PROFILI DI MADRE SPERANZA – 37

Roberto Lanza

 

Il Giubileo dell’Amore Misericordioso

"Sulla Soglia della Speranza: accogliere l’Amore Misericordioso di Dio"


Edizioni "L'Amore Misericordioso" 2025

INDICE

Introduzione ed Aspetti Giubilari

Il Giubileo dell’Amore Misericordioso

1 Pellegrini nella Speranza. pag. 34

2 La Speranza dell’Amore Misericordioso

3 I Nuovi Segni della Speranza

Conclusione

 

 

Introduzione ed aspetti Giubilari

Il Giubileo è sempre stato un evento straordinario nella tradizione della Chiesa Cattolica, che ha radici antiche e profonde. Ma cosa rappresenta veramente un Giubileo e come viene percepito, oggi, dalla gente comune e dai media?

Un Giubileo è un anno speciale di grazia e misericordia, proclamato dalla Chiesa, durante il quale i fedeli sono invitati a rinnovare la loro fede e a riconciliarsi con Dio. Questo evento straordinario include riti e celebrazioni particolari, tra cui l’apertura della Porta Santa nelle basiliche maggiori, simbolo di un percorso spirituale verso la salvezza e il perdono. Durante il Giubileo, i pellegrini possono ottenere l’indulgenza plenaria, ossia la remissione di tutte le pene temporali per i peccati già confessati, un’opportunità unica per la purificazione dell’anima.Tuttavia, ad ogni Giubileo ritorna la stessa riflessione: spesso i media e l’opinione pubblica si concentrano soltanto sugli aspetti commerciali

e organizzativi dell’evento, piuttosto che sul suo valore spirituale. Questo atteggiamento può portare a vedere il Giubileo come una sorta di "fiera religiosa", con offerte speciali per viaggi e alloggi, e una vasta gamma di souvenir religiosi.

 

Il Giubileo, però, rappresenta molto di più!

È un momento di grazia in cui la Chiesa invita tutti a riconciliarsi con Dio, a riscoprire la misericordia divina e a vivere un profondo rinnovamento spirituale; è una "grande vacanza" dell’anima, una vera e propria ri-creazione, un nuovo inizio, un’alba che promette una rinascita spirituale. L’anno giubilare era una caratteristica del popolo ebraico, le sue origini si ricollegano all’Antico Testamento, la legge di Mosé, infatti, aveva fissato per il popolo ebraico un anno particolare: "Conterai anche sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell’acclamazione; nel giorno dell’espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un Giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un Giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è il Giubileo; esso vi sarà sacro."1

 

Approfondiamo questo passaggio della scrittura

Nella tradizione ebraica, il sabato (Shabbat) non era solo un giorno di riposo, ma un simbolo di fede e di riconoscimento pubblico di Jahvè come unico Creatore e Signore. Questo giorno sacro era un momento in cui gli Israeliti riaffermavano l’uguaglianza tra di loro, offrendo nuove opportunità alle famiglie che avevano perso le loro proprietà o perfino la libertà personale.

Questa pratica settimanale era poi estesa a un intero anno, chiamato "Anno Sabatico", che ricorreva ogni sette anni. Ogni cinquantesimo anno, dopo sette cicli sabatici, si celebrava l’Anno Giubilare, un periodo con norme particolari e impegnative. Il termine "Giubileo" offre una chiave importante per comprendere il vero scopo di questo anno speciale. Derivato dall’ebraico "jobel", il termine si riferiva originariamente al corno di montone utilizzato per annunciare l’inizio dell’Anno Giubilare. Questo annuncio era un segnale per tutto il popolo d’Israele, proclamando un tempo di rinnovamento spirituale e sociale. La radice del termine "jobel" è strettamente legata a "jobàl", che significa "perdono" o "condono." Questo implica che il Giubileo è intrinsecamente legato al concetto di misericordia divina e alla cancellazione dei debiti e delle colpe, un tempo di grazia in cui le persone possono ricominciare da capo. Inoltre, il verbo ebraico "habil", che significa "ricondurre" o "restituire", arricchisce ulteriormente il significato del Giubileo. Questo verbo suggerisce un ritorno alle origini, un ripristino dell’equità e della giustizia. Nel contesto del

Giubileo, "habil" implica la restituzione delle proprietà ai legittimi proprietari, la liberazione degli schiavi e la riconsegna dei debiti, infine misure "giuste" erano adottate per aiutare chiunque a vivere una vita dignitosa, simbolizzando così la libertà che deriva dal ritorno a Dio e dall’adesione ai Suoi comandamenti.

L’Anno Giubilare, dunque, non è solo un periodo di festeggiamenti religiosi, ma un tempo "propizio" destinato a ristabilire l’armonia e la giustizia nella società. È un’opportunità per riconnettersi profondamente con Dio, ritrovare la propria spiritualità e vivere in accordo con i principi di uguaglianza e di misericordia. Viene definito "Anno Santo" non solo per l’inizio, lo svolgimento e la conclusione con solenni riti liturgici sacri, ma soprattutto perché è destinato a promuovere la santità di vita. È stato istituito per consolidare la fede e per richiamare i credenti a una più sincera e coerente professione di fede in Cristo, l’unico nostro Salvatore. Da qui nasce il Giubileo cristiano che trova le sue radici in un momento significativo della vita di Gesù, che si concretizzò quando, nella sinagoga di Nazareth, Egli applicò a sé stesso le parole del profeta Isaia che preannunciavano l’avvento del Messia. Il Vangelo di Luca racconta questo episodio con precisione: "Si recò a

Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo

solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai

prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore." 2 Con queste parole, Gesù proclamava l’inizio di un "anno di grazia" del Signore, un tempo di salvezza e redenzione per l’umanità, Egli annunciava la rigenerazione e la liberazione per tutti, specialmente per i poveri e gli oppressi, e per coloro che erano schiavi del peccato. Ecco perché il Cristianesimo ha ereditato dal Giubileo ebraico un significato ancora più profondo e universale: un perdono aperto a tutti, un’indulgenza che abbraccia ogni essere umano. Nell’ebraismo, il Giubileo era un tempo di rinnovamento sociale e spirituale, caratterizzato dalla restituzione delle proprietà, il condono dei debiti e la liberazione degli schiavi. Il Cristianesimo ha ampliato questo concetto, enfatizzando il perdono universale e la grazia divina. Mentre il Giubileo ebraico era principalmente rivolto alla comunità di Israele, il Giubileo cristiano ha un’apertura universale: tutti possono partecipare e beneficiare delle grazie offerte durante l’anno giubilare, sottolineando l’universalità della salvezza cristiana.

Ed è questo "messaggio di speranza" che, il Papa Francesco, ha voluto proprio mettere in evidenza nella bolla di indizione del Giubileo dal titolo "Spes non Confundit": "La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato." 3 La speranza non è un semplice ottimismo o desiderio umano, ma una speranza fondata sulla fede nelle promesse di Dio, è una speranza certa e sicura, radicata nella fede in Cristo. Tuttavia, dobbiamo stare attenti a non fare confusione, la speranza umana è spesso associata all’ottimismo, una disposizione mentale positiva verso il futuro. Le persone ottimiste tendono a credere che le cose andranno per il meglio, anche se non ci sono garanzie concrete. La speranza cristiana, invece, non è semplicemente un desiderio, ma una certezza basata sulla fede nelle promesse di Dio. I cristiani credono che Dio sia fedele e manterrà le Sue promesse, come quella della vita eterna e della salvezza. In questo senso, è una speranza che non delude, ecco perché poi la speranza cristiana non riguarda solo l’attesa di eventi futuri, ma anche la trasformazione presente della vita degli uomini. Dio ha mostrato il suo amore supremo inviando il suo Figlio unigenito per la redenzione dell’umanità e questo amore è stato versato nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo: "La speranza non delude, perché è sostenuta dall’amore di Dio!"

Ma quante volte ci è capitato di smarrire la Speranza! Quante volte abbiamo attraversato momenti senza alcuna Speranza!

Nella società odierna, la virtù della speranza sembra essere sempre più rara; parlare di speranza non è facile, soprattutto in un mondo che spesso la considera con cinismo. Questo evidenzia come spesso si attribuisca alla speranza un valore quasi illusorio, un desiderio che rischia di non realizzarsi mai. Per noi che abbiamo la "presunzione" di conoscere da sempre Dio e ci siamo "assuefatti" ad esso, il possesso della speranza, che proviene dall’incontro vero con questo Dio, quasi non è più percepibile.

Un detto popolare recita: "Chi di speranza vive, disperato muore", riflettendo il disincanto che molte persone provano nei confronti della speranza. Non è semplice dire a qualcuno che ha perso il lavoro e non sa come sostenere la propria famiglia, a chi è costretto a letto dalla malattia, a chi è stato colpito da una tragedia o da una malattia incurabile, o a chi si trova in completa solitudine: "coraggio, non perdere la speranza." Così come molte persone nutrono forti timori per il futuro dell’umanità, un pessimismo in gran parte alimentato dalla "filosofia" contemporanea delle tre "P": possesso, piacere, potere.

La nostra società propone incessantemente questi idoli consumistici a tutti i livelli, promuovendo una cultura di morte che diffonde la convinzione che la felicità umana dipenda esclusivamente dall’acquisizione di beni materiali, dal potere crescente e dalla soddisfazione illimitata degli istinti. Viviamo in una cultura che privilegia l’effimero, il relativo e l’attimo fuggente, non c’è più una ricerca di senso profondo e la vita stessa è vissuta con poche speranze e prospettive, alimentata da progetti a brevissimo termine. Il futuro non è più visto come una promessa, ma come una minaccia sconosciuta e questa visione del mondo ci ha portato a un’esistenza frammentata e dispersa, priva di stabilità, solidità e finalità: "Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità." 4 La vera "morte" che portiamo dentro è la nostra solitudine,

la vera morte che ci portiamo dentro è che abbiamo tagliato il nostro rapporto con Dio bastando a noi stessi e quello che ci rende vulnerabili è che non abbiamo più una relazione con Dio. È la costante illusione di voler costruire la città dell’uomo senza Dio, siamo angosciati continuamente dal sentire che tutto passa, che noi passiamo, che passa ciò che è nostro, che passa quello che ci circonda.

La verità è che la mancanza di radici profonde nel nostro essere ci espone al rischio di smarrire anche il futuro!

Il nostro secolo è diventato un tempo di "anarchia dell’essere", la frammentazione ideologica e le potenti contraddizioni della nostra epoca hanno creato un’esperienza esistenziale dispersa: nulla sembra essere veramente stabile o definitivo. L’uomo, nel tentativo di mettersi al posto di Dio, ha pagato un caro prezzo per questa illusione; il risultato è una perdita di senso e direzione, un vagabondaggio senza meta in un mondo che sembra aver dimenticato Dio. In questo contesto, la speranza, che si rivolge a qualcosa di oltre, che promette un futuro diverso, appare difficile da comprendere e accettare.

Perché lavorare? Perché studiare? Perché fare sacrifici e "spaccarsi" la schiena se non c’è possibilità di riscatto, di progresso, di vita?

Questo nichilismo esistenziale ci ha costretto a vagare senza una meta, e anche il cristiano oggi rischia di lasciarsi travolgere da questo vortice di "disperazione collettiva" che affievolisce la fede e rende il cuore umano incapace e pauroso di amare, ripiegato sul suo egoismo. Al contrario l’amore spera, spera sempre, senza mai stancarsi di sperare, e l’amore verso Dio, la nostra fede in Dio, è innanzi tutto speranza in Lui: è l’amore che dona tutto il suo dinamismo alla speranza. Eppure, è proprio la speranza che dà all’uomo la capacità di vivere veramente: per un amore, per una fede, per un ideale, per la realizzazione dei propri sogni. Essa è come l’ossigeno per l’esistenza umana: senza di essa, non si vive veramente, ma si rischia di vegetare, di sopravvivere, è un elemento essenziale della nostra vita, anche dal punto di vista puramente umano.

Si nutre di attesa e di fiducia nel futuro, è un’attesa attiva, un "tempo aperto" che ci spinge a continuare a lottare e a credere che, nonostante le difficoltà presenti, ci sia un futuro migliore che ci aspetta. Il concetto di "tempo aperto" nella speranza si riferisce proprio a un periodo di attesa non passiva, ma dinamica e attiva, si tratta di vivere in un tempo caratterizzato dalla possibilità e dalla potenzialità, in cui l’orizzonte rimane aperto a nuove opportunità e cambiamenti positivi. In sostanza, il "tempo aperto" della speranza è un invito a non arrendersi, ma a perseverare con la convinzione che il cambiamento è possibile e che il futuro può riservare sorprese positive. Senza speranza, la vita dell’uomo diventa priva di senso, ma con essa, possiamo affrontare qualsiasi sfida, con la certezza che ogni difficoltà può essere superata e che ogni sogno può diventare realtà.

La convinzione che le cose non possano cambiare è una trappola per l’anima umana e per evitare di cadere in questo tranello, è fondamentale coltivare la speranza, sia attraverso il sostegno della comunità cristiana che attraverso la fede. La speranza non è solo un sentimento, ma una scelta consapevole che ci spinge a investire su noi stessi, a porci domande, a crescere e a rafforzare il nostro essere. Con la speranza, l’uomo può affrontare le sfide e le prove della vita con rinnovata forza e determinazione: "Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza."5

Giunti a questo punto del nostro percorso, forse è opportuno non dare niente per scontato e chiarirci bene le idee su cosa sia la virtù della Speranza.

 

Cosa significa davvero sperare?

Il Papa emerito Benedetto XVI evidenziava così nella Spe Salvi: "Nella speranza siamo stati salvati, dice san Paolo ai Romani e anche a noi (Rm.8,24). La «redenzione», la salvezza, secondo la fede cristiana, non è un semplice dato di fatto. La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino."6 Il Santo Padre Francesco, durante un’omelia della Messa presieduta presso la Casa Santa Marta, diceva: "Ma la speranza è un’altra cosa, non è ottimismo. La speranza è un dono, è un regalo dello Spirito Santo e per questo Paolo dirà: ‘Mai delude’. La speranza mai delude, perché? Perché è un dono che ci ha dato lo Spirito Santo. Ma Paolo ci dice che la speranza ha un nome. La speranza è Gesù. Non possiamo dire: ‘Io ho speranza nella vita, ho speranza in Dio’, no: se tu non dici: ‘Ho speranza in Gesù, in Gesù Cristo, Persona viva, che adesso viene nell’Eucaristia, che è presente nella sua Parola, quella non è speranza."7 E nella stessa omelia evidenziava ancora: "Gesù è la speranza, ha il suo "nome." Speranza non è quella di chi di solito guarda al "bicchiere mezzo pieno": quello è semplicemente "ottimismo" e "l’ottimismo è un atteggiamento umano che dipende da tante cose."

Nell’Antico Testamento, la speranza era una componente essenziale della storia del popolo di Israele: l’attesa del Messia, il liberatore promesso da Dio, è stata costantemente ravvivata dai profeti che l’hanno mantenuta viva, annunciando un futuro di redenzione e di ritorno agli antichi splendori dei regni di Davide e Salomone. Tuttavia, la storia della speranza biblica inizia con Abramo, a lui, Dio fa una promessa: "una terra e una discendenza numerosa."8 La promessa che Dio fa ad Abramo è semplice ma straordinaria: una terra e una discendenza numerosa ed è innegabile che questo invito rappresenta l’inizio di un cammino di fede e di speranza che segnerà la storia della salvezza. Nella teologia Paolina, invece, si paragona la Speranza ad una parte essenziale dell’armatura spirituale di un cristiano: l’elmo. Così scriveva l’Apostolo: "Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobri, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza."9 Nei tempi antichi, il soldato che andava in battaglia indossava un elmo di metallo o di cuoio e grazie all’elmo la maggioranza dei colpi diretti alla testa, invece di risultare fatali, sarebbero "rimbalzati" via. Paolo voleva indicare quindi che, come l’elmo protegge la testa, la speranza protegge la nostra vita.

 

Chi di noi non ha bisogno di questo elmo?

Anche la lettera agli ebrei ci ricorda che: "[…] noi che abbiamo cercato rifugio in lui avessimo un grande incoraggiamento nell’afferrarci saldamente alla speranza che ci è posta davanti. In essa, infatti, noi abbiamo come un’àncora della nostra vita, sicura e salda."10 Per la "simbologia" cristiana l’àncora ha sempre avuto un significato molto profondo. La forma antica dell’àncora cristiana era quella delle prime àncore marine con due bracci che si incrociavano, a volte con un anello alla sommità dove si passava la corda. Ma proprio per la sua forma caratteristica, divenne ben presto un modo alternativo per rappresentare la croce cristiana, specialmente in quel periodo in cui era pericoloso rivelare la propria fede nel Cristo. Nelle catacombe, per i primi tre secoli, troviamo l’àncora raffigurata molte volte sulle tombe e spesso veniva scelta, in sostituzione di altri epitaffi funebri, come iscrizione principale per onorare e ricordare il defunto. Essa veniva considerata come un simbolo di sicurezza, di speranza, di salvezza, ma soprattutto voleva rappresentare l’attaccamento a "qualcuno", a qualcosa di stabile. Anche coloro che navigano nel mare conoscono molto bene, nel mezzo di una tempesta, quanto sia importante l’àncora.

Quando il mare si "agita" e si ingrossa i marinai gettano l’àncora, se questa fa presa sul fondo marino e rimane ben fissata, la nave ha la possibilità di superare la tempesta relativamente indenne anziché essere sospinta verso la costa e distruggersi contro le rocce: "L’immagine dell’àncora è suggestiva per comprendere la stabilità e la sicurezza che, in mezzo alle acque agitate della vita, possediamo se ci affidiamo al Signore Gesù. Le tempeste non potranno mai avere la meglio, perché siamo ancorati alla speranza della grazia, capace di farci vivere in Cristo superando il peccato, la paura e la morte."11

La carta vincente è saldamente nelle Sue mani! Ci crediamo ancora?

Fino ad arrivare al compimento di questa "promessa" che si è snodata lungo i secoli, e che trova il suo culmine nell’intervento diretto di Dio nella storia dell’umanità tramite il suo unico Figlio, Gesù Cristo: "Dio si è ricordato del suo popolo"12 e, in questo ricordo, vi è la manifestazione concreta della fedeltà divina e della sua provvidenza, Cristo è la speranza incrollabile di tutti coloro che credono in Lui! Nonostante le infedeltà degli uomini, nonostante le forze del male che sembrano volerci sopraffare, il disegno di Dio non si interrompe mai, è come una melodia eterna che continua a risuonare, anche quando tutto intorno a noi sembra silenzioso e desolato. La speranza non è credere che Dio possa fare qualcosa, ma sapere che lo farà e in questo senso è come se la Speranza racchiudesse in sé una specie di "funzione sacramentale", perché chi spera sa con certezza che quello che gli viene annunciato si compirà: "Dio disse… e così avvenne."13 Ogni volta che Dio parla, le cose accadono e avere speranza vuol dire proprio avere la consapevolezza che l’eternità è entrata nell’attimo del tempo che viviamo e tutto si ricolma di presenza divina: l’eterno ha varcato la soglia del tempo. Ogni momento che viviamo può diventare un portale attraverso il quale possiamo sperimentare l’intervento di Dio, trasformando il nostro quotidiano in un’occasione per una relazione più profonda con Dio.

In che modo, allora, il nostro carisma ci aiuta a rafforzare la nostra speranza?

Ed è proprio in questo contesto che prende valore la figura e la missione della Madre Speranza, perché il suo nome racchiude, non solo un programma ed un progetto di vita, ma è soprattutto una sintesi perfetta dell’annuncio carismatico dell’Amore Misericordioso: ossia di un cammino verso la santità fondato sulla sicurezza di una Speranza che diviene attesa appassionata del compimento definitivo del mistero della misericordia di Dio per ogni uomo. È un cammino che può trasformare radicalmente la nostra vita quotidiana in un pellegrinaggio verso la pienezza della vita in Dio, dove la speranza e la misericordia sono le guide sicure che possono condurci alla santità. In questo pellegrinaggio, ogni passo è un atto di fede e di amore, che ci avvicina sempre più al cuore misericordioso di Dio.

Cercheremo, allora, con questo scritto di evidenziare come la Madre Speranza sia riuscita a valorizzare il suo cammino verso Dio trasformandolo in un vero e proprio cammino di amore, uno sperimentare meglio l’unione con Dio nella sua vita, a fare memoria del suo passaggio. In un mondo spesso privo di speranza, il suo cammino verso Dio è un segno di speranza eterna, un richiamo a vivere l’Amore Misericordioso con tutto il cuore. L’invito carismatico della Madre è stato vissuto nella Speranza dell’Amore Misericordioso, incarnando la missione di portare nel mondo il progetto d’amore di Dio per l’umanità e di annunciare il vangelo del Suo Amore Misericordioso. La sua vita è stata una testimonianza vivente di come la speranza e la fiducia nell’Amore Misericordioso possano trasformare l’esistenza. Tale "chiamata" carismatica non era solo una vocazione personale, ma un invito a tutti gli uomini a vivere nella Speranza dell’Amore Misericordioso. La sua missione era chiara: riportare Dio nel cuore degli uomini attraverso l’annuncio del Vangelo dell’Amore Misericordioso. In un "contesto societario" spesso dominato dalla disperazione e dalla mancanza di senso, Madre Speranza ha offerto una prospettiva di speranza e redenzione, ha dimostrato che l’amore di Dio è sempre presente, pronto a guarire e a rinnovare. Una delle eredità più importanti della Madre è stata proprio la riscoperta della Presenza di Dio nella vita quotidiana, per lei, Dio non era un’entità lontana e inaccessibile, ma una presenza vicina e tangibile. La sua spiritualità era radicata nella convinzione che Dio cammina accanto a noi, che il Suo amore è sempre disponibile per chiunque lo cerchi. La Madre ha sempre rischiato, ha rischiato il "fallimento" della propria esistenza, ma non si è lasciata sopraffare da nulla e ha continuato il suo cammino di speranza, come una nave che solca il tempo, con sicurezza ed umiltà, con fermezza e povertà di cuore, con l’impeto di una passione di amore e di misericordia. Una nave che già conosce il porto della sua gioia, della sua realizzazione, che già porta nel suo cuore il progetto di Dio, questa è stata la sua Speranza ed il suo Nome. La vita spesso ci presenta sfide difficili e pesi che sembrano insostenibili, possiamo sentire il peso delle nostre difficoltà, le ferite profonde nel nostro cuore, e a volte sembra di camminare in un deserto senza fine, senza via d’uscita e quando il peso della croce sulla nostra schiena diventa schiacciante, quando le lacrime scorrono sul nostro viso, è proprio in quei momenti che possiamo avvertire l’abbraccio misericordioso del Signore. Forse oggi ci sentiamo esausti, forse il dolore sembra insopportabile, ma nel buio della notte c’è una luce che brilla: quella della speranza e quando il peso della croce diventa troppo grande, ricordiamoci che il Signore ci invita a posare su di Lui il nostro fardello, perché il Suo giogo è leggero e il Suo peso è pieno d’amore.

 

Non dobbiamo cercare di capire tutto: è la follia dell’amore!

Il nostro Dio si chiama Amore Misericordioso, va oltre le apparenze e i calcoli, fa tutto il possibile per venirci a salvare: la logica dell’Amore Misericordioso di Dio non è come la nostra e non segue i nostri parametri. Il cuore di Dio, che tanto ha colpito la Madre, ha solo un grande "sogno": che nessun uomo si perda, perché Dio è sempre in cerca dei suoi figli. Un Dio che cerca l’uomo e lo invita a un rapporto di "amicizia", chiamandolo a un’alleanza eterna. Scriveva ancora la Madre Speranza nel suo Diario: "In questi momenti ho provato solo una pena, quella di sempre: vedere il buon Gesù elemosinare amore, come se non potesse vivere senza di noi. Questo è un mistero che scuote la mia superbia: vedere un Dio abbassarsi fino all’uomo e noi che abbiamo l’ardire di non dargli quel poco che ci chiede".14

È la speranza che ci è stata consegnata dal Carisma dell’Amore Misericordioso e che dobbiamo solo vivere: "Quando il cuore è preso da un tale orrore, lo stesso Gesù eterno amico e salvatore dell’uomo, si avvicina a questo cuore infelice, disperato e gli parla con tale soavità e incanto che solo può essere apprezzato da uno spirito oppresso dalla miseria. «Alzati! gli dice alza gli occhi al cielo e abbi speranza! Lo vedi? quel magnifico cielo è la patria dell’eterna beatitudine, è la tua patria, è il luogo a cui ti ha destinato il tuo Padre e Creatore, il tuo Dio che ti ha creato dal nulla per farti felice."15

Fratello mio, qual è oggi, per te, il nome della speranza?

 

 

IL GIUBILEO DELL’AMORE MISERICORDIOSO

"La nostra speranza è fondata sulla misericordia di Dio, sulla sua fedeltà nel dare compimento alle promesse e sulla sua onnipotenza, che ne costituiscono l’oggetto formale."16

Non è forse questa l’esperienza giubilare che siamo a chiamati a vivere?

Nella ricerca di una definizione più dettagliata e di una sfumatura più profonda che potesse delineare meglio il significato del Giubileo 2025, le parole della Madre emergono come una "rappresentazione" perfetta del senso più autentico custodito nell’Anno Santo. Queste parole offrono una chiave interpretativa che va oltre la superficie, penetrando nel cuore stesso del Giubileo 2025 e rivelandone la vera essenza. Le parole della Madre Speranza, con la loro profondità spirituale, "catturano" la vera dimensione trascendente del Giubileo, infatti, quando parla di "oggetto formale della speranza", ella fa riferimento a ciò su cui la speranza stessa si basa e a ciò che le dà forma e sostanza e nel contesto della fede cristiana, l’oggetto formale della speranza è Dio stesso, nella sua misericordia, fedeltà e onnipotenza.

Questo senso autentico del Giubileo si riflette nella chiamata alla giustizia, alla carità e al perdono, elementi che sono al centro della spiritualità giubilare: "Hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento […] e ci aspettiamo misericordia, quando siamo giudicati."17 La misericordia di Dio è strettamente connessa con questi concetti; la misericordia è l’amore di Dio che si manifesta nel perdono dei peccati e nell’accoglienza dei

peccatori, è attraverso la misericordia divina che i credenti sperimentano il perdono e la riconciliazione con Dio. Un invito di misericordia, che troviamo evidenziato molto bene nella la bolla di indizione: "Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia. […] Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. […] Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe."18 Egli ci salva dalla "fossa", simbolo della morte e della disperazione, e ci avvolge con il suo amore e la sua misericordia, creando uno spazio sicuro e accogliente dove possiamo trovare pace e speranza. Nonostante ciò, sono queste le meravigliose parole della Madre che ci fanno capire il percorso giubilare che siamo chiamati ad intraprendere: "La nostra speranza è fondata sulla misericordia di Dio." La speranza e la misericordia sono due pilastri fondamentali della fede cristiana, intrecciati in modo indissolubile: la speranza cristiana, infatti, trova la sua radice e la sua forza nella misericordia di Dio.

Questa "connessione" profonda non è solo un concetto teologico astratto, ma una realtà viva e palpabile che può davvero influenzare quotidianamente la vita degli uomini. Tuttavia, senza la misericordia, la speranza cristiana perderebbe il suo fondamento solido, poiché la fiducia nella bontà e nel perdono di Dio è ciò che alimenta la speranza: "L’indulgenza, infatti, permette di scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio. Non è un caso che nell’antichità il termine "misericordia" fosse interscambiabile con quello di "indulgenza", proprio perché intende esprimere la pienezza del perdono di Dio che non conosce confini."19 La consapevolezza che Dio è misericordioso, che è sempre pronto a perdonare e a dare una nuova possibilità, infonde coraggio e fiducia negli uomini. Sapere che nonostante i propri errori e debolezze, si può sempre trovare rifugio nella misericordia divina, è un potentissimo stimolo a sperare.

 

Difficile da comprendere?

Immaginiamo una persona che sta attraversando un periodo difficile della sua vita, come una crisi personale, problemi familiari, o una malattia. Si sente come un naufrago in mezzo a un mare in tempesta, sballottato dalle onde della disperazione e della paura, senza vedere una via d’uscita. In questo momento di difficoltà, questa persona decide di rivolgersi a Dio, cercando conforto e speranza, ma nello stesso tempo, nel suo cuore, sente la misericordia di Dio come una luce che guida attraverso la tempesta. Tale consapevolezza di essere amata e perdonata, nonostante i suoi errori e le sue debolezze, inizia a infonderle una nuova speranza, è come se vedesse all’orizzonte un faro che indica la rotta verso la salvezza. Questa speranza, alimentata dalla misericordia di Dio, le dà la forza di continuare a lottare contro le onde della sua crisi personale, non si sente più sola nella sua battaglia; sa che Dio è con lei, pronto a sostenerla e a perdonarla.

La "conoscenza" di questa presenza misericordiosa trasforma il suo modo di vedere la situazione: non è più sopraffatta dalla disperazione, ma è spinta dalla fiducia che, con l’aiuto di Dio, può superare anche le tempeste più violente: "Il mondo sfugge quelli che piangono e allora gli afflitti pur avendo bisogno di sfogarsi si isolano. La nostra accoglienza sia per loro un’ancora di salvezza. È importante allora capirli e immedesimarci con empatia nelle loro situazioni; dal momento che si vedranno capiti si sentiranno confortati e le nostre parole scenderanno come balsamo salutare sulle loro ferite."20 È chiaro, quindi, che misericordia e speranza non sono concetti isolati, ma si alimentano reciprocamente, formando un circolo virtuoso che può trasformare le vite umane. L’Amore misericordioso apre le porte alla speranza, genera una speranza viva e si nutre di questa speranza, prolungando un processo continuo di grazia e rinnovamento nel cuore degli uomini.

 

La misericordia di Dio è il primo passo verso l’apertura alla speranza!

Quando sperimentiamo l’Amore Misericordioso di Dio, ci rendiamo conto che non siamo soli nelle nostre sofferenze e nei nostri fallimenti. Dio, nella sua infinita bontà, ci offre il perdono, indipendentemente dai nostri peccati e dalle nostre mancanze e questo atto di misericordia ci fa intravedere un futuro diverso, un futuro in cui la redenzione e il rinnovamento sono possibili. La speranza nasce sempre nel cuore di chi ha sperimentato la misericordia, poiché questa esperienza ci mostra che Dio ha un progetto di salvezza per ciascuno di noi: "Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e le farò riposare... Andrò in cerca della pecora perduta, e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata..."21 Lo stesso titolo di questo scritto ci richiama a camminare in questa direzione, "Sulla Soglia" richiama l’immagine di un momento di transizione, un punto critico in cui ci troviamo tra due stati di esistenza. Pensiamo per un momento di essere sulla soglia di una porta, da una parte c’è il passato, con tutte le sue difficoltà, i suoi peccati e le sue sofferenze, dall’altra parte c’è un nuovo inizio, una nuova possibilità, una promessa di qualcosa di migliore.

 

Questa è la soglia della speranza! Essere uomini nuovi nel cuore!

Trovarsi sulla soglia significa essere in un momento di passaggio, pronti a lasciare indietro ciò che ci ha appesantito e ad abbracciare un futuro pieno di promesse. Vuol dire ancora essere pronti a rinnovare noi stessi, a permettere alla grazia di Dio di trasformarci; è un momento di grande vulnerabilità, ma anche di straordinaria potenzialità. Ma come possiamo veramente entrare in questo stato di speranza? Come possiamo attraversare quella soglia e abbracciare il futuro che Dio ha preparato per noi? Ah, la grande domanda! Tenetevi forte perché la risposta è proprio dietro l’angolo, eccola: la soluzione si trova nella misericordia di Dio.

 

Sorpresi, vero?

È un amore che perdona, che guarisce, che rinnova, il perdono di Dio non solo apre le porte alla speranza, ma la crea attivamente perché quando riconosciamo la misericordia di Dio nelle nostre vite, iniziamo a sperare in un cambiamento reale e concreto. La speranza nata dalla misericordia non è una vaga aspettativa, ma una certezza fondata sulla fede in un Dio che mantiene le sue promesse e tale speranza ci spinge a guardare avanti con fiducia, sapendo che le difficoltà presenti possono essere superate grazie all’amore e alla grazia di Dio. Sì, avete capito bene: Dio è il nostro ingegnere della speranza, il nostro architetto del futuro radioso, è come trovare un’oasi nel deserto, un segnale Wi-Fi forte e stabile in un aeroporto affollato. La vita di Gesù Cristo è l’esempio supremo di come la misericordia genera speranza, Egli ha mostrato misericordia verso i peccatori, gli emarginati e i sofferenti, offrendo loro una nuova speranza. I miracoli, le guarigioni e il perdono che Egli ha concesso non solo hanno alleviato sofferenze immediate, ma hanno anche aperto la strada a una speranza duratura per la salvezza e la vita eterna.

 

La Misericordia di Dio è il nostro legame con la Speranza!

Ogni atto di misericordia che compiamo, sia esso un gesto di perdono, un atto di carità o un semplice sorriso, è un seme di speranza piantato nei cuori di chi ci circonda. Tutto questo perché è attraverso la misericordia di Dio che ci viene data la speranza di un futuro migliore, e questa speranza ci motiva a vivere in modo misericordioso, alimentando un flusso di amore e compassione: "Voglio che il povero trovi in te il conforto, il bisognoso l’aiuto e che mi conduca il povero peccatore che attendo per colmarlo delle mie carezze paterne. Digli di non temere per le offese che mi ha arrecato, perché il mio Cuore Misericordioso lo ha già perdonato e lo ama con infinito amore."22

Ora è il momento ideale per trasformare la propria vita! È il tempo giusto per aprire il cuore e lasciarsi toccare…e chi meglio dell’Amore Misericordioso può farlo? Potrebbe essere questo un modo per attirare su questa terra, dilaniata da innumerevoli mali e pericoli, ancora sconvolta da guerre e minacciata dall’egoismo umano, la benedizione di Dio?

Non si tratta di un Giubileo volto a celebrare particolari anniversari, ma piuttosto un’occasione per esaltare l’unico vero motivo di gioia: la misericordia infinita di Dio e la sua benevolenza. Questo anno giubilare è un tempo per testimoniare che l’Amore Misericordioso non si è mai stancato di noi, Dio non respinge l’umanità, anche se essa è confusa, disorientata e dominata dalla paura. Questo Giubileo è un richiamo a tutti noi a ritornare a Dio, a permettergli di guarire le nostre ferite e a vivere nella speranza e nella fiducia della sua inesauribile misericordia. Madre Speranza ha dedicato tutta la sua vita a questa "teologia di misericordia", ne ha fatto l’unico motivo essenziale della sua esistenza: "Sforziamoci di far capire ai fratelli che Gesù è per tutti un Padre buono, che ci ama di amore infinito, senza distinzioni. L’uomo più perverso, il più miserabile e perfino il più abbandonato è amato con immensa tenerezza da Gesù, che è per lui un Padre e una te-

nera Madre."23 In una società spesso segnata da giudizi e condanne, questa visione offre davvero una speranza straordinaria. L’Amore misericordioso di Dio, non è riservata solo ai "buoni" o ai "meritevoli", è un dono gratuito che viene offerto a tutti, anche a coloro che si considerano indegni. Nessuno è escluso dall’amore di Dio; anche chi si sente il più malvagio, miserabile o abbandonato è oggetto di una tenerezza immensa, non si tratta di un amore distante o autoritario, ma di un amore che si avvicina, che abbraccia, che consola. L’esperienza che l’uomo è chiamato a vivere con l’Amore Misericordioso di Dio è quella di un incontro profondo, uno sguardo reciproco e sincero con quel Padre che "attende i suoi figli, che non serba rancore, perdona e dimentica." Il Signore non finisce mai di pensare a noi, il suo amore veglia continuamente sulla nostra vita, Egli non si arrende non si stanca neanche quando siamo lontani da Lui, è sempre pronto a tendere la mano e rialzarci. Dio cammina sempre sulle nostre strade, è il buon Samaritano che carica sulle proprie spalle tutta l’umanità, e non in una circostanza soltanto, non solo in momenti di particolare pericolo, ma per sempre, con eterna fedeltà.

 

Vi pare poco?

Chi vive il Carisma dell’Amore Misericordioso, non è più colui che obbedisce a Dio osservando le sue leggi, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo. Prendiamo consapevolezza di questo amore, di questa nostra preziosità agli occhi Dio: un Dio che ci cerca, che ci vuole donare tutto sé stesso, anche se noi non lo chiediamo, una misericordia che è presente sempre e che opera sempre anche se noi non ce ne accorgiamo: "Se qualcuno ha avuto la disgrazia di offendere Gesù, non esiti un istante, corra da Lui per chiedergli perdono perché egli l’accolga come Padre buono poiché Egli l’attende con grande trepidazione e tenerezza. Allora vedrete come l’Amore Misericordioso vi stringerà a sé con l’infinita dolcezza del suo cuore e vi meraviglierete di costatare che Egli stesso vi ha attirato a sé proprio quando lo credevate adirato e pronto, con la spada in mano, a vendicarsi delle offese ricevute."24 Quando l’amore di Dio incontra la miseria umana, si trasforma in misericordia, simile a un cuore colmo di tenerezza, paragonabile all’amore di una madre per suo figlio.

Un Dio che tollera, che educa: «La misericordia trionfa sul giudizio."25

Quanto è straordinariamente significativo e affascinante rivivere la freschezza, l’essenza carismatica che caratterizza il dono dell’Amore Misericordioso: Dio si rivela come un Padre che ci considera con un’affettuosa premura, come se fossimo l’unica gioia del suo cuore. Nonostante ciò, "l’allerta", che il Carisma dell’Amore Misericordioso è venuto a portarci, è che noi abbiamo il potere di "lacerare" il grande dono di essere figli di Dio e di "deformare", profondamente, la relazione con Dio nostro Padre. Il rischio è di non riconoscerlo, di scambiarlo per un "fantasma", tanta è la paura che ci impedisce di vivere.

Fratello caro, ti ricordi che Dio aprì il mare per liberare il suo popolo dalla schiavitù d’Egitto? O te ne sei già dimenticato?

L’Amore Misericordioso è venuto per dirci che non dobbiamo mai smettere di avere fede, perché Lui ci aiuta, ci sostiene e ci indirizza sempre verso la strada giusta, quella che ci consente di scegliere la retta via anche nei momenti più difficili. Forse saranno sempre gli stessi che, solo in apparenza, sembreranno impossibili da superare, ma è importante che teniamo bene a mente che non esiste "insidia" che la fede non possa sconfiggere: "confida nel Signore e spera nella sua fedeltà".26 La Madre Speranza, è stata un’autentica

testimone di tutto questo processo di affidamento, contava su Dio ad occhi chiusi, agiva sicura, perché poteva contare sull’onnipotenza dell’Amore Misericordioso. Perché in sintesi la condizione principale dell’Amore Misericordioso è avere speranza in Dio: "Mentre cammino in questo esilio, fa’, Gesù mio, che cresca in me la speranza e sia la virtù teologale che mi fa desiderare te solo come unico sommo bene; fa’ che la mia speranza sia Dio e il desiderio di possederlo eternamente con la visione e l’amore senza limiti.27

Dio è un padre, ci tiene sempre per mano, il che significa non soltanto che ci sostiene, ma che ciò che ci accade ha un senso che non capiremo forse subito. Dio ci aiuta a non smarrirci, ci sta conducendo mentre ci tiene per mano e ci fa crescere nella fede, nell’amore, nella vita: "Aiutami, Gesù, a progredire sempre nella via della perfezione, spinta solo dal desiderio della tua gloria e fa sì che la mia perfezione consista sempre nel possedere te con l’amore e la sofferenza, fino a poter dire davvero che non ho altra volontà che la tua".28 Quante volte lo abbiamo sentito dire che il messaggio dell’Amore Misericordioso è antico quanto lo è il vangelo, perché è Dio stesso. Una "buona novella" aperta a tutti, in particolare ai più lontani, ai peccatori, gli emarginati, gli esclusi, quelli che non contano nulla. Non dobbiamo temere l’Amore Misericordioso, Dio ha un cuore per le nostre miserie, qualunque esse siano: "Gesù mi dice di ricordarmi che Lui ama molto più le anime che piene di difetti si sforzano e lottano per essere come le vuole, e che l’uomo più malvagio, il più abbandonato e abietto è da Lui amato con immensa tenerezza ed Egli è per lui un padre e una tenera madre e vuole che il mio cuore assomigli al suo".29

Solo così, si può diventare "diversi", padroni di sé stessi, liberi interiormente, liberi di amare, solo così saremo immagine di quel Dio che per obbedienza all’amore, ha voluto salvare il mondo e fatto germogliare nel nostro cuore la speranza dei figli di Dio… la gioiosa speranza dell’Amore Misericordioso.

 

 

1 - PELLEGRINI NELLA SPERANZA

Il tema del Giubileo 2025, indetto dal Santo Padre Francesco, è sintetizzato nel motto impresso nel relativo Logo: "Pellegrini nella speranza." Questo logo, ricco di simbolismo, rappresenta i temi centrali dell’Anno Santo: la speranza, la misericordia e la fraternità, è un invito rivolto a tutti i cristiani e agli uomini di buona volontà, a camminare insieme verso un futuro migliore fondato su questi valori. La speranza è il filo conduttore del Giubileo 2025, in questo nostro "maltrattato" mondo spesso segnato da incertezze e sofferenze, la speranza cristiana offre una luce che illumina il cammino. Essere "pellegrini nella speranza" significa proprio guardare avanti con fiducia, credendo che Dio è con noi e che cammina con noi. Il Giubileo 2025 ci invita, dunque, a metterci in cammino, a riscoprire il valore della speranza, della misericordia e della fraternità, è un invito a uscire dai nostri egoismi e dalle nostre paure per incontrare l’altro, per costruire insieme un futuro di pace e di giustizia. La speranza ci spinge a guardare avanti, a credere che il bene è possibile e che con l’aiuto di Dio possiamo cambiare il mondo. La misericordia ci insegna a vedere in ogni persona un fratello o una sorella, a perdonare e a essere strumenti di riconciliazione. La fraternità ci chiama a vivere in comunione, a costruire ponti di dialogo e di comprensione, a lavorare insieme per il bene comune.

"Pellegrini nella speranza" non deve essere solo un motto, ma un programma di vita!

Assistiamo, dunque, a un invito giubilare che non possiamo ignorare, il Giubileo 2025 ci pone davanti agli occhi una verità fondamentale: siamo tutti pellegrini, sempre in cammino. Questa esortazione ci sollecita a prendere coscienza del nostro essere in pellegrinaggio, a riconoscere che la nostra vita è un viaggio continuo verso Dio e verso un futuro migliore. Non possiamo lasciare cadere nel vuoto questo richiamo; è un’opportunità per riscoprire la speranza, la misericordia che ci guidano lungo il cammino della vita. Dice così il Papa Francesco nella bolla di indizione: "Da questo intreccio di speranza e pazienza appare chiaro come la vita cristiana sia un cammino, che ha bisogno anche di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù. Non a caso il pellegrinaggio esprime un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita. Il pellegrinaggio a piedi favorisce molto la riscoperta del valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità. Anche nel prossimo anno i pellegrini di speranza non mancheranno di percorrere vie antiche e moderne per vivere intensamente l’esperienza giubilare."30

Cosa significa, oggi, essere pellegrini? Qual è il significato ultimo del termine pellegrino?

La parola di origine latina "pellegrino", non per caso deriva da un’unica radice che significa "trasferire", "andare oltre", e, infatti, fare un pellegrinaggio implica una partenza e, quindi, un abbandono della vita quotidiana per seguire un’altra strada, per un altro luogo, andare oltre appunto. La parola pellegrinaggio ci riporta alla condizione stessa dell’uomo che ama descrivere la propria esistenza come un cammino. Il pellegrinaggio è un segno peculiare nell’Anno Santo, perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza. Ciò nonostante, il vero nucleo della questione da ricercare risiede nel nostro essere viandanti, uomini in cammino verso Dio, ecco perché il pellegrinaggio può davvero diventare un simbolo evidente di questo viaggio spirituale, è un’esperienza che va oltre la semplice visita a luoghi sacri o storici; è piuttosto un atto di ricerca interiore, di rinascita spirituale e di comunione con il Padre Misericordioso. Tuttavia, affrontare questo aspetto spirituale, comporta anche esplorare ed indagare le profonde motivazioni che spingono il credente a intraprenderlo. Il pellegrino non è semplicemente un turista religioso, ma un’anima assetata di Dio e il desiderio di avvicinarsi a Dio, di sperimentare la sua presenza e di ricevere la sua grazia, sono le vere motivazioni che animano il cuore del pellegrino. Uno dei contenuti essenziali del pellegrinaggio è proprio la possibilità di sperimentare in modo più reale la presenza di Dio nelle nostre vite, o meglio ancora, di ricordare e fare memoria del suo costante accompagnamento. Il pellegrinaggio ci offre l’opportunità di abbandonare le distrazioni quotidiane e di immergerci nell’essenzialità della vita, mettendo in luce la nostra dipendenza da ciò che è veramente importante.

Uno degli aspetti più profondi del pellegrinaggio è quindi la grazia di riconoscere ciò che veramente conta nella vita e di discernere ciò che è superfluo e non necessario. Ciò che portiamo con noi durante il pellegrinaggio diventa simbolo delle nostre priorità e ciò che lasciamo alle spalle rappresenta ciò che possiamo abbandonare per rendere il nostro cammino più leggero e autentico. Nel contesto del pellegrinaggio antico, la consapevolezza dell’importanza di uno stile di vita semplice e spoglio emergeva come un elemento centrale. I pellegrini di un tempo comprendevano intuitivamente che abbracciare una vita priva di superfluo non solo rendeva più leggero il loro viaggio fisico, ma offriva anche un’opportunità di approfondimento spirituale e di crescita interiore. Questo stile di vita essenziale metteva in risalto la vera natura delle necessità umane, attraverso il rigore e la sobrietà del pellegrinaggio, i viandanti erano spinti a riconoscere ciò che è veramente essenziale per il cammino verso Dio. Inoltre, lo stile di vita semplice e spoglio del pellegrinaggio favoriva un senso di umiltà e dipendenza da Dio, privati, infatti, dei "comfort" e delle sicurezze della vita quotidiana, i pellegrini si affidavano completamente alla provvidenza divina per il loro sostentamento e la loro protezione durante il viaggio.

Pertanto, il pellegrinaggio è anzitutto legato ad una decisione e prima di intraprendere il "cammino", è bene che il pellegrino torni sempre a chiedersi perché si è messo in viaggio, quale ragione lo ha spinto a cercare un luogo speciale, lontano dai soliti: "Venite a me voi che siete affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò".31 Ciò nonostante, non dovremmo mai dimenticare che il considerarci pellegrini ci deve portare a ritenere che siamo sempre persone in ricerca di Dio, ricercatori della Verità. Ecco perché il tempo del pellegrino non è quello del visitatore, il tempo del pellegrino è in realtà il tempo del memoriale, il tempo della liturgia: il pellegrino si muove nel tempo liturgico: quello della fede. I due discepoli di Giovanni Battista, un giorno chiesero a Gesù: "Dove abiti?", ed egli rispose loro: "Venite e vedrete". Quelli "andarono e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui". Fu un incontro tanto importante che essi ne registrarono l’ora esatta in cui avvenne: "Erano circa le quattro del pomeriggio".

Queste sono le domande, posso dare uno scopo alla mia vita? Posso prendere una strada consapevole che su di essa la mia esistenza acquisterà un valore autentico? E alla fine della mia vita, sarò soddisfatto di aver vissuto?

Sono domande che ci poniamo tutti, riflessioni che scuotono la nostra coscienza e ci spingono a cercare un significato più profondo nell’esistenza umana. Nel nostro cammino terreno, molti di noi si trovano a cercare "l’oro", il tesoro più prezioso della vita, ma spesso ci ritroviamo a cercarlo nei posti sbagliati, dedicando intere esistenze alla ricerca di qualcosa che alla fine si rivela effimero e privo di vero valore. Ciò che pensavamo fosse oro si rivela essere solo un’illusione, lasciandoci delusi e insoddisfatti, tuttavia, di fronte a questa ricerca insaziabile e a volte confusa, si presenta una rivelazione sconvolgente: Dio si fa uomo per rivelare all’umanità la verità su sé stessa, in Cristo Gesù, Dio ci mostra l’unico itinerario possibile verso la vera realizzazione e pienezza della vita. Essere pellegrini su questa terra significa fare una scelta radicale e definitiva: accogliere Gesù Cristo come unica verità della nostra esistenza, questo diventa il vero segreto della vita, il tesoro nascosto che ognuno di noi può scoprire e incarnare.

In Cristo Gesù troviamo la risposta alle nostre domande più profonde, la direzione per il nostro viaggio e la promessa di una vita eterna con Lui, è solo attraverso di Lui che possiamo trovare vera felicità, significato e realizzazione nella nostra esistenza. Se sono sempre io ad impostare il dialogo partendo da ciò che desidero, sento, ritengo giusto finirò sempre e solo per girare su me stesso, aggrovigliandomi sempre maggiormente nella ricerca di risposte o soluzioni che non potranno mai venire da me stesso. Lasciarmi prendere per mano da Gesù senza rimpianti e senza farmi trattenere da tutti i legami che mi vorrebbero trattenere, questo mi permette di aprirmi alla novità del futuro.

È importante che mi chieda se esiste in me questa disponibilità, se il mio modo di vivere l’esperienza religiosa si sta trasformando in autentica esperienza di speranza e abbandono. Così il pellegrinaggio diviene la visibilità del cammino interiore di ogni cristiano che è chiamato a far crescere la fede battesimale fino a raggiungere la pienezza dell’uomo nuovo in Cristo. Questo cammino spirituale richiede la fatica del "buio della fede", del sacrificio della rinuncia all’egoismo, l’apertura all’altro e il sostegno fraterno, soprattutto quando la strada si fa dura o è in salita. Il pellegrinaggio deve condurre l’uomo a compiere un esodo "dall’io chiuso in sé stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio."32 Camminare con Dio è più di un semplice movimento fisico; è un’avventura spirituale che ci offre la possibilità di progredire nella vita divina e di entrare in comunione piena con Lui. Come chi cammina lentamente ma costantemente avanti, così coloro che percorrono la strada con Dio non rimangono fermi, ma si spostano continuamente verso la meta. Incertezze e paure ci assalgono spesso lungo il cammino, e talvolta il dubbio insinua che Dio sia assente o distante dalle nostre vite.

Ma anche di fronte a queste sfide, come cristiani sappiamo che il nostro Dio conosce la nostra strada e non ci lascia soli nel nostro procedere e anche quando il futuro sembra incerto e il pessimismo prende il sopravvento sulla fede, possiamo trovare conforto nell’assoluta certezza della presenza di Dio accanto a noi. Quando il pericolo ci circonda, quando il buio sembra avvolgerci e quando le prove della vita ci mettono alle "strette", dobbiamo lasciare ogni altra cosa e aggrapparci con tutto il cuore alla roccia eterna che è Dio. Quando sei nel pericolo, quando sei nel buio, quando sei nella prova, devi lasciare ogni altra cosa e aggrapparti alla roccia! Una speranza che ti trasforma la vita e ti aiuta a guardare in faccia le difficoltà e gli ostacoli che si incontrano lungo il cammino. In fondo "aspettare il Signore" o "sperare nel Signore" significa la stessa cosa, essere legati a Dio, alla Sua azione, ai Suoi tempi perché Dio vede molto più lontano di noi. Pertanto, tutto diventa possibile, nasce una fiducia incondizionata che non si arrende mai davanti a nessuna difficoltà. Sono proprio nelle situazioni difficili che scopriamo quanto sia importante trovare la forza di sperare, anche quando tutto sembra perduto. La speranza può essere vista come una luce in fondo al tunnel, un faro che ci guida attraverso le tempeste della vita, è una virtù che ci spinge a credere che le cose possono migliorare, che c’è un futuro luminoso anche quando il presente è oscuro.

 

Questa è la Speranza!

Camminare con Dio significa ancora imparare a riconoscere la Sua mano dietro ogni avvenimento della nostra vita, significa ancora concedere a Dio il "potere" su ogni aspetto della nostra esistenza, facendo della nostra vita stessa un passaggio attraverso il quale possiamo sperimentare la Sua presenza e il Suo amore. Solo chi ha fede, fiducia e totale abbandono in Dio può penetrare al di là della materialità dei segni e coglierne il significato più profondo, è un viaggio spirituale che ci porta oltre le apparenze superficiali e ci permette di incontrare Cristo in modo vivo e personale. Siamo pellegrini perché l’uomo è fatto per camminare, perché il cammino è scuola di vita, perché camminare, come pellegrini, ci consente di dialogare con sé stessi, con gli altri, con Dio: "Diciamo, che sei nei cieli, perché, pur essendo Dio in ogni luogo come Signore del cielo e della terra, il pensiero del cielo ci muova ad amarlo con più venerazione e, vivendo in questa vita come pellegrini, ad aspirare alle cose celesti".33 Cosa può davvero saziare il desiderio dell’uomo? Credo che la Madre avrebbe risposto così: "[…] vivere in questo esilio come pellegrini aspirando all’unica cosa che ci interessa, senza lasciarci distrarre dalle cose di questo mondo".34

Siamo pellegrini perché in realtà è Dio che da sempre ci cerca, da sempre Egli ha pensato a noi, ci ha amati e chiamati all’esistenza, donandoci una storia unica, la nostra storia, che, se illuminata dalla Sua presenza, si rivela per ciò che veramente è: il racconto di un Padre che cura e ama i suoi figli, un intreccio di eventi che testimoniano costantemente la Sua premura e il Suo amore per noi. Siamo pellegrini perché abbiamo un Dio che ci cerca in ogni modo possibile, desideroso di confortare i Suoi figli, di aiutarli e di seguirli in ogni passo della loro vita. Con un amore instancabile, Egli anticipa i nostri bisogni e le nostre richieste, come se la Sua stessa felicità dipendesse dalla nostra presenza accanto a Lui. Siamo pellegrini perché Dio non si è limitato a osservare la storia dell’umanità dall’alto, ma ha deciso di abitarla, di immergersi nel tessuto stesso della nostra esistenza per cercare e farsi trovare dai suoi figli. Siamo pellegrini perché il nostro viaggio non è solo un cammino fisico, ma soprattutto un viaggio verso un incontro vivo con l’Amore Misericordioso.

Non abbiamo bisogno di tenebre: la cosa più importante che ci necessita è un rapporto vero con il Dio vivente, quello che ci compete davvero e senza rimandi, è incontrare il Signore della misericordia, il Signore Gesù e lasciare che il suo Amore Misericordioso riempia la nostra vita. Ecco l’esperienza da vivere fino in fondo nel "roccolo della speranza", qui dove si ricorda il dono di un Dio, che ci ha talmente amati da mettere la sua tenda in mezzo a noi, per portarci la salvezza, per farsi compagno della nostra vita, solidale con il nostro dolore e con la nostra gioia. Se così ci ha amati Dio, noi dobbiamo desiderare ardentemente di tornare spesso, sempre in quel "luogo", dove Dio sta aspettando gli uomini "…non come un giudice per condannarli e infliggere loro un castigo, ma come un Padre ed una tenera Madre che li ama, che li perdona, che dimentica le offese ricevute e non le tiene in conto…

La vita rivelerà tutta la sua pienezza solo quando saremo capaci di spaziare lo sguardo lontano, quando avremo il coraggio di incrociare il nostro sguardo con quello di Dio e non esiteremo a fissarlo negli occhi. Forse è giunto il momento di spalancare le porte del nostro cuore a Dio, di accoglierlo come mai prima d’ora, forse è giunto il momento di abbandonarsi al mistero dell’incontro con Lui, di lasciare che il Suo amore ci avvolga con la sua dolcezza e la sua potenza.

Ora è il momento di lasciarci catturare dalla bellezza dell’Amore Misericordioso, di immergerci nella sua profondità e nella sua magnificenza, è tempo di aprire le ali della nostra anima e volare verso l’infinito dell’amore di Dio, lasciandoci trasportare dalla sua carezza e dalla sua infinita misericordia. In questo "sacro momento" di silenzio interiore, possiamo sentire la sua chiamata dolce ma decisa, che ci invita a lasciare da parte le nostre ansie e paure, e a gettarci con fiducia nelle sue braccia amorevoli. È un invito a immergerci nell’oceano infinito della sua misericordia, dove ogni ferita viene guarita, ogni peccato perdonato e ogni anima rinnovata.

Sì, forse è giunto finalmente il momento di incontrare Dio davvero, lasciamoci andare a questa speranza, questa promessa di un futuro pieno di luce. Apriamo il cuore e permettiamo a Dio di lavorare in noi, di dipingere con colori vivaci ogni sfumatura della nostra esistenza, perché è solo quando ci affidiamo al Suo amore, scopriamo che non solo c’è speranza…ma che questa speranza è più grande e più meravigliosa di quanto avremmo mai sognato!

 

 

2 - LA SPERANZA DELL’AMORE MISERICORDIOSO

Riflettendo sui tempi che stiamo attraversando e sull’urgente necessità di riscoprire e abbracciare l’Amore Misericordioso, mi piace pensare che anche il Giubileo 2025 sia una grande profezia per il nostro tempo; è come se Dio, nel Suo infinito amore e misericordia, stesse offrendo a noi, suoi figli smarriti, un’altra opportunità straordinaria di ritorno e di rinnovamento spirituale. Davvero questo Giubileo può rappresentare un invito a ripensare e riconsiderare il nostro rapporto con Dio e con il prossimo, a mettere al centro della nostra esistenza l’Amore Misericordioso che ci è stato donato gratuitamente. Esiste un richiamo ad abbandonare le vie dell’egoismo e dell’indifferenza, per abbracciare la compassione, la tenerezza e la solidarietà che caratterizzano l’Amore Misericordioso di Dio. In un’epoca segnata da divisioni, conflitti e disuguaglianze, il messaggio dell’Amore Misericordioso è più rilevante che mai, è una sollecitazione alla riconciliazione e alla pace, un invito a superare le barriere che ci separano dagli altri e a tendere la mano a coloro che sono nel bisogno. Rappresenta la grande opportunità per guarire le ferite dell’anima e del cuore, per perdonare ed essere perdonati, per ricominciare da capo con rinnovata speranza e fiducia, a varcare la Soglia della Speranza. La nostra "missione" ereditata dalla Madre non è forse quella di portare gli uomini all’incontro con questo Padre: "…per il compito che vengo svolgendo in questi mesi nella casa di nostro Signore, facendo la portinaia di coloro che soffrono e vengono a bussare a questo nido d’amore perché Lui, come buon Padre, li perdoni, dimentichi la loro follia e li aiuti in questi momenti di dolore….e affinché gli dica in nome di tutti loro, non una ma mille volte: "Padre perdonali, dimentica tutto, sono anime deboli"…ed Egli che è tutto Amore e Misericordia specialmente verso i Figli che soffrono, non mi lascia delusa e così vedo con gioia confortate tutte quelle anime che si affidano all’Amore Misericordioso."35

 

Cosa può davvero saziare il desiderio dell’uomo?

Credo che la Madre avrebbe risposto così: "Vuoi andare in cielo? Ecco lo puoi, solo che tu lo voglia. Io che sono il tuo Salvatore l’ho conquistato per te. Nonostante la tua debolezza, le tue cadute, la rabbia del demonio tuo nemico, tu puoi andare in cielo. Gesù, che ti ama davvero e vuole la tua salvezza, ti provvederà mezzi abbondanti ed efficaci perché tu possa conseguirlo." In questo modo, figlie mie, la virtù della speranza rianima ogni cuore tormentato dall’ombra nera del dubbio e della disperazione."36 Così nel cercare una base solida su cui poggiare i piedi della nostra esistenza, noi ci affidiamo non solo ad un sentiero da percorrere, ma ad un Salvatore che ci accompagna, non solo a delle istruzioni, ma alla Guida che è Dio stesso, perché è solo in rapporto a Lui che noi comprendiamo la nostra storia e la nostra vita. Il programma di vita che la Madre Speranza ci ha lasciato è proprio questo: vivere fedeli alla nostra vocazione, coerenti con la nostra fede, camminando sempre sotto la protezione e alla presenza del buon Gesù, camminare per entrare nella speranza della promessa di Dio: "Chiediamo a Gesù la grazia di comprendere la nostra dignità, di stimarla quanto è necessario per camminare verso Dio."37 Il vivere dell’uomo tante volte è assurdo, annaspa in un deserto in cui scopre il nulla, il vuoto, eppure questa umanità sembra che continui a sperare!

 

Cosa ci dice questo sulla vita dell’uomo?

Una verità è certa, ossia che la nostra vita non ci è data "tutta insieme" come una realtà già compiuta, ma si sviluppa nel tempo, come qualcosa che deve essere costruito progressivamente e che si compie nel futuro. Questo ci indica che la nostra esistenza non è statica, ma piuttosto un cammino verso qualcosa, un tendere, appunto, uno sperare e di fronte a questa realtà, possiamo assumere diversi atteggiamenti. Ci sono coloro che restano indifferenti, facendo passare il tempo senza eccessive preoccupazioni ed entusiasmi, senza che nulla abbia "toccato" il centro della loro vita, è l’esempio di chi attende senza attendere, in un’attesa noiosa e pigra, priva di vera aspettativa.

Poi, ci sono quelli che non concepiscono una speranza senza calcoli o programmazioni, riescono a sperare solo ciò che razionalmente rientra nelle loro possibilità. La loro speranza è limitata a ciò che possono ottenere facendo affidamento sulle proprie capacità personali. Infine, ci sono quelli che vivono la speranza come apertura a un dono, a una salvezza che si deve compiere, come un cammino che porta verso una pienezza di realizzazione. Sono coloro che sono riusciti a fare della speranza il canale privilegiato del dinamismo dell’amore, che sono entrati in relazione autentica con Dio e sono diventati i veri protagonisti della loro storia. Vivere in questo modo significa abbracciare una speranza che è fiducia nel futuro, apertura al nuovo e accoglienza del dono dello Spirito, trasformando ogni attimo della vita in un’occasione di crescita e di nuove scoperte.

A quest’ultima categoria di persone appartiene anche la Madre Speranza, all’origine del suo sperare c’è stata, infatti, la profondissima esperienza e la sua personalissima relazione con Dio Amore Misericordioso, la sua disponibile apertura a ricevere una rivelazione e quindi un progetto da realizzare. La Beata Madre Speranza, ci ha testimoniato molto bene, che, la speranza, non è altro che espressione della comunione intima con Dio, ossia di approfittare, di ogni circostanza, per entrare in relazione con Lui: "Siamo chiamate alla dignità di figlie di Dio, a vivere la sua stessa vita. Dio, figlie mie, ha voluto la nostra unione con Lui. In questa unione si realizzano la sua gloria e la nostra felicità."38 Padre Valentino Macca, un grande "stimatore" della Madre subito dopo la sua morte, scrisse queste parole: "L’ho conosciuta così: donna di speranza. Incarnava meravigliosamente il nome «profetico» che le era stato dato nella sua giovinezza religiosa."39 Certo anche noi, come un po’ tutti, sentiamo forte la tentazione di fondare la nostra speranza sulla capacità di controllare i vari aspetti della nostra esistenza, come se ne fossimo noi i veri padroni. Ma occorre riconoscere che, in fondo, è una speranza vana: né individualmente e né collettivamente avremo mai la capacità di sostituirci pienamente a Dio.

L’uomo ha bisogno di un’unica, vera, grande speranza che lo mantenga in cammino, fatica dopo fatica, e questa può essere data solo da Dio, solo la sua misericordia ci dona la possibilità di perseverare, giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, e camminare verso la vita, che è veramente vita eterna. La nostra fede non ci fa dei privilegiati fuori dal mondo, noi "soffriamo" con il mondo, condividendo il suo dolore, ma viviamo questa situazione nella speranza, sapendo che, nel Cristo, "le tenebre stanno diradandosi e la vera luce già risplende."40 Sperare, è dunque scoprire dapprima nelle profondità del nostro oggi una Vita che va oltre e che niente può fermare. Siamo portati a seminare, qui e ora, in mezzo ai "rischi" del nostro vivere, dei segni di un altro avvenire, dei semi di un mondo rinnovato che, al momento opportuno, porteranno il loro frutto: "[…] come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa."41 È un "segno dei tempi" il fatto che l’idea della misericordia di Dio stia diventando sempre più fondamentale e centrale nella nostra cultura; la misericordia di Dio rappresenta l’unica vera e ultima reazione efficace contro il dilagante strapotere dell’egoismo personale: "La Chiesa vive una vita autentica, quando professa e proclama la misericordia il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore di cui essa è depositaria e dispensatrice."42

Anche nei nostri giorni tormentati, la speranza dell’Amore Misericordioso percorre le strade degli uomini per incontrare ciascuno di noi personalmente. Questo Amore "contesta" le nostre scelte sbagliate, le nostre ambiguità e i nostri paradossi, ci pone di fronte alla verità, smascherando e mettendo a nudo i nostri formalismi inutili e le nostre apparenze ingannevoli. Quando l’uomo fa esperienza di questa misericordia, è come se rinascesse a una vita nuova, una vita radicalmente diversa da quella precedente. Su quelle che possono sembrare le macerie di una vita perduta, Dio può ricostruire un edificio regale di santità. La misericordia di Dio non si limita a un’esperienza individuale di perdono e guarigione, ma ha il potere di trasformare l’intera società, genera una nuova cultura, caratterizzata da una mentalità aperta, compassionevole. Il Carisma dell’Amore Misericordioso deve essere visto come un "codice" di interpretazione della realtà in cui viviamo. Quando ci soffermiamo sul Carisma dell’Amore Misericordioso, non stiamo affrontando una "profezia" o una pretesa di veggenza riguardante il futuro, piuttosto, riflettiamo su un messaggio di straordinaria rilevanza per comprendere il tempo presente in cui viviamo. È questa la perenne "freschezza profetica" del nostro carisma: un annuncio che si rinnova costantemente, sempre attuale nel suo invito a riconoscere la presenza di Dio nella trama intricata della nostra storia. È solo attraverso la pratica della misericordia che possiamo sperare di costruire una società fondata sulla giustizia, sull’amore e sulla reciproca cura, capace di affrontare le sfide del presente con fiducia e speranza per un futuro più luminoso.

Ecco il motivo per cui il Carisma dell’Amore Misericordioso è così importante oggi: esso è soprattutto una chiave di lettura per comprendere tutto lo "sforzo" divino di riportare l’uomo nel circolo dell’amore trinitario. Annunciare l’Amore Misericordioso, significa proprio portare il lieto annuncio della salvezza a tutti gli uomini, per trasformarli nel cuore e renderli persone nuove, perché non c’è umanità nuova se prima non ci sono uomini nuovi nel cuore: "Per liberare l’uomo dai propri timori esistenziali, da quelle paure e minacce che sente incombenti da parte di individui e nazioni, per rimarginare le tante lacerazioni personali e sociali, è necessario che alla presente generazione sia rivelato "il mistero del Padre e del suo amore".43 Ecco perché poi la cultura della misericordia non è solo un ideale astratto, ma una forza concreta di rigenerazione della società: "Così, dunque, la misericordia diviene elemento indispensabile per plasmare i mutui rapporti tra gli uomini, nello spirito del più profondo rispetto di ciò che è umano e della reciproca fratellanza."44 Essa ci chiama a ricostituire le nostre comunità sulla base di relazioni autentiche e solidali, ci spinge a costruire una società in cui nessuno sia escluso, in cui ogni persona possa trovare accoglienza, sostegno e opportunità di realizzazione. In una cultura di misericordia, si riconosce che ogni persona ha una dignità e merita rispetto, indipendentemente dalle sue azioni o circostanze. In tale contesto la misericordia richiede di superare il giudizio e il pregiudizio, non si tratta di scusare o giustificare ogni comportamento, ma di offrire una possibilità di riscatto e di cambiamento. Quando scegliamo di ascoltare invece di giudicare, di aiutare invece di ignorare, stiamo costruendo una cultura di misericordia. È l’oggi di Dio, perché un incontro che cambia la vita porta sempre una data: è un oggi del calendario ed è un presente di grazia e misericordia, è un oggi che bisogna cogliere al volo.

 

La salvezza accade oggi, succede ora, forse in questo stesso momento!

Là dove finiscono le potenzialità dell’uomo, comincia la potenza di Dio, quello che è impossibile all’uomo diventa possibile all’amore di Dio. Il mondo di oggi ha bisogno di questo Amore Misericordioso, bisogna riportare l’uomo a contatto con l’amore di Dio. Se vogliamo una società "viva", dobbiamo fare esperienza della misericordia di Dio perché ogni rinnovamento sociale, personale, famigliare, ecclesiale nasce da qui, da questa acqua limpida, da questa sorgente chiara e profonda che è l’amore di Dio per ciascuno di noi manifestato in Cristo Gesù. In questo contesto e in una società che cerca soltanto di dosare gli spazi della convivenza per affermare solo e soltanto l’autogoverno, l’Amore Misericordioso di Dio diventa davvero un annuncio urgente. C’è bisogno di un nuovo pulpito, di un nuovo linguaggio per parlare al cuore delle persone, c’è bisogno di nuove modalità per rompere gli schemi rigidi nei quali pretendiamo di imprigionare il vangelo, c’è bisogno di un nuovo atteggiamento e di un nuovo metodo pieno di gioia per annunciare il vangelo della misericordia: "Io sono convinta, che tutti gli attributi del nostro Buon Gesù, tutti sono al servizio della Sua misericordia e così vediamo che la Sua scienza la impiega per riaggiustare gli errori che abbiamo fatto, la Sua giustizia per correggere le nostre mancanze, la Sua bontà e la Sua misericordia per consolarci, per colmarci di benedizioni, la Sua onnipotenza per sostenerci, per proteggerci."45 Il pulpito tradizionale elevava il predicatore sopra la comunità, non per separarlo, ma per permettere a tutti di vedere e ascoltare. Nella "cultura della misericordia", dobbiamo elevare il nostro messaggio affinché possa raggiungere il cuore di tutti e questo non significa parlare dall’alto in basso, ma piuttosto rendere l’Amore Misericordioso visibile e udibile in ogni aspetto della nostra vita. Il nuovo linguaggio deve essere accessibile e comprensibile, dobbiamo parlare il linguaggio del cuore, un linguaggio che tocca le esperienze quotidiane delle persone, che risponde alle loro domande e ai loro dubbi. Dobbiamo usare parole semplici ma potenti, che riflettano la profondità dell’amore di Dio e la sua capacità di trasformare le nostre vite.

 

Questo nuovo pulpito non è un luogo fisico, ma il cuore stesso delle persone!

È lì che il messaggio del Vangelo deve risuonare con forza e chiarezza, portando speranza e consolazione a coloro che sono nel bisogno, è lì che dobbiamo imparare a parlare il linguaggio della speranza e della misericordia, trasmettendo la bellezza e la profondità del messaggio evangelico in modo concreto e accessibile. C’è bisogno, infine di una "nuova evangelizzazione di misericordia", per evangelizzare di nuovo una società ormai completamente secolarizzata. "Nuova evangelizzazione", significa evangelizzare in modo nuovo, e questa novità è l’Amore Misericordioso di Dio; solo così si può essere riconciliati con Dio, e solo così si può trovare quello che in realtà stiamo cercando: la pienezza della vita.

 

Nella misericordia di Dio, non c’è spazio per la disperazione!

La speranza dell’Amore Misericordioso nasce proprio da questa esperienza "felice" della Madre Speranza: lei è riuscita a "comprendere" il progetto di salvezza di Dio! La Madre ha capito, ha percepito, ha sperimentato l’innamoramento di Dio, di questo Dio che mette le mani nel profondo della vita, nelle ferite della nostra storia. Non è questo forse l’annuncio dell’Amore Misericordioso: il messaggio di un Dio appassionato, che considera i suoi figli più importanti della sua stessa vita e che li cerca continuamente. È stato questo il canto di speranza che nella Madre si è concretizzato, non l’esperienza di un Dio impassibile, che dall’alto del suo cielo si diverte a guardare l’uomo alle prese con i suoi sforzi per uscire dalle sue disperazioni, ma di un Dio completamento proteso verso la sua creatura. La Madre è stata capace di sperare nella Parola e di pronunciare liberamente il suo SI, di accogliere il dono di grazia e di vivere tutto questo nella forma del dono, in quanto abitata da una presenza di amore che può e sa trasformare il cuore umano. Seppe farsi annunciatrice dell’Amore Misericordioso proprio perché nella sua vita fece la continua esperienza di un Dio che non abbandona mai i suoi figli.

Ella si è sempre rivelata fiduciosa e sicura, perché sperava nel Signore che l’avrebbe aiutata a superare quegli ostacoli che la separavano dal compimento della Sua volontà. Quando la Madre era convinta che la realizzazione di un’opera fosse volontà di Dio, non vacillava e in mezzo alle più grandi difficoltà confidava sempre nel Signore. Era certa di essere solamente "uno strumento" nelle mani di Dio e che "l’Opera" sarebbe arrivata certamente al suo completamento. In mezzo alle più grandi difficoltà, quando tutto sembrava umanamente impossibile, lei "sperava anche contro ogni umana speranza." Le sue opere furono realizzate sempre nel segno della speranza, non si fonda, infatti, una Congregazione con un carisma nuovo e discusso, non si fonda una Congregazione, non solo femminile, ma anche maschile, non si fonda una UNICA FAMIGLIA RELIGIOSA, maschile e femminile, senza speranza in Dio. Al centro della vita della Madre e del suo sperare c’è stato soprattutto la promessa di Dio di renderla uno strumento di misericordia.

 

Senza promessa non c’è speranza!

Senza la promessa di Dio, anche la speranza umana sarebbe come una barca senza timone, destinata a vagare senza meta nell’oceano dell’incertezza. La Speranza dell’Amore Misericordioso è il fondamento su cui si erge la speranza più solida e duratura, una speranza che non viene scalfita dalle tempeste della vita, ma che resta salda anche nei momenti più bui. Senza queste Promessa di misericordia, la vita sarebbe priva di significato e speranza e le sfide e le tribolazioni sembrerebbero insormontabili, e il dolore e la sofferenza sarebbero privi di un senso più profondo. La nostra Speranza si deve reggere su questa verità carismatica: Dio si è impegnato con l’uomo; lasciamoci cullare da questa speranza, permettiamo a queste verità di penetrare nel nostro essere, di riempire ogni angolo del nostro cuore…perché quando ci apriamo a questo amore infinito e fedele, scopriamo che la Speranza dell’Amore Misericordioso non è solo possibile, ma inevitabile!

 

 

3 - I NUOVI SEGNI DELLA SPERANZA

Nella situazione attuale, caratterizzata da molteplici sfide e incertezze, è essenziale andare a cercare i segni della speranza che si manifestano nel nostro mondo. Questi segni, sebbene talvolta siano facilmente trascurati o oscurati dalle difficoltà circostanti, sono testimonianze viventi della presenza e dell’operato di Dio nella nostra vita e nella nostra società.

 

Ma cosa intendiamo davvero con "segno"?

Un segno è un "simbolo" o un "evento" che ci indica qualcosa di più grande, che ci parla in modo profondo e significativo, spesso al di là delle parole, è un messaggio, un indicatore che ci mostra la strada o ci rassicura, ricordandoci che non siamo soli e che c’è sempre una luce all’orizzonte. I segni della speranza sono ovunque intorno a noi, se solo ci prendiamo il tempo di vederli e riconoscerli; sono quei momenti in cui sentiamo che qualcosa di "superiore" ci sta parlando, rassicurandoci che c’è sempre una ragione per sperare, sempre un motivo per andare avanti. Ogni giorno, Dio ci offre piccoli "miracoli" che ci ricordano il Suo amore e la Sua fedeltà e quando apriamo il nostro cuore alla possibilità di vedere questi segni, è sicuro che iniziamo a vivere con una prospettiva rinnovata, una prospettiva di speranza. Ecco, dunque un altro richiamo giubilare che dobbiamo prendere in considerazione: riaccendere la carità dei segni di speranza.

Nel riflettere su questi segni, possiamo rinnovare la nostra fiducia nel futuro, ravvivare la nostra speranza e trovare conforto e consolazione nel riconoscere la continua azione di Dio nel mondo, comprendendo così che Egli non ci ha abbandonato. Ricordarci e riconoscere la Sua "iniziativa" ci invita a vivere con più fede e gratitudine, consapevoli che non siamo mai soli e che il Suo amore è una forza inarrestabile che può trasformare il mondo e i cuori degli uomini. Nella bolla di Indizione del Giubileo, il Papa Francesco appunta in questo modo: "Ma i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza."46 Quando parliamo di "segni di speranza", ci riferiamo a quelle opere concrete della presenza e dell’amore di Dio nel nostro mondo, perché a volte, nella frenesia della vita quotidiana, rischiamo di ignorare o persino dimenticare questi segni di speranza. Ci concentriamo tanto sui nostri problemi che affrontiamo da dimenticare le manifestazioni tangibili della presenza e dell’amore di Dio nel mondo, ed è proprio in questi momenti che dobbiamo rinnovare il nostro impegno a riscoprire e valorizzare i segni di speranza nella nostra vita e nelle nostre comunità.

 

Ma cosa significa riaccendere la carità dei segni di speranza?

Significa essere attenti e aperti alla presenza di Dio nel nostro quotidiano, significa riconoscere e celebrare i segni di speranza che incontriamo lungo il nostro cammino, grandi o piccoli che siano. Non si tratta solo di osservare passivamente questi segni, ma di lasciarsi ispirare da essi per trasformare la propria vita e quella delle comunità in cui viviamo. Vuol dire vivere un rinnovato impegno a vivere secondo i valori cristiani, mettendo al centro della nostra esistenza la carità, l’amore disinteressato, il dono di sé, il servizio. Possiamo riaccendere la carità dei segni di speranza iniziando con piccoli gesti di misericordia verso coloro che incontriamo nella vita di tutti i giorni, possiamo dedicare del tempo ad ascoltare qualcuno che attraversa un momento difficile, offrire una parola di conforto o un sorriso a chi ne ha bisogno, o aiutare concretamente chi si trova in situazioni di difficoltà, possiamo accompagnare chi è solo, visitare i malati, sostenere le famiglie in difficoltà, sostenere i giovani: "Teniamo a mente che quelli che soffrono attendono il nostro conforto, attendono anzi che ci facciamo partecipi delle loro sofferenze. Lo stesso ci chiede l’amore verso il Signore Gesù. Quando incontrerete un uomo sotto il dolore fisico o morale, non dategli un aiuto o un consiglio senza avergli prima dato uno sguardo di compassione".47

 

Come possiamo fare questo?

Nella bolla di indizione del Giubileo 2025, il Santo Padre Francesco ha tracciato un percorso per noi, invitandoci a riflettere su alcuni punti chiave del cammino giubilare. In un mondo segnato da disuguaglianze e povertà, il Giubileo è un tempo propizio per riscoprire e mettere in pratica la carità e la solidarietà, per riconoscere il volto di Cristo nei poveri e negli emarginati, offrendo loro supporto e speranza. Il Papa sottolinea l’importanza di essere comunità accoglienti e generose, capaci di abbracciare e sostenere chi è più vulnerabile.

Diventare Eucarestia: "Nell’Anno giubilare saremo chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio."48

Il primo segno di speranza che dobbiamo riscoprire in questo tempo è quello di riconoscere e rispondere alle necessità primarie delle persone, offrendo loro il "pane quotidiano", ossia tutto ciò che è essenziale per vivere una vita dignitosa. Come cristiani, siamo chiamati a rispondere con amore e compassione a coloro che sono nel bisogno, ad essere la voce di coloro che non possono parlare, a tendere la mano a coloro che sono caduti lungo il cammino. Nell’Anno giubilare, siamo chiamati, più che mai, ad essere segni evidenti di speranza per questi nostri fratelli e sorelle che vivono nel disagio.

 

Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per le persone che si amano!

Il nostro "essere spezzati" ci deve aprire a un modo più profondo di condividere le nostre vite e di offrire speranza l’uno all’altro, così come il pane deve essere spezzato per essere dato, anche le nostre vite devono essere offerte in sacrificio per il bene degli altri. Nel mondo, molte persone aspettano da noi la luce, e se ancora non giungono alla Verità, è anche perché noi non ci siamo curati di loro e abbiamo dato scandalo con la nostra incoerenza. Gesù non si accontenta solo di un po’ del nostro tempo, delle nostre energie o dei nostri soldi; non si soddisfa di "così poco", ci chiede di diventare eucarestia, di lasciarci mangiare; ci chiede di essere pane spezzato affinché gli altri possano sfamarsi. Sei attento alle sofferenze e alle difficoltà degli altri? Ti impegni a costruire relazioni basate sull’amore e la comprensione reciproca?

 – Custodire il fratello: "Il primo segno di speranza si traduca in pace per il mondo, che ancora una volta si trova immerso nella tragedia della guerra."49

La guerra è una delle manifestazioni più gravi dell’incapacità umana di considerare gli altri come fratelli e sorelle, di risolvere i conflitti in modo pacifico e di rispettare la dignità e i diritti di ogni persona. In questa prospettiva, essere segni di speranza significa impegnarsi per la pace, vuol dire riconoscere la nostra responsabilità nei confronti degli altri come membri della famiglia umana e lavorare insieme per superare le divisioni e costruire ponti di comprensione e solidarietà. Per noi cristiani incontrare qualcuno non significa incrociarlo per la strada, la comunione tra noi non nasce da un sentimento, da una condivisione ideologica o teologica, non nasce dalla condivisione di uguali motivi di solidarietà, ma nasce perché condividiamo "Qualcuno" e ciò è più forte che condividere qualcosa, noi condividiamo lo stesso Salvatore, lo stesso Signore: Gesù Cristo. A Caino, dopo che ha ucciso Abele, Dio domanda "dov’è Abele, tuo fratello?", non possiamo disinteressarci dell’altro, ognuno è "custode" del fratello. Ognuno abbandoni il piedistallo che si è creato per sentirsi superiore agli altri perché in questa jungla di "torri", è difficile muoversi tra di esse, e ancor più difficile è creare legami di fraternità. Smettiamo di lanciare "parole" gli uni contro gli altri, dai nostri piedistalli, riflettiamo sulle conseguenze che possono avere i nostri "verdetti" sul nostro prossimo.

I "coltelli" delle nostre parole tagliano in profondità; le nostre parole possono uccidere come un morso velenoso. Ridiamo primato alla carità, alla comprensione delle persone, riconosciamone la dignità, rivestiamo la nostra nudità e quella degli altri, indossiamo il vestito della misericordia e della collaborazione. Educhiamoci all’esperienza della riconciliazione e del perdono, perché l’amore è da Dio, non nasce nell’io e se riusciremo ad attingere alla fonte dell’Amore Misericordioso scaturiranno tante novità nelle nostre relazioni. L’atteggiamento del "custodire", implica un elemento fondamentale che sperimentiamo nella nostra umanità, ossia dare valore, ossia si custodisce ciò a cui si dà valore, ciò che è importante per noi! Dobbiamo imparare a vedere il valore in ogni persona, a trattare ogni individuo con rispetto e dignità, e a costruire relazioni basate sulla genuina comprensione e sul reciproco sostegno. Questo significa ascoltare veramente l’altro, essere presenti nelle loro difficoltà, e offrire il nostro aiuto senza riserve. Sai accettare gli altri con i loro pregi e difetti senza giudicarli? Sai offrire ascolto e comprensione senza pregiudizi?

 -Fare proprio lo Stato d’animo dell’altro: "Segni di speranza andranno offerti agli ammalati, agli anziani che si trovano a casa o in ospedale. Le loro sofferenze possano trovare sollievo nella vicinanza di persone che li visitano e nell’affetto che ricevono."50

 

Cosa intendeva Gesù quando parlava di compassione?

"Patire-con", è l’essenza stessa della compassione, un impegno profondo nel comprendere e condividere la sofferenza altrui, è uno sguardo carico d’amore autentico, quel tipo di amore che si manifesta attraverso azioni concrete, che affronta le sfide con coraggio e che porta il peso delle difficoltà altrui sulle proprie spalle. Oggi siamo chiamati a essere portatori di questa speranza per coloro che si trovano nel bisogno, siamo chiamati a seguire l’esempio di Gesù, che ha dedicato la sua vita a servire gli altri, specialmente coloro che erano nel bisogno. Egli ha toccato i malati e gli ammalati sono stati guariti, ha confortato i cuori afflitti e ha dato speranza a coloro che erano disperati. Il "patire-con" non è una semplice simpatia, ma una partecipazione attiva e reale, un sentire profondo che ci spinge a soffrire insieme, a condividere i "pesi" dell’altro e quando abbracciamo il "patire-con", entriamo in una nuova dimensione dell’amore, una dimensione che trasforma il dolore in speranza, che trasmette la certezza che nessuno è solo nelle proprie battaglie. Dobbiamo ancora crescere nell’’empatia, ossia nella capacità di comprendere a pieno lo stato d’animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Empatia significa "sentire dentro", ad esempio "mettersi nei panni dell’altro", ed è una capacità che fa parte dell’esperienza umana. Ascoltando il sofferente con rispetto e gratuità, scopriamo non solo le sue richieste, ma la sua sapienza e beatitudine: non siamo più solo maestri che insegnano e consolano, ma discepoli che si lasciano istruire e restano sorpresi dinanzi alla "povertà" della nostra condizione umana. Che sguardo abbiamo sulle persone che il Signore ci fa incontrare? Sai ascoltare con empatia chi ti è vicino? Sei una presenza rassicurante e affidabile per chi ti circonda?

– Il Servizio della Consolazione: "Non potranno mancare segni di speranza nei riguardi dei migranti. Non manchi l’attenzione inclusiva verso quanti, trovandosi in condizioni di vita particolarmente faticose, sperimentano la propria debolezza."51

Il Giubileo ci sollecita ad essere "inclusivi", ossia ad accogliere e valorizzare ogni persona, indipendentemente dalle loro capacità o condizioni di vita. Significa riconoscere che ogni individuo ha un ruolo unico e importante nella comunità e che nessuno dovrebbe essere lasciato indietro o dimenticato. Nonostante ciò, esistono molteplici prospettive attraverso le quali osserviamo le persone e, talvolta, senza accorgercene consapevolmente, finiamo per escludere o emarginare gli altri.

 

Perché?

Spesso esiste in noi una sana abitudine ad essere ripiegati sui nostri problemi o preoccupazioni, una sorta di meccanismo di difesa contro il pericolo di essere programmati dagli altri, un sentimento di apatia e di insensibilità che ci fa vivere nel formalismo e nell’esteriorità. La nostra giornata è una corsa frenetica; sembra un lusso che non ci possiamo permettere "fermarci" davanti ad una persona con problemi e in difficoltà; il passo frettoloso e superficiale scansa senza scrupoli ogni "ostacolo", che rischia di interrompere la nostra corsa. E’ il sentimento di fuga, rafforzato dalla convinzione che "non tocca a me", ma a qualcun altro. In una vita dove tutto è organizzato, ottimizzato per ottenere il massimo, l’imprevisto disorienta, ed ecco perché l’estraneo o il povero che incontriamo per strada sono visti come una perdita di tempo. Quante persone non hanno una casa dove andare, non trovano orecchi che sanno ascoltare, mani che sanno sollevare, occhi che sanno vedere, un cuore che sappia consolare. Non è un vago intervento consolatorio quello che ci è richiesto: "state tranquilli", "fatevi coraggio", ma è un puntuale richiamo alla speranza fondata sulla certezza della presenza di Dio che ci è Padre. Vi è una grande differenza, tra una casa ed un focolare domestico e noi siamo chiamati ad essere un "focolare domestico" per accogliere chi non sa dove andare.

È lo stile dell’accoglienza che dobbiamo cercare di mettere in pratica, sull’esempio delle prime comunità cristiane, uno stile caritativo, di condivisione, dall’ascolto di tutti e dalla preoccupazione che ognuno non si trovi nel bisogno. L’accoglienza è mettere a proprio agio l’altro offrendo subito un sorriso e un viso disteso, è, ancor prima di dargli una sedia per sedersi, o qualcosa da mangiare, fargli spazio nel nostro cuore. Significa ancora mettersi in ascolto dei bisogni dell’altro senza pregiudizi, ma dando sempre fiducia, vuol dire non mandare mai via nessuno con la sensazione di averlo rifiutato: "Ero forestiero e mi avete ospitato". Come possiamo incoraggiare gli altri a vedere la luce oltre le tenebre delle loro difficoltà? Quali parole scegliamo per portare conforto a chi soffre?

-Annunciare una nuova liberazione: "Penso ai detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto."52

C’è una missione che da sempre il Signore ci ha affidato, ossia annunciare il vangelo della liberazione. Soltanto nel vangelo l’uomo può trovare la risposta ai suoi interrogativi e la forza per continuare a camminare. Quante persone sono prigioniere, incatenate dalle catene del proprio IO, schiave dei propri idoli, vivono ogni giorno incarcerate dalla loro tristezza e dalla loro non voglia di vivere. Sono le catene del NON SENSO della vita, di restare insabbiati nelle proprie sabbie mobili. Chi è carcerato è un uomo che soffre, perché è privato della libertà, perché si sente causa di altre sofferenze, perché si sente emarginato e condannato. La liberazione è innanzi tutto e principalmente liberazione dalla schiavitù radicale del peccato, dalle nostre idolatrie quotidiane. L’uomo è un costante "fabbricatore di idoli" che lo rendono schiavo: l’avere, il potere, il denaro, il piacere, la frenetica corsa al consumo, il culto dell’immagine e delle apparenze, o le ragioni di potere del mercato e dell’economia. Ancora meglio l’idolo può essere una persona o una cosa che nel nostro cuore prende il posto di Dio: anche le cose che a noi possono sembrare banali, se occupano nel nostro cuore lo spazio che spetta a Dio, sono idoli e ci rendono persone prigioniere. Dio, invece, ha parlato: "Ho visto; ho udito; sono sceso per liberarlo; le grida sono giunte a me; ti mando per far uscire il popolo fuori dall’Egitto".53

Dobbiamo sentire urgentemente in noi il desiderio ed il bisogno di liberare i nostri fratelli che vivono nel carcere della propria esistenza e che attendono che qualcuno annunci loro la liberazione. Tutti noi abbiamo bisogno di redenzione: "Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù."54 Non vivere da schiavo, da prigioniero! Vivi da LIBERO per mezzo di Gesù, tuo unico Salvatore e redentore!

-Alimentare la forza di sognare: "Di segni di speranza hanno bisogno anche coloro che in sé stessi la rappresentano: i giovani. Essi, purtroppo, vedono spesso crollare i loro sogni. Non possiamo deluderli: sul loro entusiasmo si fonda l’avvenire. Ma è triste vedere giovani privi di speranza."55

Ci sono domande veramente impegnative che i giovani si pongono oggi: perché non ho il coraggio di fare le scelte importanti che dovrei fare? Che cosa mi blocca e mi impedisce a volte di andare avanti? Sarò capace di costruire un futuro?

 

Quanti nostri ragazzi si pongono questi interrogativi!

Le nuove generazioni ci chiedono, e ne hanno il diritto, di poter ascoltare la Buona novella, di poter incontrare Gesù, di avere una vita piena, ce lo fanno capire con i loro modi "scanzonati", le domande mute che vengono dalla loro solitudine, quella sorta di indifferenza che è piuttosto diffidenza verso una società e un mondo adulto che non si fa responsabile del loro futuro. Quanti dei nostri giovani sono senza Speranza per il futuro, ed è innegabile che senza uno sguardo rivolto in avanti, è impossibile pensare di migliorare le cose, porsi nella prospettiva del domani è, infatti, un esercizio cui non si può sottrarre nessuno.

 

E allora cosa può offrire l’Amore Misericordioso ad un giovane?

La Madre Speranza rivolgendosi ai propri Figli e Figlie scriveva così: "Datevi alla gioventù, la quale oggi ha grande necessità di persone religiose che la consigli, la guidi e l’aiuti a camminare in questo mondo di vanità e di inganni... Qui vengono tanti giovani cercando qualche cosa che non hanno trovato neanche all’università... Io vorrei che qui potessero trovare carità, amore, sacrificio."56 Per infondere speranza ai giovani, è essenziale comunicare loro fiducia, gioia e un messaggio di speranza, soprattutto in tempi di sofferenza e paura per il futuro. Dobbiamo far capire loro che possiedono una "chiave" per interpretare il loro tempo con coraggio, guidati dalla fede. Dio è presente nel mondo e ci viene incontro in vari modi, che possiamo imparare a riconoscere, per questo è importante ascoltare autenticamente i giovani, valorizzare le loro esperienze e usare un linguaggio che risuoni con la loro realtà e con quello che vivono. Creare spazi di dialogo aperto, dove si sentano accolti e rispettati, permette loro di esprimere le loro paure e aspirazioni. Dobbiamo incoraggiarli a vedere le sfide come opportunità di crescita e ricordare loro che fanno parte di una comunità che li affianca e sorregge. Per loro, questa "speranza giovane" può

tradursi davvero in coraggio per affrontare le sfide quotidiane e per sognare in grande. Sapere di avere un Dio che cammina con loro, che condivide le loro gioie e le loro sofferenze, può infondere una speranza duratura e motivare a superare le difficoltà.

Cari giovani, l’Amore Misericordioso vi sta dicendo che non ci aspetta il naufragio, Dio non delude e se ha posto una speranza nei nostri cuori non la vuole stroncare con continue frustrazioni. Ovunque voi siate costruite sempre e soprattutto sognate, sognate un mondo che ancora non si vede, ma che di certo arriverà. Continuate a coltivare i vostri ideali e progetti e ricordatevi che un giovane nella gioia e nella speranza è difficile da manipolare, perché l’unica vera ricchezza sarete sempre voi stessi. Un giorno chiesi ad un giovane: "Hai cercato Dio? E’ per questo che hai impiegato così tanto tempo? Sì, mi rispose l’ho trovato e se ho impiegato tanto tempo era perché commettevo l’errore di andare a cercare Dio, mentre in realtà, era Lui che stava cercando me..."

 

L’Amore Misericordioso è una fonte di speranza inesauribile!

Cari giovani, voi siete "l’adesso di Dio", siete la forza della Chiesa, con voi non c’è tramonto, ma si respira l’aria del nuovo giorno, si prova la gioia della vita, la speranza si fa certezza, il futuro è già presente. Siate protagonisti del vostro tempo, portatori di un messaggio di speranza e coraggio. Il mondo ha bisogno della vostra energia, delle vostre idee e del vostro entusiasmo, non lasciate che la paura o l’incertezza vi trattengano. Non abbiate paura di amare senza riserve, di perdonare senza limiti, di servire senza aspettative. In ogni azione, siate testimoni di questo amore che trasforma e rinnova. Avete il potere di fare la differenza, di costruire una società più giusta e umana, non temete di impegnarvi per resistere alla tentazione delle comodità superficiali…prendete sul serio la vita…non scordatevi mai che l’aquilone prende il volo solo con il vento contrario…lasciatevi conquistare dall’Amore Misericordioso per vivere la vita!

 

 

CONCLUSIONE

 

Come concludere?

Un’espressione dice che: "ogni cuore è abitato, o comunque, lo è stato, almeno una volta, dalla speranza." Il Papa Francesco in occasione del Natale dell’anno 2015 affermava con decisione che: "Dove nasce Dio, nasce la speranza; Il Signore che è la speranza della gloria, che è il centro, che è la totalità, ci aiuti in questa strada: dare speranza, avere passione per la speranza."57 Avere passione per la speranza, significa non permettere mai che nessuna situazione, anche la più difficile, dolorosa e deprimente, possa derubarci della speranza. Persino il fuoco si spegnerebbe se sotto le sue ceneri non ci fosse una brace che arde e che soffiandoci sopra aiuti il fuoco stesso a rianimarsi e a ravvivarsi e anche oggi l’annuncio del Vangelo ha bisogno di essere rigenerato dalla speranza. Gli uomini vivono dove si respira aria di speranza e fuggono dove non avvertono la presenza di essa e oggi più che mai c’è bisogno di proclamare, di offrire, di diffondere nuova speranza nel mondo, di donarla a un mondo che ha perso il senso della speranza e perciò è spento spiritualmente.

Come è possibile però annunciare oggi la speranza a un mondo, ad una umanità che vive alla giornata, senza più grandi entusiasmi e slanci verso il futuro?

Certamente la speranza non si trasmette perché uno la studia o la spiega, ma solo se si possiede e per essere "campioni di speranza" credo che innanzitutto occorra partire da sé stessi. Le cose "vere" della vita nascono sempre dal di dentro, perché solo nel nostro cuore e nel silenzio esse possono crescere e maturare! Quante persone perdono la speranza forse proprio perché smarriscono la via del cuore! La speranza diviene possibile e vivibile solo se noi stessi, per primi, la crediamo tale; bisogna avere il coraggio di scavare in profondità del nostro essere, solo chi ha fame apprezza il pane. Solo chi è sceso nelle profondità del proprio mondo interiore e ha scoperto di anelare ad un vero bisogno di salvezza, può sperare.

 

Solo chi è rientrato in sé stesso, può attendere l’abbraccio pieno con Dio!

Ci dobbiamo rendere conto che noi abbiamo motivi certi di speranza, non solo perché la fede ci dice che Gesù Cristo ha vinto il mondo, ma anche perché se la fede è stata sempre nella storia "lievito" nella pasta per costruire un mondo diverso, perché non lo può essere oggi?

 

Io spero, ho speranza, perché Dio cammina con me!

In fondo risorgere significa proprio questo: evitare che il passato ci inchiodi a non camminare più, risorgere da quel passato che ci portiamo dentro e che ci impedisce di vivere. Perfino quando ci troviamo a vivere momenti di grande dubbio e di difficoltà, dovremmo sempre ricordarci che esiste un progetto di resurrezione nelle nostre umili vite e che tutto concorre alla realizzazione del grande disegno di Dio previsto da tutta l’eternità, dove ogni istante della nostra vita, trova il proprio posto ed il proprio significato. Noi tutti sappiamo chi siamo, ma sappiamo anche molto bene che nonostante le nostre debolezze ed i nostri dolori, Dio ha versato il Suo sangue sulla nostra vita. Il sangue di Cristo continua a riversarsi nelle nostre vite oggi, offrendoci la grazia, la misericordia e la forza di affrontare le sfide quotidiane.

 

È diminuita forse questa potenza del sangue di Gesù?

O non sarà che è diminuita la nostra fede: "Ed egli rispose: Per la vostra poca fede. In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile."58 La nostra fragilità nel vivere la fede e la speranza è il vero punto di partenza; il mondo ha un enorme bisogno di un messaggio di fiducia, di speranza, di gioia, perché è stanco di tante sofferenze, di tante angosce e di tante paure riguardo al futuro. Queste paure spiegano la grande conflittualità crescente che esiste oggi per difendere accanitamente quello che ciascuno ha; spiegano molto bene il timore di condividere, di dare la vita, di solidarietà, di empatia; spiegano davvero la mormorazione e la critica continua e sistematica che spegne ogni creatività e ogni entusiasmo. La perdita della speranza è ormai una sorta di "male" che spinge la gente a cercare tutti i diversivi possibili, tutte le distrazioni immaginabili pur di non guardare in faccia alle sfide della vita. Il messaggio della speranza sarà vero e concreto nella misura in cui riusciremo ad offrire, alle persone che hanno sperimentato l’angoscia del fallimento, la certezza di riconoscere la presenza del Risorto.

Un’impostazione pastorale che il Papa emerito Benedetto XVI ha molto bene evidenziato nella lettera enciclica Spe Salvi: "Così diventiamo capaci della grande speranza e così diventiamo ministri della speranza per gli altri."59 Ricordiamoci sempre che anche il più piccolo gesto di gentilezza, di solidarietà, può fare la differenza nella vita di qualcuno, ogni parola di incoraggiamento, ogni gesto di sostegno, può essere un seme di speranza che germoglia e cresce, portando nuova vita e nuova "linfa" a chi ne ha bisogno. Così come la speranza, per molti che non credono, potrebbe essere il nuovo nome della fede e, in ogni caso, potrebbe essere una grande occasione per camminare verso una più consapevole professione di fede.60 Dobbiamo rinnovare la fiducia nell’aiuto del Signore, con la certezza che chi ci ha messo in mano l’aratro per lavorare ci è vicino giorno dopo giorno, cammina e lavora con noi, ci spezza il nostro pane ogni giorno e per nessun motivo dobbiamo lasciarci andare ad atteggiamenti o sensazioni di smarrimento o di confusione.

Una delle tentazioni più gravi esistenti oggi nella Chiesa è forse proprio quella di ritenere che il nostro tempo è meno adatto di altri tempi alla proclamazione del vangelo: è invece proprio qui e ora che il regno di Dio viene: "Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, Egli viene a salvarvi."61 Siamo in buona compagnia: Dio cammina, soffre, fatica con noi, non siamo soli in questo tempo, Gesù lo ha promesso: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo."62 L’Amore Misericordioso è venuto per cingere i nostri fianchi, e sappiamo cosa questo vuol dire. Anticamente gli uomini portavano lunghe vesti e allora, per camminare spediti, si cingevano i fianchi. Noi spesso siamo bloccati dalle paludi delle nostre paure, delle nostre angosce; siamo spesso impacciati nelle decisioni da assumere, siamo legati da tanti condizionamenti. La prima "meraviglia" che il Carisma dell’Amore Misericordioso ha compiuto: è stata quella di cingerci i fianchi del cuore, per renderci più agili, più aperti, più disponibili al nuovo soffio dello Spirito, un messaggio di misericordia pieno di speranza, perché se l’uomo non spera, non vive, soffoca.

 

Stiamo vivendo la fine dei tempi?

Si, è vero stiamo vivendo la fine dei tempi, ma quelli dell’odio, della vendetta, del non amore, del tempo della disperazione, del non senso, perché Dio ha pronunciato la sua "sentenza" su questa nostra storia, un giudizio di amore, di misericordia, di speranza. Vale la pena di provare lo sguardo di amore di questo Dio, di buttarsi oltre il recinto stretto delle nostre piccole e limitate speranze. Vale la pena di osare, in un tempo di povere e false promesse, vale la pena di avere l’audacia di una speranza infinita. Se la pianta non si orienta verso la luce, appassisce e se il cristiano rifiuta di guardare la luce, se si ostina a guardare solo le tenebre, cammina verso una morte lenta, non può crescere né costruirsi nel Signore. In un tempo, come il nostro, che, come abbiamo visto, può essere avvertito come un inquietante buco nero, la speranza è l’unica virtù capace di vedere oltre e al di là della decadenza; di squarciare la superficie e intravedere in profondità il germe di bene sepolto nelle macerie; di guardare l’orizzonte più lontano e di avvertire un palpito di vita anche in luoghi deserti dove sembra che regni la morte; di intravedere luminose verità anche se, all’apparenza, tutto sembra contraddirle. Il Carisma dell’Amore Misericordioso ci è venuto a dire che un modo sicuro e concreto per incontrare Dio è sperare nell’amore: "la carità tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta!"63 Il nuovo comandamento è "l’amore", è il vangelo dell’Amore Misericordioso che se vissuto alla lettera è capace di curare le ferite dell’uomo di oggi che sta "morendo" per mancanza di Amore e di Speranza. L’essere "figli di Dio" è la vita stessa di Dio, il suo soffio vitale che respira in noi e ci mantiene in vita: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza."64 Esistere non significa VIVERE, molti uomini esistono ed è un dato di fatto oggettivo, ma questo non significa che stanno VIVENDO. La Vera Vita, la Vita piena, la sola e unica SPERANZA è solo in Gesù Cristo. Quando tutto sta crollando, quando ormai si è perso tutto, quando anche umanamente non resta più nulla da fare, non rimane che un’unica strada da seguire: SPERARE in Dio.

 

Dio non delude mai, mantiene ciò che ha promesso!

Siamo stati noi a ridurre il cristianesimo ad un insieme di norme esteriori molto vicine all’ipocrisia dei farisei, un freddo formalismo molto lontano dalla "logica" di Dio, creato solo per salvaguardare il nostro sentirci "giusti" e nutrire così il nostro "sepolcro imbiancato." Non ci siamo resi conto che così facendo ci siamo persi la cosa più importante: il cuore di Dio. Nella frenesia della nostra esistenza quotidiana, è facile perdersi: la corsa verso il successo, la ricerca incessante di piacere o il carico di responsabilità possono offuscare la visione della cosa più importante, il cuore di Dio appunto. Ci siamo persi un Padre che ogni giorno ci cerca per farci entrare in comunione con Lui, per darci la SUA vita. Il Dio che si è rivelato e che noi abbiamo incontrato e veduto, il Dio di Gesù Cristo, non è un Dio della morte, ma un Dio della vita.

 

Ma l’uomo poteva davvero pensare di sigillare la Vita in una tomba?

Nessuna pietra è abbastanza grande, nessun sigillo abbastanza forte per trattenere la Vita che Dio ha donato: la Vita è più forte della morte, e la speranza è più potente della disperazione. Dio non ci ha creati per vivere da disperati: si può sentire ed avvertire un palpito di vita anche in quei luoghi abbandonati dove sembra che regni la morte! Dio non lascerà la mia vita nel sepolcro! Esiste un’alleanza che non può essere dimenticata, noi gli apparteniamo, per questo non ci abbandona mai, un "azione di grazie", che nella Madre Speranza è nata da una sana consapevolezza di essere stata non solo, chiamata ad una grande missione, ma soprattutto di percepire di essere stata amata in modo unico, speciale, irrepetibile dall’eternità: "Gesù mi ama; mi ha pensato da tutta l’eternità e mi ha amato con amore speciale."65 Per lei tutto è stato un dono, ogni incontro, ogni avvenimento, ogni giorno è stata una occasione unica ed irrepetibile per diventare quello a cui era stata chiamata: una speranza che si dona! Questa è la speranza dell’Amore Misericordioso: l’ora è arrivata, una nuova era è nata, è la storia dell’amore di Dio per noi. La nuova legge, la nuova Speranza dei tempi, è la misericordia di Dio. Una speranza che nasce da lontano, dal cuore stesso di Dio: "Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. […] dal più piccolo al più grande Io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato."66 Il "segreto" della Speranza, nel quale ha vissuto la Madre, è stato proprio questo, sapeva mettersi con umiltà alla presenza di Dio: "…Se uno mi ama, il Padre ed io verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui"67 e non era un fatto mistico tutto intimo, tenuto segreto solo per lei, come qualcosa da nascondere in modo personale ed individualista, era, invece, la storia di una vita che, giorno dopo giorno, "si consegnava" all’Amore Misericordioso.

È questa la "passione carismatica" che portava nel cuore la Madre Speranza: "Andate e incendiate tutto con il fuoco dell’Amore Misericordioso! Vivere la Speranza dell’Amore Misericordioso, perché siamo chiamati a educare alla libertà ed alla responsabilità, attraverso delle relazioni vissute nella verità dell’amore del Cristo. Una Speranza di misericordia, perché se veramente la porremo al centro della nostra vita diventeremo capaci di fare fiorire una "nuova fantasia dello Spirito", che sarà in grado di sorprendere e di dare nuova vita. Dobbiamo essere capaci di osare, per trovare in esso la forza di lasciare ciò che è più sicuro e certo, per buttarci verso situazioni nuove e di frontiera che continuamente ci interpellano e ci scuotono.

 

Non si fa nulla senza speranza!

Il cammino della vita è spesso un intricato labirinto di speranze e delusioni, di desideri e realtà che sembrano dividersi come rami di un fiume. In quei momenti bui, quando il cielo sembra coperto da un manto di nubi grigie e le risposte alle nostre preghiere sembrano essere solo echi nel vuoto, è facile smarrire la strada. Ma anche nelle notti più cupe, anche quando il vento sembra sussurrare parole di dubbio, c’è una fiamma che arde dentro di noi, è la fiamma della speranza, un riflesso della luce eterna che brilla oltre le nuvole, è quella voce silenziosa che ci sussurra all’orecchio: "Ancora un passo avanti, ancora un respiro profondo. Il tuo cammino non è solitario, io sono con te." Ed è qui che si "gioca" il Carisma dell’Amore Misericordioso: "[…] è necessario che ci impegniamo assai perché l’uomo conosca l’Amore Misericordioso di Gesù e riconosca in Lui un Padre pieno di bontà che arde d’amore per tutti e si è offerto a morire in croce per amore dell’uomo e perché egli viva".68 Conoscere l’Amore Misericordioso di Dio significa sperimentare la vera libertà interiore, troppo spesso, infatti, siamo schiavi del nostro peccato, delle nostre paure, dei nostri rimpianti, ma quando incontriamo l’Amore di Dio che perdona e ristabilisce, sperimentiamo una liberazione profonda e una pace che il mondo non può dare. Conoscere l’Amore Misericordioso di Dio è essenziale perché ci mostra il vero scopo della nostra esistenza: siamo stati creati per amare e per essere amati da Dio e solo quando riusciremo a comprendere questa profonda verità, non solo troveremo il senso delle sfide e dei dolori della vita, ma anche una speranza che ci spinge oltre le difficoltà quotidiane. Dio poteva scegliere tante strade per comunicarci la salvezza, ma ha preferito contare su ognuno di noi, ha voluto scegliere TE!

Lo vogliamo cambiare il nostro mondo? ORA è il momento di decidere, perché l’Amore Misericordioso è tutto ciò che siamo! Coraggio fratello mio, la spina di oggi sarà il fiore di domani!

Fratello caro, il tuo cammino è il migliore, anche se ai tuoi occhi appare tutto sbagliato e se hai chiesto a Dio una cosa e ne hai ricevuto un’altra, abbi fiducia, abbi speranza. Abbi la certezza che egli dona sempre quello di cui hai bisogno, al momento giusto perché non sempre quello che desideri è quello che necessiti. Ho recitato tante preghiere senza ricevere risposta, ma aver incontrato l’Amore Misericordioso, mi fa sempre venire voglia di camminare ancora e di sperare. Durante il mio cammino ho continuamente sparso tanti semi che sono caduti per la strada e sono stati mangiati dagli uccelli, ma l’amore che ho sentito quando Dio mi ha portato fra le braccia e il calore che ho provato quando ho appoggiato la mia testa sul suo petto di Padre, mi fanno sempre venire ancora voglia di camminare e di seminare. Prendi ora questa stella, la stella della speranza non lasciarla andare via; questa stella, questa speranza, è un tesoro prezioso

che non deve mai spegnersi. È il battito ardente dei cuori coraggiosi, che aprono nuove strade nel mondo, che si ergono contro le tempeste e non perdono mai la fede nel domani. Non lasciare che si spenga, perché certi "tesori" esistono soltanto per chi batte per primo una strada nuova, che non si spenga mai la speranza dentro il tuo cuore...perché se c’è e ci sarà ancora speranza in questo mondo è solo perché risuonerà per l’eternità il nome meraviglioso dell’AMORE MISERICORDIOSO di Dio: "Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore, spera nel Signore."69

 

Maria Mediatrice, Madre di Dio, Madre nostra, insegnaci a credere, amare e sperare come hai fatto tu!


1 Levitico 25, 8-12

2 Luca 4, 16-21

3 Romani 5, 1-2

4 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n. 1

5 Romani 5, 3-4

6 Lettera enciclica Spe Salvi – Benedetto XVI n. 1

7 Omelia Santa Marta 09/09/2013

8 Genesi 12,1-2

9 Tessalonicesi 5,8

10 Ebrei 6, 18-19

11 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n.25

12 Luca 1,54-55

13 Genesi 1, 6-7

14 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

15 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8)

16 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8)

17 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n.22 – Sapienza 12, 19-22

18 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n.23

19 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n.23

20 Consigli pratici (1941) (El Pan 5)

21 Ezechiele 34, 15-16

22 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

23 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

24 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

25 Giacomo 2,13

26 Salmo 36

27 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

28 Diario, 1 febbraio 1940

29 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

30 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n.5

31 Matteo 11, 25-30

32 Lettera Enciclica Deus Caritas Est – Benedetto XVI – n. 6

33 Novena all’Amore Misericordioso II giorno

34 Pratica delle virtù (1933) El Pan (1)

35 Madre Speranza di Gesù Circolare n.104 1965

36 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8)

37 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8)

38 Le Ancelle dell’Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8)

39 MACCA v., Una vita a servizio della divina volontà.

40 1 Giovanni 2,8

41 Marco 4, 26

42 Lettera Enciclica Dives in Misericordia – n. 13

43 Giovanni Paolo II° visita al Santuario – 22/11/1981

44 Lettera Enciclica Dives in Misericordia – n. 14

45 El Pan 2,89

46 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n.7

47 La Perfeccion della Vida religiosa

48 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n.10

49 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n.8

50 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n. 11

51 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n. 13

52 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n. 10

53 Esodo 3, 7-10

54 Galati 5,1

55 Bolla di indizione Giubileo Ordinario 2025 n. 12

56 El Pan 21, 1084-1094; in particolare n° 1091.

57 Messaggio Urbi et Orbi, Natale 2015

58 Matteo 17,20

59 Lettera enciclica Spe Salvi – Benedetto XVI n. 34

60 1 Pietro 3,13

61 Isaia 35, 1-3

62 Matteo 18,20

63 1 Corinzi 13,7

64 Giovanni 10,10

65 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

66 Geremia 31,33

67 Giovanni 14, 23

68 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

69 Salmo 26