ESPERIENZE
 

Paolo Risso

Una vita per i sacerdoti:

Mademoiselle Amelie

 

Marsiglia, casa dell’avvocato Deluil-Martiny e consorte signora Anaide: un ambiente bello e ricco, accogliente e buono. Nel 1841, è nata la figlia primogenita, Maria: sarà, dopo 32 anni di vita trascorsi santamente nel mondo, Madre Maria di Gesù, fondatrice delle Figlie del Cuore di Gesù. Papa Giovanni Paolo II l’ha beatificata a Roma il 22 ottobre 1989.
Nella luce della sorella maggiore Maria, visse Amelia (“mademoiselle Amelie”, come era chiamata), nata il 22 novembre 1845, forse ugualmente santa e degna degli onori degli altari. Di Madre Maria di Gesù, si è scritto e parlato spesso in questi ultimi anni (si veda, per esempio: “La mia vita nel tuo Cuore”, Edizioni Dehoniane, Roma, 1996) ma, altrettanto incantevole ci appare Amelia.

Nascosta al mondo

Appena nata, è così fragile che non si smette di trepidare per la sua vita, per diversi anni. Nel 1857, entra nel Collegio del Sacro Cuore alla Ferrandière presso Lione. Vivacissima, intelligente e arguta, all’inizio si impegna solo quando ne ha voglia e tuttavia gode di veri successi negli studi. Però la sua fede meraviglia quelli che l’avvicinano: la medesima bambina che gioca invece di studiare, si fa seria e raccolta in cappella, tutta penetrata dalla presenza di Dio. Diventa ancora più “saggia” all’avvicinarsi della sua prima Comunione, che riceve il 3 giugno 1858. Colpisce tutti il cambiamento visibile in lei quando, in seguito, si preparerà alla Comunione: con la Confessione, con un “ritiro” prima e dopo.
Per fortificare la sua salute, la sua famiglia la trasferisce al “Sacro Cuore” di Avignone. L’aria frizzante la fa crescere di statura, ma non calma l’impetuosità del suo temperamento. Solo la Grazia di Dio, a poco a poco, imporrà un gran dominio su di lei, innocente e pura. Entra allora tra “le Figlie di Maria” e coltiva una tenerissima affezione al Cuore di Gesù e alla SS. Vergine. Rientrata nella sua famiglia, “mademoiselle Amelie” è di edificazione per tutti. È attirata dalla vita nascosta e solitaria, tutta eucaristica: Gesù-Ostia è già tutto per lei.
“Io ho un vivo desiderio - scrive Amelia Deluil-Martiny - di vivere nascosta e sconosciuta in modo che solo Dio e il mio direttore penetrino nella mia anima. Più sarò ritenuta un nulla e più ne gioirò”. Assai affettuosa per natura, si priva il più possibile e con una costanza eroica, di ciò che le piace nel suo desiderio di essere amata. “Io sento sempre di più che Gesù mi custodisce per Lui solo - scrive -. Io ho ogni sorta di difetti, ma credo di poter dire che mai un altro, se non Tu solo, o Gesù, è entrato nel mio cuore. Grazie Gesù!”.

Dal suo “diario”

La continua unione con il Sacrificio di Gesù nella S. Messa è come il respiro della sua anima. Ha uno zelo ardente per gli interessi della Chiesa, “una sete bruciante - come ella si esprime - della più grande gloria di Dio nelle anime di quelli che sono come il cuore della Chiesa, i sacerdoti e i consacrati a Dio”. Lo si vede dagli scritti da lei lasciati nel suo piccolo “journal d’ame” (=il diario) che in parte riportiamo:
1869. “Sempre di più, la mia attrattiva è per Gesù Vittima sul santo altare. Tutto in me si dirige là: è là che io lo cerco, là che io lo adoro, là che io lo amo. Non ho che un’occupazione nelle mie preghiere e nel corso delle mie giornate: offrire Gesù con tutto il suo Sangue, soprattutto quello della ferita del suo Cuore, e offrirmi con Lui. Vorrei passare le mie giornate a partecipare a tutte le Messe. Quanto amo seguire il prezioso Calice del Sangue di Gesù continuamente innalzato verso il Cielo, nelle mani dei sacerdoti… Il desiderio della mia anima è di offrirlo senza posa per le anime sacerdotali e consacrate a Dio. Io vi unisco la mia povera e imperfetta immolazione”.
21 giugno 1870. “Mi sembra che sulla croce Gesù sia stato tutto cuore. La voce, i meriti delle sue sofferenze, del suo corpo piagato, del suo sangue prezioso, della sua anima colma di angoscia, tutto rifluiva verso il suo cuore e di lì saliva verso il Padre celeste l’offerta, la riparazione, la gloria, l’amore… Questo divin Cuore è davvero Sacerdote e Ostia. Che fare di se stessi, nel proprio nulla, se non rinnovare senza posa questa sublime offerta?”.
19 dicembre 1870. “Bisogna che il Cuore di Gesù si esaurisca a donare ai suoi sacerdoti, ad arricchirli, che doni loro quanto ha di più prezioso e che il suo Sangue divino non smetta di scendere su di loro. Io non devo essere occupata che ad attingere umilmente per i sacerdoti al Cuore di Gesù. Io comprendo che è soprattutto con le mie sofferenze che attingerò più efficacemente al Cuore di Gesù per arricchirli: è la maniera più sicura per ottenere. La mia anima è come un piccolo calice sempre alzato verso il Cielo per loro. Quando mi sento debole e incapace, io offro nel mio piccolo calice il Sangue di Gesù e attendo tutto dal suo amore”.
Gennaio 1871. “Il sacerdote non deve vivere che nel mondo delle anime e deve ritenere un nulla tutto ciò che riguarda la terra, come indegno di lui. Quale gloria è chiamato a rendere a Dio! Il sacerdote è il depositario e il dispensatore del Sangue di Gesù Cristo… Egli lo deve offrire alla SS. Trinità, non solo durante la Messa, ma in ogni palpito del suo cuore. La sua vita dev’essere una Messa continua. Ogni mattina va all’altare a riempire il suo calice di questo Sangue divino: Gesù glielo affida affinché lui ne possa nutrire le anime, ciò che egli fa per mezzo dei Sacramenti, della direzione spirituale e di tutte le opere del suo ministero. Quando io penso alla sublimità di questa vocazione, mi sembra di vedere il sacerdote circondato e venerato a ogni suo passo da Serafini invisibili e assistito da loro in tutte le sue azioni”.
5 gennaio 1871. “Oh, come la mia anima è toccata dalla bellezza del sacerdozio cattolico!… Se il calice e l’altare non mi appartengono, o Gesù, io almeno mi esaurirò a chiederti la perfezione di coloro che lo possiedono. Io mi rivolgo a Maria SS. ai piedi della croce: non ha forse ella avuto un ricordo speciale per coloro che in seguito dovevano ripresentare ogni giorno e perpetuare nella storia il grande Sacrificio che si compiva sotto i suoi occhi? Gesù, prima di morire, non ha forse affidato a sua Madre, il suo apostolo e sacerdote prediletto, S. Giovanni?”.
16 marzo 1871. “La Messa! Qualunque sia lo stato della mia anima, anche nell’aridità, la Messa è sempre il momento migliore della mia giornata. Gesù, venendo dal Cielo sull’altare, a mettersi a disposizione del suo sacerdote affinché le offra al Padre, come è bello! Non posso stancarmi nell’ammirare la grandezza del sacerdote: all’altare con l’Ostia e il Calice egli rende a Dio la gloria più pura, la sola gloria che la SS. Trinità possa ricevere come degna di essa. Quale privilegio! I Serafini stessi gli invidiano una gioia, una potenza che a loro non è stata data. Si trova all’altare il “delegato” della SS. Trinità per ripresentare il Sacrificio del Calvario e spandere di nuovo sul mondo il sangue di Cristo”.
Luglio 1871. “Posso ascoltare ogni giorno cinque, sei anche otto Messe. Non so dire ciò che provo; la mia anima è come perduta nell’anima di Gesù Sommo ed Eterno Sacerdote che offre il suo Sacrificio. È così forte, così intimo che non comprendo come la mia anima non mi lasci per andare sull’altare”.

Offerta totale

Amelia si era consacrata a Gesù con il voto di verginità il 1° maggio 1867, pur continuando a rimanere nella sua famiglia, in mezzo al mondo. Il 4 giugno 1868, ella si offrì a Nostro Signore come piccola Vittima del suo Cuore. Già assai provata nella sua famiglia per diverse sofferenze, passò per due o tre malattie che, senza esser gravi, la chiudevano per cinque o sei mesi nella sua camera, costretta a soffrire, lei così vivace, per la forzata immobilità. Tuttavia rimaneva in pace, nella serenità. Le piaceva dipingere piccole immagini del Signore Gesù, con il Cuore aperto, che distribuiva agli iscritti dell’Associazione delle “Guardie d’onore” e a chi l’avvicinava. Fin dall’inizio, era la segretaria attiva della prima “Zelatrice” (la sorella maggiore Maria Deluil-Martiny) dell’associazione, ed era impegnatissima per l’opera delle “Scuole apostoliche” e per il movimento di preghiera per i sacerdoti.
Nel settembre 1870, quando i Padri Gesuiti di Marsiglia furono imprigionati dai rivoluzionari, Amelia con i suoi famigliari si occupò con ogni cura per confortarli e per la loro liberazione, felice oltre ogni misura, quando suo padre accolse in casa per diversi mesi, il suo direttore spirituale, P. Jean Calage, appena liberato di prigione, e questi celebrava la Santa Messa nella loro cappella privata. “Durante queste Messe - annota - ero come fuori di me, mi sentivo una cosa sola con Gesù immolato sull’altare, sotto il tetto della mia casa”. Il 16 giugno 1871, depose sull’altare un atto di immolazione:
O Gesù, mio amatissimo Salvatore, desiderando sacrificarmi per i tuoi più cari amici, i sacerdoti, io oso presentarmi a Te per fare la donazione intera di tutto il mio essere e procurarti per quel che posso la più grande gloria possibile in queste anime (…). O Gesù, io mi pongo con Te, sull’altare… Ogni palpito del mio cuore fatto vittima, sarà un atto di offerta del tuo preziosissimo Sangue e ti dirà per i tuoi sacerdoti il “sitio” (=ho sete) che Tu hai pronunciato sulla croce, sete ardente di vedere i tuoi sacerdoti amarti e glorificarti immensamente”.
Qualche settimana dopo, Amelia cade ammalata: in pochi giorni diventò come un’ombra, tanto era dimagrita. Nel medesimo tempo provò la più terribile agonìa e tutto l’inferno sembrò scatenarsi contro di lei… Il solo mezzo per rasserenarla era quello di dire le parole “sacerdozio”, “sacerdote”, “vittima” e subito la calma rinasceva nella sua anima e una gioia celeste la inondava per qualche istante. Fino all’ultimo, conservò il fervore del suo sacrificio. Ormai vicina all’incontro definitivo con Gesù, disse al Padre Calage, il suo confessore: “Padre mio, il soffrire passa, l’aver sofferto rimane. Voi offrite ogni giorno Gesù immolato sull’altare: offrite anche me, piccola vittima, sull’altare con Lui… Anche quando non ci sarò più, vi raccomando di offrirmi. Non dimenticatelo”.
Verso le nove di sera del 25 febbraio 1872, baciò la medaglia della Madonna, si illuminò tutta in un sorriso dolcissimo, e andò incontro, nella gioia, al suo Signore. Ventisei anni appena, vissuti come un’umile laica per testimoniare con passione il valore infinito del Santo Sacrificio della Messa e la sublime missione del sacerdote cattolico, davanti a Dio e agli uomini.

 


Quanto è grande la tua bontà, Signore.
La riservi per coloro che ti temono,
ne ricolmi chi in te si rifugia
davanti agli occhi di tutti.

Amate il Signore, voi tutti suoi santi;
il Signore protegge i suoi fedeli.
Siate forti, riprendete coraggio,
o voi tutti che sperate nel Signore.

(Dal Salmo 31)

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ultimo aggionamento 11 ottobre, 2002