Carissimo,
ci sono riflessioni, approfondimenti, ci sono uomini e
studi, cè una teologia che ha aperto prospettive quasi illimitate, mai intraviste
nel passato, che ha approfondito, risuscitato nella novità, contenuti essenziali di fede.
E anche vero, però, che non sempre la ricerca esprime lamore. Si
può rischiare, allora, una sorta di cerebralismo in cui Dio si ritrova solo come oggetto
di dissertazione. Ed è, invece, lamore che fa vivere il Signore, la
forza della contemplazione, lo scandalo delle Beatitudini, la fede nello Spirito.
Un Dio che non passa per il cuore, resta un Dio morto.
Ha scritto fortemente un filosofo, Martin Buber: Se credere in
Dio significa parlare di lui alla terza persona, io non credo in Dio. Personalmente,
mi sento rappresentato in queste parole.
Credere è entrare in questo Dio, porre la vita sotto
lascolto della sua voce, ordinare il tutto in relazione a questa Presenza non
misurabile, offrire la capacità di una lotta, di una speranza, là dove gli altri si
rassegnano al non senso.
No, Dio non è unidea. È Qualcuno presente nelluomo,
alleato delluomo, alla ricerca delluomo, che si ostina a salvare luomo.
È il Padre che, nel Figlio, spiega luomo. Solo Lui lo sa. Non si
può comprendere luomo sino in fondo, senza di Lui che «svela pienamente
luomo alluomo.
È la Persona dalla quale sono venuto, che ha segnato di accorata
nostalgia la mia vita, la Persona con la quale mi incontrerò al mio ritorno.
Bisognerebbe, davvero, ridare il mistero dello Spirito alla nostra
presenza nella storia, alla nostra vita, al nostro annunzio, sentirci parte della sua
invenzione di amore, ritrovarci come trama del suo racconto.
È qui, da questa esperienza intima, profonda, con Dio, che nasce
lamore per i fratelli.
Consolazione immensa, parola dellultimo giorno, che ci apre alla
speranza della misericordia. È qui che il rapporto Dio-uomo si rivela per quello che è,
«questione decisiva della vita, del cuore che accetta di essere amato, che decide
di amare.
Nino Barraco