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Ciò che avete fatto ai miei fratelli, è a me che lavete fatto
Il Padre è nei cieli, ma i cieli del Padre sono i suoi figli. Il povero è il cielo di Dio. Di più: è fratello di Dio. Nel suo cielo entreremo, solo se saremo entrati nella vita del povero. Perché il prossimo è simile a Dio (Mt 22,39).
Un detto chassidico esorta: se un uomo chiede il tuo aiuto, non gli dire devotamente: rivolgiti a Dio, abbi fiducia, deponi in Lui la tua pena, ma agisci come se non ci fosse Dio, come se in tutto il mondo ci fosse uno solo che può aiutare quelluomo, tu solo.
Una cosa mi affascina nel Vangelo: argomento del giudizio non sarà tutta la mia vita, ma le cose buone della mia vita; non la fragilità, ma la bontà; il Padre guarderà non a me, ma attorno a me, alla porzione di lacrime e di sofferenti che mi è stata affidata, per vedere se qualcuno è stato da me consolato, se ha ricevuto pane e acqua per il viaggio, coraggio per oggi e per domani. Dio non andrà in cerca della nostra debolezza, ma del bene fatto.
Misura delluomo e di Dio, misura della storia è il bene. Davanti a Lui non temo la mia debolezza, ho paura solo delle mani vuote. Capire che si ha bisogno di noi, ora, è allora più importante che chiederci quale giudizio verrà dato, domani, alle nostre azioni. Ora è il tempo in cui sono io a giudicare il povero, e Dio stesso in lui; ora io sono per il bisognoso gesto di benedizione o atto di rifiuto. Ebbene questo stesso giudizio, quello che io ho riservato al povero, tornerà su di me nellultimo giorno: non cè domani per chi non si apre al bisognoso, per chi potendolo non si è fatto pane allaffamato.
Matteo presenta sei opere, vaste quanto è vasto il campo del dolore umano.
A nessuno di noi è chiesto di compiere miracoli, ma di prenderci cura. Non di guarire i malati, ma di visitarli; di accudire con premura un anziano in casa, custodire in silenzioso eroismo un figlio handicappato, aver cura senza clamori del coniuge in crisi, di un vicino che non ce la fa.Esigente bellezza di questo Vangelo: prendersi cura del fratello è così importante che Dio lega la vita eterna ad un pezzo di pane dato allaffamato; è così facile che nessuno è senza un po di tempo o di acqua o di cuore, da non poter essere salvo.
Il giudizio però prende sul serio anche la fragile libertà umana: è possibile fallire la vita. Andatevene da me, maledetti. Lontani dal povero, siamo lontani da Lui, lontani da noi stessi. È questa la perdizione: lontananza dalla vita. È il giudizio di tutte le genti, Vangelo rivolto ad ogni uomo, cristiano, ebreo, musulmano, buddista, laico: lunica cosa che di noi rimane è la nostra capacità di amare, nel tempo e per leternità.
Ogni altro, è sempre lAltro. Nel giudizio ultimo Dio non pone se stesso al centro, ma si dimentica dentro i diritti dei poveri, dove sogna un uomo senza fame e lacrime, senza prigioni e malattie, felice e salvo, simile a Lui.
Il futuro non si attende, si genera; il nostro cielo, il nostro avvenire è frutto del bene che io e tu, che tutti abbiamo donato al Lazzaro innumerevole della terra. (Av. n° 273/2002)
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ultimo aggionamento 21 dicembre, 2002