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(seguito)
Per una carta
didentità planetariaCapitolo VI - AMORE E MISERICORDIA.
1. Carattere universale dellamore
Lamore è un bisogno primordiale, non solo di ogni persona, ma anche di ogni cultura1. Come abbiamo visto, però, quando una cultura è malata di immanentismo antropologico2, quando è condizionata da un materialismo di mentalità3, difficilmente arriverà a scoprire lamore, come unenergia nascosta in sé, capace di aiutarla a superare il limite e la finitudine e ad aprirsi al Trascendente.
Una cultura, per la Schindler4, va educata allamore, con intenzionalità, diversamente sarebbe portata, direi costretta, a seguire le sue tristi logiche, che fanno riferimento a modelli utilitaristici e strumentali, come quelle del potere, dellaffermazione, del successo, dellaccumulazione, del piacere, del desiderio, del calcolo, che nulla hanno a che fare con la radicalità e la totalità esigita dallamore5. Puntuale lappunto di Kierkegaard: Si son dette molte cose strane, deplorevoli, rivoltanti sullamore, ma la cosa più stupida che mai si sia stata detta è che lamore deve avere un limite6.
La persona, lunico essere del creato capace di prendere coscienza di sé, ha bisogno di amore, perché è garanzia del suo esserci, del suo sviluppo armonico, di unidentità integrata, della sua capacità di dono. Ha bisogno di sperimentare che lamore è linguaggio, pienezza, stupore; è scoperta della datità e della propria inadeguatezza; è sofferenza, smarrimento e, al tempo stesso calore, luce, sguardo: è senso7.
Ciascuno di noi, tra le primordiali esperienze della propria vita personale, non farà fatica ad individuare quella dellamore, vista come lunica cosa necessaria, senza la quale la vita non ha spessore. Non parliamo dellidealizzazione dellamore, ma di quellamore concreto, esperito nella vita reale, nella quotidianità e nelle sue diverse sfumature: il gesto di perdono di due coniugi, la tenerezza protettrice dei genitori verso i propri figli, la generosa e gioiosa dedizione accanto ad un malato, il servizio ai poveri. Per quanto questa lista potrebbe continuare allinfinito, sarebbe sempre e solo una cosa ad accomunare i singoli gesti: lamore, un linguaggio che come ricorda Madre Speranza tutti intendiamo immediatamente8, soprattutto quando è espresso non già con eloquenti parole ma con [una] vita di amore, sacrificio, abnegazione e carità9.
Giovanni Paolo II, profondo conoscitore dellanelito umano, è categorico nella Redemptor Hominis quando parla di questa realtà e verità ontologica: Luomo non può vivere senza amore10. Se alluomo non è rivelato e comunicato esistenzialmente lamore, questi non è in grado di comprendere il senso della sua ed altrui esistenza, di coglierla come talento da far fruttare, come dono da mettere a servizio. Sono molti i disagi familiari e giovanili che alla radice hanno questa triste esperienza: non ci si sa dire ed esprimere lamore in termini di gratuità, di perdono ricevuto e donato, di offerta, riservando gesti e parole per un mero scambio funzionale.
È lamore quella forza misteriosa che invita e sospinge ogni creatura umana ad inchinarsi davanti ad una grandezza che, il più delle volte, si svela allimprovviso: quella dellaltro che è grande per ciò che è e non per quello che fa o che possiede, né per la reciproca utilità che ne potrebbe derivare. Ma questa esperienza presuppone il coraggio di lasciarsi condurre verso laltra riva, dove, nella meraviglia del mistero si approda allamore.
Quando la persona che ci si disvela è Dio, quando a lasciarsi incontrare è lAmore con la A maiuscola, allora possiamo dire con verità, ciò che qualcuno ha detto per lamore umano: non siamo noi a vivere lamore, ma è lamore che vive noi11, riconsegnandoci la nostra stessa vita.
Sempre più spesso, infatti, le storie personali e sociali sono segnate da profonde ferite che lacerano lesistenza, che frantumano lunità della persona e della collettività, ed è necessario trovare chi riconsegni luomo e lumanità a se stessa. In questi tempi difficili e di lotte12, è necessario che a questa nostra generazione sia rivelato il mistero del Padre e del suo amore13, il mistero di un amore che non si fa disarmare14 ma che inventa sempre nuovi occasioni per usare lunica sua arma: la misericordia.
É un amore capace di una gioia e di una festa preparate nellinstancabile cercare, inseguire, attendere , e intimamente legate alla felicità dellaltro: richiedono una relazione di reciprocità, di familiarità. É questo lannuncio per questi nostri tempi che è stato affidato a Madre Speranza, chiamata a gridare al mondo che Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro15. Ha esortato e si è adoperata con tutte le sue forze umane affinché, nelle piccole e grandi circostanze della vita, si compia tutto il bene possibile senza mai spegnere il desiderio di far felici gli altri16.
Contrariamente a quanto si crede o si vorrebbe, la partecipazione a questo tipo di amore ha poco a che vedere con la felicità spensierata e giocosa. Passa, piuttosto, per la rinuncia di sé, per la sofferenza, la croce, perché la scienza dellamore si apprende nel dolore17. Qui, paradossalmente, è il luogo dove luomo scopre di essere vissuto dallamore, che lamore si alimenta di sacrificio e [che] per chi ama è dolce il patire18.
Lamore autentico, pur attendendo reciprocità e corrispondenza, non si scandalizza davanti allinfedeltà, alla fragilità, ai dinieghi, al peccato individuale e dellumanità ma, anzi, moltiplica (redobla direbbe Madre Speranza) la sua tenerezza: luomo, il più perverso, il più miserabile e perfino il più perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un padre ed una tenera madre19. Quale migliore icona della prossimità familiare, per esprimere la reciproca appartenenza nellamore e allAmore?2. I nomi dellamore
Nel parlare comune, la parola amore assume i più svariati significati e connota realtà diversissime. É stato detto che lamore ha più di un nome, probabilmente alludendo ad una certa ambiguità che tale termine nasconde. In effetti, viene usato per indicare realtà ed esperienze che non hanno nulla in comune tra loro: lessenza di Dio, i legami familiari o amicali, la pornografia, ecc.
Non credo occorra soffermarsi oltre sul fatto che il termine è adoperato in modo spesso improprio o che sia, per così dire, inflazionato e strumentalizzato. Tutto ciò potremmo coglierlo come lindice della rilevanza che tale tema riveste per la vita di ogni essere umano. Esulando da ciò che è pura mistificazione dellamore, tentiamo ora di dare un nome a quelle espressioni più autentiche di amore che permettono alluomo di entrare in relazione con laltro da sé.Leros, inteso come passione, desiderio, forza creatrice, attrazione, coinvolge la corporeità delluomo, maschio e femmina, ciascuno in sé compiuto, ciascuno che desidera completarsi nellaltro.
Non sempre, però, riesce a rimanere segno di reciprocità perché, se disgiunto dallaffettività e dalla tenerezza, può trasformarsi in possesso, dominio, aggressività. In questo senso è un eros che ha bisogno di aiuto, [ ] di essere governato20, affinché ciò che percepisce solo come oggetto in rapporto al proprio bisogno, divenga invece soggetto, senza il rischio di far fare allaltro la fine di un pacchetto di sigarette vuoto: essere gettato via21.
Purtroppo, nelletà postmoderna, come nota Russo, questa è la funesta realtà di un eros esploso in pratiche [...] sganciate luna dellaltra ed ognuna autosufficiente; ognuna contiene in sé la propria legalità. LEros si è pluralizzato. Non più il maiuscolo Amore; ma tanti minuscoli amori22.Quel tipo di esperienza che ci accomuna al mondo animale perché non deriva e non richiede doti specificatamente umane è indicato da Lewis con il termine affetto (per i greci storge).
In particolare identifica quel reciproco legame che unisce qualsiasi essere vivente con la sua prole, dove lamore si esprime nel reciproco bisogno-necessità di donare e di ricevere.
Proprio perché irrazionale, questa specie damore ignora le barriere di età, sesso, classe sociale, educazione23 e, aggiungiamo noi, di cultura e nazionalità. Inoltre, per la sua caratteristica di connaturalità, di umiltà e modestia, questo sentimento nasce senza che ce ne accorgiamo ed è pronto ad aprirsi a tutti, rendendo lambiente e coloro che ci circondano familiari.La philìa indica, invece, lamicizia, che acquista i connotati del rispetto, disinteresse, libertà, reciprocità, fiducia, condivisione, cooperazione, solidarietà, ritualità. La vera amicizia è rara, si sente ripetere spesso. In effetti essa non è qualcosa di connaturale, di spontaneo, di istintivo, ma fa riferimento ad una vicinanza per somiglianza24, ad una relazione tra due persone che, intenzionalmente scelgono di dar vita a quel particolare rapporto, di dirigersi, fianco a fianco25, con lo sguardo rivolto in avanti, verso una comune meta.
Anche la philìa può essere segnata dal limite umano dellinteresse, dellegoismo, da un sottile orgoglio che porta alla separazione tra un noi ed un loro, creando estraneità. Tutto ciò avviene quando si perde di vista quel carattere spirituale dellamicizia che favorisce invece apertura e reciproca stima.
Ed infine lagàpe, è lespressione più alta dellamore, perché coincide con la carità. Nei testi biblici, la parola greca, sta ad indicare sia lamore illimitato di Dio che lamore delluomo quando, in qualche modo, partecipa allamore di Dio.
È amore che si effonde da una fonte interiore inesauribile, è dono dallalto; ma è anche amore conquistato, è scelta personale: É apparsa nel mondo questa virtù - scrive Madre Speranza - che regolando ed ordinando il nostro amore, armonizza tutto luomo, lo sublima e lo nobilita grandemente26.
Lagàpe è quella realtà che integra e getta una luce nuova sulle altre forme di amore umano, affetto, amicizia ed innamoramento, perché lunica capace di un amore disinteressato27, di amare ciò che per sua natura non sarebbe amabile.Quando questo unico amore dai mille volti e dai diversi nomi dice allaltro la voglia di farlo uomo-con-noi, quando diventa gioia per la gioia dellaltro, allora - conclude Ebner - la gioia per la gioia dellaltro, è la gioia che Dio cè28.
3. Il cuore del dramma
Disagio, indifferenza, apatia, disinteresse, dominazione, egocentrismo, solitudine, vuoto, non senso, disprezzo di sé sono i sentimenti che accompagnano chi non riesce ad intessere relazioni significative, i sentimenti di colui che, non sperimentando dessere soggetto amabile, degno damore, non può vivere la più grande delle avventure umane, quella di scoprirsi soggetto amante, capace di donare amore.
Dolore e solitudine sono connaturati alluomo, fanno parte dellesperienza quotidiana. Per quanto riguarda il dolore, in genere, riusciamo ad accettare quello che ci viene dalla nostra natura, mentre ci rattrista quello che riteniamo causato dagli altri. Così, è più forte il peso della solitudine quando, pur vivendo in mezzo agli altri, non ci giunge il gesto di amicizia, di solidarietà, di vicinanza e di amore che avremmo desiderato. Il peso del dolore appare invece insopportabile quando qualcuno, fraintendendo le nostre parole o i nostri gesti, ci rifiuta, ci umilia, si comporta come se non gli fossimo accanto29.
Il cuore del dramma lo possiamo, dunque, individuare proprio nel dramma di un cuore che non sa amare, nel non-amore, che può giungere fino alle estreme conseguenze del rifiuto, dellodio e della negazione della propria ed altrui esistenza.
Come lamore, sia a livello personale che collettivo, è fonte di unità e di vita, così lodio veicola morte e divisione. Il sentimento dellodio affonda le sue radici nel terreno della diversità, sia questa supposta o reale30, esaspera le differenze, allarga le distanze, genera estraneità.
Quellamore che gode nel ricercare ciò che accomuna piuttosto che esasperare ciò che divide, quellamore che cerca e desidera vicinanza e genera familiarità piuttosto che isolamento ed estraneità, per qualcuno rimane un sogno irreale e lontano:
Molti si ritraggono [ ] timorosi di vivere il rischio assoluto che lamore rappresenta; ma se, nella sorda vita degli uomini, soltanto lamore perde, è attraverso lamore che si profila la salvezza. [ ] Proprio nella misura in cui può perdere, soltanto lamore salva31.(Continua)
1 Cfr. Giovanni Polo II, Discorso allUNESCO, 12.01.1990.
2 Gallagher M.P., Fede e cultura, Ed. San Paolo, Alba (CN) 1999, p. 75.
3 Taddei N., Ruolo profetico di Madre Speranza nella realtà odierna in Aa.Vv., Ruolo profetico di Madre Speranza, Ed. LAmore Misericordioso 1993, Collevalenza (PG), p. 25.
4 Cfr. Gallagher M.P., Fede , op.cit., p. 120.
5 Cfr. Lombardi Satriani L.M., Il silenzio dellamore Lamore del silenzio: 20 tesi per una ricerca, in Donofrio S., Amore e culture. Ritualizzazione e socializzazione, Ed. STASS, Palermo 1989, p. 302.
6 Citato da Alici L., Collana Profili: Madre Speranza Testimone dellAmore Misericordioso: una profezia per il nostro tempo, Ed. LAmore Misericordioso, Collevalenza (PG) 1993, p. 22.
7 Cfr. Lombardi Satriani L.M., Il silenzio , op. cit., p. 310.
8 Madre Speranza, Collezione El pan 7, Ed. Archivo Congregaciones Amor Misericordioso, Collevalenza (PG) 1997, n. 375.
9 Madre Speranza, Collezione El pan 20, n. 646.
10 Giovanni Polo II, Enciclica aposolica: Redemptor hominis, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1979, n. 10.
11 Lombardi Satriani L.M., Il silenzio..., op. cit., p. 300.
12 Madre Speranza, Collezione El pan 13, n. 1.
13 Giovanni Paolo II, Discorso alla Famiglia Religiosa dellAmore Misericordioso, Collevalenza (PG), 22.11.1981.
14 Franzoni G., La solitudine del Samaritano. Una parabola per loggi, Ed. Theoria, Roma 1993, p. 33.
15 Madre Speranza, Collezione El pan 18, n. 2.
16 Madre Speranza, Collezione El pan 8, n. 1063.
17 Madre Speranza, Collezione El pan 18, n. 2.
18 Madre Speranza, Collezione El pan 5, n. 44.
19 Madre Speranza, Collezione El pan 2, n. 67.
20 Lewis C.S., I quattro amori. Affetto, Amicizia, Eros, Carità, Ed. Jaca Book 1990, p. 106.
21 Cfr. Ibidem, pp. 89-90.
22 Russo L., Lamore nelletà postmoderna, in Donofrio S., Amore e culture. Ritualizzazione e socializzazione, Ed. STASS, Palermo 1989, p. 440.
23 Cfr. Lewis C.S., I quattro , op. cit., pp. 37-57.
24 Ibidem, p. 63.
25 Ibidem, p. 66.
26 Madre Speranza, Collezione El pan 8, n. 1065.
27 Lewis C.S., I quattro..., op. cit., pp. 120-121.
28 Ebner F. (a cura di Ducci E. Rossano P.), Parola e amore, Ed. Rusconi, Milano 1998, p. 62.
29 Cfr. Carotenuto A., Eros e pathos. Margini dellamore e della sofferenza, Ed. Bompiani, Milano 1993, pp. 103-104.
30 Cfr. .Vv., Me stessi noi stesso. Tous parents, tous different, Ed. De Luca 1993, p. 59.
31 Lombardi Satriani L.M., Il silenzio..., op. cit., p. 306.
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ultimo aggionamento 23 agosto, 2002