misericordioso. Torna a casa, ritorna da Dio, ripeti la tua professione di fede, riconciliati con la tua storia. Solo, allora, sentirai risuonare nel tuo cuore queste parole che ti apriranno una nuova vita, che ti avranno riconciliato con Dio, che ti avranno portato nelle braccia di un Padre: "Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile come se Lui non potesse essere felice senza di loro"90.
Ti auguro di attraversare la porta dell’Amore Misericordioso, per sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona, che dona speranza... ti auguro di entrare nel cuore dell’Amore Misericordioso.
1 Levitico 25, 8-12
2 Lc. 4, 16-213 Lc. 4
4 Bolla di indizione Giubileo n.1
5 DM. n° 13
6 Basilica Vaticana 11 Aprile 2015
7 Bolla di indizione Giubileo n.10
8 1 Gv. 4,16
9 Dives in Misericordia cap. 2 lettera b
10 Gv. 3,16
11 Bolla di indizione Giubileo n.8
12 Omelia pronunciata nella parrocchia di Sant’Anna 17 Marzo del 2013
13 Veglia di Pasqua del 30 Marzo 2013
14 7 Aprile 2013
15 Mt.26,28
16 Lc. 1,50-54
17 Bolla di indizione Giubileo n.8
18 Consigli pratici (1933) (El Pan 2,75)
19 Consigli pratici (1941) (El Pan 5,18)
20 Circolare n° 104 anno 1965 (El Pan 20,641 e 643
21 Lettera Enciclica Dives in Misericordi n°13
22 Consigli pratici (1933) (El Pan 2,40)
23 Bolla di indizione Giubileo n.3
24 Figlio prodigo Letture per Esercizi Spirituali: La Passione (1943) (El Pan 7,7)
25 Mic. 7, 18-20
26 Siracide 18,12
Lettera Enciclica Dives in Misericordia n.228 Consigli pratici (1933) (El Pan 2,67)
29 Consigli pratici (1933) (El Pan 2,40)
30 Diario (1927-1962) (El Pan 18, 2)
31 Esortazioni (1959-1971) (El Pan 21, 1171)
32 Bolla di indizione Giubileo n.3
33 Bolla di indizione Giubileo n.8
34 Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 26
35 Consigli pratici (1933) (El Pan 2, 67)
36 Messale Romano Preghiera Eucaristica IV°
37 Efesini 1,4
38 Rm. 8,29
39 Diario (1927-1962) (El Pan 18, 593)
40 Compendio del CCC, n. 66
41 Genesi, 1,31
42 Geremia 1,5
43 Preconio Pasquale
44 CCC 27
45 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8, 310.311)
46 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8, 336)
47 Nel 25º anniversario della fondazione delle eam (1955) (El Pan 15, 157).
48 Mt. 10,8
49 Bolla di indizione Giubileo n.17
50 Diario (1927-1962) (El Pan 18, 1192)
51 Consigli pratici (1933) (El Pan 2, 100)
52 Salmo 130, 3-4
53 Bolla di indizione Giubileo n.17
54 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8, 451)
55 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8, 474)
56 Roma 24 Aprile 1943
57 Bolla di indizione Giubileo n.14
58 Gn. 12,1
59 Letture per Esercizi Spirituali: La Passione (1943) (El Pan 7, 25)
60 Commento al Padre Nostro Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8, 991)
61 Salmo 27,7
62 Novena all’Amore Misericordioso – IX giorno (El Pan 24, 29)
63 Novena all’Amore Misericordioso II giorno – Meditazione sulle parole: " Che sei nei cieli" (El Pan 24, 29)
64 Pratica delle virtù (1933) (El Pan 1, 66)
65 Diario (1927-1962) (El Pan 18, 783) Roma 30 maggio 1942
66 Bolla di indizione Giubileo n.15
67 CEI – Evangelizzazione e testimonianza della carità n° 19
68 Bolla di indizione Giubileo n.20
69 Gv. 13, 34-35
70 1 Cor. 12-13
71 1 Gv. 4, 7-8
72 Consigli pratici (1941) (El Pan 5, 7)
73 Mt. 11, 25-27
74 Consigli pratici (1941) (El Pan 5, 6)
75 Rm 5, 8
76 N.M.I. n° 49
77 Consigli pratici (1941) (El Pan 5, 145)
78 Bolla di indizione Giubileo n.3
79 Bolla di indizione Giubileo n.16
80 1 Gv. 1, 1-4
81 Gv. 15,27
82 Lc. 3, 21-22
83 Mt. 28, 19-20
84 Rm. 12,17
85 Consigli pratici (1933) (El Pan 2, 61)
86 Diario (1927-1962) (El Pan 18, 12) 7 febbraio 1928
87 1 Gv. 3,1
88 Salmo 103, 3-4
89 Bolla di indizione Giubileo n.25
90 Diario (1927-1962) (El Pan 18, 2)