STUDI |
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Introduzione
Quanto segue non ha la pretesa di dare risposte rassicuranti e tanto meno esaustive alla immensa problematica educativa pensata in chiave interculturale: una realtà dai contorni per alcuni versi imprecisi, un mondo ancora in gran parte da attraversare. Il tentativo è quello di individuare, oltre lorizzonte di questo vasto mare, ormeggi e porti comuni alle diverse culture, a cui attraccare per far rifornimento, per incrementare lequipaggio, per studiare le mappe, e quindi ripartire insieme alla ricerca di zone inesplorate.
Questa volta però non sono albanesi o curdi, mossi dalla disperazione, a dover abbandonare affetti, terra, progetti per salire su una scialuppa o su un gommone di fortuna, è piuttosto il nostro pensare occidentale a dover affrontare il mare aperto per raggiungere laltra riva: non solo quella geografica di paesi che continuiamo eufemisticamente a chiamare in via di sviluppo ma, soprattutto, quella di ogni cuore umano che attende di essere riconosciuto nella sua dignità.
Per avere il coraggio di togliere gli ormeggi, dobbiamo credere nella possibilità di raggiungere quella riva, nella sua ospitalità, nella gratuità del dono che è laltro, nella bontà di un progetto che va oltre, che ci supera, che si perde allorizzonte
In questo lavoro, ho personalmente sperimentato la fatica di tuffarmi in un mare aperto e sconosciuto, dove a volte, nella sensazione di affondare, mi sono caparbiamente afferrata a certezze acquisite. È stato accettando il rischio che ho vissuto la gioia che prova chi, finalmente, tocca terra: una terra altra da esplorare in punta di piedi, togliendosi i sandali, non solo come riconoscimento della sacralità di ogni uomo, ma come segno di condivisione, di volersi sporcare - e questa volta non solo i piedi - della stessa terra
Lelaborazione di queste pagine è stata, inoltre, loccasione per ravvivare in me la passione e limpegno urgente ed inderogabile di conoscere per incarnare quegli atteggiamenti, quei gesti, quelle linee educative che favoriscano e promuovano unaccoglienza rispettosa della diversità.
In particolare, dopo un accenno alle motivazioni che mi hanno condotto nelloceano immenso dellinterculturalità, ho voluto puntualizzare il tipo di approccio, nella convinzione che questo non può prescindere dalla mia cultura occidentale e dalle mie convinzioni religiose (Premessa).Prima parte:
Leducativo: uno sguardo interdisciplinare.Con laiuto di una mappa, sono salpata quindi per raggiungere il porto delleducativo: un tesoro prezioso che rischia di perdere il suo valore e di rimanere disatteso. Oggi più che mai, leducativo, trovandosi ad un bivio, ha bisogno di riappropriarsi del suo ruolo: introdurre nella vita; scoprire ed indicare punti di riferimento, guidare, condurre, tirar fuori; ridare terra e radici; rinnovare la memoria. Avvolti come siamo da uno spirito scientifico e tecnologico, alla pedagogia è chiesto di difendere il valore educativo della persona e di avere unattenzione allumanarsi integrale delluomo nelle concrete situazioni della vita che, se vissute nella gratuità, si trasformeranno in eventi educanti capaci di aprire alla meraviglia (Capitolo I: Educare: alla ricerca di un tesoro).
Il continuo remare, ha fatto sì che approdassi al pianeta uomo per coglierlo nellaffascinante contesto di un millenario universo. Proprio perché legato a quanto lo circonda, allo stile di vita, alle relazioni, alla contingenza storica e politica, quello delluomo è un percepirsi dinamico. Così, tra le diverse concezioni occidentali spiccano quelle delluomo copernicano, dellhomo faber o oeconomicus, per giungere allhomo videns ed educandus dei nostri tempi. Comunque, al di là del periodo storico o del modello di uomo a cui ci si riferisce, la tendenza nel pensare allumano è quella di parcellizzarlo, ignorando lessenza ontologica della persona: il suo essere spirito incarnato. Per certi versi, ho, dunque, scoperto una terra inesplorata, umiliata, ferita, segnata dal limite e dallegoismo, per altri, una terra riarsa, assetata Una terra, però, di cui qualcuno vuole ancora prendersi cura, irrigandone i solchi, spianando le zolle, bagnandola di piogge e benedicendo i suoi germogli (cfr. Sl 64). Da qui sgorga, spontaneo, il grido di gioia: luomo non è una realtà fra tante. Luomo, quale terra abitata, può trasformarsi in terra ospitale, testimoniando lappartenenza allunica ed originaria famiglia umana (Capitolo II: Quale uomo).
Con questa nuova forza, ho cercato di raggiungere laltra riva di cui parlavo: quella parte del mondo segnata dallindigenza materiale e dalla deprivazione culturale. Per noi occidentali è quanto mai urgente apprendere la preziosa arte del decentramento o della dislocazione se vogliamo cogliere la verità di due mondi, Nord e Sud, entrambi avvolti nel caos: uno protagonista, laltro spettatore; uno ricco, laltro povero; uno potente, laltro debole Da una lista che potrebbe continuare, è emerso un mondo senza misura, che deve finalmente scegliere se muoversi a caso o far riferimento ad una progettualità, se trasformarsi in un ammasso di macerie o in un accogliente giardino. Inderogabile, dunque, la decisione di orientare i grossi fenomeni di cambiamento che questo nostro tempo porta in sé: primo fra tutti, linarrestabile fenomeno della globalizzazione che attende di essere orientato più che demonizzato. Sarà, allora, realistico parlare del diritto al futuro di chi ci cammina accanto ma anche di chi vive sullaltra riva (Capitolo III: In quale mondo).Seconda Parte:
È luogo sacro. Interculturalità e spiritualità.Forti di quellantico patrimonio culturale costruito ed appartenuto a popoli, classi e soggetti delle diverse epoche, lunica rotta possibile in questo terzo millennio è quella di ridare alla nostra cultura ferita il suo ruolo umano ed umanante, il suo carattere di universalità: riscoprire nella persona lunico valore assoluto, al di là dellappartenenza etnica, della lingua o del colore della pelle. A ragione e con diritto si potrà allora parlare di una interculturalità possibile, capace di puntare intenzionalmente sulla reciprocità, sulla voglia di un rapporto che, senza soffocare la specificità delle singole culture, favorisca la convivialità delle differenze. Eppure, alcuni fenomeni sembrano andare nella direzione opposta: un esempio fra tutti quello della McDonaldizzazione, che tenta di affermarsi come lunica cultura planetaria. Appare, dunque, indispensabile la ricerca di principi valutativi comuni anche per creare una risposta alternativa e credibile allimperante relativismo culturale che, se da una parte sta aiutando a scoprire nuovi valori tra i quali la lealtà, la tolleranza, la qualità della vita, dallaltra sta fomentando il propagarsi del pensiero debole e dellindifferentismo etico e religioso. La strada è quella di riconsegnare alle nuove generazioni il diritto alla responsabilità perché imparino, come ribadisce un rapporto dellUNESCO, a conoscere, a fare, a vivere insieme, ad essere (Capitolo IV: Linterculturalità possibile).
Tale progetto non suonerà come unutopia se lumanità sceglierà di imboccare il cammino dellautotrascendenza, del dono di sé, dellinteriorità, invece che il tunnel cieco di un progresso disumanizzato e disumanizzante. Fede, religione, spiritualità possono dare una risposta a quel bisogno di significato insito nella natura umana ed aiutare a scoprire che ogni cultura contiene in sé germi di vita, frammenti di verità, semi del Verbo. Distanziandoci, dunque, dallambiguo processo del secolarismo, che porta luomo a ritenersi artefice di se stesso e ad escludere Dio dalla propria vita, sottolineiamo la positiva ripercussione del processo di secolarizzazione che richiama e sprona allautenticità i credenti di ogni religione. Comunque, fino a quando ogni uomo, e non solo il cristiano, non comprenderà di essere su questa terra nientaltro che un immigrato con permesso di soggiorno, sarà difficile per lui rinunciare alla cultura della potenza, della violenza o del desiderio, per dare, invece, vita a quella mistica dellunità capace di favorire lincontro nella verità e di divenire più fratelli (Capitolo V: Spiritualità, fede e cultura. Un rapporto di reciprocità).
È il bisogno primordiale dellamore, insito nel cuore di ogni uomo e di ogni cultura, a spingere verso larmonia, lunità, la pace, a suscitare il desiderio di avvicinare laltro per farlo uomo-con-noi, perché divenga familiare in forza di una comune paternità e maternità. Se lumanità saprà vivere il rischio assoluto che lamore rappresenta, se crederà che la scienza dellamore si apprende nel dolore, se saprà accettare che sia la misericordia a produrre opere di giustizia, se imparerà a guardare con intenzionalità, a com-muoversi, a vivere la vicinanza, allora laltro diverrà una prossimità sacra. Le generazioni future potranno così intravedere, sia pure tra luci ed ombre, lanelito che ha mosso gli uomini e le donne del terzo millennio: una convivenza planetaria più umana.
Nel camminare lungo le strade di questo mondo ognuno di noi lascia una traccia: le sue orme, le sue parole, il suo sguardo, i suoi gesti, le sue impronte, il suo silenzioso ascolto... Lascia, in definitiva, la sua singolare storia intrecciata con quelle di tanti altri che, da gente qualunque, la prossimità trasformerà in un fratelli-sorelle, partecipi della stessa umanità.
Per un provvidenziale piano della salvezza, a qualcuno è affidato il compito di tracciare un particolare cammino, per essere luce, faro, monito, pioniere. È quanto accaduto ad una donna del nostro tempo, Madre Speranza di Gesù, scelta per annunciare, in questi tempi difficili e di lotte lindicibile premura e tenerezza di Cristo Amore Misericordioso per ogni creatura. La nostra carta didentità planetaria acquista così un Volto capace di svelare luomo alluomo, perché questi possa vivere in pienezza la sua umanità e portare a compimento la sua universale vocazione allamore (Capitolo VI: Amore e misericordia. Per una carta didentità planetaria).
Luomo del terzo millennio, potrà stendere attorno a sé una autentica cultura di misericordia e di pace solamente sostituendo allagognato io delletà moderna laltro e il suo volto, che dovrebbe diventare il termine comprensivo di tutto.
Al fine di conseguire questa inversione di mentalità, va recuperata di necessità da parte di ogni cultura e del singolo soggetto: la disponibilità a decentrarsi, riforestando il proprio cuore, così da camminare sulla Terra con maggiore attenzione; la voluttà dellestraneità, colta come luogo privilegiato di arricchimento e di reciprocità, capace di demolire muri e pregiudizi sedimentatisi lungo secoli di storia; linderogabilità di farsi pellegrini verso il villaggio dellinteriorità, della prossimità e della differenza per costruire un villaggio globale più solidale, in grado di essere reale laboratorio di universalità (Conclusione).(Continua)
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ultimo aggionamento 07 luglio, 2002