STUDI

 

Prof. Ing. Calogero Benedetti

 

LA DIFFERENZA

 

È apparso sul numero 403 del marzo 2002 della Rivista “Le Scienze”, versione italiana del Prestigioso periodico Scientific American, un breve articolo di Alessandro Saragosa, che mi piacerebbe quantomai riprodurre per intero se diritti di editoria non lo vietassero, per cui mi debbo contentare di riassumerne il contenuto in forma succinta.
Nella sua sostanza vi si dà notizia di un lavoro del Geologo John De Boer della Wesleyan University (Connecticut-U.S.A) il quale, occupandosi di Ricerche Sismologiche nello Stretto di Corinto (Grecia), ebbe a scoprire, circa 10 anni or sono, una sottile “faglia tettonica” (frattura delle rocce provocata dalle azioni orogeniche del Globo Terrestre) che interessa un’altra faglia, nota da tempo, giusto sulla verticale del Tempio di Apollo in Delfi, che fu, nell’antichità classica, sede del celebre Oracolo di Delfi” nella Focide, alle pendici del Monte Parnaso.
La breve notizia a prima vista sembra priva di rilevanza ma invece ne ha una assai forte <religiosa> poiché dalle misurazioni effettuate dal De Boer è emerso che la faglia da Lui scoperta si prolunga sino a formazioni di calcari profondi impregnati di idrocarburi, di cui convoglia in superficie lievi esalazioni gassose, fra cui è predominante il gas etilene.
De Boer ha pubblicato la Sua ricerca sulla rivista Geology nell’Agosto del 2001, unendovi il parere del Tossicologo H . Spiller.
L’etilene è un gas dal gradevole odore, che, inspirato, produce stato di trance e di confusione mentale; inspirato in maggior quantità induce stato soporoso, tant’è che l’etilene era usato, fin a qualche decennio orsono, come anestetico in chirurgia. Se é inspirato in quantità ancora più grande provoca il coma e la morte.
Ora è risaputo che il “Santuario di Apollo” in Delfi fu, nell’antichità e per oltre duemila anni, meta di innumeri pellegrini che vi si recavano per “consultare” il suo “Oracolo” ponendo precisi interrogativi alla Sacerdotessa “Pizia” di turno, in genere una giovane donna, che ascoltava tutti, ricchi e gente senza censo, condottieri e principi, re, mercanti, contadini o persino semplici pastori, tutta gente che attratta dal potere divinatorio attribuito all’Oracolo, ne sollecitava le risposte.
La Pizia di turno ascoltava tutti, senza distinzione di rango e di censo, e poi, come narra in dettaglio il grande storico greco Plutarco, vissuto dal 46 d.C. al 106 di Cristo, “scendeva” nella caverna sottostante il Tempio, ove regnava sempre un gradevole odore che si riteneva essere la manifestazione del dio. Ella vi si tratteneva alcun tempo, ed entrava così in “contatto” ed in “comunione” con la “presenza” del dio; quindi ritornava nel Tempio in evidente stato di trance, cosa che veniva ritenuta esser provocata dal Suo incontro col dio; ed esprimeva a ciascuno il responso all’interrogazione che da ciascuno Le era stata posta; responso sempre oscuro, indecifrabile, confuso, tanto che per tradurlo in forma “sensata” si ricorreva all’uso di abaci, cioè codici (o tabelle di interpretazione standard) elaborati una volta per tutte.
Plutarco narra anche che una Pizia trovò la morte nei sotterranei del Tempio per esservisi trattenuta troppo a lungo.
Il racconto di Plutarco aveva sollevato circa un secolo fa l’interesse di una spedizione archeologica francese, che però non aveva saputo trovare nulla, tanto che il racconto di Plutarco fu, all’epoca, archiviato come semplice prodotto di fantasia (sebbene Plutarco avesse annotato diligentemente che le “manifestazioni” del dio tendevano ad esaurirsi e probabilmente si sarebbero estinte del tutto).

L’accertamento della ricerca geologica di De Boer rende manifesta invece la seguente

CORRELAZIONE

  1. Odore gradevole nei sotterranei del Tempio.
Presenza di esalazioni di etilene che vi è convogliato dall’intersezione delle faglie profonde sottostanti.
  1. Stato di trance delle Pizie che si trattenevano alcun tempo nei sotterranei del Tempio.
L’etilene induce in chi lo inspira, in quantità moderata ma adeguata, un ben risaputo stato di trance.
  1. Stato confusionale delle Pizie, e quindi risposte oscure e sibilline che esse davano quando tornavano nel Tempio risalendo dai suoi sotterranei.
L’etilene provoca confusione ed obnubilamento del soggetto se è inspirato in quantità moderata ma adeguata.
  1. Caso di morte di una Pizia narrato da Plutarco.
L’etilene provoca la morte se la quantità inspirata supera un certo livello.

In breve: la ricerca e i risultati raggiunti da John De Boer mostrano che il celebre Oracolo di Delfi, che fu attivo per quasi duemila anni (da prima di Omero sino al 390 d. C. quando l’imperatore Teodosio lo fece chiudere per non avere un relitto di paganesimo nel suo impero ormai tutto cristiano), era “un topos” (cioè luogo) in cui, a seguito di una opportuna “liturgia” (operazioni sequenziate secondo un rito specifico) la Vate (= Pizia) entrava in trance che si riteneva dovuta al suo contatto con il dio, e formulava oscuri responsi; ma in effetti essa entrava nello stato di trance a causa delle emanazioni di etilene convogliate nei sotterranei del Tempio dalle fratture (faglie) che vi attraversano le rocce calcaree fino alle impregnazioni bituminose site a grande profondità.
Lo studio e l’accertamento di De Boer confermano, come si vede, punto per punto, il resoconto di Plutarco, ma vi aggiungono l’evidenza dell’azione biochimica dell’etilene sulle Pizie (profumo gradevole, stato di trance, oscurità dei responsi, episodio di morte accaduto ad una Pizia).
Plutarco dunque aveva ragione, ma l’Oracolo di Delfi, il più importante dell’antichità pagana, era in realtà una favola e non un incontro con la divinità, anche se ritenuto tale in buona fede.


Leggendo l’articolo di Saragosa la mia mente associava rapidamente la profonda differenza che esso propone rispetto all’esperienza profetica che si incontra nell’Antico Testamento (la Bibbia Ebraica).
Per cominciare, questa esperienza biblica, non é mai correlata ad “topos” {=luogo) come l’Oracolo di Delfi (od anche altri “oracoli” dell’antichità, sempre legati ad un luogo: la Quercia di Dodona, la Dimora della Sibilla, il Bosco e la Fonte sacra) e/o ad un evento astronomico (fasi della luna, solstizio ed equinozio, sorgere del sole, ecc.).
Non é inoltre correlata allo schema della consultazione (risposta che viene attesa di rimando ad una “quaestio” proposta dall’orante), ma è formulata liberamente ed immotivatamente (gratuità della Profezia Biblica, mai correlata ad un rito liturgico, per es. sacrificio, offerta, ecc.)
Infine, e ciò è la cosa più profonda, è sempre di una purezza estrema, di una limpidezza assoluta (altro che l’oscurità dei responsi di Delfi che occorreva poi “tradurre” in chiaro con mezzi vari !).
Fondamentale infine è il suo carattere di dualità: espresso con riferimento ad una precisa situazione posta nell’immediato futuro storico di Israele, il messaggio profetico dell’Antico Testamento ha sempre una valenza cristologica, al punto tale che la Profezia in Israele sopravvive ad ogni deportazione, schiavitù, rovina o trionfo del popolo israelitico, ma si spegne di colpo con la nascita di Cristo, perché la di Lui presenza nella Storia non rende più necessario il suo annuncio nell’Attesa, ma è un fatto già compiuto.
Si ha dunque differenza fra la Profezia in ambito ebraico-cristiano e l’Oracolo in ambito pagano il cui fondamento, creduto in buona fede di estrazione trascendente, non è in effetti riconoscibile per tale ma è di palese radice terrestre, sicché la sua attribuzione al “divino” é a livello di fabulosità.
La Luce, la Purezza, l’immotivata e gratuita formulazione della Profezia ebraica, non in risposta a quesiti ma liberamente data al fine della salvezza dell’uomo, ed il suo incentramento cristologico,

questa è la differenza.

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione nuovacedis@edisons.it
ultimo aggionamento 07 luglio, 2002