STUDI
 

Ing. Calogero Benedetti

 

L’ascolto
“La gioia del Signore è la vostra forza”

 

 

Qualche Domenica fa sono stato chiamato in Chiesa a leggere sull’altare la Iª Lettura Liturgica, quella del Libro di Neemia. Eccone gli elementi essenziali:

“In quei giorni Esdra portò la Legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne, e di quanti erano capaci di intendere.
Lesse il Libro sulla Piazza, davanti alla Porta delle Acque, dallo spuntare del sole fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci di intendere.
…Tutto il popolo porgeva l’orecchio a sentire il Libro della Legge.
…I leviti leggevano a brani distinti e con spiegazioni del senso, e così facevano comprendere a tutti la lettura.
…Poi Neemia disse: questo giorno è consacrato al Signore.
Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza”.

(Neemia 8,2; 4,5; 6,8-10).

Leggendo i vari paragrafi la mia mente annotava il pensiero ricorrente che vi si esprime: quanti erano capaci di intendere, ripetuto due volte, aggiungendosi poi: “leggevano a brani con spiegazioni del senso; e così facevano comprendere a tutti la lettura”.
•    Avere la capacità di intendere e porgere l’orecchio alla Parola, “sentire”, è il primo passo;
•    comprendere il significato è quello successivo.
•    Il terzo è l’adesione gioiosa al Signore: “non vi rattristate” è un precetto detto come un comando, non come un’esortazione; e subito se ne dà l’elemento causativo, la motivazione: “perché la gioia del Signore è la vostra forza”.
L’ascolto, la comprensione, la gioia del Signore, sono le tre fasi della Fede, che non descrivono un “ritenere per vero” questo o quello, non descrivono il costituirsi di “sensazioni” interiori, ma piuttosto sono l’intreccio di tre azioni: quella volontaria del “porsi” in ascolto; quella intellettiva “dell’intendere il significato dell’ascolto”; e quella culminante dell’amare, “dell’aderire con gioia” al Signore”.
Singolarmente questo amore non è proposto come qualcosa che si “prova” ma che “si fa”, è proposto con un “comando”.
Amerai il Signore tuo Dio” è un imperativo, non una coniugazione verbale (al futuro) del verbo amare.
E lo stesso si ha in “Amerai il prossimo tuo” prescritto come un precetto da adempiere, un’azione da effettuare, non come una sensazione (amore) che si esperimenta nell’animo.

Io sono molto sospettoso, in fatto di fede, a riguardo delle “sensazioni”, e persino del credito da dare alla “voce interiore” (che tutto sommato è una sensazione anch’essa).

“L’Annuncio” infatti è sempre descritto, sia nell’Antico e sia nel Nuovo Testamento, come “voce esteriore”, che Dio fa risuonare alle “orecchie del chiamato”.

“Il Signore chiamò “Samuele”…; e quegli rispose subito: “eccomi”; e così per tre volte.
“L’Angelo disse a Maria”…; ed Ella rispose: “Ecco l’Ancella del Signore”.
Cristo chiama con parole i discepoli sulla sponda del mare di Galilea ed è una voce quella che parla a Paolo sulla via di Damasco; ed è un turbine di vento che riempie tutta la casa la voce dello Spirito sui Discepoli raccolti in preghiera.

La “Voce = Parola” è assumibile anche a mezzo della lettura ed implica che la si “comprenda”.
Infatti non può amarsi alcunché o chicchessia senza anzitutto conoscerlo.

La Parola va “intesa” (= ascoltata) e “compresa” (= intesa secondo l’intelletto): “coloro che erano in grado di intendere” dice il passo di Neemia.

La fede è quindi l’azione personale di “porre se stessi”, intendendo.

Non è aderire ad una fiaba, non è (torno a dire da un altro mio scritto) un “mito”.

“Amerai Dio con tutto il tuo cuore (= azione di “porsi”)
   e con tutta la tua mente (= comprendere intellettivo).
La fede non nasce dall’inconscio né si raggiunge con lo “scavare” nell’inconscio.

È un’azione da effettuare in piena coscienza ed intelletto, un atto volontario di darsi a Colui che ci ama, ci chiama, e a nostra volta si riama (“Da chi mai andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”).

Chiudo questo scritto con la citazione di quel che Edith Stein diceva ai suoi allievi dei corsi di Laurea all’Università di Gottinga: “siate credibili in tutto, sempre; nella vostra vita sociale, nella vostra vita privata, nella vostra professione, in quello che fate, in quello che dite, in quello che pensate; per poter essere creduti quando parlerete di Cristo”.

 

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione nuovacedis@edisons.it
ultimo aggionamento 01 aprile, 2001