DAGLI SCRITTI DI MADRE SPERANZA
 
“Il Tuo Spirito Madre”
a cura di Madre Gemma eam

 

 

 

Gloria a Dio

 

 

 

 

Madre Speranza


Madre Speranza di Gesù Alhama Valera nata il 30 settembre 1893 a Santomera morta in Collevalenza l’8 febbraio 1983
Fondatrice delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso
Fondatrice del Santuario di Collevalenza
È in corso il Processo canonico per la sua canonizzazione.

L’essenza intelligibile delle cose

Siamo chiamate alla dignità di figlie di Dio, a vivere la sua stessa vita. Dio, figlie mie, ha voluto la nostra unione con Lui. In questa unione si realizzano la sua gloria e la nostra felicità. Però nell’unione della nostra felicità con la glorificazione di Dio che ordine d’importanza dobbiamo osservare? Possiamo forse separarle? In che modo le possiamo unire? Questi due fini rivestono la medesima importanza? Si collocano entrambi sulla stessa linea? Certamente no, figlie mie.
La glorificazione di Dio è il fine supremo, assoluto; il bene essenziale, l’unico necessario. Tanto necessario e assoluto che, ancor prima della creazione, era verità eterna ed immutabile che tutti gli esseri possibili non avrebbero potuto esistere se non per la gloria del loro Creatore.
Il modo di glorificarlo e la misura dell’onore che le creature rendono a Dio possono variare all’infinito, secondo la natura e l’agire degli esseri stessi. Di fatto sia la forma che la misura variano grandemente in rapporto alla capacità e alla condotta delle creature. Personalmente, noi possiamo rendere a Dio una gloria maggiore o minore in proporzione al nostro progredire nell’unione con Lui.
Possiamo anche non giungere a quel grado supremo di glorificazione che si realizza nella nostra unione con Dio e in questo caso rendergli unicamente la gloria che gli deriva dall’applicazione della condanna meritata, che soddisfa la sua giustizia. Le forme particolari di glorificazione non appartengono all’essenza assoluta delle cose, a quella necessità preesistente al creato che si chiama essenza intelligibile delle cose.
Appartiene invece a detta essenza l’obbligo per tutte le creature di essere orientate, in ogni aspetto del loro essere, alla glorificazione del Creatore, qualunque sia la forma in cui la realizzano. Questo orientamento finale e assoluto alla esplicita glorificazione di Dio è, figlie mie, sostanzialmente necessario.

 

L’essenza reale

La gloria divina, che non dipende dal modo e dalla misura in cui è procurata, appartiene anche all’essenza reale delle cose. Si chiama essenza reale ciò che appartiene alla costituzione propria di un essere in modo tale che senza di esso non avrebbe esistenza.
La gloria divina fa parte così essenziale della costituzione reale delle creature, che senza di essa non esisterebbero. Essa penetra tanto profondamente nella natura dell’uomo e domina così pienamente la sua vita, che perfino gli stessi dannati rendono a Dio forzatamente, colpiti dalla giustizia, quella gloria che non vollero tributargli sollecitati dalla sua misericordia.
Dio ha creato tutto per sé, tutto, anche il giorno per l’empio della sua eterna condanna. Vi posso assicurare, figlie mie, che la bontà di Dio non potrebbe permettere il male se la sua onnipotenza non potesse ricavare il bene anche dal male.

 

La nostra felicità fa parte dell’essenza delle cose?

Dio, figlie mie, poteva anche non averci create. Nulla della essenza delle cose richiedeva la nostra esistenza. Dio ci ha create liberamente, per una decisione puramente gratuita della sua bontà divina. Ma dal medesimo istante in cui ci creò, l’essenza assoluta della sua natura e la nostra stessa natura richiesero che esistessimo per la sua gloria. Dato che aveva deciso di crearci, che cosa obbligava Dio a scegliere per la sua glorificazione il modo supremo dell’unione soprannaturale nella quale giungiamo ad essere partecipi della sua stessa vita divina?
Liberamente Dio ha voluto elevarci fino all’onore di essere partecipi della sua felicità e ha dato alle nostre facoltà la speciale attitudine ad unirsi al loro oggetto, a nutrirsene, ad assimilarlo a sé; o meglio, ad assimilarsi ad esso e a viverne.
La necessità dell’unione beatifica e la capacità iniziale a raggiungerla, figlie mie, si trovano in tutte le nostre facoltà come doni puramente gratuiti e splendide manifestazioni del libero beneplacito divino. Pertanto la nostra creazione è un atto di benevola liberalità, non richiesto dall’essenza delle cose; e la nostra attitudine all’unione divina è un altro atto di liberalità ancora più benevolo e gratuito; infatti la nostra natura per se stessa non lo esigeva assolutamente.

 

Possiamo perderla

Possiamo soffrire in questo mondo e dannarci per l’eternità senza perdere la nostra natura e senza che per questo sia distrutto l’ordine essenziale delle cose.
Se la nostra gioia in questo mondo e la nostra salvezza eterna costituissero l’essenza intelligibile delle cose, non potremmo assolutamente perdere né la gioia né la nostra salvezza, perché ciò che appartiene all’essenza delle cose è sempre necessario e non può cambiare. Anche se facessero parte soltanto dell’essenza reale della nostra natura, non potremmo ugualmente perdere neppure una di queste due cose senza perdere la nostra stessa natura; dal momento che possiamo perderle non sono essenziali.
Solo una cosa è totalmente essenziale, figlie mie: la gloria di Dio in qualsiasi modo procurata.
Possiamo e quindi dobbiamo onorare il nostro Creatore con quella gloria suprema che gli deriva dalla nostra unione con Lui. A questo modo di glorificare Dio va unita la nostra felicità.
Abusando del nostro libero arbitrio possiamo anche ricusare la gloria al nostro Dio e Signore. In tal caso però la sua giustizia vendicherà su di noi la violazione dell’ordine stabilito e otterrà così, in modo diverso, la sua gloria. Noi invece non otterremo da Lui la nostra felicità.

 

Subordinazione della nostra felicità

La gloria del cielo, la nostra eterna felicità, ossia la nostra salvezza dipende assolutamente dalla glorificazione di Dio, che possiamo ottenere in questo mondo solo operando per il suo onore. Nel cielo saremo felici perché canteremo le lodi divine.
Il canto di lode a Dio è, figlie mie, la fonte della beatitudine dei santi. Beati, Signore, coloro che abitano nella tua casa! Perché sono beati? perché ti loderanno per l’eternità.

 

La nostra gioia in questo mondo

In questo mondo noi possiamo cercare la soddisfazione che ci viene dal nostro progresso, dimenticando la gloria di Dio. Si tratta però di una soddisfazione falsa e ingannatrice, passeggera e incompleta, impura e turbata, e ben presto dolorosamente espiata.
Non si può concepire per noi, già in questo mondo, un’autentica soddisfazione che sia preposta alla gloria di Dio o faccia a meno di essa; così come non si può concepire il salario senza il lavoro, la ricompensa senza il merito e il prezzo di una cosa senza la cosa stessa, dato che il salario dipende dal lavoro ed è proporzionale ad esso, la ricompensa dal merito e il prezzo dalla cosa; questo è l’ordine. Così è della nostra felicità, figlie mie: dipende dalla gloria di Dio ed è proporzionata ad essa.
Gesù disse ai suoi apostoli: “Vi ho detto queste cose affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Con questa frase ha voluto dir loro che rimanessero nel suo amore, osservando i suoi comandamenti, e cioè, che procurassero la gloria di Dio che Gesù chiama “la mia gioia”. Questa gioia di Gesù, che è la gloria di Dio, deve permanere in essi affinché la loro soddisfazione sia piena e autentica.

 

È subordinata alla gloria di Dio

La nostra felicità dipende dalla gloria di Dio per due motivi; in primo luogo perché è secondaria rispetto alla gloria di Dio, che è il fatto principale. La nostra felicità, figlie mie, non può mai essere anteposta, né predominare: l’onore di Dio deve essere primo in tutto, poi verrà la nostra felicità. La gloria di Dio deve predominare in tutte le nostre azioni, pensieri e desideri e il nostro umano interesse deve essere sempre subordinato a quello di Dio.
La gloria di Dio e la felicità dell’uomo sono come le due facciate di una stessa pagina di libro; l’una è continuazione dell’altra. Per questo è necessario non separarle, né capovolgerle, se non si vuole far perdere il suo significato al libro della creazione. Pertanto, figlie mie, l’interesse umano va subordinato e coordinato all’interesse divino: prima Dio, in secondo luogo io. Viene prima di tutto la gloria di Dio, segue la nostra soddisfazione, sottomessa e conforme alla prima. Questa, figlie mie, è la prima parte del piano divino.

 

Nasce dalla gloria di Dio

La nostra felicità non solo non deve mai oltrepassare, dominare o andare contro la gloria di Dio, ma deve nascere proprio da questa, o meglio deve trovarsi in questa. Il giusto troverà la sua felicità nel Signore; in Lui esulterà di gioia. Sì, figlie mie, la felicità del giusto è riposta nel Signore.
Che cosa significa felicità del giusto? Significa che è questa la vera felicità, l’unica autentica perché l’unica conforme all’ordine divino; si trova in Dio, viene da Dio e in Lui ha la sua dimora.

 

La gioia del Signore

Dio vuole essere Lui solo la sorgente piena ed infinita della nostra felicità. In Lui e solo in Lui vuole renderci beati. E in quale misura e modo, figlie mie! Vuole assumere la nostra vita nell’unità della sua vita, donarci per l’eternità i rapimenti della visione beatifica, ubriacarci con le ricchezze della sua casa e servirci a torrenti i suoi piaceri.
La felicità sarà completa e tale che, non soltanto entrerà in noi, ma entreremo noi in essa perché sovrabbonderà da ogni parte e non potremo raggiungere i suoi confini. “Entrate nella gioia del vostro Signore”. Questa sarà, figlie mie, la parola ineffabile che inviterà il servo fedele al banchetto dell’eternità. Questa gioia è immensa perché soprannaturale; essa supera la capacità propria di ogni creatura.
Dio non si è accontentato di ricevere da noi una gloria puramente naturale, ma, nell’unione con Lui, ha voluto dare alla nostra natura una capacità soprannaturale con cui dargli gloria. Così pure, non si accontenta di darci una capacità naturale per una felicità finita, ma ci dona anche una capacità soprannaturale per una felicità infinita. Dio mio! Concedi al nostro essere di dilatarsi in tutta la capacità soprannaturale di gloria e di felicità che gli hai donato!

(El pan 8, 1-25)

Le creature, nella loro natura, hanno per noi molte cose piacevoli; se noi prendiamo queste cose piacevoli solo per goderne o riducendo solo a questi piaceri la ricerca della nostra felicità, la nostra felicità non sarà quella del giusto e neanche quella della persona intelligente; finirà per essere una felicità ingannevole, falsa e naturalizzata; si ridurrà a essere solo la felicità dell’animale, una felicità corrotta, la felicità del mondo corrotto.

Madre Speranza, El Pan 7, 33

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ultimo aggionamento 05 gennaio, 2002