ESPERIENZE

Paolo Risso

 

 

Nell'ombra, un vescovo santo:
Mons. G.B. Pinardi

 

 

Nella grande pianura che da Torino giunge alle Valli di Pinerolo, c’è Castagnole Piemonte. Lì, da piccoli proprietari, il 15 agosto 1880, solennità dell’Assunzione di Maria, nasce Giovanni Battista Pinardi. Cresce respirando la fede e la vita cristiana dei suoi cari e della parrocchia. Prestissimo impara a servire la S. Messa e lo fa ogni mattina, alle cinque, quando fuori è ancora buio.
A prendersi cura di lui, accanto al Parroco don Bues, c’è don Giacomo Galfione di Carignano (Torino), giovane prete in fama di santità come un “Curato d’Ars”. Al termine delle elementari, è così intensa la sua amicizia con il Signore Gesù, che gli è spontaneo dire: “Io vado in Seminario a farmi prete”. Il ginnasio lo frequenta al Collegio Salesiano di Borgo S. Martino (Alessandria) sotto la guida di Maestri cresciuti direttamente alla scuola di Don Bosco, il cui ricordo e esempio è più vivo che mai. L’Ausiliatrice lo condurrà per tutta la vita e don Bosco sarà il suo modello.
Nel 1897, Giovanni veste l’abito ecclesiastico e entra nel Seminario di Chieri (Torino) a studiarvi filosofia per due anni. Nel 1899, è nel Seminario di Torino, per gli studi teologici. Intelligente, vivace, forte nella scienza e nella fede, giovane tutto di Dio, si distingue senza alcuna paura nei mesi del servizio militare prestato nel 1900, in artiglieria di montagna e poi in sanità.

 

Sacerdote di Cristo

Il 28 giugno 1903, è ordinato sacerdote dal Card. Richelmy, Arcivescovo di Torino, con altri 51 compagni di studi. Una festa grande. Completa gli studi di teologia morale al “Convitto”, sotto la guida di due santi: il Beato Giuseppe Allamano (fondatore dei Missionari della Consolata) e il Servo di Dio don Luigi Boccardo (presto, “beato”, speriamo!). Ne esce con l’anima luminosa e ardente, pronto per una grande missione. A qualcuno è già evidente che sarà un vero pastore per le anime.
Dal 1905 al 1912, è vice-parroco a Carignano: con il suo sorriso, i suoi occhi buoni, i modi semplici e signorili, don Pinardi si occupa prima di tutto dei ragazzi dell’oratorio, dei malati, dei cantori che lui riunisce e prepara per le solennità liturgiche. Si impegna, nello stile del santo Pontefice regnante, Pio X, nel catechismo ai piccoli e ai grandi, guida tutti alla Confessione e alla Comunione regolari, frequenti.
Al centro della sua vita e del suo ministero, c’è Gesù, da far conoscere e amare, con rettissima dottrina, nel clima del modernismo dai subdoli errori, “sintesi di tutte le eresie”, come l’ha definito S. Pio X nell’enciclica “Pascendi” (1907).
Il 15 dicembre 1912, quasi come un dono di Dio per il Natale, fa l’ingresso come Parroco nella chiesa di S. Secondo a Torino. Nella sua parrocchia, anche quando gli impegni si moltiplicheranno all’inverosimile, saranno sempre il S. Sacrificio della Messa e il confessionale a essere la roccia fermissima del suo ministero. Sacerdote e ostia con Gesù, egli avrà sempre come prima occupazione quella di offrire il Sacrificio della Messa e di essere ministro del perdono nel confessionale per condurre le anime a Dio.
Radicato nella Verità, è attento alle necessità del suo difficile tempo, per portarvi Gesù che è l’unica risposta adeguata: i problemi sociali e culturali della città e di un mondo in crescita, la guerra che travolge l’Italia e l’Europa, il difficile dopo-guerra con lotte e rancori, lo vedono partecipe in prima persona con la luce del Vangelo, la forza che viene solo dal Cristo Redentore. I suoi parrocchiani, molto presto, lo stimano e lo amano, in primo luogo i giovani e i poveri per i quali subito intraprende e moltiplica molte iniziative.

 

“Vescovo per obbedienza”

Ma è conosciuto e stimato molto più in alto. Quando Papa Benedetto XV nomina Mons. Bartolomasi, già vescovo ausiliare di Torino, primo Vescovo Castrense, il Card. Richelmy convoca don Pinardi e, prendendola alla larga, gli chiede se è disposto a collaborare più strettamente con lui. Don Pinardi gli assicura il suo aiuto, ma non comprende dove il Presule vuol giungere. Appena però il Cardinale gli dice apertamente che intende proporlo per l’episcopato, don Pinardi è tanto sconvolto che si alza e fugge senza salutare nessuno.
Il Cardinale però conoscendolo a fondo, fa il suo nome a Roma. Il 3 gennaio 1916, giunge a don Pianardi una lettera della Congregazione Concistoriale firmata dal Card. De Lai che gli comunica la sua nomina a Verscovo di Eudossiade con deputazione ad Ausiliare dell’Arcivescovo di Torino. Don Pinardi, lettera in mano, si reca dal Card. Richelmy e gli fa presenti tutte le ragioni possibili per non accettare e scrive al Papa di non essere degno dell’episcopato. Il venerdì 21 gennaio 1916, mentre sta andando in chiesa a guidare la “Via Crucis”, gli giunge risposta dal Papa che lo invita ad accettare. Don Pinardi obbedisce. Mentre tutti si rallegrano, lui piange a dirotto.
Il 5 marzo 1916, nella sua chiesa di S. Secondo, è consacrato Vescovo.
Ha solo 36 anni: alto, slanciato, umile e dotto, colmo di verità e di carità, è un vero capo per il suo popolo, ma non sa dire altro che “Chino e adoro. Sia fatta la volontà di Dio”.
Si sente oppresso dalla responsabilità e per molte settimane, si sfoga con la sua mamma, la quale alla fine gli risponde: “Fatti coraggio. Io penserò a te e offrirò tutto per te”. Inizia la sua missione di Vescovo ausiliare con un pellegrinaggio a piedi per nove giorni consecutivi alla Basilica dell’Ausiliatrice per chiedere tutto l’aiuto di cui abbisogna. Infine, dichiara: “La Madonna mi ha aiutato a mettermi a posto il cuore”. Dice che è già troppo chiamarlo “monsignore”. Rimane sempre “il Curato di S. Secondo”. Veste abitualmente di nero, portando quanche volta l’anello e indossando solo raramente le insegne vescovili: solo la Croce – il Crocifisso – gli è particolarmente cara, come la sintesi della sua vita, della pienezza del suo sacerdozio; Si spiega: “Vescovo lo sono per obbedienza, Parroco invece perché io l’ho voluto”.
Nel 1917, è nominato Presidente della Società della “Buona Stampa” e lui subito lavora affinché i cattolici abbiano stampa davvero cattolica, sostenendo per ora “Il momento”. A guerra finita, nel 1918, diventa l’animatore della ricostruzione della città e della diocesi, meritandosi l’elogio del procuratore del re a Torino, per le “le sue utili iniziative nelle scuole, nelle istituzioni di beneficienza nella corrispondenza con i militari al fronte, in quella per la ricerca dei dispersi”. Rifiuta tutte le ideologie dell’odio e della violenza – fascismo e socialcomunismo che si diffondono con prepotenze e arbitrii – perché è convinto che solo la Verità e la carità di Cristo costruiscono l’uomo e la società.
È chiamato, nel 1919, a diventare Presidente della Società per l’assistenza al Clero bisognoso, e nel 1920, del Comitato per l’emigrazione. Ma soprattutto è direttore dell’Azione Cattolica in tutte le sue molteplici espressioni… Un lavoro immane, di cui egli è coordinatore con lo Spirito di Gesù, con l’unico intento che Egli regni nelle coscienze e nella società, di salvare le anime per la vita eterna. Ciò che come Vescovo ausiliare compie a favore della diocesi, è il primo a realizzarlo nella sua parrocchia, coadiuvato dai suoi vice-parroci, ma agendo sempre in prima persona, come il buon Pastore che conosce le sue pecorelle una per una. In questi anni, a “S. Secondo” passano uomini illustri come don Sturzo e santi come Pier Giorgio Frassati, tutti suoi amici.

 

Pastore nella bufera

Alla venuta del Card. Gamba come Arcivescovo di Torino, nel 1924, Mons. Pinardi diventa Pro-Vicario generale. Si impegna con coraggio nella diffusione della stampa cattolica, fondando il quotidiano “Il corriere” e promuovendo l’apertura della casa per le opere diocesane. Con l’avvento del fascismo, Monsignore insorge contro i soprusi del regime… Quando il 26 dicembre 1929 muore il Card. Gamba e gli succede il Card. Fossati, Mons. Pinardi è sempre in prima linea con numerose attività pastorali, ma non è più confermato come Vescovo ausiliare né come Pro-Vicario generale.
Spiega Papa Pio XI al card. Fossati: “A Torino, avete un Vescovo santo, ma occorre lasciarlo nell’ombra per non avere problemi con il regime”.
Tuttavia sono pure gli anni di grandi gioie per lui: nel “31 e nel 33, promuove le due ostensioni della Santa Sindone; nel ’34 partecipa con intensa felicità alle feste per la canonizzazione di S. Giuseppe Cottolengo, alla “Piccola Casa”, e di S. Giovanni Bosco, all’ “Ausiliatrice”.
È sacerdote e Vescovo sulla scia di questi grandi santi torinesi ed è sentito e amato come Padre e guida delle anime, luminoso uomo di Dio, dalla preghiera eucaristica e mariana intensa e prolungata. Pur in mezzo a tutti gli impegni che porta avanti, rimane facilissimo aprirgli l’anima, incontrarlo ogni giorno in confessionale, ascoltarlo come predicatore e catechista in mezzo ai grandi e ai piccoli. Di persona – incredibile a dirsi oggi – si reca nelle case a confessare i malati e gli anziani e a portare loro la S. Comunione. Quelli che non vede in parrocchia, li va a incontrare di persona nelle loro case o sul posto di lavoro, soprattutto se si tratta di ragazzi e di giovani.
Poi viene la 2 guerra mondiale, terribile, con i poveri che crescono a dismisura. Che cosa fa Monsignore per loro, solo chi ha sperimentato il suo aiuto, lo sa e lo ricorderà per sempre. Nel novembre 1942 e nel luglio 1943, Torino è percossa da terribili bombardamenti, con danni incalcolabili e centinaia di morti. È il primo ad accorrere, Mons. Pinardi, e a soccorrere chi soffre. Durante la lotta partigiana, è tessitore di pace e di perdono, seminatore di fiducia e di speranza. Si oppone alle vendette seguite alla liberazione dell’aprile 1945, predicando contro l’odio e andando di persona a benedire e a comporre per le vie della città le salme degli uccisi.

 

“Datemi la mia croce”

Finalmente la pace ritorna con enormi problemi per ricostruire la città e l’Italia. La sua “pastorale” incentrata sulle grandi “Verità verticali” del Cattolicesimo, il primato di Dio, il Sacrificio di Gesù sulla croce ripresentato nella S; Messa, la frequenza ai Sacramenti, il rispetto della Legge divina con la fuga del peccato e la vita in grazia di Dio in vista del Paradiso, puntando alla cura delle anime, delle vocazioni al sacerdozio, alla formazione della gioventù e di famiglie davvero cristiane, non solo ha resistito nei decenni carichi di trasformazioni senza numero, ma appare più splendente.
Per Mons. Pinardi è la stagione dei frutti. Numerosi suoi ragazzi, da lui educati, sono entrati in Seminario e ora salgono l’altare, sacerdoti di Cristo: lui ha provveduto in ogni modo facendo brillare con l’esempio e con la parola, davanti a loro, la bellezza e la santità del sacerdozio e, dove necessario, pagando di tasca sua la retta per gli studi.
Dai diversi gruppi dell’Azione Cattolica, sono usciti cristiani testimoni di Gesù nelle famiglie, nel lavoro e nella società.
Nel 1953, celebra il 50° di Messa: Monsignore rimette a nuovo la sua chiesa: vengono Vescovi e Sacerdoti a festeggiarlo. Papa Pio XII lo benedice con lettera autografa e lo nomina “Assistente al Soglio”. A lui, è dato di consacrare sacerdote il 37° parrocchiano di S. Secondo, che nei suoi 40 anni di ministero, sale l’altare. Nel 1960, partecipa al pellegrinaggio aziendale della FIAT a Lourdes: è l’offerta della sua lunga vita alla Madonna. Ha 80 anni ormai e si muove a fatica, ma è ancora sulla breccia, buon pastore della sua parrocchia e collaboratore silenzioso e operoso del Cardinale Arcivescovo.
Il 2 agosto 1962, festa della Madonna degli Angeli, sentendo vicina la sua ultima ora, chiede: “Datemi la mia Croce”. Stringendosi il Crocifisso al cuore, Mons. Giovanni Battista Pinardi se ne va a contemplare Dio.
Dal 1964, riposa nel suo “bel S. Secondo”, presso l’altare del Sacro Cuore da lui voluto. Il 30 gennaio 1999, è iniziata la sua causa di beatificazione: modello in primo luogo dei sacerdoti e dei Vescovi, maestro di santità per tutti.

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ultimo aggionamento 05 gennaio, 2002