Il
paese come radice
Carissimo,
sono le radici della fede. Sì,
torno spesso al mio paese, in questa terra che amo, dove un fonte battesimale mi ricorda
il dono della vita, dove una Madonna mi è stata sempre vicina.
Qui, cresciuto nel solco di affetti, di sacrifici, in qui tutto mi
ricorda la dignità del fieno e del grano, la fatica, il carretto, i miei nonni, mio
padre, le origini di unantica umiltà, mai rinunciabile.
Qui, dove sono stato aspirantino, giovane, adulto di Azione Cattolica,
partecipe di tempi stupendi. Penso alla sfida di una presenza nella storia con Pio XII,
alla tensione di una stagione esaltante con Carlo Carretto, alla grande Notte del Concilio
con papa Giovanni, alla stagione di piombo con Bachelet e Moro.
I tempi di allora. Anni in cui la fede era passione, in cui si
dibattevano idee, in cui ci si confrontava, già da allora, con alcune trame massoniche,
mafiose, di oggi. Anni in cui la Chiesa ci apriva alla destinazione dellannuncio,
del servizio, del sogno.
Sì, del sogno. Sognare sulla terra un giorno risorto che non è mai
esistito. Vivere, lottare con chi soffre, perché questo giorno avvenga. Pagare i sogni.
Innamorarsi di Maria, una di noi, sorella, vicina, amica, compagna,
spasimare di poter vedere i suoi occhi di ragazza e di madre.
Giurare che veniamo dal futuro. È la nostra attualità. Siamo i figli
dellApocalisse, non della Genesi. È il futuro che ci spiega.
Amici, minatori, contadini, studenti
E, poi, i tanti sacerdoti di
allora, la voglia del mistero, della dimensione contemplativa, limpegno, il fascino
doloroso ed esaltante del Battesimo.
Farsi storia a servizio dei più deboli, assicurare cammini e percorsi
di dialogo, di cultura, stabilire patti di speranza, essere indizio della presenza di
Cristo sulla terra, avere il volto di gente salvata, il cuore di gente che salva, volere
un mondo più affettuoso, ripensare le nostre comunità, la parrocchia, con fantasia,
partecipazione, creatività.
Che potrebbe esserci di più esaltante?
Nino Barraco
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