STUDI

 

Giovanni Paolo II

 

Giovanni Paolo II

Dal discorso ai Rappresentanti del mondo della cultura
Astana 24 settembre 2001
Auditorium del Palazzo dei Congressi

 

L’uomo non può essere uomo senza avere la percezione dei misteri visibili e nascosti dell’universo

 

 


Memori degli errori del passato anche recente, tutti i credenti devono unire i loro sforzi, affinché mai Dio sia fatto ostaggio delle ambizioni degli uomini.

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L’odio, il fanatismo ed il terrorismo profanano il nome di Dio e sfigurano l’autentica immagine dell’uomo.


A motivo della loro spiccata connotazione scientifica e tecnica, i modelli culturali dell’Occidente appaiono fascinosi ed attraenti, ma rivelano, purtroppo, con sempre maggiore evidenza, un progressivo impoverimento umanistico, spirituale e morale.

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Il Papa di Roma è oggi davanti a voi umile e convinto testimone che Cristo è il salvatore del mondo.

1. Ho accolto volentieri l’invito a trascorrere qualche momento con voi, per manifestare ancora una volta l’attenzione e la fiducia con le quali la Chiesa Cattolica e il Papa guardano agli uomini di cultura. Sono infatti ben consapevole dell’insostituibile contributo che voi potete recare allo stile e ai contenuti della vita dell’umanità con la ricerca onesta e l’efficace espressione del vero e del bene.

Uomini della cultura, dell’arte e della scienza! Il vostro Paese è erede di una storia che vicende complesse e spesso dolorose hanno arricchito di tradizioni diverse, tanto da farne oggi un esempio singolare di società multi-etnica, multi-culturale, multi-confessionale. Siate orgogliosi della vostra Nazione e consapevoli del compito grande che avete nel prepararne il futuro. Penso, in particolare, ai giovani che hanno il diritto di attendere da voi una testimonianza di scienza e di saggezza, trasmessa loro attraverso l’insegnamento e soprattutto con l’esempio della vita.

2. Il vostro è un grande Paese, che nei secoli ha coltivato una cultura locale viva e ricca di fermenti, grazie anche all’apporto di esponenti della cultura russa, qui confinati dal regime totalitario. Quante persone hanno percorso questa vostra Terra! Mi piace ricordare, in particolare, il diario del viaggiatore e commerciante veneziano Marco Polo che, già nel Medioevo, descrisse con ammirazione le qualità morali e la ricchezza delle tradizioni degli uomini e delle donne della steppa. La sconfinata ampiezza delle vostre pianure, il senso dell’umana fragilità alimentato dallo scatenarsi delle forze della natura, la percezione del mistero nascosto dietro i fenomeni avvertiti dai sensi, tutto favorisce nel vostro popolo l’apertura agli interrogativi fondamentali dell’uomo e l’esplorazione di risposte significative per la cultura universale.

Un grande pensatore della vostra Terra, il maestro Abai Kunanbai, li esprimeva così: “L’uomo non può essere uomo senza avere la percezione dei misteri visibili e nascosti dell’universo, senza cercare una spiegazione per ogni cosa. Colui che ci rinuncia non si distingue in nulla dagli animali. Dio differenzia l’uomo dall’animale dotandolo di un’anima...” (I detti di Abai, cap. 7).

3. Come non cogliere la profonda saggezza di queste parole, che sembrano quasi sviluppare un commento alla inquietante domanda posta da Gesù nel Vangelo: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?” (Mc 8,36). Esistono nel cuore dell’uomo domande insopprimibili, ignorando le quali l’uomo non diventa più libero, ma più debole, e finisce spesso in balia della propria istintività, oltre che della prepotenza altrui.

“Se il cuore non desidera più nulla - dice ancora Abai Kunanbai - / chi può svegliare il pensiero? / ... Se la ragione s’abbandona alla voglia, / perde tutta la sua profondità. / ... Un popolo degno di questo nome può fare a meno della ragione?” (Poesia 12).

Domande come questa sono di loro natura religiose, nel senso che rinviano a quei valori supremi che hanno in Dio il loro fondamento ultimo. A sua volta la religione non può non misurarsi con questi interrogativi esistenziali sotto pena di perdere contatto con la vita.

4. I cristiani sanno che in Gesù di Nazareth, chiamato il Cristo, è data risposta esauriente agli interrogativi che l’uomo porta nel cuore. Le parole di Gesù, i suoi gesti e, finalmente, il suo Mistero pasquale lo hanno rivelato come Redentore dell’uomo e Salvatore del mondo. Di questa “notizia”, che da duemila anni corre sulle labbra di innumerevoli uomini e donne in ogni parte della terra, il Papa di Roma è oggi davanti a voi umile e convinto testimone, nel pieno rispetto per la ricerca che altre persone di buona volontà stanno compiendo su strade diverse. Chi ha incontrato la verità nello splendore della sua bellezza non può non sentire il bisogno di farne partecipi anche gli altri. Prima che di un obbligo derivante da una norma, per il credente si tratta del bisogno di condividere con tutti il Valore supremo della propria esistenza.

Per questo - pur nel contesto di una sana laicità dello Stato, chiamato per sua funzione a garantire ad ogni cittadino, senza differenza di sesso, razza e nazionalità, il fondamentale diritto alla libertà di coscienza - occorre affermare e difendere il diritto del credente a testimoniare pubblicamente la sua fede. Una autentica religiosità non può essere ridotta alla sfera del privato né rinchiusa in spazi ristretti e marginali della società.

5. Gli stessi centri dell’educazione e della cultura non potranno che guadagnare dall’aprirsi alla conoscenza delle esperienze religiose più vivaci e significative nella storia della Nazione. Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2001 ho messo in guardia contro la “supina omologazione” della cultura occidentale, osservando che “a motivo della loro spiccata connotazione scientifica e tecnica, i modelli culturali dell’Occidente appaiono fascinosi ed attraenti, ma rivelano, purtroppo, con sempre maggiore evidenza, un progressivo impoverimento umanistico, spirituale e morale. La cultura che li genera è segnata dalla drammatica pretesa di voler realizzare il bene dell’uomo facendo a meno di Dio, Bene sommo” (n. 9).

Ascoltiamo ancora il grande maestro Abai Kunanbai: “La prova dell’esistenza di un Dio unico e onnipotente è che da più millenni gli uomini parlano in lingue differenti di questa esistenza e tutti, qualunque sia la loro religione, attribuiscono a Dio l’amore e la giustizia. All’origine dell’umanità ci sono l’amore e la giustizia. Colui nel quale dominano i sentimenti dell’amore e della giustizia è un vero sapiente” (I detti di Abai, cap. 45).

In questo contesto, e proprio qui, in questa Terra, aperta all’incontro e al dialogo, e di fronte ad un’assemblea così qualificata, desidero riaffermare il rispetto della Chiesa Cattolica per l’Islam, l’autentico Islam: l’Islam che prega, che sa farsi solidale con chi è nel bisogno. Memori degli errori del passato anche recente, tutti i credenti devono unire i loro sforzi, affinché mai Dio sia fatto ostaggio delle ambizioni degli uomini. L’odio, il fanatismo ed il terrorismo profanano il nome di Dio e sfigurano l’autentica immagine dell’uomo.

6. Amo vedere e salutare in voi qui presenti, illustri Signori e Signore, altrettanti “ricercatori della verità”, impegnati a trasmettere alle nuove generazioni di questo grande Paese i valori sui quali fondare la propria esistenza personale e sociale. Senza un saldo radicamento in tali valori, la vita è come un albero dai rami frondosi, che il vento della prova può facilmente scuotere e divellere.

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ultimo aggionamento 25 novembre, 2001