STUDI
 

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Mass Media,
ateismo e secolarizzazione
Prof. sa Annamaria Sancricca

Il progredire del pensiero ateo

 

 

“Testimoniare Dio Padre è la risposta cristiana all’ateismo” ha detto il Papa Giovanni Paolo II nell’Udienza generale del 14 aprile scorso. E invitava a riflettere come “L’epoca contemporanea ha conosciuto forme particolarmente devastanti di ateismo “teorico” e “pratico”. Soprattutto si rivela rovinoso il secolarismo con la sua indifferenza nei confronti delle questioni ultime e della fede: esso, di fatto, esprime un modello di uomo totalmente sganciato dal riferimento al Trascendente”
Anche la Redazione della nostra Rivista, a cominciare da questo numero, vuole offrire una serie di riflessioni sul tema (N.d.R.).

Le tappe del pensiero filosofico

Teocentrismo, antropocentrismo, umanesimo, filosofia moderna, razionalismo cartesiano rappresentano le tappe fondamentali del susseguirsi del pensiero fino a giungere al momento in cui, parallelamente al razionalismo, viene facendosi strada lo scientismo, per il quale è vero ciò che è sperimentabile e la metafisica, e tutto ciò che è al di là, diventa oggetto di fede.
Questa la nuova mentalità: un campo affidato alle scienze che sono vere perché verificabili e un campo affidato alla fede in quanto non oggetto di ricerca razionale. “L’uomo moderno si è ostinato a cercare la verità e la salvezza nella ragione scientifica e questa ora gli sta togliendo a una a una tutte le certezze della vita, della verità e della bellezza, abbandonandolo all’oscillare infinito e disperato della propria coscienza” (Cfr. C. Fabro, L’Avventura della teologia progressista).

 

Il pensiero della Chiesa del Concilio

Nel Documento Conciliare “Gaudium et Spes” vengono colti segni nuovi che accendono nuove modalità di proposta cristiana con chiaro riferimento ai mass media: “Le condizioni di vita dell’uomo moderno, sotto l’aspetto sociale e culturale sono profondamente cambiate, così che è lecito parlare di una nuova epoca della storia umana. Di qui si aprono nuove vie per perfezionare e più largamente diffondere la cultura. Esse sono state preparate da un grandioso sviluppo delle scienze naturali e umane, anche sociali, dal progresso delle tecniche, dallo sviluppo e dall’organizzazione degli strumenti della comunicazione sociale” (GS, cap. II, Sez. I, n. 54).
Il testo, tuttora attuale, è profetico nella sua intuizione perché pone l’accento sul fenomeno massmediale, pur non considerandone l’aspetto metodologico, che è la vera chiave di lettura della complessità e problematicità del fenomeno ormai pressoché ingestibile a livello di massa. La Chiesa dunque, consapevole dei “segni” nuovi, vede l’urgenza di inculturare la proposta cristiana nella cultura dell’oggi. E prosegue dicendo: “Il cambiamento di mentalità e di strutture spesso mette in causa i valori tradizionali, […] le istituzioni, le leggi, i modi di pensare e di sentire, ereditati dal passato, non sempre si adattano bene alla situazione attuale; di qui un profondo disagio nel comportamento e nelle norme stesse di condotta” (Op. cit., n. 7).

Due realtà sostanziali fondano il pensiero contemporaneo:
La secolarizzazione a cui fa riferimento il Documento conciliare e l’ateismo. “La ragione più alta dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l’uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste infatti, se non perché creato per amore da Dio, da Lui, sempre per amore, è conservato, né vive pienamente secondo verità se non riconosce liberamente quell’amore e se non si affida al suo creatore. Molti nostri contemporanei, tuttavia, non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano questo intimo e vitale legame con Dio, così che l’ateismo va annoverato fra le cose più gravi del nostro tempo…” (Op. cit., n. 19).
Ogni analisi della società che tenti di prendere coscienza dei dinamismi che si muovono al suo interno non può, comunque, prescindere da questi due dati: secolarismo e ateismo, che costituiscono come l’origine, la fonte da cui scaturisce il pensiero moderno che parte dal “cogito” cartesiano.

 

L’Ateismo come fenomeno

Il fenomeno dell’ateismo è assai complesso e non può essere liquidato in due battute; possiamo, tuttavia, dire che esso è l’atteggiamento di rifiuto dell’Assoluto e dell’Assoluto nel pensiero, nella morale e nella politica. L’ateismo è l’atteggiamento di chi esercita la sua libertà in una scelta radicale del finito nell’abbandono dell’infinito. E’, per intenderci, esattamente il contrario di quello che Kierkegaard chiama “Il rischio della fede” o “scelta dell’Assoluto”. È questo, senza dubbio, un ateismo di convinzione.
In questo senso l’ateismo consiste in una declinazione trascendentale dello spirito, per la quale lo spirito parte dal finito e torna al finito; declinazione “trascendentale” e non trascendente dello spirito, proprio per questo “partire da…” e “ritornare a…” la finitezza, alla temporalità e alla mondanità.
E il Papa ammonisce: “L’ateismo può perfino diventare una forma di ideologia intollerante, come la storia dimostra. […] Questo ateismo sistematico si è imposto per decenni offrendo l’illusione che, eliminando Dio, l’uomo sarebbe stato più libero sia psicologicamente che socialmente. […] Il Concilio ha riconosciuto che, nella genesi dell’ateismo, hanno potuto contribuire i credenti per non aver sempre manifestato adeguatamente il volto di Dio” (cfr. catechesi del 14 aprile 1999).

 

La Secolarizzazione fenomeno di massa

I termini “secolarizzazione”, “secolarismo” e “laicismo” per F. Gogarten possono essere presi per sinonimi, questi si fondono e trovano la loro giustificazione tematica nel termine comune che li raccoglie: l’umanesimo radicale. In questo contesto il termine “secolarizzazione” vuol dire rendere secolare, laico, profano: è questo il senso che gli attribuisce la cultura attuale il cui tessuto connettivo è dato dalla mentalità massmediale. Non è forse questa la filosofia che giustifica, p.e., tutta la problematica, tanto dibattuta in questo momento, della bioetica, del diritto ad avere un figlio a tutti i costi? Secolarizzazione dunque vuol dire ridimensionare la trascendenza alla temporalità. Ridimensionare l’aspirazione umana dell’infinito al finito. S’intende con la secolarizzazione riportare i valori umani a valori storici, a valori della vita umana effettiva, è esattamente come s’intende oggi l’antropologia, cioè l’unidimensionalità, il soggettivismo, la mancanza assoluta di riferimento a criteri oggettivi. E poiché queste idee, veicolate da mezzi che raggiungono grande quantità di persone, diciamo tutti, entrano nella testa della gente e fanno mentalità, grazie alle comunicazioni inavvertite, diventano credibili per il fatto stesso che tutti la pensano così, cioè allo stesso modo. Qual è dunque il problema rispetto al passato? Oggi, poiché la cultura la fa la televisione, le idee circolano con molta più facilità e, per come vengono espresse e comunicate, sono molto più efficaci; per questo la secolarizzazione è diventato fenomeno di massa e quindi fenomeno più difficile da combattere.
È la consapevolezza che i valori umani devono esercitarsi anzitutto su questa terra nei rapporti effettivi, economici, familiari, sociali, politici, per cui la secolarizzazione è l’assunzione, come elementi fondamentali della coscienza umana, degli elementi della temporalità. È, in fondo, l’assunzione della formula di Heidegger: l’uomo è un Dasein, è un essere qui e là, è un essere nel mondo. È l’accettazione della mondanità nel suo significato antropologico, cioè come spazio storico della vita dell’uomo, come spazio storico dell’attuazione dell’uomo: l’uomo si realizza in quello che fa.

(continua)

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ultimo aggionamento 13 giugno, 2009